NO MAN'S LAND Regia: Danis Tanović Interpreti: Branko Djurić, Simon Callow, Rene Bitorajac, Katrin Cartlidge |
“Terra
di nessuno”, quella che separa due trincee nemiche, l’una dell’esercito
bosniaco e l’altra dell’esercito serbo; “terra senza uomini” o “terra
di non-uomini” che inghiotte ed accomuna, per un momento, i destini di tre
soldati: Cena, Čiki
e Nino. Attorno a questi tre animali in gabbia, feriti, immobili, affamati di
reciproca vendetta, nemici come possono esserlo i bambini che continuano a
scambiarsi calci sotto il banco senza più ricordare chi è stato il primo a
cominciare, si muove “il circo” della guerra con i suoi carrozzoni.
Tanovic
scherza con il conflitto balcanico con la leggerezza e la naturalezza di chi gli
può dare del “tu”; l’ironia non trascende mai la misura del buon gusto e
si trattiene dal cinismo o dall’umorismo nero. La tragedia sembra tanto più
vera, tanto più attuale, tanto più ineluttabile, quanto più se ne coglie la
surrealtà sarcastica: il soldato in trincea che si sconvolge leggendo degli
eccidi in africa, il litigio infantile tra il serbo e il bosniaco su chi abbia
dato inizio alle ostilità, la situazione demenziale del soldato costretto
all’immobilità a causa di una mina pronta ad esplodere al minimo movimento,
l’assurdità burocratica degli organismi internazionali che invece di
risolvere i problemi li ingrandiscono.
Quella
mostrata da Tanovic è proprio la guerra più invisibile, quella che comincia
quando il collegamento dell’inviato speciale finisce, quella in cui non c’è
posto per l’uomo. No man’s land, non ci sono persone in questa
“terra di nessuno”, nessuno si salva da un giudizio morale che non viene
enunciato apertamente ma solo sussurrato; i contingenti delle Nazioni Unite sono
al comando di un generale che sembra appena uscito dal Dottor Stranamore di
Kubrick, tutto concentrato sulle cosce della sua segretaria e sull’obbligo di
salvare la faccia davanti ai giornalisti; i giornalisti stessi sono iene la cui
pietà si spegne allo spegnersi della luce rossa della telecamera. Ma non c’è
moralismo in queste prese di posizione, in questi ritratti un po’ caricaturali
ma incredibilmente credibili; è l’assoluta assurdità del contesto a rendere
assurdo tutto ciò che vi gravita intorno: non ci possono essere ragionevolezza,
pietà, coraggio, giustizia laddove a queste qualità si è abdicato da tempo.
No
man’s land
è un film necessario, attualissimo, perfetto nel non parteggiare per nessuno e
nel condannare senza parole; un film straordinariamente acuto ed affilato che
non cerca tanto di dare risposte, quanto di porre domande, con lo sguardo di chi
ha impressa nella mente la regola d’oro: “homo sum; nihil humanum a me
alienum puto” (“sono un uomo; niente di ciò che è umano mi può essere
estraneo”).
Sull’ultima
sequenza del soldato immobile, abbandonato da tutti in attesa che la mina lo
faccia esplodere, il punto di vista è quello di qualcuno che assiste
dall’alto alle miserie umane. Si impone una scelta: chiudere gli occhi e
dimenticare; oppure tenerli aperti per cominciare ad agire…
(Ludovico
Bonora, Maurizio Fantoni Minnella)
DIETRO
LA CINEPRESA