UN BACIO APPASSIONATO

IGB, B, D, I, E, 2004 (104’ - colore)

Tiolo originale: Ae Fond Kiss

Regia: Ken Loach

Interpreti: Gerard Kelly, Shabana Bakhsh, Eva Birthistle, Atta Yaqub.

Presentato in maniera un po' spiazzante come la prima commedia romantica di Ken Loach e penalizzato da un doppiaggio che mortifica la molteplicità linguistica della storia, è in realtà del tutto aderente all'idea rigorosa di cinema che è propria del regista inglese ed è soprattutto un ottimo film per equilibrio, sobrietà e realismo della messa in scena. Se al centro della sua storia c'è un amore e tutte le difficoltà che ne conseguono in termini di definizione della propria cultura, non cambiano le linee fondamentali dell'approccio di Loach alla materia narrata, la sostanza politica della sua riflessione. L'innamoramento dei due protagonisti ha così la funzione di svelamento dei meccanismi più spersonalizzanti del vivere contemporaneo; ed è sempre la dimostrazione della natura classista della società contemporanea ciò che anima le riflessioni del regista inglese, in questa occasione centrate prevalentemente sulla dialettica comprensione-denuncia, specie per ciò che concerne l'analisi della religione e del suo ruolo.
Detto questo, è necessario rimarcare che, come in tutti i film di Loach (specie i migliori), è la regia a funzionare alla perfezione. Quel senso di realtà (troppo spesso erroneamente analizzato esclusivamente come conseguenza stilistica della sua militanza politica) che trasuda da ogni inquadratura del suo cinema e che si traduce in massima partecipazione dello spettatore, è il frutto della sua abilità pura come narratore per immagine, oltre la sostanza contenutistica.[…]

Adriano Aiello, “Cinema Zone” (www.castlerock.it) - 05/01/05

  

   

Rigidità musulmane, pregiudizi cattolici, le vacanze-lampo al mare condite di bugie e di rivelazioni, le intromissioni della sorella maggiore di Casim che vede messe in pericolo le sue agognate nozze: questi sono alcuni dei temi di una delle pellicole più brutte di Loach.

Enrico Magrelli, “FilmTv”

   

 

Che il cinema di Ken Loach sia ormai condannato dalla sua stessa natura a ripetersi all’infinito non è certo una novità. Esaurita con alcuni grandi film la spinta proletaria del dopo Thatcher (Riff Raff, Piovono pietre, Ladybird Ladybird), il suo realismo arrabbiato ha dovuto cercare nuovi contesti per sopravvivere e continuare a parlare del mondo guardandolo da altri punti di vista. Pensiamo al quadro storico di Terra e libertà, all’impegno rivoluzionario di La canzone di Carla, agli sconfinamenti no global di Bread and Roses e ora all’inattesa incursione nel melodramma di Un bacio appassionato. Il fatto è che il cinema Loach, nonostante i tentativi di rinnovarsi, continua a dare il meglio di sé proprio laddove è stato grande: My Name is Joe e Sweet Sixteen erano film rudi come la vita grama che rappresentavano, opere morali raccontate sulla pelle dei propri protagonisti senza che lo slancio educativo prendesse il sopravvento sul ritratto di esseri umani disperati, vivi, violenti, veri.

Con Un bacio appassionato, invece, Loach si affida completamente alla struttura del genere per definire i suoi personaggi e la loro storia […]. Le caselle del melodramma ci sono tutte: l’amore impedito, le pressioni della famiglia e del contesto sociale, gli innamorati che si lasciano e riprendono di continuo.

L’operazione è certo curiosa, dal momento che lo stile etnologico di Loach, nonostante la presenza aliena del melò, non cambia: ma proprio per questo non funziona. La convivenza di nature diverse stenta a procedere, evidente è il contrasto tra l’artificiosità del melodramma e il naturalismo delle riprese, così come l’innesto di una struttura narrativa “forte” su un impianto stilistico basato sulla registrazione del reale. Intendiamoci: Loach ha da sempre inserito strutture esterne nei sui racconti, ma si trattava di ideali, proclami politici, riflessioni a margine sulla contemporaneità. Il suo discorso poteva essere lucido e distaccato, edulcorato e didascalico, ma mai, nel caso di Un bacio appassionato, fuori luogo e, nonostante l’attualità dei problemi affrontati, fuori tempo.

Roberto Manassero, “Sentieri Selvaggi” (www.sentieriselvaggi.it - 06/01/05)