LA VITA SEGRETA DELLE PAROLE

Titolo originale: La vida secreta de las palabras

Spagna, 2005 – Colore, 112’

Regia: Isabel Coixet

Interpreti: Sarah Polley, Tim Robbins, Julie Christie, Javier Càmara, Sverre Anker Ousdal.

 

La regista, anche sceneggiatrice, allarga a una dimensione collettiva (gli orrori della guerra nell’ex Jugoslavia) un dramma che all’inizio sembra solo personale; e descrive con empatia e rispetto personaggi i cui gesti raccontano più delle poche parole che pronunciano: ma proprio per questo, nel sottofinale, i discorsi esplicativi (specie di Inge [Christie], responsabile di un centro di documentazione sui genocidi nei Balcani) appaiono pleonastici. Non si dimentica la suggestiva ambientazione, su una specie di arca di Noè abitata da poche anime inquiete e melanconiche; e il finale, intenso e sobrio, sa evitare la melassa. Producono Augustìn e Pedro Almodòvar.

Il Mereghetti - Dizionario dei film 2006

  

Ci sono molti motivi per rintanarsi su una piattaforma petrolifera: c’è chi lo fa per studiare l’ecosistema, come Martin, oceanografo. Chi per dimenticare di aver tradito un amico, come Josef. Chi, come Simon, cuoco sopraffino, per paura di affrontare la terra. Chi con la scusa di prendersi cura di un malato, come Hanna, per dimenticare se stessa e le violenze subite durante una guerra di cui più nessuno si ricorda, quella dei Balcani (il film è dedicato alla fondatrice dell’Irct, organizzazione per la riabilitazione delle vittime della tortura). Isabel Coixet ha uno sguardo profondo e un’ironia feroce. «Ammazzare il tempo prima che il tempo ammazzi te. È tutto qui?». Curiosamente non in Concorso ma in Orizzonti a Venezia 2005, un dramma trattenuto eppure naif (un’oca bianca a bordo, due marinai amanti che inscenano un dimesso karaoke). In cui tutto fila a meraviglia fino alla rivelazione, gratuita e ridondante, delle cause del dolore di lei. E al finale eccessivamente esplicativo. Fino ad allora è un miracoloso film di recitazione - impressionante la fermezza della Polley - impreziosito da una colonna sonora che mette insieme Paolo Conte, Tom Waits e Antony and the Johnsons. In difficile equilibrio, come i titoli di testa fatti di parole evanescenti e pulsanti. Dure da esprimere, tenute dentro a fatica.

Raffaella Giancristofaro, “Film Tv” (21 marzo 2006)

 

Un incontro tra due solitudini, fatto di intuizione e di umorismo per quanto è possibile nella situazione estrema, ma anche con altri personaggi che danno grazia al racconto pur nell'oscurità tratteggiata delle loro personalità, come un cuoco (Javier Camara), un soldato, un ingegnere. Tra gli altri, emerge il personaggio di Inge Genefke, la neurologa che ha fondato in Danimarca l'istituto per il recupero delle vittime della violenza (ed ora è in azione con il suo staff a Guantanamo), interpretato da Julie Christie in maniera aderente. Film prodotto dalla società di Pedro Almodovar (El Deseo), girato in inglese, con particolare cura all'accento balcanico della ragazza, tutto azzerato al doppiaggio (ma ci sono sempre alcune sale in cui è programmato in lingua originale).

Silvana Silvestri, “Il Manifesto” (17 marzo 2006)