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Giovanni Paolo II
Sescentesima anniversaria
Venerati fratelli nell’episcopato della Lituania.
1. Il seicentesimo anniversario del "battesimo" della vostra nazione, che solennemente celebrate in questo anno di grazia, è per voi e per i vostri fedeli un’occasione di approfondimento della fede, di preghiera e di rinnovamento spirituale, cui tutta la Chiesa si unisce con intensa e fraterna partecipazione.
Come ho ricordato in varie circostanze - e, più recentemente, nell’omelia della santa Messa del l° gennaio scorso - la Chiesa intera fa memoria con voi di questa ricorrenza tanto significativa e con voi rende "grazie a Dio per questo ineffabile dono" (2Cor 9,15). La Chiesa di Roma e tutte le Chiese sorelle sparse nel mondo si associano alla fervida preghiera di ringraziamento che voi elevate al Signore per l’inestimabile grazia del "battesimo", per l’accoglienza che esso trovò tra le vostre genti e per i benefici che apportò loro, e per la forza ed il fervore con cui i vostri padri lo conservarono e lo svilupparono nelle vicissitudini di una storia sei volte secolare.
La Chiesa universale è consapevole e grata della grande ricchezza spirituale che la comunità cattolica lituana ha portato e porta tuttora nella comunione ecclesiale (cf. "Lumen Gentium", 13) e riconosce nella sua secolare testimonianza di fedeltà a Cristo l’azione dello Spirito Santo, il quale "con la forza del Vangelo rende giovane la Chiesa e costantemente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo" ("Lumen Gentium", 4).
Come voi sapete, per manifestare questa universale comunione con voi, il 28 giugno prossimo, in coincidenza con la celebrazione nazionale di Vilnius, io presiederò sulla tomba dell’apostolo Pietro una solenne concelebrazione, durante la quale avrò la gioia di beatificare un grande figlio e pastore del vostro popolo: l’Arcivescovo Jurgis Matulaitis. Saranno al mio fianco i rappresentanti degli episcopati del continente europeo: la loro presenza esprimerà anche visibilmente la nostra spirituale vicinanza alla Chiesa che è in Lituania.
2. La conversione delle genti lituane al Cristianesimo ebbe luogo alcuni secoli dopo quella dei popoli vicini dell’antica Europa. Stretti come in una morsa tra l’Oriente, donde premevano i popoli slavi, e l’Occidente, da cui giungevano i potenti Cavalieri teutonici, i vostri padri, già all’alba del sec. XIII, avevano consolidato le strutture di uno Stato autonomo, tenacemente impegnato a difendere la propria indipendenza e la propria libertà. Tali specifiche circostanze politiche e geografiche spiegano come i Lituani abbiano a lungo resistito ad accogliere la Croce da chi impugnava contro di loro la spada e minacciava di assoggettarli.
Fu proprio per sottrarsi alle pressioni esterne che, nel 1251, il Granduca Mindaugas decise di abbracciare la fede cattolica e si pose sotto la speciale protezione di questa sede apostolica, ottenendo da Papa Innocenzo IV la corona reale. Il Pontefice eresse allo stesso tempo la prima diocesi lituana e volle che essa fosse soggetta unicamente alla Santa Sede. Ma la conversione di Mindaugas, non adeguatamente preparata, incontrò resistenze tra il popolo, che non seguì l’esempio del Granduca. Già prima del 1260 il Vescovo dovette ritirarsi e nel 1263 la tragica morte di Mindaugas pose fine a quella effimera primavera.
3. Si dovette attendere oltre un secolo perché risplendesse il giorno luminoso del "Battesimo". Esso fu opera e merito di un insigne figlio della Lituania, il Granduca Jogaila, che nel 1386 accettò di essere battezzato insieme con i suoi sudditi nella fede cattolica, ed ottenne la corona di Polonia e la mano della regina Edvige, limpida figura di donna cristiana, ancor oggi venerata a Cracovia come beata. Da quel momento, nell’arco dei quattro secoli successivi, la storia della Lituania è caratterizzata da una singolare comunanza di destini - politici e religiosi - con la Polonia.
Nel 1387, il re - che aveva assunto il nome di Ladislao II - ritornò a Vilnius, capitale del Granducato, e diede avvio alla conversione del popolo,che ricevette in massa il battesimo, graziandone alla dedizione personale del sovrano. Fu fondata in quell’anno la diocesi di Vilnius e vi fu nominato come primo Vescovo il francescano Andrea, che già era stato missionario tra le vostre genti.
