THE CORPORATIONCanada 2003 (145' - colore) Regia: Jennifer Abbott, Mark Achbar
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Premio del pubblico come miglior documentario al Sundance Film Festival e al Toronto International Film Festival.
The Corporation è un documentario di controinformazione che interesserà chi cerca al cinema le chiavi per capire meglio il mondo in cui viviamo. La tesi del professor Joel Balkan, autore della sceneggiatura come del libro omonimo, è che le corporazioni multinazionali sono diventate, grazie alla legge americana, la versione aggiornata delle monarchie e dittature. Allucinante è la documentazione raccolta dai registi, che gareggiano con il Michael Moore di 'Fahrenheit 9/11' nello scoprire cosa c'è dietro molti paraventi della politica e dell'economia. Quella delle corporazioni è un'amoralità legittimata, che legittima lo sfruttamento a fini di lucro delle plebi affamate dei Paesi terzi, con i risultati di terrore e miseria che il film ampiamente documenta. Impossibile non porsi la domanda: fino a quando? (Tullio Kezich, "Il Corriere della Sera")
The Corporation non è spettacolare come un film di Michael Moore, divertente come uno show di Beppe Grillo o popolare come un libro di Naomi Klein ma è forse l'opera più interessante prodotta dalla critica alla globalizzazione. E’un film di oltre due ore, ricco di documenti, storie, idee e d'ironia. Una specie di affresco satirico sul mondo delle multinazionali, un viaggio sulla nave dei folli del capitalismo globale.
Prodotto in Canada, il film è stato premiato nei festival, ma boicottato negli Stati Uniti. Sullo schermo sfilano alcune delle icone del movimento no global, da Noam Chomsky a Michael Moore, da Jeremy Rifkin a Vandana Shiva, alla Klein. Eppure The Corporation non è un manifesto politico. Più illuminanti delle interviste ai critici delle multinazionali sono le paradossali "confessioni", di manager e dirigenti finanziari. "Manipolare i bambini è immorale? Molti me lo chiedono e a volte me lo chiedo anch'io. Ma questo è il mio lavoro". The Corporation contiene alcune storie che varrebbero ciascuna un film. La più sconvolgente racconta la lunga complicità della Ibm con Adolf Hitler. L'inchiostro con il quale furono marchiati i deportati nei lager era fornito dalla Ibm, che si offrì anche di organizzare la feroce contabilità di Auschwitz, Dachau, Buchenwald. I massimi dirigenti di New York considerarono l'eliminazione di massa di milioni di persone un ottimo banco di prova per collaudare nuovi sistemi di calcolo complesso. Un'altra storia esemplare, stavolta dei nostri giorni, è quella dei due reporter licenziati dalla Fox per aver osato indagare sullo scandalo del latte contaminato della Monsanto.
Il viaggio all'inferno non è però del tutto senza speranze. Il movimento internazionale contro il capitalismo selvaggio di questi anni ottiene alcune vittorie insperate. In India vengono revocati i brevetti occidentali sul riso. In Bolivia la lotta impedisce la privatizzazione dell'acqua. Ma la corsa delle multinazionali a impadronirsi di tutto non si ferma davanti a nulla, con l'aiuto della deregulation, pilastro ideologico della nuova destra americana. Gli autori provano a indagare la psicologia della grande impresa attraverso i normali test sulla salute mentale. La diagnosi è una grave forma di psicopatia, qualcosa di molto simile al profilo mentale del serial killer.
The Corporation si apre con George Bush impegnato nel discorso che dovette tenere dopo lo scandalo Enron, dov'era coinvolta mezza Amministrazione. Lo slogan fu l’ipocrita: «Poche mele marce in un sistema sano». In realtà era accaduto esattamente il contrario e un'invisibile macchina aveva espulso dal mucchio le poche mele buone, i rari e coraggiosi manager, economisti, giornalisti che avevano denunciato i rischi della new economy. (Curzio Maltese – "Venerdì di Repubblica")