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Benedetto XIV
Gravissimo animi
Non senza grave angustia dell’animo Nostro Ci è stato riferito da persone degne di fede che a volte alcuni Prelati locali, Governatori delle Città del Nostro Stato, si recano ai Monasteri delle Monache, parlano liberamente con esse senza aver chiesto ed ottenuto l’opportuna licenza dai Vescovi ed Ordinari dei luoghi, contravvenendo alle disposizioni Sinodali e alle Costituzioni Episcopali nelle quali viene prescritto, sotto le dovute pene, che è proibito accostarsi ai Monasteri delle Monache e parlare con esse senza le opportune licenze. Lo stesso è praticato anche da Prelati e Governatori che, essendo Governatori d’una Città, per qualche loro contingenza passano per un’altra Città, andando nella stessa maniera ai Monasteri delle Monache, pretendendo i predetti di fare quanto fanno col fondamento di essere esenti dalle particolari Costituzioni dei Vescovi ed Ordinari che proibiscono l’accesso alle Monache senza le opportune licenze. Noi non abbiamo avuto difficoltà a prestar fede alle relazioni ed agli esposti che ci sono stati fatti, avendo purtroppo veduto con Nostro grave dispiacere – quando eravamo Vescovo di Ancona e Arcivescovo di Bologna – stando a piè fermo, succedere ciò sotto i Nostri occhi, poco o nulla contando le Nostre ammonizioni, ancorché fatte con qualche calore.
1. Non può negarsi che nulla, o poco, vi sarebbe da fare se si avessero presenti le risoluzioni emesse da questi nostri Tribunali ed approvate dai Nostri Predecessori, che avevano pensato a tutto nei tempi passati e in altri tempi avevano saggiamente provveduto a tutto. Ma poiché, per lo più, tali decreti non si sanno, o se si conoscono si prende l’impegno d’operare a capriccio, resta in chi attualmente governa il peso di riportarli nella memoria degli uomini e d’inculcarne l’osservanza.
2. Nei tempi passati, le Sacre Congregazioni, con le approvazioni dei Sommi Pontefici Nostri Predecessori, hanno stabilito quanto era necessario a proposito degli accessi dei Regolari che, con il fondamento della loro esenzione, pretendevano di poter andare ai Monasteri delle Monache sottoposte alla loro giurisdizione senza l’opportuna licenza del Vescovo, come può vedersi nel Nostro trattato De Synodo (libro 7, cap. 41, n. 7), ove sono indicate e riferite le accennate risoluzioni. Ma altresì hanno pensato e provveduto al caso non soltanto dei Prelati o dei Governatori, ma anche dei Vescovi che o passano, o per caso si trovano a dimorare in qualche altra Città o luogo sottoposto ad altro Vescovo: non possano andare ai Monasteri delle Monache e parlare con esse senza aver prima concordato con l’Ordinario del luogo. Queste particolari disposizioni sono anche indicate dagli Autori moderni, come si può leggere nel Pellizzario (De Monialibus, cap. 5, sess. 5, n. 210), nel Graziano (Discept. 392, n. 1), nel Tamburino (De jure Abbatissarum disput., 25, quest. 2), e nel Ferraris nella sua Bibliotheca (alla voce Moniales, art. 4, n. 34).
3. La custodia della clausura delle Monache viene affidata dalle disposizioni Canoniche al jus ordinario del Vescovo locale nei Monasteri a lui sottoposti, come fu stabilito dal Nostro Predecessore Papa Bonifacio VIII nel capitolo Periculoso, De statu Monachorumin sexto, che fu rinnovato dal Sacro Concilio di Trento (cap. 5, sess. 25 De Regularibus et Monialibus). Conseguenza di questa custodia della clausura è il divieto che nessuno si accosti ai Monasteri delle Monache e parli con esse senza il dovuto permesso del Custode. Ne consegue che ognuno deve chiederlo ed ottenerlo dal Vescovo; tutti devono essere sottoposti all’autorità direttiva del divieto, come riferiscono i citati autori e come si desume dai precedenti decreti delle Congregazioni.
4. Questi sono da Noi pienamente approvati, e, qualora ve ne fosse bisogno – il che non crediamo – con una nuova legge determiniamo che i Vescovi, fuori della loro residenza, non possono andare ai Monasteri delle Monache situati in un’altra Diocesi, né possono parlare con le Monache senza la necessaria autorizzazione dell’Ordinario locale. Nemmeno i Vicelegati, i Governatori locali, ancorché Prelati, possono andare ai Monasteri delle Monache situati nel loro Governo senza la predetta autorizzazione, e tanto meno ai Monasteri situati fuori del loro Governo, in altri luoghi nei quali abitassero o attraverso i quali in occasione di viaggio fossero obbligati a passare.
5. Poc’anzi si è detto che tutti costoro sono sottoposti all’autorità direttiva delle Costituzioni dei Vescovi, che proibiscono l’accesso ai Monasteri delle Monache senza l’opportuna licenza, perché, essendo i predetti esenti dalla loro giurisdizione ordinaria, sono esenti dalla forza coattiva della giurisdizione stessa. Ciò è come dire che sono esenti dalle pene imposte contro i trasgressori, giusta la risposta del Nostro Predecessore Clemente III (nel cap. A Nobis, 21, De sententia excommunicationis). Affinché da questa esenzione non derivi qualche inconveniente, nel caso di cui si tratta, ordiniamo che qualora in avvenire (il che non crediamo) succedesse che qualcuno dei sopraddetti andasse ai Monasteri delle Monache e parlasse con queste senza la dovuta licenza, contro quanto stabilito nei Sinodi Episcopali o nelle Costituzioni o nei Bandi Episcopali, ne diano comunicazione a Noi, o alla Congregazione dei Vescovi e Regolari, la quale non tralascerà di prendere le dovute misure per vendicare l’autorità Vescovile disprezzata; e tanto più volentieri Ci appigliamo a questa decisione, perché la vediamo abbracciata e stabilita (nel caso si dovesse procedere dagli Ordinari contro gli esenti ed immediatamente soggetti alla Sede Apostolica), dal Nostro Predecessore Giovanni XXII (cap. Cum Matthaeus, De hereticis, nelle Stravaganti comuni), e dall’altro Nostro Predecessore Eugenio IV (cap. Divina, de privilegiis, pure fra le Stravaganti comuni).
6. Ecco quanto abbiamo creduto necessario dover fare. Resta ora a Te, Venerabile Fratello, conservare diligentemente nella tua Cancelleria questa Nostra Lettera, notificarne il contenuto nella maniera che crederai più propria a chiunque deve essere notificata. Abbracciandoti fraternamente nel Signore, diamo a Te ed al gregge a Te affidato l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 31 ottobre 1749, anno decimo del Nostro Pontificato.