OMAGGIO A DAMIANO DAMIANI
Mercoledì 28 dicembre
“Damiano Damiani, friulano, classe 1922, è uno dei registi più importanti del cinema italiano. Maestro di stile e di psicologie, mostra il lato oscuro del boom con Il rossetto, Il sicario e La rimpatriata. Cronista impegnato, riflette sulle contraddizioni della società senza conceder sconti, da Il giorno della civetta a La Piovra. Innovatore e anticipatore, con Quién sabe? e Confessione di un Commissario di Polizia al Procuratore della Repubblica fonda filoni dalla lunga storia. Più di altri autori, tuttavia, Damiani è stato vittima di un equivoco oblio. Forse perché regista insolitamente “americano”, estraneo alla tradizione nostrana, come voleva la critica dell’epoca; forse perché rimosso assieme a tutta una stagione di impegno civile; forse perché regista troppo “di genere” per piacere all’accademia, ma troppo serio e complesso per sedurre i fan della serie B.” (Alberto Pezzotta, Regia Damiano Damiani)
Questo omaggio a Damiano Damiani intende contribuire a restituirgli la centralità che ha avuto e che continua a meritare, per tracciare il ritratto di un modo di fare cinema di cui oggi, più che mai, si sente la mancanza.
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L’ISTRUTTORIA E’ CHIUSA: DIMENTICHI (Italia, 1971 - 106 min. colore) Con: Franco Nero, Riccardo Cucciola, John Steiner. Imputato di omicidio, l’architetto Vanzi finisce in prigione, a fare i conti con la violenza dei detenuti, la durezza dei regolamenti, i metodi repressivi delle guardie; anche in galera contano il denaro e la protezione dei potenti…
Testimonianze
Non c’è che dire: Damiani ha trovato il suo posto nel cinema italiano. Nessuno meglio di lui sa costruire film robustamente impiantati sulle magagne che assillano il nostro paese. (Callisto Cosulich, in “ABC”, novembre 1971)
Non scelgo veramente i miei ruoli: accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema. E non si tratta di dare una definizione del cinema politico, cui non credo perchè ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico: il cinema apolitico è un'invenzione di cattivi giornalisti. Cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano ad una certa ricerca di un brandello di verità. Per me c'è la necessità di intendere il cinema come mezzo di comunicazione di massa - così come il teatro, la televisione. (Damiano Damiani) |
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QUIEN SABE? (Italia, 1966 - 120 min. colore) Con: Gian Maria Volontè, Lou Castel, Klaus Kinski. Durante la rivoluzione messicana, un agente dell'esercito statunitense si infiltra in una banda di fuorilegge con l'intento di arrivare ad un generale messicano ed ucciderlo…
Testimonianze
Quien sabe? è il suo primo film a colori. In ogni intervista lei ha sempre spiegato, per prima cosa, perché non è corretto definirlo un western. Il western appartiene al mondo a Nord del Rio Grande, dove la cultura è protestante, puritana. Nulla a che fare con Quien sabe?, dove la vicenda riguarda la rivoluzione messicana, e i personaggi sono di lingua e mentalità spagnola. Come si fa a definire western un film solo perché ci sono sparatorie e uomini a cavallo? (Conversazione con D.Damiani, da: A. Pezzotta “Regia Damiano Damiani”, 2004)
(…) Quien sabe? era un caso molto diverso, perchè la sceneggiatura trattava in definitiva dell'imperialismo nordamericano e del ruolo della Cia in America Latina. (Gian Maria Volontè) |