Il nuoto e l'handicap

Indice

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*Le Fasi di avvicinamento all'acqua
*Gli stili
*Trasferimenti

Il nuoto e l'handicap

Quella diversità che siamo soliti vedere tra un normodotato ed un disabile viene frequentemente resa invisibile nell'acqua. Entrando in piscina si evidenzia un sollevamento generale chiamato "reazione di galleggiamento". E' più difficile muoversi nell'acqua poiché siamo in presenza di un fluido, come anche fermarsi o cambiare direzione; nell'acqua dobbiamo imparare a stare in equilibrio, voltarci, sdraiarci, capovolgerci etc...

Anche i disabili che hanno acquisito un certo grado di sicurezza nelle attività sulla terra, improvvisamente scoprono che le loro capacità faticosamente conquistate su terreno non servono nell'acqua, d'altra parte, con un buon insegnamento, alcune delle loro difficoltà possono, diventare dei vantaggi. Il cieco avrà bisogno di essere informato sulla forma e la disposizione della piscina perché se ci dovessero essere cambiamenti od ostacoli, potrebbe trovarsi estremamente confuso. L'insufficiente mentale spesso non é cosciente del pericolo e necessita di una supervisione intelligente. Il para-tetraplegico con perdita della sensibilità, se messo sulla carrozzina e trasportato, non sentirà quando i suoi piedi strisciano contro il pavimento, attenzione poi se é portatore di piaghe da decubito.

E' importante spogliarsi da soli, e, se ci sono difficoltà, usare abiti con particolari accorgimenti come chiusure lampo o allacciature in velcro. Non sappiamo con precisione quando l'acqua venne usata per scopi curativi la prima volta, ma siamo a conoscenza del fatto che Ippocrate (460 - 375 a.C.) utilizzava l'acqua per trattare alcune malattie. L'acqua fu largamente usata dai Romani per scopi ricreativi e curativi. Oggigiorno in campo medico tale terapia è utilizzata in patologie di svariato genere ortopedico ed è fondamentale precisare che l'idroterapia non fa capo a se stessa, ma spesso è complementare alle normali sedute di fisioterapia che avvengono in palestra. Si deve essere certi che la terapia in acqua sia un intervento utile e ci si deve assicurare che non esistano controindicazioni particolari. I risultati dell'idroterapia sono ormai consolidate sul piano psico-sociale; dal punto di vista fisico otteniamo una riduzione della spasticità, del dolore, un aumento del grado di ampiezza di movimento delle articolazioni, maggior tono muscolare, più equilibrio e facilitazioni delle reazioni posturali.

Le Fasi di avvicinamento all'acqua

La stabilizzazione ed il controllo in acqua si ottiene dopo lunghe sedute di terapia ed allenamento, ogni giorno si imparano trucchi e tecniche nuove e alla fine non ci saranno problemi di sorta. Noterete come la turbolenza provocata dai movimenti residui è fondamentale per la stabilizzazione e per il mantenimento della postura in acqua.

Nei primi momenti si inizierà a prendere confidenza con l'acqua magari anche giocando, in un secondo tempo ci si accorge che si può mantenere l'equilibrio aiutandosi con il controllo del capo, il movimento delle mani e di tutte le altre parti. L'importante é riuscire a captare le stimolazioni e le reazioni che l'acqua provoca su di noi in modo da iniziare a reagire per fronteggiarle.

A poco a poco dovremmo riuscire a sganciarci dal bordo-vasca o dalla mano dell'istruttore per iniziare i primi esercizi di controllo della rotazione verticale, quindi la rotazione laterale. Più tardi saremo capaci di rimanere in equilibrio ed immobili in acqua nonostante le turbolenze create dall'istruttore.

