L'ODIO (La Haine) Francia, 1995 – 95' b/n Regia: Mathieu
Kassovitz Interpreti: Vincent
Cassel, Hubert Koundé, Said Tagmaoui, Karim Balkhandra, Edouard Montoute,
François Levental, Vincent Lindon. |
Non si conosce davvero Parigi se non si è stati almeno una volta nella banlieue, la sua immensa periferia. Tante città giardino, certo, ma anche tanti ghetti riservati alle ultime ondate di immigrati. Palazzoni tutti uguali, paesi-dormitorio, treni metropolitani che fanno la spola con il centro della città, luogo mitico abitato da gente di altra razza, i ricchi ai quali tutto pare permesso. È qui che cova un odio profondo, generazionale, prepolitico contro una società che sembra escludere in modo inesorabile chi non è fin dall'inizio inserito nel giro giusto. E L'odio è il titolo scelto dal giovanissimo regista francese Mathieu Kassovitz per raccontare 24 ore nella vita di tre emarginati, il maghrebino Said, il nero Hubert e il bianco di origine ebraica Vincent. È quest'ultimo il motore principale della vicenda. Ci sono stati degli scontri con la polizia, un ragazzo - Abdel - è stato ferito gravemente, e Vincent ha deciso di vendicarlo. Se morirà, lui ucciderà un poliziotto, uno qualsiasi, tanto per fare pari. E il giovane un'arma per portare a compimento il suo proposito ce l'ha davvero: si tratta di una pistola persa da un agente durante gli incidenti. Sembrano inutili le esortazioni di Hubert, spacciatore dal cuore d'oro con il sogno di diventare pugile, e di Said, incallito perdigiorno sempre alla ricerca di qualche franco guadagnato nei modi più impensabili. Ci si mette di mezzo uno sfortunato viaggio notturno a Parigi, la brutalità inutile delle forze dell'ordine, l'insensibilità della gente: l’epilogo tragico, a questo punto, è scontato. Bianco e nero, slang di periferia - purtroppo mortificato dal doppiaggio -, colonna sonora travolgente: qua e là troppo furbo eppure coinvolgente, iperstudiato ma allo stesso tempo immediato come una sassata nei denti. L'odio è adrenalina pura. Guardatevelo come volete, cinema-cinema o cinema-verità. Ma non chiudete gli occhi.
(Luigi
Paini, “Il Sole-24 Ore”)
L’odio
del titolo
è quello delle bande dei quartieri satelliti parigini contro le forze
dell’ordine ed è aspramente ricambiato: almeno a giudicare dalla ribellione
dei poliziotti di guardia sulla scalinata del Palais al Festival di Cannes» che
all’apparire del 28enne regista Mathieu Kassovitz e del suo gruppuscolo
giovanile hanno ostentatamente voltato le spalle.
Con La haine i critici francesi sono invece convinti di aver scoperto un
capolavoro: Attention Kassovitz! ha strillato in copertina «Première»
e le due più autorevoli riviste specializzate, i «Cahiérs du Cinéma» e «Positiv»,
gli hanno dedicato pagine su pagine confessando un «coup de coeur». Il resto
della stampa è venuto al traino, il premio per la miglior regia ha rinforzato
l’immagine e il film ha registrato la cifra record di due milioni di
spettatori. [...]
(Tullio
Kezich, “Il Corriere della Sera”, 23 settembre 1995)
[...]
Alla maniera dello Spike Lee di Fà la cosa giusta, Mathieu Kassovitz, 27
anni, parigino, figlio d'un cineasta e d'una produttrice, già autore di Metisse,
premiato per la regia all'ultimo festival di Cannes, ha fatto un film brutale e
disinvolto, destrutturato e costruito con rigore: tempo condensato il cui
trascorrere è scandito da cartelli, una pistola perduta da un poliziotto che
serve da filo conduttore passando di mano in mano, l'agonia del ragazzo arabo
colpito dalla polizia che assicura suspense, due parti simmetriche svolgentisi
una a Parigi e una in periferia. Alla maniera del Martin Scorsese di Taxi
Driver, Kassovitz ha fatto un film che è insieme drammaticamente realistico
e sotterraneamente surreale. L'odio aggredisce un problema sociale
francese in stile americano, ma si distingue da altri racconti neri della
periferia, da tanti altri banlieue-film: per la sua durezza sovversiva,
per la rabbia unita a svagatezza dei protagonisti, per il linguaggio gergale che
imprime alla narrazione gran ritmo e una terribile energia. Il sospetto
d'artificiosità, d'un eccesso di furba abilità non toglie nulla alla forza,
alla potenza disperata del film; né alla bravura e alla sicurezza d'un nuovo
regista.
(Lietta Tornabuoni, “La Stampa”, 29 Settembre 1995)
Filmografia
di Mathieu Kassovitz, come regista: Gothika (2003), I fiumi di porpora (2000),
Assassin(s) (1998), L’odio (1995), Métisse (1993). Come
attore: Munich di S. Spielberg (2005), Amen di Costa-Gavras
(2002), Birthday Girl di J. Butterworth (2001), Il favoloso mondo di
Amélie di J.-P. Jeunet (2000), Le plasir (et ses petits tracas) di
N. Boukhrief (1998).