C'ERA UNA VOLTA CARFON

In valle del Biois patria di Valerio Da Pos

(L'Amico del Popolo, 03.05.1997 n. 18 - 10.05.1997 n. 19)

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Ogni località conserva le sue caratteristiche e una propria specifica identità che la rendono per questo particolare. Ma soprattutto ogni località conserva un forte legame affettivo con chi vi è nato.    In valle del Biois fra le tante frazioni situate alla sinistra idrografica del Biois si trova Carfon, frazione di Canale d'Agordo, conosciuto anche per aver dato i natali al poeta Valerio Da Pos.    Carfon situata a ridosso del Col di Frena a 1.156 metri sul livello del mare, è raggiungibile dalla statale 346 per il Passo San Pellegrino prendendo sulla destra la strada comunale poco prima dell'abitato di Caviola.    Da Carfon si può spaziare con lo sguardo buona parte della vallata del Biois e della valle di Garés con Canale d'Agordo. Esiste ancora la vecchia mulattiera che da Canale, in prossimità del ponte sul Biois si snoda verso Carfon come del resto esiste la mulattiera di collegamento con le frazioni di Fregona e Sachet di Vallada.    Mulattiere che in passato costituivano le principali vie di comunicazione.    Proprio lungo questi sentieri sono collocati due crocifissi oggetto di devozione popolare la cui cura è attualmente affidata ad una famiglia di Carfon.    Silvio De Biasio nella sua guida intitolata La valle del Biois del 1926 così descriveva la vista di Carfon:"Da Celàt (...) si procede per Forno di Canale. La strada continua piana tra i seminati. In alto sulla china del Monte Col di Frena, si vede tra i campicelli e prati lietamente vestiti il villaggio di Carfon, composto di vecchie case e tabià. In fondo al villaggio su di un poggio spicca tra gli alberi la bianca chiesetta".    Le origini della frazione sono remote. In base ad un antico manoscritto conservato nella canonica della Pieve di Canale d'Agordo, Carfon risultava essere un piccolo maso posto in località a la busa detto Autìn che fu donato come dote ad una certa Cattarina .....da Placis (ora Piaz di Vallada) nel 1050.    Ad avvalorare l'ipotesi della lontana origine della località è l'esistenza di un altro documento che testimonia la donazione di alcuni beni da parte di un certo Endricus di Rocca Pietore a Berta di Carfon nel 1148.    Negli anni seguenti il dissodamento dei terreni, il taglio del legname e il pascolo del bestiame contribuirono a modificare gradualmente il paesaggio.    Il maso a la busa venne ingrandito in conseguenza all'incremento della pratica agricola e della pastorizia tanto da dover ricorrere all'ingaggio di pastori (malghér e pàster) provenienti anche dalle valli vicine dell'alto Cordevole. Il pascolo degli armenti rese necessaria la realizzazione di baite, casère e ripari per gli animali a monte di Autìn tanto da formare il nucleo di Carfon.    Il villaggio fin dal Trecento faceva parte amministrativamente insieme a Fedèr alla Regola di Fregona; le altre regole erano costituite da Forno con Tancon e da Pittignogn con Garés.    L'istituzione regoliera aveva il compito di amministrare i beni pubblici e provvedeva alla viabilità, al mantenimento del sacerdote ed eleggeva ogni anno due deputati incaricati di far valere gli interessi e le ragioni dinanzi al Sindacato Generale dell'Agordino il quale a sua volta tutelava gli interessi delle singole Regole verso il Capitaniato.    Alcuni secoli più tardi, in una serie di atti del 300 - 400 compare il nome della località con varie denominazioni:Conforio, Corforio, Craffon che si riferiscono con certezza alla villa di Carfon. Una denominazione che secondo lo studioso Silvio Pellegrini (I nomi locali della val del Biois, L.Olschki editore Firenze, 1977) deriva probabilmente da un nome di famiglia passato a toponimo.    Come riporta il Pellegrini alla metà del XII secolo era già attestata nei documenti l'esistenza di Carfon, Piàz, Sachét e Pitigogn (l'attuale capoluogo di Canale d'Agordo). Agglomerati che secondo l'ipotesi più probabile si formarono in seguito agli spostamenti di colonie dal bacino dell'alto e medio Cordevole attraverso la forcella di San Tomaso in conseguenza alla risalita di altri gruppi dalla pianura veneta.    La presenza di una colonizzazione dalle valli limitrofe è testimoniata dai cognomi trasmessi di generazione in generazione. Un fatto è certo: l'interesse economico ha costituito il fattore principale degli spostamenti di una comunità verso questa valle e successivamente all'interno della stessa.    La felice collocazione del villaggio esposto al sole garantiva nel passato la coltura dell'orzo, della segale (sigàla), del grano saraceno (formenton), delle bietole, delle rape (raf), del cavolo-rapa (in dialetto mastolék o pustolék), del granoturco (sork), delle patate e molti alberi da frutto. Non si deve dimenticare l'erba che costituiva un ottimo foraggio per il bestiame.        In un documento di compravendita del 1357 in cui Fornerio figlio di Guadagnino Avoscani si impegnava a vendere un fienile, una stalla con annesso albero di mele per novanta denari a Francesco Brusamolino della villa de Carfono si legge infatti: ...agralibus pomario et pecys terre cum perarys.        Fin dal Trecento era praticata quindi la coltivazione di alberi da frutto nella località.        Era anche diffusa la coltivazione del lino e della canapa (in dialetto canàpia). La denominazione di camp de la canàpia in località Pian di Fòk richiama proprio questo tipo di coltivazione.    