IL PONTE, CINQUANTADUE ANNI FA

                  (L'Amico del Popolo, 06.10.2001, n. 39)

        

L'apertura al transito del ponte di Celat, nei primi giorni di luglio, sembra avere accantonato un problema che si trascinava da quasi quattro anni. Una lunga telenovela che ha visto per diverso tempo il passaggio dei veicoli a senso unico alternato. Solo un anno fa la costruzione di un bailey e la conseguente deviazione del traffico veicolare ha consentito di consolidare il ponte e di ricostruire le parti logore.    L'ultimazione del nuovo ponte costituisce ora un'occasione per rilassarsi facendo un passo indietro di cinquantadue anni che ci riporta ai primi anni del secondo dopoguerra quando si dette inizio alla costruzione del "vecchio" ponte di Celat.    Sfogliando l' album dei ricordi si osserva come il manufatto sul rio Pianezza abbia avuto una vita alquanto travagliata se si considera che nel novembre 1917 venne volontariamente sacrificato per esigenze belliche dai soldati italiani allo scopo di rallentare l'avanzata delle truppe austriache. Solo al termine delle ostilità la struttura venne ricostruita in legno.    Il ponte si prestò per diversi anni alle necessità di chi si trovava a transitare in valle del Biois tanto da essere testimone dei diversi cambiamenti che si susseguirono: dal passaggio dei carri trainati da cavalli e delle prime autovetture Fiat fino agli autocarri Lancia Ro, BL e 621 carichi di legname non tralasciando i primi servizi di trasporto passeggeri della ditta Buzzatti.    Sul finire del secondo conflitto mondiale il ponte iniziava a risentire gli acciacchi del tempo.    Era dunque necessario un dignitoso intervento di restauro per rendere meno evidenti i segni del degrado.    L'amministrazione provinciale, nel settembre 1946, aveva fatto presente al comune di Vallada il bisogno impellente di intervenire per riparare la struttura. Una spesa di straordinaria manutenzione che sarebbe ricaduta sulle spalle dei comuni consorziati.    Da una stima approssimativa l'importo della manodopera, a parte quella del legname, sarebbe ammontata a quasi centottoantamila lire. L'intervento, vista l'urgenza e l'obbligatorietà, si rendeva indispensabile. I lavori resi al capezzale del ponte costituivano tuttavia solo un palliativo.    Il problema era ben più grave e interessava le strutture portanti della vecchia costruzione in legno. Le travature e le arcate erano usurate al punto da rendere pericoloso il transito.    Occorreva intervenire più a fondo e la realizzazione di un'arcata in cemento armato poteva costituire la soluzione radicale al problema. L'aprile 1949 segnò l'inizio dei lavori di edificazione del nuovo ponte. L'intervento appaltato dall'ufficio del Genio Civile di Belluno venne affidato all'impresa Dal Pont di Belluno.    Gli anni del secondo dopoguerra erano tempi difficili soprattutto per chi andava in cerca di lavoro.    La costruzione di un'opera pubblica in zona poteva rappresentare perciò un utile incentivo all'occupazione tenuto conto che sarebbero stati impiegati operai di Vallada e dei comuni vicini. In quegli stessi anni, qualche chilometro a valle, si era proceduto alla costruzione della galleria delle Anime che aveva contribuito a migliorare la viabilità della strada della valle del Biois.    Un episodio curioso trova spazio nelle cronache dell'epoca. Verso la fine di agosto del 1949, il giorno del matrimonio, il pompiere di Canale d'Agordo Fortunato Tancon, mentre conduceva la sposa da Falcade a Canale, aveva trovato sbarrato il passaggio lungo il vecchio ponte. Uno scherzo amichevole ordito dagli invitati. Lo sposo novello si era visto costretto a transitare al braccio della consorte lungo il nuovo ponte seguito da un lungo corteo di parenti e amici tra due ali di festoni. A metà del manufatto quasi ultimato un tavolo imbandito per l'occasione accoglieva i festeggiati dando vita ad un brindisi.    Alla fine di ottobre i lavori erano completati. Il ponte lungo quaranta metri con un arco parabolico e una luce di venti metri fu aperto al transito nel dicembre 1949.    L'arco in cemento continua tuttora a costituire la struttura portante del ponte anche se sulla sua sommità i poco ingombranti veicoli di qualche decennio fa hanno lasciato il posto ad automezzi sempre più spaziosi e veloci che fanno sembrare le strade sempre più strette.

                                                                                                            Luisa Manfroi