Poiché il 70% dei disabili può usare le braccia e non le gambe, bisogna trovare un movimento di nuoto che non utilizzi le gambe. Bisogna ricordare che il movimento delle braccia deve essere contemporaneo pena una rotazione del busto. L'emiplegico che farà questo movimento con un solo arto si ritroverà con il tronco inclinato e, per avanzare senza girare, inclinerà il capo verso il lato paretico, questo per quanto riguarda il nuoto sul dorso. Dopo molta pratica riusciremo a nuotare a rana quindi a stile libero e nessuno ci potrà più fermare....

Quando si pratica uno stile con movimenti alternati delle braccia la parte inferiore del corpo ruoterà perché manca il movimento delle gambe necessario per impedirlo. Durante il nuoto sul dorso si può evitare la rotazione del corpo facendo piccoli movimenti con il palmo di una mano, mentre si cala nell'acqua l'altro braccio, quello che esegue la bracciata. Nello stile libero non ci sono problemi insormontabili, si può ricorrere a movimenti di compenso e di conseguenza quasi tutti riescono ad usare questo stile. Se un disabile fuor d'acqua é handicappato, dentro si trova nel suo ambiente naturale, se anzi gli potessero spuntare le branchie...avrebbe già deciso dove vivere il resto dei propri giorni.

Gli stili

Il dorso è considerato il più facile degli stili e il suo insegnamento non presenta grandi difficoltà. Ciò è principalmente dovuto al fatto che gli allievi non sono costretti a immergere il capo nell'acqua, risolvendo così non solo i problemi tecnici dovuti alla respirazione, ma anche ai problemi psicologici. Con una lesione toracica alta e fino a dorsale bassa non ci sono grossi problemi tranne il nuoto a dorso con bracciata alternata con l'inevitabile rotazione del busto. Se l'individuo dispone di una buona acquaticità è possibile che riesca a trovare delle compensazioni subacquee nella bracciata in modo da evitare la rotazione. Per le lesioni più basse i problemi di rotazione del corpo diminuiscono sempre di più fino a scomparire.

Nella rana, il corpo assume una posizione meno orizzontale rispetto alla superficie dell'acqua perché il bacino, per agevolare il movimento delle gambe, tende ad affondare rispetto alla linea delle spalle, comunque nel movimento della massima estensione delle gambe il corpo ritrova la sua posizione orizzontale. La rana è molto faticosa per chi non può contare sulla spinta delle gambe in fase di recupero; inoltre durante le respirazione parte del torace viene sospinto fuori dall'acqua dalla bracciata, frenando il moto in avanti della nuotata. Senza i tricipiti i veri movimenti del nuoto a rana sono impossibili. Il disabile con lesione cervicale è talvolta incapace di sollevare la testa dall'acqua per respirare. Dovrà avere bisogno quindi di assistenza per respirare ad ogni bracciata, a meno che la sua patologia particolare gli permetta di farlo.

Nello stile libero o Crawl, si otterranno velocità di spostamento più elevate; qui la posizione del corpo dovrebbe essere orizzontale sulla superficie dell'acqua, una posizione che consente di offrire la minore resistenza all'avanzamento. Importante è il movimento di respirazione poiché nei soggetti para-tetraplegici o con patologie simili, spesso la leggera rotazione della testa, unita al movimento di bracciata, influenza la posizione del busto. Questo può portare ad una conseguente rotazione del bacino e ad un capovolgimento del corpo in acqua. Inoltre le gambe costituiscono la parte più pesante del corpo rispetto all'acqua, per cui esse tendono ad affondare. Per i pazienti paraplegici non ci sono particolari problemi tranne la differenza tra un individuo flaccido da uno spastico poiché la spasticità degli arti appesantisce notevolmente la bracciata rispetto alla flaccidità che invece la alleggerisce.

Il delfino è forse il più faticoso dal punto di vista del dispendio di energie; si divide in due momenti: subacqueo ed aereo. Le persone che hanno l'uso funzionale del gran dorsale e del tricipite nuoteranno nello stesso modo di quelli con lesioni più basse, gli altri avranno qualche problema in più non potendo contare sul lavoro di questi due muscoli e dovendosi trascinare letteralmente il resto del corpo in avanti con le sole braccia.

