Curiosità e particolari poco noti rileggendo i resoconti dei primi "touristi", perlopiù inglesi e tedeschi

COME APPARIVA L’AGORDINO

AGLI OCCHI DEI PRIMI TURISTI DELL'OTTOCENTO

L’approccio con le guglie dolomitiche visto con gli occhi del "cittadino"

(L’Amico del Popolo, 13.09.1997 n.36)

 

E' difficile immaginare come fosse apparso l'Agordino agli occhi dei primi visitatori che si avventuravano in quelle che Amelia E. Edwards aveva definito nel secolo scorso le "valli sconosciute".

Il nome della Edwards è legato ad un viaggio compiuto nelle Dolomiti bellunesi nel 1872, un "vagabondaggio di mezza estate" come lo definì la stessa autrice, un'inglese curiosa ed indipendente che lasciò nel suo scritto una squisita testimonianza del proprio soggiorno.

La Edwards non fu la prima ad avventurarsi in Agordino.

Parecchi furono i suoi predecessori, tedeschi ed inglesi soprattutto che nella stessa epoca si avvicinarono alle principali vette dolomitiche guidati da valligiani esperti.

Anche l'Agordino non fu esente da questo fervore che spingeva nutriti gruppi di escursionisti ad avventurarsi in valli e cime familiari soltanto ai valligiani.

Francis Fox Tuckett, Douglas Frieshfield, Josiah Jilbert e Churcill, Charles Rabot sono solo alcuni dei visitatori stranieri, pionieri dell'alpinismo ad avere divulgato le proprie memorie di viaggio.

Scritti sono divenuti classici della letteratura di montagna.

Non sempre il primo impatto con le ignote vallate fu lusinghiero.

Per la viaggiatrice inglese Lucy Tuckett l'Agordino era una regione selvaggia dove cavalli e selle si dice siano sconosciuti.

Non meno benevolo il giudizio espresso dalla Edwards che in una pagina dei suoi appunti di viaggio soffermò la sua attenzione sul paesaggio angusto della val Cordevole descritta come una valle di rocce solcata da profondi precipizi e dalle cicatrici di innumerevoli frane. Un ambiente severo ma non per questo inospitale che non poteva sottrarsi allo sguardo di un'osservatrice così attenta come quello dell' anticonformista viaggiatrice inglese.

Nel suo reportage, pubblicato a Londra nel 1890, oltre a descrizioni paesaggistiche dell'ambiente dolomitico vengono tracciati curiosi profili caratteriali di personaggi del luogo.

Emergono così brevi ma significativi ritratti descritti con particolare efficacia dalla Edwards affascinata da un gruppetto di alcuni menadas intenti nella fluitazione del legname lungo le rive del lago di Alleghe e dalla impenetrabile malinconia di una giovane contadina di Livinallongo vestita con il caratteristico mesalana.

Piccoli episodi, tessere di un mosaico che ricomposte svelano la realtà sociale ed economica dell'epoca.

Era evidente che il confronto di culture e civiltà completamente diverse suscitasse una reciproca e comprensibile curiosità sia nei valligiani che in quelli che con un francesismo venivano indicati con l'appellativo di touristi.

Touristi che vestivano con abiti insoliti e soprattutto parlavano un'altra lingua.

Di fronte a questo progressivo e costante pellegrinaggio di visitatori era inevitabile il sorgere anche in Agordino di una discreta ricettività turistica costituita da locande, alberghi e pensioni.

Nacquero così in quell'epoca una manciata di strutture alberghiere disseminate nei vari comuni della vallata.

Basta ricordare l'albergo Al Gallo di Canale d'Agordo demolito negli anni settanta, il Grand Hotel Venezia a Frassené, l' albergo Finazzer a Colle Santa Lucia (allora appartenente all'Impero asburgico), l'Albergo al Pelmo a Selva di Cadore realizzato dai fratelli De Pin e inaugurato nel 1895. In una corrispondenza dell'epoca si legge:

"ci voleva tutta l'intraprendenza industriosa dei fratelli De Pin per colmare questa lacuna lamentata dai touristes e da quanti amano le escursioni in questi vaghi recessi alpini (...).

Sino a pochi anni fa Selva era un recesso alpino dimenticato da tutti, fuorché dal fisco, ora è risorta quasi a nuova vita e numerosi touristes percorrono in ogni senso la conca del Fiorentina."

In una contemporanea corrispondenza datata 1896 si legge invece "Colle Santa Lucia è discretamente visitata nella stagione estiva dai numerosi touristes che si riversano a Caprile da Cortina d'Ampezzo e viceversa (...)

L'iniziativa privata contribuì a dare un po' d'animazione al paese nella campagna estiva, per opera specialmente del Sig. Carlo Finazzer che innalzò un albergo con un numero di locali proporzionato alle esigenze del concorso."

A volte anche i capricci del tempo spezzavano la canicola estiva costringendo gli ospiti a trincerarsi in albergo:

"Piove come il solito. Gli ospiti dell'albergo Al Gallo ove trovasi buona tavola, buon letto e un albergatore pronto a spianarvi qualsiasi difficoltà, si sono raccolti tutti nel salotto. I tedeschi bevono e fumano, fumano e bevono; quattro gli inglesi, due leggono volumi, e sognatori di tutti i paesi sognano.

Un francese Enry Gervais brontola, si agita e ciarla, facendo dei bous mots."

E in un'altra corrispondenza da Alleghe si annota che "una pioggia fina fina, umida penetrante cade ininterrottamente. L'intera popolazione è profondamente costernata per tali diuturne atmosferiche perturbazioni (...).

Le strade son ridotte addirittura ad altrettante pozzanghere.

Il tourisme perde così tutto il suo fascino infatti gli alberghi per passato rigurgitanti di forestieri ora naturalmente ne son privi."

Al diffondersi del turismo contribuì in buona misura la pubblicazione di una serie di guide della zona come la "Guida alpina di Belluno - Feltre, Primiero, Agordo e Zoldo" di Ottone Brentari del 1887 seguita qualche anno più tardi dalla "guida touristica" di Feruglio data alle stampe nel 1910.

In quello stesso anno a suggellare l'affermarsi del turismo in zona e di una mentalità turistica in particolare contribuì il periodico "L'araldo agordino" pubblicato a cura della "società agordina per i festeggiamenti e l'incremento dei forestieri".

Alla conoscenza dei luoghi contribuì infine la diffusione delle prime foto formato cartolina opera dei fotografi Unterweger di Trento e Pompeo Breveglieri i primi ad avere impressionato sulle lastre vedute e paesaggi della vallata facendo conoscere l'Agordino anche al di fuori dei confini provinciali.

Luisa Manfroi