Nel 1413 Jogaila, con il cugino Granduca Vytautas, si dedicò alla evangelizzazione delle popolazioni lituane della Samogizia. Qualche anno più tardi, il Concilio di Costanza designò per quella regione dei suoi Legati, per erigere la diocesi di Medininkai, consacrare il primo Vescovo, Mattia, e perfezionare la conversione delle popolazioni.
Il re Jogaila, uomo dal cuore semplice e nobile, condusse una vita esemplare per virtù cristiane, praticando le opere di pietà e misericordia e preoccupandosi con vivo zelo delle sorti della Chiesa. Egli adottò saggi provvedimenti per favorire il libero diffondersi ed il radicamento della fede cristiana in tutti i territori del Granducato.
4. Il "battesimo" inserì la vostra nazione nella grande famiglia dei popoli cristiani d’Europa, in quella "christianitas" che segnò profondamente i destini del continente e ne costituisce il più prezioso retaggio comune ed il fondamento per la costruzione di un avvenire di pace, di autentico progresso e di vera libertà. La Lituania entrava in tal modo anche nella grande trasformazione culturale che si avviava in Europa in quel secolo, permeata dei principi cristiani ed aperta alle esigenze di un nuovo umanesimo, che nella fede trovava le più alte motivazioni e lo spunto per la promozione dei grandi valori, che hanno reso gloriosa la storia dell’Europa e benefica la sua presenza negli altri continenti (cf. Atto europeistico a Santiago de Compostela: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", V, 3 [1982] 1260).
La Lituania trasse da questo inserimento nuovo e promettente rigoglio di energie spirituali, che si vennero progressivamente esprimendo nelle diverse forme della cultura, dell’arte e dell’organizzazione sociale. La vostra terra a poco a poco si coprì di chiese e di conventi, che furono allo stesso tempo centri di irradiazione di fede e di civiltà. Lungo il corso dei secoli, e secondo il mutare degli eventi, all’opera di evangelizzazione si accompagnarono infatti provvide iniziative di educazione e di istruzione del popolo, alle case religiose si affiancarono le scuole e la vita di fede si temprò nell’esercizio quotidiano della carità, attraverso mille forme di attività di assistenza e di promozione sociale.
Desidero ricordare l’importanza che ebbe, a questo proposito, l’opera degli ordini religiosi: dei Domenicani e dei Francescani, giunti per primi fra le vostre genti, e quindi dei Benedettini, dei Francescani di nuova osservanza (popolarmente chiamati Bernardini, da san Bernardino da Siena), dei Basiliani.
5. Altri ordini e congregazioni religiose, dopo il Concilio di Trento, diedero nuovo impulso alla vita della Chiesa in Lituania, che a seguito della Riforma protestante attraversava un periodo di languore e soffriva per numerose defezioni. Una menzione speciale deve essere fatta dell’opera svolta dalla Compagnia di Gesù, che si rese particolarmente benemerita dell’attuazione della riforma promossa dal Concilio di Trento. Nel 1570, i Gesuiti aprirono a Vilnius un celebre collegio, che nove anni più tardi divenne la prima università della nazione, autentica fucina di sacerdoti e di uomini di cultura.
Alla consolante ripresa della Chiesa cattolica si accompagnò lo sviluppo delle vocazioni sacerdotali e religiose. Vennero promosse iniziative in favore del popolo, quali le biblioteche, la stampa di libri religiosi, i convitti per studenti poveri, le farmacie popolari, le associazioni e le confraternite, le scuole di arti e mestieri. Ma soprattutto fu avviata una capillare ed intensa attività apostolica tra i più poveri, nelle campagne, ove sussistevano situazioni di dipendenza e di indigenza particolarmente dolorose e dove più urgente si avvertiva l’esigenza del messaggio liberante della carità evangelica.
6. A tale indefesso lavoro pastorale corrispose, in modo consolante la generosità della gente lituana. Il Cristianesimo fu il vero lievito evangelico della nazione, ne impregnòla vita quotidiana, vi affondò salde radici e ne diventò, per così dire, l’anima.
Il popolo si lasciò permeare dalla fede e ne diede testimonianza forte e schietta anche nei momenti più difficili della sua storia, nell’ora della sofferenza e del sacrificio.
