M.A.S.H.

Titolo originale: M*A*S*H*

Usa, 1970 – Colore, 116’

Regia: Robert Altman

Interpreti:Sally Kellerman, Donald Sutherland, Elliott Gould, Robert Duvall, Tom Skemitt.

Prodotto in epoca di Vietnam e di contestazione, venne letto in chiave di demistificazione anarcoide del mito dell’eroico soldato americano. Oggi si fa apprezzare soprattutto per la sintassi liberissima e il ritmo stralunato, che anticipa quello dei capolavori del regista. Magistrali le gag legate al megafono che comunica, esitante, ordini incomprensibili, e che alla fine recita i titoli di coda. Bollore (Kellerman), nell’edizione originale, si chiama Hor Lips. Il primo grande successo di Altman, Palma d’oro al festival di Cannes del 1970. Oscar allo sceneggiatore Ring Lardner jr. Ha dato origine a una serie televisiva fortunata ma molto meno graffiante. Il titolo è la sigla di Mobile Army Surgical Hospital, Ospedale chirurgico mobile dell’esercito.

Il Mereghetti - Dizionario dei film 2006

 

Mash di Robert Altman è un film di guerra che ha vinto il premio ai festival di Cannes probabilmente perché è un film di guerra. Allora Cannes sarebbe diventato un luogo di riunione di coloro che un tempo venivano chiamati "guerrafondai"? Tutt’altro, il film senza dubbio è stato premiato perché considerato pacifista. Vediamo adesso se questo pacifismo risponde a verità. Secondo i polemologi, la guerra sarebbe una specie di salasso che certe nazioni le quali hanno troppo di qualche cosa (troppi uomini, troppa ricchezza, troppi prodotti, troppi quadri dirigenti, troppi disoccupati, ecc. ecc.) infliggono a se stesse più o meno inconsciamente. Quanto dire che le guerre non si farebbero perché non si ha qualche cosa e si vuole derubarne il vicino; ma perché si ha troppo di qualche cosa e ci si serve del vicino per liberarsene. Per esempio i paesi poveri hanno troppi uomini mentre i paesi ricchi hanno troppe ricchezze. Ecco una guerra già pronta. Attraverso la guerra, ricchezza e popolazione saranno "sgonfiate". In realtà questo è avvenuto in Europa durante gli ultimi due secoli. La bomba atomica non modificherebbe questo stato di cose. Essa sarebbe semplicemente un’arma alla misura delle masse. Ma perché c’è troppo di qualche cosa? È qui che Mash, film apparentemente pacifista ma in realtà bellicoso, può dare una risposta. C’è troppo di qualche cosa allorché c’è repressione ossia deviazione di energia per fini aggressivi. In Mash si racconta la vicenda di due chirurghi buontemponi e goliardici ma bravissimi nella loro professione i quali, capitati durante la guerra di Corea in un ospedale da campo, si fanno beffa delle convenzioni che sono proprie della società militare. Il loro bersaglio preferito è un capitano grande lettore della Bibbia e nell’intimità (relativa) della propria baracca grande cacciatore di gonnelle. Il capitano salta addosso a un’infermiera e non si accorge che un microfono permette ai suoi due colleghi di registrare i gemiti, i ruggiti e le rumorose agonie dell’amore. Svergognato, il capitano dà in escandescenze e viene portato via di peso tutto legato in una camicia di forza. Abbiamo detto che la repressione è all’origine della guerra. Ora tra il capitano ipocrita che va a letto con le infermiere e i due chirurghi che lo svergognano, non c’è dubbio che i repressi sono questi ultimi. Noi sappiamo infatti che il capitano finge di essere religioso ma in realtà ama le donne; ma non sappiamo affatto cosa amano i due chirurghi, perché essi non fingono e non sono ipocriti e quello che fanno (operare i feriti di guerra) lo fanno bene e sul serio. Così in mancanza di altre spiegazioni, bisogna pur credere che essi non amano le donne ma soltanto il loro mestiere cioè la guerra. Repressi ed efficienti, ce l’hanno con il capitano non già perché è ipocrita ma perché non è represso e dunque, probabilmente, non è efficiente. Del resto il film ha una sua atmosfera che puzza di caserma lontano un miglio. Non è la caserma prussiana, d’accordo; è la caserma anglosassone, kiplinghiana, hemingweiana, dove si scherza e si prende in giro la guerra ma per farla meglio. Le beffe che i due chirurghi goliardici combinano contro i loro colleghi militaristi hanno sempre per agente catalizzatore il sesso. Ma i due allegroni, loro, sono casti. Così il militarismo si manifesta per quello che è: una repressione così completa è così profonda che non resta che ridere e scherzare e fare la guerra. Come sempre avviene in film del genere, gli attori sono bravi ma di una bravura che sfiora pericolosamente il luogo comune simpatico e pseudo-liberatorio. Donald Sutherland e Tom Skerrit, tra uno scherzo e l’altro, si immergono fino al naso nel sangue delle sale operatorie. Sembrano, con la loro allegria di buon augurio, due ostetrici che presiedono alla nascita di nuove esistenze. In realtà mettono la loro scienza al servizio di quello che qualcuno ha chiamato un infanticidio collettivo ritardato. Cioè della guerra.

Alberto Moravia, Al cinema (Bompiani, Milano, 1975)