Barefoot Kid


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Kuan Feng Yao, un giovane povero e illetterato (Aaron Kwok), arriva in città alla ricerca del "Four Seasons Weavers", una sorta di fabbrica tessile dove lavorano e vivono molte persone, condotto da una magnetica ed enigmatica vedova, Maggie Cheung. Qui abita anche Tuan Ching Yun (Ti Lung), esperto in arti marziali e amico del padre di Kuan, ormai morto. L'uomo acconsente ad adottare il giovane e a seguirlo. Una scuola rivale cerca però di trafugare la formula per colorare le stoffe, gelosamente custodita da Maggie Cheung da generazioni. Kuan caccia gli assalitori con la violenza, e questo gli costerà tutta la fiducia che era riuscito a guadagnarsi. Ormai solo, decide di partecipare ad un duello di arti marziali indetto da un governatore corrotto, che, notando la sua bravura, lo assolda. Kuan non si rende così conto di servire proprio le forze che aveva cercato di combattere. In questo modo compromette anche la storia d'amore che stava nascendo con la giovanissima maestra che aveva iniziato ad insegnargli a scrivere (Wu Chien Lien).

"Barefoot kid", direttamente ispirato a un film di Chang Cheh del 1975, "Disciples of Shaolin" (altrimenti noto come "Invincible one"), è un film spietato e delicato al contempo. E' la storia di una maturazione, del passaggio dall'età dell'illusione a quella adulta, e del prezzo che questo passaggio comporta (spesso un prezzo sovraumano, come dimostra il bellissimo e struggente finale). Aaron Kwok è bravo nella parte dell'ingenuo, e si esprime al meglio senza forzature. Ti Lung, tra l'altro uno degli attori preferiti proprio da Chang Cheh, è come sempre sublime. Riesce nel difficile compito di dare vita ad un personaggio a metà strada tra il retaggio del passato e la sua vita presente, che tiene dentro le sue emozioni ma fa di tutto per conquistare la fiducia della vedova Meggie Cheung. E naturalmente c'è lei, centro magnetico dell'attenzione. Qui nel ruolo di una donna malinconica e disillusa ma ancora capace di sentimenti forti, chiusa in se stessa a causa del passato, ma fermamente convinta nel portare avanti la sua attività soprattutto dato quello che comporta per le persone che ci lavorano. Maggie Cheung si fa dunque personaggio principale, sorta di musa ispiratrice tanto per l'operato di Ti Lung che per quello di Aaron Kwok, precorrendo silenziosa e stregata le vie tracciate del destino. Un personaggio forte, che viene infine colpito proprio quando cerca di riaprirsi alla vita.
Le scene di azione, con le complicate geometrie spaziali tracciate dalle coreografie (opera del veterano Liu Chia Liang), fortemente spettacolari, ben si integrano con lo scorrere della trama. Non risultano per nulla inserite a forza, tanto per spettacolarizzare la pellicola, ma anzi conducono per mano lo spettatore intrappolandolo nelle emozioni suscitate tanto da questo aspetto quanto da quello sentimentale, stranamente, per un film di questo genere, in primo piano. E non possiamo che rallegrarcene, dato che entrambe le storie (Ti Lung / Maggie Cheung e Aaron Kwok / Wu Chien Lien) sono sottili e mai banali, donando all'intera operazione un che di onirico e poetico. Johnnie To colpisce di nuovo nel segno, quindi, dirigendo con mano salda e con stile personale un film non certo epocale ma importante.


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