Amo qui ricordare alcune tra le più eloquenti espressioni di questa fede, provata come l’oro nel crogiuolo (cf. 1Pt 1,7). Mi riferisco, in primo luogo, all’antica e fervida devozione dei fedeli alla passione di Cristo, attestata dalle innumerevoli croci erette sul ciglio delle strade, dalle frequenti raffigurazioni di Gesù sofferente, tipiche espressioni dell’arte popolare, dai luoghi chiamati "Kalvarija" con le loro stazioni della "Via Crucis", che hanno meritato alla vostra terra l’appellativo di "terra delle croci".
E come dimenticare, in questa trepida vigilia dell’inaugurazione dell’Anno Mariano, il grande amore che i fedeli lituani portano alla Madre di Dio? La Vergine santissima, madre della misericordia, è particolarmente venerata ed implorata alla Porta dell’Aurora di Vilnius, così come in altri frequentati santuari: a Siluva, a Zmaiciu Kalvarija, a Krekenava, a Pivasiunai. Da secoli, ed oggi ancora, verso questi centri di fede e di pietà convergono in pellegrinaggio i fedeli di tutte le diocesi, con grande fervore e sovente anche con fatica e con sacrificio. Essi si affidano a colei che Cristo dalla croce, in un supremo atto di amore, ci ha donato come madre e mediatrice di grazia.
Vorrei, infine, dare atto alla comunità cattolica lituana di un altro eloquente segno di indefettibile attaccamento a Cristo e di vitalità ecclesiale: è l’intenso amore e la piena devozione con cui essa è sempre rimasta unita alla sede di Pietro, cui il Signore ha affidato il ministero di confermare i fratelli e di mantenerli uniti nella comunione della sua Chiesa, stabilendolo come roccia dell’edificio spirituale, contro cui nulla possono le potenze degli inferi.
7. La Chiesa fu così immersa, e direi immedesimata con la realtà nazionale, che attorno ad essa si strinsero i vostri padri in ogni epoca, ma soprattutto all’insorgere della prova, nelle ore buie e dolorose che hanno segnato, ancora in tempi a noi vicini, la vicenda della vostra terra.
Nella Chiesa, nel suo insegnamento, nella sua opera evangelizzatrice e santificatrice, nel suo servizio di unità e di verità il vostro popolo trovò sempre il senso della propria storia, la sua peculiare identità, le ragioni per vivere e sperare. Mi piace ripetere qui quanto ebbi a dire ad un gruppo di Lettoni, convenuti a Roma per la celebrazione dell’ottavo centenario della cristianizzazione di una terra a voi vicina, la Livonia: "Là dove la parola di Dio, sia pure in mezzo ad ostacoli di ogni genere, penetra nella profondità della coscienza di un popolo, e da questa è accolta, determina per sempre la consapevolezza che questo popolo ha di se stesso e della sua storia. Nell’ascolto della parola di Dio il popolo riconosce la sua vera identità" (Giovanni Paolo II, Discorso ai Lettoni in occasione dell’ottavo centenario della consacrazione del Vescovo Meinardi, 1, 26 giugno 1986: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", IX, 1 [1986] 1928s).
E tanto più significativo appare il fatto che, accanto alla Chiesa, l’altro baluardo di difesa fu per i Lituani la famiglia: sì, la famiglia cristiana, autentica "chiesa domestica" ("Lumen Gentium", 11), solidamente ancorata ai valori della fede, che vive nell’amore, nel sacrificio, nella reciproca donazione. Nella vostra patria, la famiglia cristiana ha saputo sempre mantenersi fedele alla sua vocazione di ricevere, custodire e trasmettere ai figli il dono prezioso del "battesimo", divenendo in tal modo, secondo la bella espressione del Concilio Vaticano II, "scuola di più ricca e completa umanità" ("Gaudium et Spes", 52).
La Chiesa e la famiglia, pur tra molti impedimenti ed ostacoli, tennero vive la fede e la cultura. Si deve ad esse se la nazione non ha smarrito la propria identità e la propria coscienza. Ed oggi ancora, mentre per molti aspetti i tempi non sono più favorevoli che in passato, Chiesa e famiglia restano custodi di tale sacro ed inviolabile deposito, santuario, dei grandi valori umani e cristiani: la libertà della coscienza, la dignità della persona, l’eredità dei padri, la tradizione culturale e la carica di energie morali che esse contengono e nelle quali è riposta la speranza per l’avvenire.
