I QUATTROCENTO COLPI

Titolo originale: Les 400 coups

Francia, 1959 – B/n, 93’

Regia: François Truffaut

Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Claire Maurier, Albert Rémy, Jeanne Moreau, Guy Decomble, Georges Flamant, Patrick Auffay, Daniel Couturier, François Nocher, Richard Kanayan, Renaud Fontanarosa, Michel Girard, Henry Moati, Bernard Abbou, Jean-François Bergouignan, Michel Lesignor.

 

Antoine Doinel (alter ego del regista in questo e in molti altri film) è ragazzo solo, indesiderato e incompreso. Per ribellarsi marina la scuola e rubacchia qua e là. Quando, con l'amico René sottrae una macchina da scrivere per pagarsi una gita al mare lo beccano e lo mettono al riformatorio. Esordio nel lungometraggio del ventiseienne Truffaut, è un inno alla libertà e alla gioventù considerato tra i film fondanti della nouvelle vague. Una descrizione dell'infanzia attenta e partecipa, priva di stereotipi e unita a una nuova idea del mondo e del cinema. "Il film del futurosarà un atto d'amore", scrisse poco prima il critico Truffaut, e questa sembra la messa in pratica delle sue aspirazioni. Doinel e Leaud torneranno in altri quattro film. Gran premio speciale della giuria a Cannes nek 1958.

Da "Film Tv" (www.film.tv.it)

 

[...] Straordinario primo lungometraggio di F. Truffaut che, premiato per la regia a Cannes, contribuì al lancio della Nouvelle Vague francese. Primo film della serie Antoine Doinel che – caso unico nella storia del cinema – segue un personaggio dall'adolescenza alla maturità. Uno dei film più teneri e lucidi sull'infanzia incompresa, tema che attraversa tutta l'opera del regista. Cinepresa mobilissima, fotografia in Dyalscope e bianconero di Henri Decaë. Faire les 400 coups = Fare una vita agitata, dissipata.

Il Morandini (Zanichelli 2006)

 

In due parole: Les quatre-cent coups sarà il film più orgoglioso, più testardo, più ostinato - in due parole, per finire - il film più libero del mondo. Moralmente parlando. E anche esteticamente.

Jean-Luc Godard

  

François Truffaut (Parigi 1932 – 1984) già a 16 anni apre un cineclub che, gestito in maniera imprudente, gli procura la prima condanna di fronte ad un giudice. Bazin riesce a farlo liberare e ad introdurlo nel giro dei "Cahiers du cinema". Ma anche questo periodo non dura molto a causa dei suoi obblighi di leva: si arruola volontario per l’Indocina e poi, proprio alla vigilia della partenza, sparisce. Altri guai con la giustizia, altro intervento risolutivo di Bazin. Di nuovo in libertà, Truffaut inizia a collaborare come critico "stroncatore" su diverse riviste. Il suo stile pungente suscita non poche polemiche. Nel 1955 gira La visita e nel ’57 I monellacci. Il cinema di Truffaut è già chiarito. L’ambiente che sceglie per la lavorazione è uno scenario naturale, gli interpreti sono giovani esordienti, il tema affrontato è l’adolescenza, colta in quell’insieme di solitudine e infelicità che convive con la scoperta dei sentimenti, della donna, dell’amore. Il successo e i riconoscimenti (miglior regia a Cannes) arrivano con I 400 colpi (1959). Primo film di un ciclo che narra la vita di uno stesso personaggio: l’episodio Antoine e Colette del film L’amore a vent’anni (1962), Baci rubati (1968), Non drammatiziamo… è solo questione di corna (1970) e L’amore fugge (1979).

I film di Truffaut riscuotono un buon successo di pubblico, anche grazie ad una maniera di far cinema, ad una poetica che, all’interno di tutta la generazione della Nouvelle Vague, è la più tradizionale. Grazie a questo, Truffaut è uno dei pochi registi che la storia del cinema ricordi indipendente economicamente: dopo i primi successi fonda la casa di produzione Les Films du carosse che gli permette di girare tranquillamente i suoi film.

Altra grande passione di questo critico-regista-produttore sono i libri che forniscono l'ispirazione per le sue opere, quasi sempre romanzi "popolari": i noir di C. Woolrich (La sposa in nero, 1968), D. Goodis (Tirate sul pianista, 1960) e Charles Williams (Finalmente domenica, 1982), la ‘fantascienza’ di Bradbury (Fahrenheit 451, 1966), o ancora i quasi sconosciuti Jean Itard, Francis Vernon Guille, Henri-Pierre Rochè, che cita direttamente nei film, o che occupano un posto importante all’interno della narrazione.

Pellicola atipica, che valse a Truffaut un Oscar, è Effetto Notte (1973) dove è il cinema stesso che viene raccontato: la lavorazione di un film, le difficoltà che incontra, gli amori che fa nascere, le diverse esigenze e generazioni che mette insieme, l'opportunità che offre di sopravvivere oltre la morte. Si tratta in fondo della sintesi migliore della concezione che Truffaut si era fatta del mezzo cinematografico, e che più o meno velata si nasconde dietro ogni sua opera: la convinzione che un film «per essere riuscito, dovesse esprimere simultaneamente un’idea del mondo e un’idea del cinema».

Altri film diretti da Truffaut sono: Jules e Jim (1962); La calda amante (1964); Il ragazzo selvaggio, La mia droga si chiama Julie (1969); Le due inglesi (1971); Mica scema la ragazza (1972); Effetto notte (1973); Adele H., una storia d’amore, Gli anni in tasca (1975); L’uomo che amava le donne (1977); La camera verde (1978); L’ulitmo metro (1980); La signora della porta accanto (1981).