Anche Carfon disponeva di un proprio forno in cui si seccavano i mazzi di canapa mentre la tessitura avveniva ad Andrich. A riguardo è particolarmente interessante la descrizione contenuta nella pubblicazione di Angela Nardo-Cibele, La filata o la coltivazione del canape nel Bellunese (stampa anastatica a cura della Nuovi Sentieri editore dell'originale pubblicato nel 1890), in cui viene indicato il metodo di lavorazione della canapa a Canale e nell'alto Agordino.    Lo sfruttamento delle vene di rame e mercurio presenti in valle di Garés e l'estrazione del ferro a Sais determinarono nel 300 lo sviluppo di altre attività collaterali legate alla siderurgia e allo sfruttamento del legname necessario per il funzionamento dei forni fusori di Forno travolti nel 1748 insieme all'abitato circostante da una piena del torrente Liera.    E' stata attestata inoltre l'esistenza delle fucine di Soia e Forno che lavoravano il ferro estratto dalle miniere di Sais e Busa de Focolbìn per produrre oggetti di uso domestico e ferramenta.    Lunga fu la disputa che vide di fronte le frazioni di Fregona, Feder e Carfon contro Vallada per garantirsi i pascoli di Colmont (una vasta area segativa a nord di Fedèr), un contenzioso che secondo la tradizione sarebbe durato trecento anni e che si sarabbe concluso a favore delle frazioni.    Visto che l'approvigionamento idrico è sempre stato indispensabile per i bisogni di una comunità, gradualmente a Carfon si procedette ad una regolazione dei corsi d'acqua scavando pozzi (pos) nel terreno per far affiorare l'acqua che serviva ad abbeverare il bestiame (burlàm) o si sfruttavano le cavità naturali in cui si raccoglieva l'acqua piovana o di sorgente.    I nomi dei luoghi in cui si trovavano questi pozzi, nei dintorni di Carfon, conservano la denominazione: pos, inte sora el pos, inte sot sopos, via de la ota del naf (tra Carfon e Gaièr).    Non a caso a Carfon è molto diffuso il cognome Da Pos.Nel centro dell'abitato venne scavato in passato un pozzo per consentire il rifornimento idrico. La realizzazione avvenne a piodek (una consuetudine che consisteva nell'obbligo di prestazioni personali per opere di interesse collettivo e senza compenso) e a ròdol lavorando a turno tra le varie famiglie in modo da poter usufruire dell'acqua. Fino a qualche anno fa era ancora visibile il pozzo con la copertura in legno e una carrucola a fune.    Come le altre frazioni di Canale d'Agordo e di Vallada, Carfon conserva una particolare tipologia urbanistica rappresentata dai tipici fienili in legno (tabià) la cui struttura era tenuta insieme da cunei di legno (broche de legn).    La tradizione vuole che i migliori carpentieri del legno provenissero dalle valli Badia e Pusteria richiamati in Agordino - come attesta Silvio Pellegrini - dal fiorire dell'attività mineraria e siderurgica. La loro provenienza dalle valli del Basso Isarco e della Rienza trova conferma anche in uno studio del glottologo Giovanni Battista Pellegrini.    Esistono ancora i fienili che portano un loro nome caratteristico legato ai loro costruttori o ai loro proprietari.    Si ricordano il tabià dei Bòk, il tabià dei Fòk e il tabià Bacalìn.    Risalgono al Seicento alcune costruzioni tuttora esistenti a Carfon. Costruzioni realizzate interamente con sassi tenuti insieme da calce vergine (calce che non veniva sciolta o spenta con l'acqua ma veniva unita alla creta ottenendo un ottimo impasto).    Le finestre, di piccole dimensioni e a volto con spallette più larghe all'interno, consentivano un maggiore afflusso di luce e impedivano al freddo di penetrare mentre le porte avevano una forma a volto e l'ingresso principale si chiudeva dall'interno con un'assicella in legno (batècol). I gradini erano in pietra mentre i corridoi erano costituiti da un pavimento in creta somassa de kréda.    Nel 1640 Carfon risultava essere abitata da circa centosette abitanti contro i settantadue di Fregona e i terntacinque di Fedèr.    Negli anni seguenti si rese quindi necessaria la costruzione di una chiesetta iniziata nel 1714 e dedicata allo Spirito santo. La piccola costruzione venne realizzata a piodek con il contributo anche dei villaggi vicini di Gaièr, Colcergnan, Val, le Casate, Fregona e Fedèr. La chiesetta comportò una certa autonomia del villaggio nella celebrazione delle funzioni religiose tanto che alcuni anni più tardi, nel 1740 si procedette alla realizzazione della canonica utilizzata successivamente come latteria. Fino a qualche anno fa la chiesa era meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli dei paesi vicini ed era praticata l'usanza di raccogliere le offerte per la celebrazione della messa per lo Spirito santo. Interessante l'iscrizione riportata sulla campana della chiesetta che porta il nome della famiglia Scardanzan di Fregona.    Carfon è legato indissolubilmente al poeta Valerio Da Pos ma non si possono scordare Benedetto Da Pos (1832-1920) che fu sindaco di Forno di Canale e il figlio Amedeo (1899-1966) abile intagliatore del legno.    L'abitato negli ultimi decenni ha subito le conseguenze di un certo spopolamento dovuto sia all'emigrazione che al calo demografico. Come per le altre frazioni di montagna molte costruzioni sono state ristrutturate, altre sono state vendute trasformandosi spesso in seconde abitazioni per i turisti venuti da fuori paese.    Tuttavia durante la stagione estiva sono ancora molte le persone emigrate da Carfon negli anni passati a fare ritorno nel proprio luogo di origine e a spalancare gli usci di quelle case che un tempo furono dimora dei loro antenati.

                            Luisa Manfroi - Rinaldo Tomaselli