8. I seicento anni di vita cristiana della Lituania recano innumerevoli testimonianze della ininterrotta azione dello Spirito Santo, che ha abbellito la vostra Chiesa dei suoi frutti (cf. Gal 5,22), suscitando schiere di uomini e donne degni di essere riconosciuti come veri discepoli di Cristo. Vorrei ricordare con voi alcune figure di figli della Lituania, che hanno lasciato nel cuore del popolo il segno indelebile delle loro virtù e del loro zelo apostolico.
Il pensiero e la preghiera di intercessione si rivolgono, in primo luogo, a san Casimiro, che già nel 1636 Papa Urbano VIII dichiarò patrono della Lituania. Tre anni fa, voi ne avete solennemente commemorato il cinquecentesimo anniversario della morte e quelle celebrazioni giubilari, alle quali volli intensamente associarmi, insieme con tutta la Chiesa, furono un grande momento di grazia per la vostra comunità ecclesiale.
Discendente della gloriosa stirpe degli Jagelloni, il principe Casimiro fu singolarmente adorno di virtù e raggiunse in breve tempo la perfezione (cf. Sap 4,13). A distanza di meno di un secolo, egli fu il frutto maturo del "battesimo" del suo popolo. Fu sepolto a Vilnius, nel cuore della nazione, che da cinque secoli ne venera con immutata devozione le reliquie e, significativamente, presso la sua tomba avranno culmine le celebrazioni giubilari.
Luminoso esempio di purezza e di carità, di umiltà e di servizio ai fratelli, Casimiro nulla antepose all’amore di Cristo e meritò dai suoi contemporanei l’eloquente titolo di "difensore dei poveri". Papa Pio XII volle proclamarlo patrono speciale della gioventù lituana e ne additò il "nobile e sicuro esempio" alle generazioni che crescono fra tante avversità ed insidie (cf. Pio XII, Lettera apostolica con cui san Casimiro, confessore, viene proclamato patrono celeste di tutta la gioventù lituana: AAS 42 [1950] 380-382).
9. Ricordo, poi, il Vescovo della Samogizia, Merkelis Giedraitis, vero apostolo della riforma tridentina, che nel 350° anniversario della morte il mio venerato predecessore Giovanni XXIII volle riproporre a modello soprattutto dei pastori della Chiesa lituana. Uomo eccelso per pietà e virtù sacerdotali, forte e saggio, il Vescovo Giedraitis mostrò nel suo intenso apostolato "che cosa significhi lottare per la fede cattolica e difenderla con tutte le forze" (cf. Giovanni XXIII, Lettera ai Vascovi della Lituania nel 350° anniversario della morte del pio Merkelis Giedraitis, Vescovo: AAS 52 [1960] 40-43).
Secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo a Timoteo, egli ha combattuto "la buona battaglia con fede e con buona coscienza, mentre alcuni che l’hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede" (cf. 1Tm 1,18-19): di fronte al dilagare dell’eresia ed alla persistenza, in certe regioni, di usanze dell’antico paganesimo, il Vescovo Giedraitis si fece promotore di un’autentica rinascita spirituale, ponendo cura alla formazione del clero, edificando chiese e prodigandosi anche di persona nella catechesi al popolo, svolta nella sua lingua nativa.
Sulle sue stesse orme si pose, nel secolo scorso, il suo successore nella diocesi della Samogizia, Monsignor Motiejus Valancius. Il suo governo pastorale coincise con tempi tristi ed oscuri per la nazione che vedeva minacciata la sua stessa identità civile e religiosa. In tali difficili frangenti, il Vescovo Valancius non fu soltanto pastore solerte e provvido del gregge di Dio, ma divenne vera guida morale del suo popolo. Sono rimasti celebri i suoi vigorosi appelli ai sacerdoti ed ai genitori cristiani, affinché prendessero consapevolezza della loro responsabilità di trasmettere alle giovani generazioni, insieme con la fede dei padri, tutta la ricchezza della tradizione culturale e religiosa della nazione.
Al contempo, Monsignor Valancius si impegnò in una difficoltosa quanto benemerita ricomposizione del tessuto religioso del popolo, attraverso la catechesi e la istruzione, organizzate clandestinamente e con grave rischio. Accanto alle loro madri, i bambini imparavano allora a leggere e scrivere sui testi del catechismo. La saggezza ed il grande cuore di Monsignor Valancius, che trovarono generosa e coraggiosa corrispondenza da parte dei vostri padri, permisero che anche in quei tempi difficili non andasse perduto il seme della parola di Dio, attorno alla quale la nazione si componeva nella sua unità.
