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Leone XIII
Pontifices Maximi
I Pontefici Massimi, Nostri Predecessori, per antica istituzione della Chiesa Romana, già fin dall’inizio del loro apostolico ministero ebbero la consuetudine di aprire con paterna liberalità a tutti i fedeli i tesori dei doni celesti e di indire nella Chiesa comuni preghiere, per dare loro l’opportunità di uno spirituale e salutare guadagno e per eccitarli a conciliare con suppliche, con opere espiatorie e con elemosine l’aiuto dell’eterno Pastore. Tale cosa per una parte era come un dono augurale che i Supremi Capi della Chiesa nell’incominciare il loro apostolico ministero offrivano ai loro figli in Cristo, come un sacro pegno di quella carità con la quale abbracciavano la famiglia cristiana; dall’altra parte poi era un solenne ufficio di pietà e di virtù cristiana, con il quale i fedeli, congiunti coi loro Pastori al Capo visibile della Chiesa, si adoperavano presso Dio affinché il Padre delle misericordie non solo (per usare le parole di San Leone) guardasse propizio il suo gregge , "ma anche lo stesso Pastore delle sue pecore" e lo aiutasse "e si degnasse di custodirlo e di pascerlo".
Noi, mossi da questo pensiero, essendo già vicino il giorno anniversario della Nostra elezione, seguendo l’esempio dei Nostri Predecessori, abbiamo stabilito di annunciare a tutto il mondo cattolico l’Indulgenza in forma di Giubileo generale. Innanzi tutto conosciamo benissimo quanto sia necessario alla Nostra infermità, nell’arduo ministero che sosteniamo, l’abbondanza dei celesti carismi; conosciamo per lunga esperienza quanto sia luttuosa la condizione dei tempi in cui ci troviamo, e da quali e quanti flutti la Chiesa in questi tempi sia travagliata: le pubbliche cose che vanno sempre più in rovina, i funesti propositi degli uomini, le stesse minacce del divino castigo che già flagella severamente alcuni, Ci fanno temere l’arrivo di mali sempre più gravi.
Pertanto, siccome il beneficio del Giubileo mira soprattutto a far sì che vengano espiate le colpe, compiute le opere di penitenza e di carità, praticate con maggiore insistenza le orazioni, e siccome i sacrifici di giustizia e le preghiere che vengono offerti con il concorde affetto di tutta la Chiesa sono tanto gradite a Dio e tanto fruttuose da sembrare che facciano violenza alla divina pietà, è da credere fermamente che il Padre celeste avrà riguardo per l’umiltà del suo popolo, e, cambiate in meglio le cose, Ci conforterà con la invocata luce delle sue misericordie. Infatti se, come diceva lo stesso Leone Magno , "mediante la correzione dei costumi, a noi donata per grazia di Dio, vinciamo i nemici spirituali, anche la forza dei nostri nemici corporali soccomberà, e con la nostra emendazione saranno indeboliti coloro dei quali sentiamo il peso non per i loro meriti, ma a causa dei nostri delitti". Per la qual cosa preghiamo e scongiuriamo nel Signore tutti e singoli i figli della Chiesa Cattolica, affinché uniscano alle Nostre le loro preghiere, le loro suppliche e le loro pratiche di pietà e di disciplina: offrendosi loro questa grazia del Giubileo, approfittino di questo tempo di celesti misericordie a vantaggio delle loro anime e ad utilità della Chiesa.
