Giovedì 27 aprile 2006 - Ore 20

Incontro con il regista

DANIELE GAGLIANONE

 

 Il regista Daniele Galgianone sarà ospite del Circolo «Lumiére» di Servola per presentare in una serata speciale il suo ultimo film Nemmeno il destino, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Gianfranco Bettin.

NEMMENO IL DESTINO

Italia 2004 (110' - colore)

Regia: Daniele Gaglianone

Interpreti: Mauro Cordella, Fabrizio Nicastro, Giuseppe Sanna.

"Nemmeno il destino è una storia di periferia, urbanistica e dell’anima, in cui si ritrovano i due protagonisti. Hanno tra i 15 e i 17 anni ed abitano in una città post (ma forse sarebbe più giusto dire ex) industriale e in decadenza, in via di smantellamento e/o ristrutturazione. Cercano un loro luogo, il proprio posto nel mondo, un’oasi fra le macerie che non sono solo quelle delle fabbriche dimesse ma anche delle loro famiglie. Con una istintiva, inconsapevole maturità cercano di sfuggire al loro destino e al mondo sconfitto dei loro genitori, ma inesorabilmente il tentativo finisce in tragedia. Ricordando chi auspicava un mondo salvato dai ragazzini, questi sono due giovani che cercano di salvarsi dal mondo. E’ una storia di una maturazione dolorosa, ma anche di una coraggiosa riconciliazione con la vita". (Daniele Gaglianone)

Daniele Gaglianone è nato ad Ancona nel 1966; laureato in Storia e Critica del Cinema, dal 1991 collabora con l'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino. Nel 1998 collabora alla sceneggiatura ed è assistente alla regia per il film di Gianni Amelio "Così ridevano". Ha realizzato numerosi cortometraggi e documentari presentati e premiati nei più importanti festival nazionali ed internazionali tra cui: "La ferita" (1991); "Era meglio morire da piccoli" (1992); "L'orecchio ferito" (1994); "La carne sulle ossa" (1996); "Tutti mi chiedono da dove vengo - nessuno vuol sapere chi sono" (co-regia, 2000). Nel 2000 esordisce nel lungometraggio con "I nostri anni", selezionato al Festival di Cannes nel 2001. Segue, nel 2003, "Nemmeno il destino".

 

Intervista a Daniele Gaglianone di Alessandro Petraglia (da "Hideout" n. 8 - 17/04/06)

Nemmeno il destino, è ispirato all’omonimo romanzo di Bettin. Cosa l’ha colpita di questo libro?

Mi ha colpito soprattutto l’ambiente fisico e mentale in cui i personaggi si dibattono. Le vicende del libro hanno luogo dalle parti di Mestre, in una periferia che non è più città ma non è ancora campagna. Mi sono riconosciuto completamente in questo ambiente; per me è stato come un salto a un passato in cui anch’io vivevo situazioni simili a quelle dei protagonisti. A questo territorio fisico corrisponde uno stato d’animo legato all’età dei personaggi, età in cui si è in bilico fra infanzia e maturità. Mi ha colpito anche lo stile con cui il libro prende forma, l’ho sentito molto vicino al mio modo di percepire le cose.

Sappiamo che i due protagonisti sono interpretati da attori non professionisti. Come li ha scelti, e che tipo di rapporto ha instaurato con loro?

Non sono professionisti, anche se Fabrizio Nicastro ha alle spalle l’esperienza di un gruppo teatrale, un impegno che prende molto sul serio. La scelta è stata immediata, soprattutto per Fabrizio. Nonostante la differenza di età, si è creato fra noi un rapporto molto robusto e intenso.

Ho letto che è stata usata una tecnica di sviluppo che esalta particolarmente il contrasto chiaro-scuro.

E’ un procedimento che prevede la mancata realizzazione della fase in cui si puliscono dal negativo i granuli d’argento non impressionati. Questo porta a un risultato paradossale, con i neri che diventano nerissimi e i bianchi bruciati; è come se le zone d’ombra fossero sottoesposte e quelle di luce sovresposte. Abbiamo fatto questa scelta per ottenere una fotografia che fosse cruda ma, allo stesso tempo, che avesse in sé un elemento onirico, iper-reale.

Come ultima domanda, le chiederei di dirci qualcosa sulla sua dedica del film, «alle cose che si perdono».

E’ una dedica che ha diverse sfumature. Alle cose che inevitabilmente perdiamo, ma anche alle cose e alle persone che si perdono da sole. Alle cose che sono state perse ma anche alle cose che si perdono perché non trovano più un senso a quello che stanno vivendo, che perdono la strada. Possiamo pensare che Alessandro dedichi tutta la storia sia a Ferdi come amico perduto, sia a Ferdi come persona che si è persa.