10. Il 28 giugno prossimo, avrò la gioia di elevare agli onori degli altari un altro degnissimo figlio della Chiesa e della nazione lituana, il servo di Dio Monsignor Jurgis Matulaitis, scomparso appena sessanta anni fa. Vero "servo e apostolo di Gesù Cristo" (2Pt 1,1), egli a Vilnius fu pastore lungimirante e sollecito verso tutti i suoi figli, anche i più lontani. Fedele al proprio motto episcopale: "Vinci il male con il bene", affrontò nel suo ministero numerose e gravi difficoltà, facendosi "servo di tutti per guadagnarne il maggior numero" (cf. 1Cor 9,19) e preoccupandosi esclusivamente del bene della Chiesa e della salvezza delle anime.
Al suo fecondo servizio ecclesiale restano legate molteplici iniziative pastorali, fra le quali desidero ricordare le opere di apostolato laicale la divulgazione della dottrina sociale della Chiesa, con le quali egli intendeva stimolare i suoi fedeli alla responsabilità di instaurare ogni cosa in Cristo. A lui si debbono, inoltre, la riforma della sua Congregazione dei Chierici Mariani e la fondazione di quelle delle Suore della Immacolata Concezione, e delle Ancelle di Gesù in Eucaristia.
Nominato da Papa Pio XI Visitatore Apostolico della Lituania, il servo di Dio operò con prudenza e con zelo, così da consentire al Pontefice di erigere la provincia ecclesiastica lituana, con la costituzione apostolica "Lituanorum Gente" (4 aprile 1926). La vita cattolica conobbe una rifioritura notevole nei diversi settori della catechesi, delle vocazioni sacerdotali e religiose, delle attività di azione cattolica, delle varie espressioni culturali ispirate al Vangelo.
Il buon seme, sparso con tanta generosità da Monsignor Matulaitis, produsse il centuplo e la Chiesa conobbe una nuova primavera. Ma egli stesso volle farsi seme, che muore nella terra per non rimanere solo e portare molto frutto (cf. Gv 12,24), come testimonia questa toccante invocazione, ch’egli ci lasciò quasi come un testamento nel diario spirituale, e che io desidero oggi ripetere con voi: "Fa’, o Gesù, che io mi immoli per la salvezza delle anime redente dal Tuo Sangue, per vivere con Te, per lavorare con Te, per patire con Te e, come spero, anche per morire e regnare con Te" (Diario, 17 agosto 1911).
11. Non vorrei, infine, lasciare senza menzione la numerosa schiera di figli e figlie della vostra terra, che nel corso di questi sei secoli hanno confessato con aperto coraggio la fede ricevuta nel "battesimo" e che nessuna prova, anche la più dura, ha mai potuto separare dall’amore di Cristo (cf. Rm 8,35). Sono Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, semplici fedeli, che hanno affrontato umiliazioni, discriminazioni, patimenti, talora la persecuzione e persino l’esilio, la prigionia, la deportazione e la morte, "lieti di essere oltraggiati per amore del nome di Gesù" (At 5,41).
Essi testimoniano la grazia che il Signore ha promesso alla sua Chiesa "affinché, tra le tentazioni e le tribolazioni del cammino, per la umana debolezza non venga meno alla sua perfetta fedeltà, ma permanga degna sposa del suo Signore e non cessi, con l’aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare se stessa, finché, attraverso la croce, giunga alla luce che non conosce tramonto" ("Lumen Gentium", 9). Attraverso di essi, lo Spirito ha parlato e parla alla vostra comunità ed a tutta la santa Chiesa cattolica. La loro croce, abbracciata in unione alle sofferenze redentrici di Gesù, è divenuta strumento di grazia e di santificazione.
È questa una eletta schiera di confessori e martiri, per la quale oggi voi ringraziate il Signore, sentendovene giustamente lieti e fieri. Io vi esorto a raccoglierne, insieme con i vostri fedeli, il luminoso esempio: per una vita di fede sempre più convinta e coerente, per un apostolato sempre più zelante e fecondo di opere di carità, per una adesione pronta e consapevole alla volontà di Dio, che si manifesta nella vocazione di ciascuno.
