Creature Uniche ed Irripetibili ma Sempre in Grado di Scegliere di Crescere nell’Amore

 

 

     
 

Il Buon Padre Creatore in un atto di Infinita Misericordia chiama ogni essere umano all’esistenza.

E nel donargli la vita, lascia in lui, la Sua impronta creativa,1 cosicché, questo possa scegliere liberamente, di crescere nella Carità, ed essere pienamente a Sua Immagine e Somiglianza.

Con il dono della vita, concede a ciascuno, una forma unica ed irripetibile, perché ognuno, sviluppandola, esprimendosi e relazionandosi attraverso di essa, abbia la capacità di conseguire quell’equilibrio armonico necessario, per essere pienamente sé stesso e quindi in grado di rapportarsi positivamente e costruttivamente con il suo prossimo ed il Creato tutto.

Ma il conseguimento di tale equilibrio armonico (ossia, ottimale dell’essere), è possibile soltanto quanto la creatura non si separa dal suo Padre Creatore (Giovanni 15:1-9). Infatti ha tutto origine dal Padre ed ogni cosa assume il suo giusto perché, attraverso la relazione di fiducia e di amore che ella instaura con Egli.

Il legame fra la creatura uomo e il Suo Creatore Dio, non dovrebbe essere spezzato, perché la creatura non può vivere in modo ottimale separata dal Padre (nonostante molto spesso questa s’illuda che sia possibile e sia conveniente il contrario).

Nello specifico nel momento in cui ogni essere umano viene creato, prende forma grazie a Dio e, in virtù di ciò rimane legato inscindibilmente ad Egli (assumendo il suo significato pieno, attraverso la relazione con il Creatore), perché da Dio, anche se spesso non se ne rende conto, riceve continuamente, la vita in tutti i suoi aspetti. Ossia, per il solo fatto di esistere, ricevere incessantemente il Suo amore sotto varie forme.

Ne consegue che ogni individuo, per mettere a frutto in maniera ottimale, la sua chiamata alla vita, debba riconoscersi creatura e affidarsi con fede (fiducia piena) alle cure del Suo Padre Creatore, perché lo aiuti fornendogli tutte quelle grazie necessarie, indispensabili a garantirgli, un certo equilibrio ed un conseguente benessere interiore.

Concretamente per affidarsi al suo Creatore, per accoglierlo consapevolmente nella propria vita, l’uomo deve accettare alcuni dati di fatto, ossia che:

- non si è auto creato ma è stato Creato da Dio e a prescindere che lo accetti o meno, da Egli dipende e separato da Egli perde il suo vero perché.

-       Dio lo ha chiamato all’esistenza grazie ad una forma unica entro la quale è pienamente sé stesso e potenzialmente in grado di scegliere liberamente di strutturarsi al meglio e, fuori della quale non gli è possibile vivere, o comunque vivere bene.

-       Dall’Amore è stato creato e per essere pienamente felice e fedele a sé stesso e all’impronta che il Padre ha messo in lui, con amore deve imparare a vivere.

A questo punto potrebbero sorgere spontanee alcune domande alle quali a seguire, tenterò nei limiti del possibile di fornire delle risposte.

Perché Dio ha donato ad ogni individuo, una forma unica ed irripetibile?
Dio da artista della vita qual è, ha creato e chiamato all’esistenza ognuno con un forma unica ed irripetibile (con delle specifiche caratteristiche personali, ovvero, delle abilità potenzialmente e liberamente sviluppabili), perché attraverso questa forma che è la Sua opera d’arte in lui, possa crescere nella carità e relazionarsi con carità.


Ancora ci si potrebbe chiedere, se possa essere possibile, cambiare la propria forma?
No, pensare di cambiare la propria forma è un’idea deformante che porta l’uomo ad illudersi, di potere indossare i panni del Creatore, di potere assumere un ruolo non suo, un ruolo che non gli compete. La propria forma è un dono e come tale deve essere accolta, accettata e rispettata, senza l’inutile, illusoria e deleteria presunzione, di volerla cambiare.
Come ogni forma ha una superficie (spazio entro il quale esprime sé stessa ed può evolversi liberamente grazie alle proprie caratteristiche) e dei contorni dei limiti che la contraddistinguono;

tali contorni costituiscono i margini, i limiti della propria forma e a differenza di altri limiti che possono essere superati, sono limiti naturali ed invalicabili (per non incorrere nel peccato di voler cambiare la propria forma, di voler essere altro da sé stesso).

Perché ogni forma ha dei limiti?
- l’uomo essendo creatura è limitato, non è onnipotente;

- i limiti di ogni forma creano le condizioni necessarie affinché:

-       ognuno possa vivere e strutturare sé stesso con quanto possiede,2 ossia, attraverso i talenti ricevuti in dono con la vita;

-       nessuno possa bastare a sé stesso.
E questo costituisce una grande opportunità, una grazia di Dio, concessa all’uomo. Grazia che lo rende in grado di amare. Infatti per amare, per vivere di carità, per essere in grado di riflettere sugli altri la misericordia di Dio, la creatura umana deve necessariamente essere indotta a relazionarsi.
E i suoi limiti la spingono ad entrare in relazione (nei modi più svariati) con il prossimo perché possa in piena libertà, scegliere di esercitarsi nella virtù della carità, mettendola concretamente in atto, ovvero, a frutto.
Sì perché la carità nasce e si sviluppa dalla fecondità dell’incontro, attraverso le relazioni (materne, paterne, fraterne, sponsali, di amicizia etc.). Ne consegue che una creatura umana, non può vivere con carità, isolandosi dagli altri.

