GOODBYE, LENIN! Germania, 2003 (121' - colore) Regia: Wolfgang Becker sceneggiatura: Bernd Lichtenberg, Wolfgang Becker; Interpreti: : Daniel Brühl, Katrin Saß, Chulpan Khamatova; direttore della fotografia: Martin Kukula |
L’ottobre del 1989 non sarebbe il momento più indicato per cadere in coma in Germania Orientale. Ma è quello che accade alla madre di Alex, socialista accanita, che rivede il mondo solo dopo otto mesi. Il figlio dovrà scontrarsi con grosse difficoltà: il cuore della madre è rimasto così debole che il più piccolo turbamento potrebbe esserle fatale. Per lei cosa potrebbe esserci di peggiore della caduta del muro di Berlino e della vittoria del capitalismo nella sua amata Germania Est? Per proteggerla dalla notizia che tutto è cambiato, Alex trasforma il loro appartamento in un’isola del passato, in una specie di museo del socialismo. L’innocente bugia finisce per diventare una grande macchinazione, che coinvolge anche la sorella di Alex ed i vicini. Ma la mamma così può credere ancora nella vittoria di Lenin.
Cinque anni dopo
il premiato Das Leben ist eine Baustelle Wolfgang Becker ha diretto un
nuovo capolavoro. In maniera unica, fulminea, festosa e commovente la commedia Goodbye,
Lenin! mostra il passato tedesco. E’ una storia della riunione di una
famiglia berlinese e nello stesso tempo della nazione tedesca.
Wolfgang Becker si
è fatto notare per la prima volta alla fine degli studi con la regia del film Schmetterlinge.
La messa in scena di una storia breve dell’autore britannico Ian McEwan è
stata premiata nel 1988 a Hollywood, al festival di Locarno e al festivalu Max
Ophüls. Dopo l’eccellente regia dell’episodio Blutwurstwalzer della
serie Tatort ha diretto nel 1991 il popolare film televisivo Kinderspiele,
che è poi arrivato anche sul grande schermo. Il suo primo lungometraggio Das
Leben ist eine Baustelle, del 1997, ha riscosso un eccezionale successo.
Goodbye, Lenin! è una storia
dolce-amara; un film sulla nostalgia, che ha la capacità di soddisfare tanto la
critica che il grande pubblico. Rappresenta la nostalgia di un passato per tutti
quelli che (ancora) ricordano il comunismo e la cortina di ferro. E’ uno di
quei rari film che fanno apparire il sorriso sul volto, pur nella tristezza ed
amarezza. L’inizio semplice e veloce, la sceneggiatura eccellente e chiara, le
meravigliose interpretazioni dei protagonisti (la mamma Katrin Saß
e il figlio Daniel Brühl - attore europeo dell’anno!), le divertenti
situazioni vi entusiasmeranno. (Blaz Slamic)
Goodbye, Lenin! è un piacevole film su
una famiglia che si riunisce, nel passaggio della Germania socialista al
capitalismo. Racconta nel particolare dell’arrivo del nuovo ordine sociale,
diverso da quello a cui erano abituati, ma nello stesso tempo della possibilità
di seduzione e di cura del presente in quello precedente. Il regista intreccia,
in maniera geniale, l’intimo ambiente familiare con i cambiamenti sociali che
si sono inscritti nella storia mondiale. Con il montaggio di vecchi spezzoni
d’archivio assieme alle storie fittizie della sceneggiatura crea una serie di
collage, che possiamo considerare una vera costruzione artistica. Racconta le
storiche transizioni con la distanza permessa dal tempo; osserva gli avvenimenti
storico-sociali con uno sguardo ironico e scherzoso che, se il film fosse stato
realizzato un decennio prima, avrebbe lasciato sicuramente un’impronta
diversa. La distanza storica è anche quella che gli permette di raccontare gli
avvenimenti con una diversa prospettiva, quella di chi non solo ha vissuto, ma
ha anche creduto nel precedente sistema (...). Allo stesso tempo Goodbye, Lenin!
sviluppa anche il tema del figlio, che in nome dell’incondizionato amore
materno, falsifica la realtà fino a trasformare lentamente un’innocente bugia
in una grande macchinazione. Per il suo originale umorismo, non può che
allettare coloro che amano le tematiche serie, ma affrontate con intelligente ed
impegnata semplicità. Questo è possibile quando, dopo la prima onda di risate,
è sempre ancora possibile trovare delle riflessioni profonde; in breve proprio
quello che divide un film come mestiere da un film come arte. (Saša Bizjak)