Vorrei rivolgermi soprattutto ai vostri giovani: essi portano nelle mani il destino della nazione, che introdurranno nel nuovo millennio dell’età cristiana. Giovani della Lituania fedele e generosa! Sappiate raccogliere con gioia e con fiducia l’eredità dei vostri padri! Accogliete nel vostro cuore la testimonianza, talora eroica, che essi vi hanno lasciato, di amore a Cristo e dalla Chiesa! fate vostro questo inestimabile tesoro, e siatene degni! Esso diventi in voi germe di una grande speranza.
12. Carissimi confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, religiosi e religiose, e voi tutti fratelli e sorelle di una Chiesa lontana, eppure a me vicina e particolarmente amata, figli e figlie di una nazione nobilissima! Io, Vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale, mi inginocchio con voi presso le reliquie di san Casimiro, con voi ringrazio Iddio, datore di ogni bene, per il dono del vostro "Battesimo", e per voi imploro ch’egli "vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l’opera della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui" (2Ts 1,11-12).
A nome di tutta la Chiesa, io affido a Dio il retaggio della fede della vostra nazione e lo supplico: conserva e benedici l’opera che hai compiuto durante questi sei secoli!
Sii propizio, Padre onnipotente verso questi tuoi figli che hai tratto dalle tenebre allo splendore della tua verità. Effondi nei loro cuori il tuo Santo Spirito, Spirito di verità e Consolatore, affinché possano rendere presente nella loro nazione la fecondità della Pasqua del tuo Figlio.
Dona ai pastori di questo popolo, che è tuo, pietà saggezza, perché possano condurre il gregge verso i pascoli della vita. Fa’, o Dio onnipotente, che essi possano esercitare serenamente e con piena libertà il loro sacro ministero.
Infondi la tua luce e la tua forza nei cuori di coloro che hai chiamato a consacrarsi a te, affinché siano perseveranti e sappiano donarsi senza riserve. Moltiplica il numero di coloro che accolgono la vocazione al sacerdozio ed alla vita religiosa, rafforza il loro generoso proposito e fa’, ch’essi possano camminare senza ostacoli sulla via del tuo divino servizio.
Rivolgi il tuo sguardo, o Signore, alle famiglie che vivono unite nel tuo amore. Fa’ che accolgano con gioia e con responsabilità il dono della vita. Possano, con la tua grazia, crescere nel reciproco amore. I genitori sappiano offrire ai loro figli il dono della fede, insieme con la testimonianza concreta di una vita autenticamente cristiana.
Rivolgi il tuo sguardo di predilezione, o Dio, ai giovani della Lituania. Essi portano nel cuore una grande speranza: rendili forti e puri, affinché possano costruire con fiducia il loro domani. Fa’ che possano ricevere con libertà il dono della fede dei padri, fa’ che lo accolgano con gratitudine, fa’ che lo sviluppino con generosità.
Tu sei il Signore dei popoli ed il Padre dell’umanità. Io invoco la tua benedizione su questa tua famiglia della Lituania: possa seguire, in conformità con la sua coscienza, la voce della tua chiamata lungo le vie indicate per la prima volta sei secoli or sono. La sua appartenenza al tuo regno di santità e di vita non sia considerata da nessuno in contrasto con il bene della patria terrena. Possa renderti sempre ed ovunque la lode che ti è dovuta, e testimoniare liberamente e serenamente la verità, la giustizia e la carità.
Signore, benedici questa nazione, manifesta su di essa il tuo volto e donale la tua pace!
Ed ora, in spirito di affidamento, mi rivolgo a te, dolcissima Madre di Cristo e Madre nostra, unendo la mia voce a quella dei tuoi figli lituani che ti implorano fiduciosi nella tua intercessione. Madre della misericordia, a te accorre questo popolo, ponendosi sotto il tuo presidio: non respingere le sue suppliche nella necessità, salvalo dai pericoli, conducilo il tuo Figlio.
Tu sei, o Madre, la memoria della Chiesa. Tu serbi nel tuo cuore le vicende degli uomini e dei popoli. A te affido il ricordo dei seicento anni di vita cristiana dei fratelli e delle sorelle della Lituania e ti chiedo di aiutarli ad essere ancora e sempre fedeli a Cristo ed alla Chiesa.
A voi, venerati e cari fratelli, ai vostri fedeli, a tutti i Lituani sparsi nel mondo, imparto, con effusione d’affetto la mia benedizione apostolica.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 5 giugno dell’anno 1987, nono di pontificato.