Perché delle persone sono incapaci di accogliere il prossimo così come è?
Per immaturità relazionale, in quanto per instaurare delle relazioni improntate sull’amore, ovvero, sulla carità, necessariamente si deve accogliere il prossimo per quello che è, ovvero, accettandone la forma.
Esistono delle persone che non avendo maturato questa verità (tale concetto), credono, illudendosi, di possedere una forma illimitata (ovvero completa, giusta, impeccabile, perfetta), ritenendo poi quella degli altri parzialmente accettabile o totalmente inaccettabile e dunque da modificare, da trasformare a loro libero arbitrio e per personale comodità e convenienza.
Come già accennato, sono persone immature, sostanzialmente egocentriche ed egoiste, che non riescono ad accogliere il prossimo per quello che è.
Tali persone si considerano modelli di perfezione, dunque non accettano l’altro con le sue imperfezioni e cosa ancora peggiore non si rendono conto che l’altro è un fratello chiamato alla vita dallo stesso loro Padre Creatore (dall’unico Dio).
Questa convinzione di essere modelli di perfezione, poi le porta a sviluppare due atteggiamenti differenti:
- quello di isolarsi volontariamente (per quanto loro possibile) dagli altri perché ritenuti inferiori (atteggiamento di superbia).
- Quello di volere assumere una posizione dominante (per certi versi di onnipotenza) rispetto all’altro nel tentativo modificarne la forma.
Sostanzialmente, in entrambi i casi, avviene quella chiusura in se stesse che spinge queste persone ad essere sterili, ovvero, infeconde nell’amore e, a peccare di superbia contro Dio e il prossimo.
Contro Dio perché pensano di potere e dovere, cambiare, la forma che il Creatore ha donato al loro prossimo.
Contro il prossimo perché pensando di poterlo cambiare, gli fanno una violenza psicologica inaudita.

 

In virtù del fatto che ognuno deve accettare le forme degli altri, ci si deve esimere dall’applicare la correzione fraterna?
La correzione fraterna è una forma di carità, quando serve, quando è opportuna.
Un atteggiamento che arreca danno a colui che lo pone in essere o/e al suo prossimo va fatto notare con la dovuta sensibilità, umiltà e delicatezza, per non incorrere (da cristiani) nel peccato di omissione.
Ma una cosa è (notato nel prossimo, un errore, per il quale egli, si muove male entro la propria forma) proporgli, suggerirgli una soluzione di cambiamento per il suo vantaggio, rispettandone comunque la forma, un’altra cercare di dominarlo, manipolarlo con l’inganno, con il preciso obbiettivo (e per convenienza personale), di imporgli, una forma che non gli appartiene.

Perché l’essere umano preferisce relazionarsi con chi ha una forma simile alla sua?
Perché:

- fra simili si creano delle relazioni empatiche che per via di una più o meno spiccata comunione di vedute ed intenti, risultano appaganti e di conseguenza, atte a confortare sé stessi e a rafforzare (ossia ad accrescere) la propria autostima.
- In ogni essere umano esiste una desiderio di stabilità che lo induce ad una certa paura di quanto gli è estraneo, nuovo da osservare, studiare, e magari impegnativo da interiorizzare; in ogni essere umano coesistono una certa remore di inadeguatezza accompagnata ad una buona dose di pigrizia relazionale per il dissimile che dovrebbero essere affrontate e superate.
Infatti, queste costituiscono delle barriere (dei blocchi interiori) che dovrebbero essere abbattute, in quanto impediscono di accogliere tutti come fratelli (figli dello stesso Padre Celeste).

Perché è un bene accogliere tutti anche coloro che hanno una forma differente dalla nostra?
Perché le relazioni, per assonanza o dissonanza sono sempre potenzialmente arricchenti, in quanto Dio, ha donato (con infinita bontà e amore), non solo a noi ma ad ogni creatura, una buona forma, una particolare bellezza irripetibile che solo quella persona possiede (e può condividere), anche se ai nostri occhi magari non è subito visibile. Dunque coloro ai quali il Padre Celeste ha dato una forma parzialmente o totalmente diversa dalla nostra costituiscono, una ricchezza della quale fare tesoro. Infatti, quanto manca all’uno si trova nell’altra persona, negli altri e viceversa.
Le relazione, improntate alla reciproca e rispettosa libertà, fra persone con forme differenti, sono forse le più difficili ma anche le più fruttuose, in quanto aprono alla dimensione del nuovo, del confronto, dell’interscambio e conseguenzialmente dell’arricchimento e della crescita.

 

 

 

 

Note:

 

 

1. Con il temine impronta creativa, si vuole indicare che Dio creando l’essere umano a Sua Immagine e somiglianza, dona all’uomo qualcosa di Sé, ossia la capacità amare, grazie all’amore che scaturisce da Egli.

 

2. (concentrandosi su quanto gli appartiene).