IL PROGETTO
Immaginatevi che durante un concerto tenuto ai giorni nostri, mentre ascoltate musica di un certo compositore di altri tempi, tempi lontani, quello stesso compositore si materializzi improvvisamente accanto a voi, proprio lì, seduto nella poltrona accanto alla vostra.
Sareste forse all'inizio un po' stupiti, ma presto nascerebbe in voi la curiosità di sapere quel che il compositore, per esempio, pensa di quella esecuzione, o di conoscere particolari interessanti circa il suo tempo e l'ambiente musicale in cui viveva.
Se poi questo compositore avesse avuto rapporti con uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, come appunto Wolfgang Amadeus Mozart, la vostra curiosità aumenterebbe di molto e ancora di più se di questo compositore si dicesse che ha cercato di uccidere il grande Mozart.
E' proprio Antonio Salieri l'uomo di cui raccontiamo l'apparizione in questo affascinante Teatro Concerto, e tutti sappiamo bene, ne scrisse per primo Puskin, che si parla di un'ipotetico suo tentativo, forse riuscito, addirittura di avvelenare il suo amico - nemico di sempre, Mozart.
Immaginate dunque, che Salieri si alzi dalla poltrona che è proprio accanto alla vostra, in vestito d'epoca, e che con voi, proprio con voi, cominci a parlare, forse anche a corteggiarvo come si usava alla sua epoca, se siete una donna graziosa.
Viene fuori un racconto un po' storico, un po' fantasioso, sempre divertente, che viene frammisto però alla continuazione dell'esecuzione di quel concerto...con musiche, manco a farlo apposta...proprio del suo amico - nemico: Mozart.
Arie famose, sinfonie, pezzi d'opera che fanno piacere alle orecchie, e insieme, la storia di un uomo, un omettino, simpatico, non geniale forse, ma neanche da buttar via.
Il concerto termina e come d'incanto quell'uomo è sparito, si è portato via con sé tutto quel passato, ma a voi è rimasta negli orecchi quella bella musica, e ve ne andate come se quasi vi muoveste in un'altra epoca, trovando magari più stonato il vestito attuale del vostro vicino di destra, che quello sgargiante, settecentesco, imbellettato, del vostro volatile vicino di sinistra.
LE MUSICHE
Lo spettacolo ha inizio con il primo movimento della Sinfonia in Re
"Veneziana" di Salieri, brano interessante, benché di raro
ascolto, cui seguono numerose pagine mozartiane, tutte, ovviamente,
trascritte per quintetto di fiati.
Abbiamo, così, alcuni movimenti di Divertimenti e Serenate
per fiati, le Ouvertures da "Le Nozze di Figaro", "Don Giovanni",
"Il Flauto Magico", "Così fan tutte" ed arie dalle stesse opere, la cui esecuzione
vede alternarsi i cinque strumenti in qualità di solisti. Il
questo modo il cornista corona il sogno della sua vita :-) suonando
la celeberrima aria della Regina della Notte!
Gli altri strumenti si devono accontentare (si fa per dire...)
di:
Il capro e la capretta | Le Nozze di Figaro | flauto |
Non so più cosa son, cosa faccio | Le Nozze di Figaro | oboe |
Deh, vieni alla finestra | Don Giovanni | oboe |
Voi che sapete | Le Nozze di Figaro | clarinetto |
Dalla sua pace | Don Giovanni | fagotto |
IL PROGETTO
Innamorato dell'orribilmente meraviglioso periodo della rovina
della grande cultura originaria americana per opera dei
Conquistadores, Andrea Nicolini si è addentrato alla ricerca
di quei testi degli storici del tempo, di quei cosiddetti "codici"
che, con deliziosa dovizia di particolari, raccontano proprio quei
lontani momenti.
Oltre alla testimonianza di questi (pochi) coraggiosi storiografi
spagnoli, che giunsero sui luoghi della conquista nell'ultimo
periodo del massacro (come Diego Duràn che scrisse la
"Storia delle Indie della Nuova Spagna" stesa secondo i codici
messicani e terminata nel 1581, o Diego Munoz Camargo che scrisse
la "Storia di Tlaxcala"), esistono pagine e pagine di racconto
scritte dagli stessi messicani e americani in generale (come un
anonimo di Tlatelolco che scrisse nel 1528, o come le famose
testimonianze orali di indigeni di Tlatelolco raccolte da fray
Bernardino de Sahagùn tra il 1550 e il 1555) che sono
scritte in lingua "nahuatl", cioè la lingua degli
Aztechi.