Dunque per la misericordia di Dio Onnipotente, e sull’autorità dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, per quella potestà di legare e di sciogliere che a Noi, sebbene indegni, conferì il Signore, concediamo ed impartiamo la pienissima Indulgenza di tutti i loro peccati (come si concesse nell’anno del Giubileo a chi visitava certe Chiese dentro e fuori della Nostra città) a tutti e singoli i fedeli d’ambo i sessi dimoranti in questa Nostra alma città o che vengono in essa, e che dalla prima domenica di Quaresima, vale a dire dal 2 marzo sino al 1° di giugno incluso, che sarà la domenica della Pentecoste, abbiano visitato due volte le Basiliche di San Giovanni in Laterano, del Principe degli Apostoli e di Santa Maria Maggiore ed ivi per qualche spazio di tempo abbiano piamente pregato Iddio per la prosperità e per l’esaltazione della Chiesa Cattolica e di questa Sede Apostolica, per la distruzione delle eresie, per la conversione di tutti gli erranti, per la concordia dei Principi cristiani e per la pace e l’unità di tutto il popolo fedele e secondo la Nostra intenzione, e per una volta entro il tempo predetto abbiano digiunato adoperando solo cibi di magro, fuori dei giorni non compresi nell’indulto quaresimale o consacrati altrimenti al digiuno di stretto diritto per precetto della Chiesa; e dopo avere confessato i loro peccati abbiano ricevuto il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, ed abbiano erogato qualche elemosina ai poveri o a qualche pia opera, come a ciascuno suggerisce la propria devozione. La stessa pienissima Indulgenza concediamo ed impartiamo agli altri che dimorano ovunque fuori della città suddetta, e che nello spazio dei tre mesi predetti abbiano visitato due volte tre Chiese della stessa loro città o luogo, ovvero esistenti nei suburbi, da designarsi dagli Ordinari o dai loro Vicari o Delegati, o per loro mandato, o mancando i medesimi, da quelli che ivi hanno cura d’anime; o tre volte se vi sono due sole Chiese, o sei volte se ve n’è una sola, ed avranno anche devotamente praticato le opere sopra citate. Acconsentiamo inoltre che questa Indulgenza possa essere applicata a titolo di suffragio anche alle anime che migrarono da questa vita unite di carità a Dio. Accordiamo altresì agli Ordinari dei luoghi il potere di ridurre secondo il loro prudente giudizio il numero delle visite ai Capitoli, alle Congregazioni regolari e secolari, ai sodalizi, alle Confraternite, alle Università e Collegi quali che siano, che visitano processionalmente le dette Chiese.
Concediamo poi che i naviganti e i viaggiatori, quando saranno giunti ai loro domicilî od in altra stazione permanente possano conseguire la stessa Indulgenza eseguendo le cose sopra scritte e visitando sei volte la Chiesa Cattedrale, o Maggiore, o Parrocchiale del luogo di loro domicilio o della suddetta stazione. Ai regolari poi d’ambo i sessi, anche dimoranti in perpetuo nei chiostri, ed a tutti gli altri, tanto laici quanto ecclesiastici, secolari o regolari, detenuti in carcere od in cattività, o trattenuti da qualche malattia corporale o da qualunque altro impedimento, i quali non potranno in tutto o in parte eseguire le suddette opere, concediamo ed accordiamo che il Confessore, scelto fra quelli approvati dai rispettivi Ordinari, possa commutarle in altre opere di pietà o prorogarne l’adempimento ad altro tempo successivo ed ingiungere quelle che i penitenti stessi abbiano agio di fare, con facoltà anche di dispensare dalla Comunione i fanciulli che non siano ancora stati ammessi alla prima Comunione.
Inoltre a tutti e singoli i fedeli, tanto laici quanto ecclesiastici, secolari e regolari di qualunque Ordine ed Istituto, anche se siano specificatamente da nominare, concediamo licenza e facoltà di potere, a questo effetto, scegliere a Confessore qualsiasi sacerdote, tanto secolare quanto regolare fra gli approvati (della stessa facoltà concediamo che possano servirsi anche le Monache, le Novizie e le altre donne dimoranti nei chiostri, purché il Confessore sia approvato per le Monache).
Tale Confessore, per questa sola volta, e soltanto nel foro della coscienza, potrà dispensare da tutte le sentenze o censure di scomunica o di sospensione o da altre sentenze ecclesiastiche o censure pronunciate od inflitte dalla legge o dall’uomo, per qualsiasi causa, i suddetti e le suddette fedeli che entro il citato spazio di tempo si confesseranno presso di lui con l’intenzione di lucrare il presente Giubileo e di adempiere le altre opere necessarie a conseguirlo. Fra le sentenze o censure che potranno essere dispensate dal predetto Confessore sono comprese anche quelle riservate agli Ordinari dei luoghi e a Noi, ossia alla Sede Apostolica, ed anche i casi "sebbene in modo speciale" riservati a chicchessia o al Sommo Pontefice ed alla Sede Apostolica, e che altrimenti in qualsiasi altra amplissima concessione non s’intenderebbero compresi. Lo stesso Confessore potrà assolvere i fedeli da tutti i peccati ed eccessi, per quanto gravi ed enormi, anche riservati agli stessi Ordinari, a Noi ed alla Sede Apostolica, però dopo avere imposto ad essi una salutare penitenza ed altre opere e, se si tratta di eresia, dopo che il peccatore avrà in precedenza abiurato e ritrattato tutti gli errori.
