L'AGORDINO "GIGIO" LAZZARIS DA CELAT

verseggiatore valladese del secolo scorso

(L'Amico del Popolo, 24.01.1998 n.4)

 

"L'invern zessa la furia dei dafai/ La dent sti gran fastide no i se tol/ squasi debant sta chi no paosa mai/ ma tuti ogni stagion fa chel chi pol./ La pì gran part del dì se sta sentai/ via per la not se dorm quant che se vol/ cossì ades se tuti a poc dafà/ mi ai temp de fa rime e voi de me scoltà."Così scriveva Luigi Lazzaris di Vallada nella pubblicazione postuma: "Le stagioni dell'anno secondo i costumi di Canale d'Agordo" (conosciuta anche con il sottotitolo di "Li gran dafai de tut el temp del'an", tipografia Lise, Agordo 1931), opera definita dall'autore il "matez de Gigio Lazzaris da Zelat".La pubblicazione costituita da 2096 versi e 262 ottave, è un'esposizione minuziosa delle attività agricole e non, svolte nel corso delle quattro stagioni. Una narrazione scorrevole nella quale Lazzaris non trascura di descrivere le tradizioni, le consuetudini che accompagnano i momenti importanti della vita: la nascita, il matrimonio e la morte.Lazzaris occupa, tra i verseggiatori del secolo scorso, un posto particolare non tanto per il valore letterario che assumono le sue composizioni, quanto piuttosto per la valenza che la sua produzione acquista dal punto di vista linguistico.Una caratteristica questa, che merita di essere giustamente riconosciuta e valorizzata se si pensa che i suoi scritti, la cui stesura risale a più di un secolo fa, sono stati composti utilizzando espressioni lessicali tipiche della valle del Biois, molte delle quali sono oggi praticamente scomparse. Verseggiatore dalla vena ironica, le sue composizioni si differenziano sia per forma che per contenuto da quelle di Valerio Da Pos anche se a Lazzaris va attribuito, tra l'altro, il merito di aver ricostruito, attraverso le sue composizioni, brevi spaccati di vita e di tradizione popolare.Un profilo dell'autore è contenuto nella pubblicazione "Luigi Lazzaris - Augusto Murer" stampata ventisette anni fa dalle edizioni Nuovi Sentieri. Una tiratura limitata, corredata da litografie originali dell'artista falcadino, che ha contribuito in parte a far conoscere al vasto pubblico la produzione dell'autore. Nato a Celat di Vallada nel febbraio 1816 e deceduto nel dicembre 1906, Lazzaris intraprese il lavoro di falegname - intagliatore.Autore prolifico in tutti i sensi, dalla moglie Maria Margherita Da Pos ebbe dodici figli, Lazzaris ci viene descritto come un abile e spigliato verseggiatore che solo in tarda età seppe tradurre la sua vena poetica in una lunga serie di composizioni e di manoscritti. La più celebre resta proprio la pubblicazione citata anche se non mancano altre composizioni in vernacolo: "Le inondazioni di Canale d'Agordo dell'autunno dell'anno 1882" pubblicate nel 1885, "L'incendio di Celat di Vallada" (1882), "Sonetto composto per l'inaugurazione della lapide e busto a Valerio da Pos nel giorno 25 settembre 1898". Lazzaris è anche autore di una raccolta di sonetti che prende il nome di "raccolta di varie pubblicazioni della quali alcune scritte in più occasioni ed in parte capriziosamente per distrazione e diletto".Tra queste: "La devozion dei Santomas", "Una sgambettata a San Simon", "El dì de Santa Cros", sonetti i cui contenuti non raggiungono tuttavia, per acume e stile, quelli di Da Pos (l'originale "poeta contadino" di Carfon).Nel sonetto dal titolo "La corezion" ecco cosa scrive Lazzaris a proposito dell'educazione dei figli:"Co pare e mare saldo i fa baruffa/ vien su i tosat l'istesso che i se sgraffa;/ se no i ghe fa per temp na bona fiffa;/ eh! gnanca a petà du no i fa la scaffa./ Da menazzà sti fioi se stuffa,/ e i tas cande che i merita na sciaffa:/ giovarde se un defet ciapa la muffa,/ de un bon tosat deventa na gran laffa./ Se da rostogn i soi ghe fa na fiffa,/ allora ai fioi cattif no la ghe stoffa:/ le bronze querte ha saldo na boliffa./ Col temp se le un bon fiol vien na cargnoffa; / se le na fia deventa na putiffa, / disemelo anca mi se le na sloffa." (Quando padre e madre litigano spesso, i figli crescono litigando se non si interviene per tempo riprendendoli; eh! neanche a picchiarli fanno la smorfia per piangere. I genitori si stancano di minacciare i loro figli, e stanno zitti quando meritano uno schiaffo: Dio ci guardi se un difetto persiste, un bravo ragazzo diviene un fannullone. Se di rado i loro genitori li rimproverano, allora i figli d'indole cattiva non accettano: gli ipocriti possono recare danno quando non te l'aspetti. Con il tempo se è un figlio d'animo buono diventa uno sciocco, se è una figlia diventa una prostituta, ditemi se è una bugia.)Nella sua vita Lazzaris ebbe pure modo di conoscere il sacerdote nativo di Sappade don Pietro Follador (1827 - 1872), pure lui autore di versi in dialetto il quale commissionò al verseggiatore valladese la composizione nota con il titolo di "Composizione ordinata dall'esimio Sacerdote don Pietro Follador per il Reverendissimo Arciprete della Lucia nell'anno del suo ingresso" in cui si legge:

"Per tutti es s'ha prestà per troppi angn;/ El seguita ancades: e sion content/ Che da visin avede un bon compangn (...) E per la gesia tut le 'l so pensier/ El spent assai: e basta di ch'el sol/ La fat sulla fazzada un bel laorier". Versi che, è necessario ribadire, pur non potendo essere considerati autentica espressione dell'arte poetica, con il tempo acquistano un sempre maggiore valore dal punto di vista linguistico.

                            Luisa Manfroi