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Introduzione

Il presente documento vuole essere solo un documento di lavoro, aperto a ogni suggerimento, contributo e arricchimento.

L’idea della stesura di un progetto d’insieme per il futuro dell’istruzione tecnica e tecnologica è nata dopo molti anni di esperienze e riflessioni nel mondo delle imprese, delle professioni e della scuola. Un ulteriore stimolo a dar forma a un progetto è stata la partecipazione a colloqui con rappresentanti della Provincia e della Regione in vista della Riforma.

Un’altra ragione della decisione di dar forma unitaria alle idee fin qui elaborate è che, mentre la discussione e la critica – in particolare rispetto alla Riforma – sono molto attive nei corridoi e nelle assemblee, al contrario di documenti che contengono proposte concrete o progetti per una scuola di qualità (in particolare tecnica-tecnologica) non è dato vederne, se si escludono definizioni del tipo “licei vocazionali” prive di altri contenuti e specificazioni.

Inoltre va ricordato, da un lato, che la scuola tecnica è a serio rischio di chiusura perché i suoi metodi e i suoi contenuti risultano ormai obsoleti, sconnessi dalla realtà del mondo “di fuori” – e a ciò consegue che la si sceglie, spesso, come refugium peccatorum per “raccattare un pezzo di carta”, – il che dà man forte a chi vuole livellare tutta la scuola superiore a “liceo” senza arte né parte in nome di una “uguaglianza” irrispettosa dei talenti e delle aspirazioni indivi-duali. Da un altro lato il mercato, per sostenere la propria competitività, non ha bisogno di preparazioni generiche, perché queste riversano sulle imprese dei costi di formazione che già le imprese pagano allo Stato, sotto forma di tasse e tributi, proprio per la formazione. Inoltre il “liceo”, molto spesso, serve solo a rimandare la decisione sulle scelte di percorso, e l’uni-versità è sempre più orientata a sua volta verso una formazione generica a base astratta,1 e ciò fa capire perché una stragrande percentuale di laureati poi svolga attività del tutto estranee alla laurea conseguita, non senza osservare che molti ragazzi scelgono – dopo un faticato liceo – percorsi universitari a dispendio minimo, così le facoltà meno impegnative sono affollatissime e fabbricano un gran numero di disoccupati.
Non ultimo va ricordato il fatto che la scuola privata tende sempre più a competere in questo settore critico, e che quindi essere lenti e inefficienti nella scuola pubblica costituisce una forma di suicidio, lento ma sicuro, oltre che un pessimo servizio alla collettività.

Va aggiunto che non esistono scuole di serie A e scuole di serie B, e tantomeno ragazzi di se-rie A e ragazzi di serie B. Pertanto la scuola deve darsi la necessaria flessibilità e la necessa-ria competenza per dare a ciascuno l’opportunità di sviluppare adeguatamente i propri talenti. Altrimenti fallisce totalmente il suo scopo.

Riguardo alle necessità di formazione, si deve sottolineare che l’interpretazione del termine “professionale”, se si riferisce alla scuola che in un tempo molto passato definiva la formazio-ne di operai specializzati, è del tutto fuori luogo. La Riforma intende ben altro, qualcosa cioè che ha a che fare con le professioni oggi, cioè con la professionalità, di qualunque settore di tratti. Un medico è un professionista, e lo è un ingegnere, quindi appigliarsi a significati fuori tempo e fuori luogo è decisamente poco costruttivo e inutilmente polemico. Nelle famiglie esiste però ancora questo pregiudizio e quindi la scuola deve mostrare con chiarezza i conte-nuti, i metodi e le infrastrutture e far capire che si tratta solo di un pregiudizio.

L’Istruzione e formazione professionale si propone di formare professionisti, e nulla meno di questo. E un professionista deve conoscere non meno di quanto sa fare in concreto.
A questo scopo occorre rivedere non solo i contenuti e i metodi, ma anche i comportamenti.

È da ritenere che un simile cambiamento di mentalità possa essere utile anche alla cosiddetta cultura umanistica e ai licei.
Questi ultimi continueranno, infatti, a operare come hanno sempre operato, e forniranno anche un buon prodotto se non saranno ridotti, in sostanza, a scuola dell’obbligo come avverrebbe se passasse il messaggio di una licealizzazione universale, che in sostanza incoraggia a non sce-gliere e ad adagiarsi nel precotto uguale per tutti. Per poi sfornare tranvieri laureati.

L’Istruzione e formazione professionale vuole offrire un’alternativa senza alcuna interferenza sulle scelte, che sono e devono rimanere del tutto personali. È tuttavia certo che le imprese e le professioni non intendono creare posti di lavoro generici che si prospettano a basso o nullo rendimento per anni, posti che di fatto servirebbero solo a vicariare la scuola tecnica in ciò che non fa e dovrebbe fare: formare anziché solo acculturare. Il paradosso della recriminazione del diritto al lavoro da un lato, e dall'altro della mancanza di una formazione che conferisca senso a tale diritto, dovrebbe allertare la logica ancor prima che la politica. —


1. E ciò a causa del fatto che la sua docenza è sempre meno implicata con il mondo “di fuori” e con la ricerca, e quindi è a sua volta portata a mantenersi sull’astratto e sul meramente libresco.

 






   1 - Biennio
   2 - Qualifica
   3 - Diploma
   4 - Diploma U
   5 - Biennio Post-Diploma
        Università

 

 

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