Trasferimenti

E' molto importante riuscire a fare trasferimenti in tutta sicurezza sia autonomamente, che con l'aiuto di altri. La sicurezza dei passaggi assume più rilevanza quando si devono fare in mare o nel lago in condizioni diverse, col beccheggio della barca o del gommone, difficoltà di equilibrio, mancanza di spazio etc.

Prenderemo in esame le tecniche di trasferimento dalla carrozzina al lato vasca e vice-versa poiché sono applicabili anche da qualsiasi natante a patto che l'altezza tra il bordo-barca e il pelo dell'acqua non sia superiore a 40 centimetri circa. Resta chiaro che, se si è indossata l'attrezzatura da sub in barca (90% dei casi), è necessario chiedere aiuto al compagno.

1) Due aiutanti, muniti di scarpe antisdrucciolo, sorreggono con una mano una delle due gambe del disabile e con l'altra sotto l'ascella, il busto. A questo punto lo portano assieme sul bordo della piscina. Il disabile, seduto sul bordo, appoggia le mani indifferentemente su uno dei due lati di fianco a se; con un movimento di rotazione del tronco, si solleva di quel poco che basta per scivolare delicatamente in acqua dove troverà pronto l'istruttore.
2) Per scendere in modo autonomo dalla carrozzina, basta spostare i piedi dalla pedana ed appoggiarli per terra quindi spostare il sedere sulla parte più anteriore del cuscino; stendere poi le gambe in avanti e lasciarsi scivolare dolcemente sino ad appoggiare il sedere sulla pedana. Da qui spostarlo sul bordo della piscina e quindi entrare in acqua in acqua. Se il nuotatore é autosufficiente nella discesa dalla carrozzina, sceglierà lui il modo più pratico quindi la discesa con rotazione del busto oppure frontale. Se il nuotatore é affetto da altri handicap non ci sono particolari indicazioni in quanto sicuramente avrà l'uso almeno di un arto inferiore e quindi sarà più agevolato nell'ingresso in acqua.
3) In alcuni casi sarà consigliabile il sollevatore come per tetraplegie molto gravi aggiunte a spasticità.

Per l'uscita dall'acqua ci sono varie tecniche:

1) l'assistente (in acqua) prende il nuotatore ai fianchi e dopo aver preso il ritmo 1,2,e... 3 lo solleva, mettendolo prono sul bordo della piscina. Con una rotazione il nuotatore potrà mettersi seduto.

2) Nel secondo modo, l'individuo con poca autosufficienza si posizionerà supino e parallelo al bordo della vasca, quindi 3 assistenti sul bordo sosterranno il corpo del nuotatore soprattutto a livello di zone delicate come il capo. L'assistente in mezzo farà da leader e dando il ritmo guiderà il sollevamento del nuotatore che in un secondo tempo sarà messo a sedere.

3) Il modo forse più pratico è quando i due assistenti si inginocchiano sul bordo della vasca col nuotatore in acqua che dà le spalle al bordo. Le persone lo afferrano sotto le ascelle e lo issano sul bordo facendo attenzione a non sfregare laschiena sul bordo-vasca. Eventualmente una terza persona in acqua controlla durante la salita il non-sfregamento.

4) Esiste poi un metodo autonomo dove il disabile si avvicina alla scaletta con le spalle ad angolo tra la scaletta stessa ed il bordo della piscina: con una mano afferra saldamente un lato della scaletta e con l'altra il bordo della piscina quindi, di braccia si porta seduto sul bordo per poi risalire in carrozzina. Questo è il metodo che uso solitamente ma è molto pericoloso perché le mani bagnate devono far presa su qualcosa di scivoloso... quindi consiglio sempre la supervisione di qualcuno. Questa tecnica si può utilizzare proficuamente anche nella discesa a bordo-vasca.

Per la salita sulla carrozzina ci si riferisce agli stessi metodi indicati prima sia nel caso di paziente non autosufficiente che autonomo.