Nei personaggi dei Promessi Sposi la religiosità assume svariate forme,
si incontrano figure giudicate "negative" (da un punto di vista
prettamente religioso) dal Manzoni, come la Monaca di Monza e Don
Abbondio, e altre giudicate "positive", come Fra Cristoforo e il
Cardinale Federigo Borromeo, che rispecchiano l'ideale di religiosità
dell'autore stesso.
Il primo ecclesiastico che compare nel romanzo è Don Abbondio, curato
nel paese in cui vivono Lucia ed Agnese. E' un uomo dominato quasi
patologicamente dalla paura, dai suoi atteggiamenti meccanici,
abitudinari si capisce subito che non sa mai cosa decidere, ha una
personalità tutta difensiva, impegna tutta la sua vita ad evitare
uomini potenti e vendicativi che potrebbero turbare il precario
equilibrio che si è creato. In una società in cui bisognava farsi largo
con forza, Don Abbondio accorgendosi di non aver né coraggio né denaro
aveva ubbidito ai parenti che volevano che diventasse prete: non aveva
neanche pensato agli obblighi e ai fini della vita ecclesiastica, la
sua scelta era condizionata semplicemente dal fatto che sarebbe così
entrato a far parte di una classe riverita e che avrebbe goduto di
qualche agio.
La sua vita si basava esclusivamente sulla neutralità: scansava tutti i
problemi (come i ciottoli sulla strada) e non prendeva mai posizioni
ben definite. In questo modo aveva passato i sessant'anni.
Don Abbondo è però fortemente condizionato dalla società in cui vive:
in un mondo fatto di gruppi di potere anch'egli, alimentato dalla paura
si crea un piccolo spazio, per lui non esistono ideali ma solo il
quieto vivere, e la religiosità in lui è praticamente inesistente.
Di tutt'altro genere è Fra Cristoforo, anch'egli di basso rango nella
gerarchia ecclesiastica, ma dotato di una forte religiosità e sostenuto
da alti valori morali. Prima di diventare frate, il cappuccino era
conosciuto come Ludovico, figlio di un mercante vittima del pregiudizio
sociale.
Dopo uno scontro con un nobile, in cui perse la vita il suo fedele
servo Cristoforo, Ludovico si rifugiò allora in un convento e decise di
farsi frate con il nome dell'amico morto.
Ma la conversione di Ludovico è del tutto religiosa, egli si propone un
modello di società fondato sulla povertà, la giustizia e la
solidarietà. Le caratteristiche di Ludovico diventano le doti di Fra
Cristoforo indirizzate soltanto al trionfo della giustizia.
Dopo l'entrata in convento la vita di Fra Cristoforo sarà
caratterizzata dal rimorso ma soprattutto dal servizio nei confronti
del prossimo e dalla carità.
Il frate è un personaggio dotato di forte personalità, un combattente
della fede, che soccorre gli umili, aiuta i deboli e combatte contro i
potenti. Ha capito che i valori più alti sono l'esatto opposto dei miti
e dei pregiudizi della società in cui vive: i valori positivi sono
l'umiltà, la carità, il perdono, il rigore morale e soprattutto la
convinzione che tutto fa parte di un quadro provvidenziale.
Conserva ancora parte d quello spirito guerriero che animava Ludovico,
ma ora è frenato dalla forza della fede, e proprio per questa sua
vitalità e questo suo modo di vivere sempre "all'attacco", può essere
considerato come l'antitesi di Don Abbondio.
Nell'alta società, per così dire, spiccano due figure in forte
contraddizione, la Monaca di Monza, alla quale la vita religiosa è
stata imposta, e il Cardinale Federigo Borromeo, che si impone subito
come un modello.
Il Cardinale fonda il suo potere sull'affermazione della sua
autorevolezza. La sua vita fu costantemente tesa ad uno scopo, quello
religioso, ma non aderì alla religione per folgorazione mistica o per
abitudine familiare, ma anzi, operò una scelta razionale e la sua
accettazione al cattolicesimo fu il risultato di una lunga meditazione.
Nonostante il tenore di vita elevato, dovuto alla sua riverita
posizione sociale, si dedicò all'insegnamento della dottrina agli
emarginati e ad aiutare i poveri e i bisognosi; per lui le rendite
ecclesiastiche erano proprietà dei poveri e non esitava ad aiutare
coloro che avevano bisogno di denaro, se la loro causa gli appariva
giusta. Era un uomo generoso, benefico e liberale, ma allo stesso tempo
era anche severo e brusco. I suoi modi erano cortesi e soavi e anche
per questo era molto ammirato.
La Monaca di Monza invece ha una psicologia scombinata e squilibrata
che la induce al peccato e a fare scempio delle norme che guidano il
convento.
Gertrude, il vero nome di costei, era stata costretta ad entrare in
convento dal padre, che non voleva veder disperso il suo patrimonio, e
che quindi indirizzava tutti i figli, tranne il primogenito, alla vita
religiosa. Dopo una lunga lotta in famiglia ma anche interiore,
Gertrude prende i voti, e grazie al buon nome della famiglia, molto
potente, comanda a bacchetta e si guadagna l'epiteto di "signora", ma
in lei, sul suo volto, c'è sempre qualcosa di misterioso e inquieto.
Gertrude è una suora incapace di fare e volere il bene, ma è
soprattutto una sventurata, è debole, una volta in convento non si sa
adattare, anzi, dalla sua "convivenza" con Egidio non si può che trarre
la conclusione che non ha alcun valore morale, e neanche la volontà di
intraprendere una nuova strada, dopo che le fu chiusa alle spalle la
porta con cui si lasciò definitivamente dietro la vita all'insegna
dello sfarzo che sempre aveva sognato.
Queste sono le quattro figure di ecclesiastici che il Manzoni ci
presenta, sono lo specchio della società seicentesca, con le sue
contraddizioni e la sua corruzione.