Ma a queste testimonianze il compositore-attore, per conoscenza di
quel fenomeno teatrale che richiede accanto a momenti drammatici
altri leggeri e comici in modo da metabolizzare meglio i primi, ha
aggiunto testi spagnoli dell'epoca che riguardano la vita, non
certo priva di spunti comici, nei primi villaggi spagnoli fondati
dai conquistatori i quali, dopo qualche anno, come è
consuetudine di ogni immigrazione di massa, furono raggiunti dalle
proprie mogli e famiglie.
Sono qui raccontati gustosi aneddoti riguardanti Alcaldi innamorati
pazzamente, capitani tra le braccia di belle indigene compiacenti,
mogli furiose ma che sanno bene come consolarsi e, perchè
no, le superstizioni che la Chiesa cattolica, all'incontro con il
popolo nativo e per conquistarselo alla fede, volle assecondare
fino a conseguenze non certo dignitose e sicuramente non poco
buffe.
Personaggio centrale di riferimento dell'intera vicenda è il
conosciutissimo imperatore azteco, che fu chiamato Montezuma per
errore del condottiero spagnolo Cortès, ma il cui vero nome
è Montecuhzoma.
Il suo dramma di vero e proprio semi-dio è quello di credere
fino all'ultimo, al momento di prostrarsi ai piedi del
conquistatore, di avere di fronte un dio, anzi un'armata di dei
discesi dal cielo per volere delle antiche profezie. Si
accorgerà ben presto, e patendo lui stesso una morte
orribile, che si trattava soltanto di uomini famelicamente alla
ricerca di nuovi territori e di favolose ricchezze.
LA MUSICA
Essendo quasi sempre affiancata alla parola, al racconto, la musica
ha trovato la sua strada, molto cinematograficamente, nel precisare
ambienti e nel segnare il ritmo interno della narrazione.
I cinque strumenti a fiato, che hanno origini remote, si sono ben
prestati per precisare climi modali, giochi ritmici tambureggianti
nei racconti di guerra, orrore e massacro, frasi modali affidate a
solisti a cantare la desolazione dei campi al termine della
battaglia.
Ma accanto a quei climi e quei ritmi il compositore ha voluto, come
facendo un dono "europeo" e per lui molto personale, portare
all'altare della memoria il canto dolcemente straziato della nostra
fisarmonica con quell'andamento vagamente e malinconicamente
ninnante proprio di gran parte della musica popolare italica. E' un
omaggio a chi soffre e, qui come laggiù, ha sempre
sofferto.
Sono presenti anche due canzoni in spagnolo che traggono spunto
musicale dalla tradizione popolare di quelle terre e nelle quali lo
stesso quintetto abbandona per un momento gli strumenti per unirsi
nel canto all'attore.
Il finale, partendo da un canto portato innanzi in uno stile
recitativo che si rifà ai ritmi e alle modalità
vediche, giunge rabbiosamente ad una conclusione agitata dove la
ripetizione di una stessa frase detta dall'attore ("se non
ricordate odorate il vento") diventa cerimonia comune di
emancipazione da quel silenzio che per troppi anni è stata
l'unica voce di quei popoli.
IL PROGETTO
Un attore un po' musicista incontra un musicista un po' teatrante:
decidono allora di unire le forze per provare insieme a fare quello
che nessuno ormai fa più, ossia raccontare una storia.
Ma quale storia? Una storia semplice, comprensibile: una fiaba, se
non scritta oggi, scritta pochi anni fa, e da un grande scrittore
come Dino Buzzati.
"La famosa invasione degli orsi in Sicilia" non è soltanto
un racconto che diverte i piccoli, ma un apologo lucido ed un po'
inquietante sulla portata disgregatrice e corruttrice dei rapporti
sociali istituiti dall'uomo.
Per l'attore è facile: sale sul palcoscenico e
recita,ovviamente interpretando tutti i personaggi, simulando le
scenografie, descrivendo le luci, giocando con i suoi cinque
compagni di strada; il musicista prova con le note ed il fiato dei
cinque strumentisti ad echeggiare le parole e a dare una dimensione
altra rispetto al puro e semplice raccontare.
