IL TERZO UOMO

Gb/Usa 1949 (104’ – b/n)

Titolo originale: The Third Man

Regia: Carol Reed

Interpreti: Joseph Cotton, Orson Welles, Alida Valli, Trevor Howard, Bernard Lee.

  

"Tratto da un racconto di Graham Greene e da lui stesso sceneggiato, traduce in suggestioni visive espressionistiche tipiche del noir, peraltro importate dall’Europa da registi e direttori della fotografia austriaci e tedeschi rifugiati in America, l’intrigo spionistico fitto di ambivalenze e dilemmi morali. In un set insolito che ritrae una Vienna postbellica disfatta e sfibrata, fotografata da Robert Krasker (premio Oscar), le immagini lugubri ed esasperate, sempre realizzate col grandangolo o con angolazioni eccentriche, liberano “un’abile trasposizione di una struttura e di un contenuto da film noir americano in un contesto profondamente europeo” (Jacques Lourcelles).

"[…] Singole sequenze, come la fuga di Welles nelle fogne (che pare abbia anche diretto) o il suo monologo finale, da lui stesso ideato, sono saldamente installate nell’immaginario degli spettatori, che premiarono il film con uno dei maggiori successi commerciali del dopoguerra. Il tono complessivo del film è stato più volte preso a prestito e citato, anche in chiave ironica (Ombre e nebbia di W. Allen). Il gatto che è “il solo che volesse bene” allo spregiudicato e disilluso Welles fu interpretato da tre animali, piuttosto diversi tra loro. Perché colorizzare un film del genere (cosa che è stata fatta), è difficile da capire."

(M. Sebastiani e M. Sesti, Delitto per delitto. 500 film polizieschi, Lindau 1998)

 

"(…) Girato con una tecnica influenzata visibilmente dall’espressionismo e dal noir, con piani sequenza, uso estremo del grandangolo, inquadrature volutamente “sghembe” come a voler sottolineare il mondo contorto in  cui si  muove il protagonista, e Carol Reed riuscì in maniera mai più ripetuta a utilizzare il gioco di luci e ombre, con personaggi che entrano ed escono dal buio in maniera quasi surreale (vedi la sequenza in cui la Valli si va a vestire nella completa penombra). "L’apparizione di Welles, sotto un portone, appena illuminato in volto da una luce proveniente da una finestra, resta una delle immagini forti del film che appartengono ormai di diritto alla storia dell’immaginario cinematografico, come pure le sequenze della ruota panoramica del Prater, l’inseguimento nella rete fognaria e il finale, lungo ed estenuante (…) impietosamente tagliato da Selznick nella versione americana, ma fortunatamente riproposto nella versione restaurata, realizzata in occasione del 50° anniversario del film."

(Federico Chiacchiari, Annuario del cinema 2000-2001 di “Sentieri selvaggi”).

 

 

“(…) Probabilmente non è vero che Welles abbia anche supervisionato certe scene (soprattutto l’inseguimento nelle fogne) ma è certo che Reed aveva ben presenti le regie del suo protagonista. Nella versione inglese la voce che introduce gli eventi è di Reed, in quella americana di Cotten (il doppiaggio italiano cancella l’una e l’altra). Palma d’oro al festival di Cannes.”

(Paolo Mereghetti, Dizionario dei film 2006 )