Il Confessore potrà commutare in altre pie opere i voti, qualunque essi siano anche giurati e riservati alla Sede Apostolica (eccettuati quelli di castità, di religione, e di obbligazione che sia stata accettata da un terzo, o nei quali si tratti del pregiudizio di un terzo; ed eccettuati i voti penali che si dicono preservativi dal peccato, salvo che la commutazione si giudichi non meno efficace a frenare dal peccato, quanto la prima materia del voto). Lo stesso Confessore potrà dispensare i penitenti di questa specie, se sono costituiti in Ordini sacri, anche se sono regolari, da occulta irregolarità contratta soltanto per violazione di censure nell’ambito degli stessi Ordini e per il conseguimento di Ordini superiori.
Con la presente Lettera non intendiamo però dispensare da qualsiasi altra irregolarità, sia che provenga da delitto o da difetto, sia pubblica, occulta o nota, o sia stata determinata in qualsiasi modo da altra incapacità od inabilità. Non intendiamo attribuire alcuna facoltà di dispensare oltre i casi predetti, o di abilitare o di ridurre nel precedente stato anche nel foro della coscienza; non intendiamo neppure derogare alla Costituzione con le relative dichiarazioni promulgata dal Nostro Predecessore Benedetto XIV di felice memoria, e che comincia Sacramentum Poenitentiae; infine non intendiamo che questa Nostra Lettera possa o debba in alcun modo giovare a coloro che da Noi e dalla Sede Apostolica o da qualche Prelato o Giudice Ecclesiastico siano stati nominativamente scomunicati, sospesi, interdetti, o per i quali sia stato dichiarato e pubblicamente denunziato che sono caduti nelle sentenze e nelle censure, se entro il tempo predetto non avranno soddisfatto e si siano accordati con le parti, in quanto necessario. Se entro il termine prefisso, a giudizio del Confessore, non avranno potuto soddisfare, concediamo che possano essere assolti soltanto nel foro della coscienza ed allo scopo di conseguire le Indulgenze del Giubileo, fermo però l’obbligo di soddisfare appena potranno.
Per la qual cosa, in virtù della santa obbedienza, a tenore della presente Lettera rigorosamente ordiniamo e comandiamo a tutti e ai singoli Ordinari dei luoghi ovunque esistenti ed ai loro Vicari e Delegati, o in mancanza di essi a coloro che esercitano la cura delle anime, affinché, appena avranno ricevuto i transunti o le copie anche stampate di questa Lettera, le pubblichino o le facciano pubblicare nelle loro Chiese, Diocesi, Province, Città, Castelli, Terre e luoghi, e indichino alle popolazioni, preparate, se è possibile, con la predicazione della parola di Dio, secondo quanto è stato detto, la Chiesa o le Chiese da visitare.
Alla presente Lettera non ostino le Costituzioni e le Ordinanze Apostoliche, specialmente quelle con le quali la facoltà di assolvere in certi casi ivi espressi è talmente riservata al Romano Pontefice pro tempore, che né simili, né dissimili concessioni d’Indulgenze e di facoltà possano al alcuno giovare, se non se ne faccia espressa menzione o speciale derogazione; non ostino nemmeno la regola "de non concedendis Indulgentiis ad instar", gli statuti, le consuetudini, i privilegi e gli indulti di qualsiasi Ordine, Congregazione od Istituto, anche se rafforzati con giuramento, confermazione apostolica od altra qualunque norma, anche se con Lettere Apostoliche agli stessi Ordini, Congregazioni ed Istituti od alle loro persone siano stati concessi, approvati e rinnovati in qualsiasi modo. A tali cose, tutte e singole, anche se di esse e di tutti i loro tenori si dovesse fare speciale, specifica, espressa ed individua menzione e non soltanto per clausole generali esprimenti la medesima cosa, o si dovesse osservare qualsivoglia altra espressione od altra qualunque squisita forma, ritenendo con la Lettera presente sufficientemente espressi i loro tenori ed osservata la forma in essi adoperata, per questa volta in modo speciale, nominativamente ed espressamente all’effetto delle cose predette, deroghiamo, nonostante tutte le altre cose contrarie.
Affinché poi questa Nostra Lettera, la quale non può essere recapitata nei singoli luoghi, venga più facilmente a conoscenza di tutti, vogliamo che ai suoi transunti od alle copie anche stampate, firmate per mano di qualche pubblico notaio e munite del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, ovunque e fra tutti i popoli si presti la stessa fede che si presterebbe a questa stessa presente Lettera se fosse esibita o mostrata.
Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 15 febbraio 1879, anno primo del Nostro Pontificato.