E lo spettatore? Sarà andato a vedere uno spettacolo o ad
ascoltare un concerto? Forse l'ambizione dei due autori e dei
cinque musicisti è che si possa vedere un concerto e
ascoltare uno spettacolo.
La drammaturgia di un simile tentativo apre un ventaglio di
possibilità interpretative e dalla terza persona di un
narratore vedremo scaturire improvvisi e veri i personaggi
dell'azione; i momenti di puro lirismo, un po' naif , delle
poesie originali del testo di Buzzati saranno l'occasione in cui la
musica darà respiro e ritmo alla parola.
RIASSUNTO DELLA TRAMA
In Sicilia, in tempi remoti, una comunità di orsi scende
dalle montagne costretta dalla fame. Capeggiato da Re Leonzio, il
branco sconfigge in battaglia gli uomini, fino a conquistarne la
più invincibile roccaforte, il Castello del Cormorano.
Ma gli orsi, vivendo in città, nel giro di pochi anni
impigriscono prendendo i costumi peggiori degli uomini: diventano
corrotti, bevitori, giocatori d'azzardo.
Dopo aver scoperto una tresca politica, una bisca clandestina e
altre bassezze, Re Leonzio deve anche combattere un mostro, un
serpente marino che emerge minacciando la città.
Lo sconfiggerà ma, nel corso della lotta, il suo stesso
ciambellano, che aspirava a prendere il potere, gli sparerà
alle spalle.
All'invito di Re Leonzio morente gli orsi lasceranno la
città per tornare alle montagne, abbandonando una vita
comoda ma corruttrice per ritornare ad una vita più dura ma
più onesta.
IL PROGETTO
Come non poteva l' Ensemble Ludus in fabula essere tentato
da un brano come questo del più grande compositore dei
nostri tempi, in cui è felicemente coniugata la grandezza
della composizione musicale con il fatto che questa era stata
concepita per la scena?
Il noto coreografo russo Diaghilev nel 1919 aveva proposto a
Stravinsky di scrivere un balletto che prendesse spunto da musiche
preesistenti di Pergolesi. In realtà ora si sa che solo una
piccola parte di quelle musiche ispiratrici erano veramente del
maestro marchigiano.
Stravinsky nel comporre questo Pulcinella si lasciò
ispirare da un canovaccio di Commedia dell'arte intitolato I
cinque Pulcinelli simili .
In questo canovaccio è presente, oltre alla maschera
napoletana, il personaggio di Furbo quale antagonista di Pulcinella
nella conquista di Pasquella.
Andrea Nicolini a sua volta si è voluto ispirare a questo
canovaccio, ma in un modo del tutto libero; immaginando cioè
una fantastica storia d'amore che tenesse conto di alcune regole
date, come il fatto che i Pulcinella in questione fossero cinque,
che Furbo fosse il rivale e Pasquella l'innamorata della maschera
napoletana.
E' così scaturita una sorta di nuovo canovaccio che di volta
in volta potrebbe riadattarsi alla piazze e al gusto
dell'improvvisazione, raccontato da Pulcinella, maschera o
marionetta che parla il dialetto napoletano e che è
immaginato essere il solo autentico tra gli altri Pulcinella
mascherati.
Ne nasce un racconto in forma di monologo (anzi di melologo) con
spunti comici, che corre tra realtà e finzione, tra
immaginazione e immagini figurative evocanti atmosfere lunari e
sospese, e che porta in sè, pur nella leggerezza di toni da
commedia, i classici temi dell'Amore e della Morte.
LA STORIA
Pulcinella è solito recarsi di notte al pozzo vicino a casa,
dove incontra spesso Pasquella, una giovanetta di cui è
profondamente e segretamente innamorato.
In una notte di luna piena, dopo che in paese è giunta voce
dell'imminente arrivo di un carro di comici, Pulcinella sorprende
questi stessi commedianti, capeggiati da Furbo, mentre ballano
sfrenatamente vicino al pozzo in compagnia di Pasquella. I comici,
tutti travestiti come tanti Pulcinella, inducono il nostro a
credere di assistere ad uno strano sogno.
Ma l'allegria e la sfrenatezza è tale che Pulcinella stesso
si getterà nel bel mezzo della danza con l'euforia di chi
è intrinsecamente innocente.
Da un cantone spunta allora uno spadaccino spaventoso, Capitan
Spaventa, il quale, dichiarando il suo amore per Pasquella, infilza
con la sua spada Furbo credendolo Pulcinella stesso, e porta la
giovinetta via con sè.
