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Gregorio XVI
Dum acerbissimas
Mentre uomini scellerati, nemici dichiarati della Chiesa, tentano (se mai fosse possibile) di umiliare e distruggere del tutto la Religione Cattolica, infliggendole danni e perdite crudeli con atroce e lunga guerra, con un esercito raccolto ovunque, con tutte le forze e con ogni astuzia, ora con le armi, ora con le calunnie, ora con le contumelie e gli insulti, ora con sediziosi e perfino sacrileghi libelli; e mentre piangendo esecriamo la loro smisurata barbarie, in quanto essi non desistono dal violare la morale divina ed umana, infierendo con diabolica insania contro i chiostri dei Regolari e contro i religiosi, per disperderli radicalmente con rapine, incendi e stragi, ad accrescere le afflizioni che Ci angustiano notte e giorno si aggiunge anche un fatto sciagurato e sommamente deplorevole: fra coloro che fanno a gara nel pubblicare opere di religione, non pochi osano insinuarsi in modo subdolo e fanno mostra di combattere per la stessa causa in modo che, salvata un’apparenza di religiosità, ma disprezzando la verità, possano più facilmente, con la filosofia o con vane e fallaci dissertazioni filosofiche, sedurre e pervertire gl’incauti e poi ingannare i popoli e porgere a nemici palesemente inferociti mani più fidate e soccorrevoli: per tutti questi motivi, come ci furono segnalate le insidiose ed empie elucubrazioni di tali scrittori, non desistemmo, con le nostre Encicliche e con altre lettere apostoliche, di denunciare le loro astute e malvagie opinioni, di condannarne gli errori e insieme di mettere in evidenza le frodi esiziali, con cui si sforzano astutamente di sovvertire la divina costituzione della Chiesa, la disciplina ecclesiastica e per di più lo stesso ordine pubblico.
Inoltre, un’amara realtà comprova che essi, deposta la maschera della simulazione, hanno innalzato il vessillo del tradimento contro ogni potere fondato da Dio. Ma invero non esiste soltanto questa gravissima causa di pianto; infatti, oltre a coloro che si volsero ai tradimenti, con scandalo di tutti i cattolici, per accrescere il cumulo delle Nostre afflizioni, vediamo scendere nell’arena teologica anche coloro che, discepoli sempre per irrequieta brama di novità e mai in grado di pervenire alla conoscenza della verità, crescono negli errori del maestro, poiché non furono allievi della verità. Costoro infatti, con peregrine e riprovevoli dottrine, contaminano i sacri studi, e per di più non esitano a profanare il pubblico magistero docente se insegnano in scuole e accademie, e si distinguono nell’adulterare lo stesso sacrosanto deposito della fede che si vantano di custodire.
Tra i maestri di tali errori si annovera per fama costante, diffusa in Germania, Giorgio Hermes che, deflettendo audacemente dalla retta via che tracciarono l’universale tradizione e i Santi Padri, nell’esporre e difendere le verità della fede, anzi superbamente disprezzandola e condannandola, apre un’altra tenebrosa via all’errore di qualsiasi genere. Egli pone nel dubbio positivo la base di ogni ricerca teologica, e stabilisce che nella ragione consiste la norma principale, l’unico mezzo con il quale l’uomo può conseguire la conoscenza delle verità soprannaturali.
Quando pervennero alle Nostre orecchie queste novità attraverso le denunce, le proteste e le richieste di numerosi teologi della Germania e di sacri pastori della Chiesa, perché non mancassimo all’impegno apostolico a Noi affidato e al dovere di custodire il sacro lascito di fede, tosto Ci preoccupammo a che fossero inviate alla Santa Sede le opere di Hermes affinché venissero esaminate; e così fu fatto.
Vi si legge quanto segue:
"I. Introduzione alla teologia cristiano-cattolica, di Giorgio Hermes, professore di teologia dogmatica nell’accademia di Münster. Parte prima, comprendente un’introduzione filosofica. Dalla bottega di libri e d’immagini del Monastero di Coppenrath, 1819.
II. Introduzione alla teologia cristiano-cattolica, di Giorgio Hermes, dottore in teologia e filosofia, professore di teologia nell’Accademia Renana di Bonn "Federico Guglielmo" e nella cattedrale capitolare della Chiesa metropolitana di Colonia. Parte seconda, contenente un’introduzione positiva. Dalla bottega di libri e di immagini del Monastero di Coppenrath, 1829.
