METROPOLIS

Germania 1927 – B/n, 87'

Regia: Fritz Lang

Interpreti: Gustav Frohlich, Brigitte Helm, Alfred Abel, Fritz Rasp, Theodor Loos, Erwin Biswanger.

 

XXI secolo. Una metropoli tiranneggiata da Frederson, un uomo che schiavizza gli operai costringendoli a vivere nel sottosuolo. I proletari sono guidati nella riscossa da Maria, di cui si innamora l'ignaro figlio del dittatore. Frederson, per controllare gli operai, fa costruire da uno scienziato un cyborg sosia di Maria.

Capolavoro di Fritz Lang, modello di tutta la fantascienza del futuro, a partire da "Blade Runner". Ideologicamente risente delle idee della sceneggiatrice Thea von Harbou (all'epoca moglie del regista), ma il tocco cinematografico di Lang, semplicemente sublime, supera qualunque polemica. Espressionista, ma già lanciato nella modernità. Un cult.

“Film Tv”

   

Realizzato nel 1926 a costi così alti che rischiarono di far fallire la UFA, fu proiettato a Berlino il 10-1-1927. Ne esistono varie copie, ciascuna diversa dall'altra per durata e montaggio. Lo stesso F. Lang provvide nel '27 a togliere mezz'ora dall'edizione originale. La più attendibile oggi è quella restaurata nel 1984 dalla Cineteca di Monaco, a cura di Enno Patalas, che dura 147’ (4189 metri), ma nello stesso anno il musicista Giorgio Moroder ne confezionò una di 87’, virata in vari colori e sonorizzata con una colonna sonora rock con canzoni che fu distribuita sul mercato commerciale. Esistono, insomma, molte Metropolis. Disparati i giudizi critici. Nel ‘27 H.G. Wells, che di fantascienza s’intendeva, lo definì “stupidissimo”, mentre Luis Buñuel lo giudicò retorico, banale, pedante, intriso di romanticismo superato, aggiungendo che “... se opponiamo alla storia la fotogenia plastica del film, allora reggerà qualsiasi confronto, ci sconvolgerà come il più bel libro d'immagini mai visto”. Piacque molto a Hitler e a Goebbels, comunque. È all'insegna del sincretismo sia per contenuti sia per forme, frutto di una moda culturale del suo tempo: la tendenza al Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale. Discutibile e Kitsch finché si vuole, l’operazione di G. Moroder è legittima: è uno dei tanti film muti che hanno bisogno di musica. (Che fu scritta appositamente nel ‘26 da Gottfried Huppertz.) Può esistere un film stupido e geniale? Il contrasto tra la melensaggine mistica da romanzo d’appendice di Thea von Harbou che lo scrisse e la forza visionaria di suo marito Lang rimase irrisolto. Metropolis è un capolavoro di cinema decorativo, la messinscena di un delirio.

Il Morandini, Zanichelli, Bologna 2006

  

Come in Destino e I Nibelunghi, la vicenda si svolge fuori della realtà contemporanea. La soluzione finale (‘Il cuore servirà di intermediario fra il braccio e la mente’) conteneva un messaggio le cui ingenue pretese erano ben poco realiste, soprattutto per noi che abbiamo sott’occhio quarant’anni di esperienze supplementari. Ma per quell’epoca Metropolis era di una grande audacia visionaria non del tutto priva di esattezza, almeno sotto certi punti di vista: Metropolis è una città molto simile ai futuri lager nazisti e ai complessi industriali di oggi. La vicenda non è priva di cattivo gusto e di luoghi comuni del melodramma di allora, ma il risultato non è privo di forza poetica. È un cinema epico che si oppone al Napoléon di Abel Gance: macchine gigantesche, lavori sovrumani, cataclismi artificiali, tutta una fantasticheria ultramoderna ancora nuova sullo schermo e che verrà spesso sfruttata negli anni successivi.

Luc Moullet