III. Dogmatica cristiano-cattolica, di Giorgio Hermes, dottore in teologia e filosofia, professore nell’Accademia Renana "Federico Guglielmo" di Bonn e nella cattedrale capitolare della Chiesa metropolitana di Colonia. Pubblicata dopo la sua morte da D.F.H. Achterfeldt, professore ordinario di teologia nell’Accademia e ispettore del Convitto cattolico teologico di Bonn. Parte prima. Dalla bottega di libri e di immagini di Coppenrath, 1834".
Noi dunque demmo ordine di consegnare questi libri a teologi particolarmente esperti nella lingua tedesca perché li esaminassero con somma diligenza in ogni loro parte e perché estrapolassero da essi i brani più significativi e, se fosse necessario, anche lunghe parti del discorso secondo che lo richiedesse il contesto dei concetti e delle parole e, dopo averli tradotti in latino, li commentassero con accurate osservazioni. I teologi rispettarono con molto zelo e attenzione tali ordini e si trovarono del tutto concordi con l’opinione generale. Inoltre gli stessi brani scelti, insieme con le annotazioni censorie dei menzionati teologi, furono consegnati anche ad altri maestri di sacra teologia perché fossero soppesati nuovamente con la bilancia cattolica. Tutti convennero che in quei brani erano contenute dottrine dissonanti dai principi delle verità cattoliche; vi si ritrovavano numerose false opinioni, parecchie enunciate in modo ambiguo, parecchie equivoche ed oscure, esposte con arte adatta a confondere e alterare la comprensione dei dogmi cattolici, e per di più infarcite di riflessioni e di errori di acattolici.
Infine abbiamo voluto che tutta la questione fosse deferita ai Venerabili Fratelli Nostri Cardinali di Santa Romana Chiesa, inquisitori generali per tutta la comunità cristiana. Essi allora con ogni cura, come la gravità del fatto richiedeva, soppesando le parti e il tutto, dopo approfondita discussione in Congregazione e al Nostro cospetto, giudicarono che l’autore si perdeva nelle sue meditazioni, e nelle opere citate metteva insieme parecchie assurdità, estranee alla dottrina della Chiesa Cattolica: in particolare, circa la natura della fede e la norma di quanto è oggetto di fede secondo la sacra scrittura, la tradizione, la rivelazione e il magistero della Chiesa; circa i motivi di credibilità; circa gli argomenti coi quali si era soliti fondare e confermare l’esistenza di Dio; circa l’essenza, la santità, la giustizia, la libertà dello stesso Dio e il fine delle Sue opere che dai teologi sono chiamate "ad extra"; inoltre, circa la necessità della grazia e la ripartizione dei suoi doni; circa l’attribuzione dei premi e delle pene; circa la condizione dei progenitori, il peccato originale e le forze dell’uomo caduto. I Cardinali decisero che tali libri fossero da proibire e da condannare in quanto contenenti dottrine e proposizioni false, temerarie, capziose, tali da indurre allo scetticismo e all’indifferentismo, erronee, scandalose, offensive verso le scuole cattoliche, eversive della divina fede, in odore di eresia e contenenti altre dottrine già condannate dalla Chiesa.
Noi pertanto, appreso il voto dei predetti Cardinali ed esaminata ogni questione, in base al loro parere ed anche motu proprio, con sicura scienza e ponderata decisione, nella pienezza della potestà apostolica, con la presente lettera condanniamo, riproviamo e diamo ordine di inscrivere nell’indice dei libri proibiti i predetti libri in qualunque lingua, in qualunque edizione o versione fin qui stampati e perché in futuro ci si astenga dallo stamparli. Esortiamo nel Signore i Venerabili Fratelli Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi e gli altri Ordinari dei luoghi che, memori del rigido e severissimo giudizio che su di loro pronuncerà il Principe dei pastori a proposito della educazione, del governo e della custodia del gregge loro affidato, che a maggior ragione si impegnino a espellere dalle scuole i libri citati e anche ad allontanare le loro pecore, con ogni cura e sollecitudine, da tali pascoli avvelenati.
Affinché poi la presente lettera sia resa nota a tutti, e nessuno possa allegarne l’ignoranza, vogliamo e disponiamo che sia pubblicata alle porte della Basilica del Principe degli Apostoli, della Cancelleria Apostolica e della Curia generale in Monte Citorio e nella piazza di Campo dei Fiori, nell’Urbe, ad opera dei Nostri cursori (come è d’uso), e che le copie di essa restino colà affisse.
Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, sotto l’anello del Pescatore, il 26 settembre 1835, anno quinto del Nostro Pontificato.