Pulcinella è alquanto stupito della verità della
sofferenza di Furbo, che nel frattempo ha riconociuto, e si sente
quasi in colpa per il tragico qui-pro-quo.
Furbo sta ormai per morire quando tutto a un tratto giunge un gran
medico spagnolo, il Dottor De Clisteres, il quale, con l'aiuto di
una pozione contenuta in una fiala non più grande di un
pollice, salva Furbo e scompare nell'ombra.
A questo punto la festa riprende, ma Pulcinella, mischiato ai
comici (tutti finti Pulcinella) nota qualcosa che non torna: uno
dei Pulcinella ha al dito lo stesso anello che portava il Dottor De
Clisteres.
La burla, tutta giocata alle spalle del povero Pulcinella, viene
scoperta e suscita grandi beffe e risate anche da parte di
Pasquella, ritornata improvvisamente dal finto rapimento.
Pulcinella, sentendosi raggirato e tradito dalla sua innamorata,
decide di togliersi la vita: strappa la spada a Furbo e se la
infila nella pancia. Il sangue esce a fiotti, ma egli scopre
sbigottito che non è sangue, ma succo di mirtillo, come
quello delle finte morti dei comici che lo circondano.
Incredulo e solo Pulcinella guarda allontanarsi il carro dei comici
all'orizzonte; ma accanto al pozzo è restata Pasquella, e il
lieto fine si compie come in ogni commedia che si rispetti.
IL PROGETTO
Il titolo si ispira al trovatore Re Renato di Provenza (1409-1480),
personaggio entrato nella fantasia popolare, legato alla sua terra
alla quale dedicò moltissimi versi.
La Suite è concepita come una successione di quadri che
traggono spunto da luoghi della regione di Aix, dove era solito
recarsi il Re; così la "Maousinglade" è una parte
della campagna vicina alla cittadina provenzale, dove sorge la casa
di Milhaud stesso; l'Arc è un piccolo fiume dove si
svolgevano le regate, Valabre è un castello dove Re Renato
era solito recarsi per le battute di caccia.
Il carattere della composizione non è descrittivo, ma
è una rievocazione di atmosfere remote trasfigurata
dall'immaginazione con il sapiente uso della modalità,
è la ricerca di un clima lirico che si serve della fantasia
per richiamarsi ad un'epoca così lontana,
pre-rinascimentale.
La particolare ambientazione sonora del brano viene rinforzata da
un testo che tiene conto innanzitutto dei titoli che il compositore
assegnò a ciascuna delle parti componenti la suite.
Non si vuole con questo testo storicizzare, ma semmai tenuemente
colorare i climi di Milhaud assecondando i suoi motivi
ispirativi.
Il testo, che precede ogni movimento, accompagna per mano
l'ascoltatore nei singoli movimenti offrendo la viva immagine
visiva di situazioni reali ambientate nel periodo storico in cui
visse Roi René.
Ecco allora una regata sul fiume laddove Milhaud aveva intitolato
"Joutes sur l'Arc"; una poetica serenata per la parte intitolata
"Aubade", che era appunto una forma di canzone d'amore che veniva
cantata all'albeggiare dall'amante all'amata; ecco una scena di
caccia di corte, descritta con gli inseguimenti, il passaggio dei
battitori e naturalmente la presenza della bella regina nel brano
intitolato "Chasse à Valabre".
E avanti così per una serie di racconti che per qualche
istante danno allo spettatore la possibilità di calarsi in
un periodo storico mitico e affascinante.
Dal momento che Roi René era poeta e trovatore, sono versi
poetici quelli con i quali si sono disegnate le varie piccole
storie.
Sarebbe più giusto dire impressioni di storie, fuggevoli
colori, accadimenti fantastici di cui si perde il bandolo non
appena si è creduto di poterli mettere in buon ordine, come
nel caso di "Jongleurs", dove la descrizione delle acrobazie dei
giocolieri diventa presto un motivo ritmico verbale e poi, con
Darius Milhaud, musicale.
IL PROGETTO
Con questo spettacolo musicale segniamo un altro miglio del nostro
cammino continuando a coltivare la forma spettacolare che ci siamo
scelti da sempre: il teatroconcerto, questa volta allargando il
gruppo di origine a due nuovi elementi, un attore e un
musicista.
Quando abbiamo iniziato a riflettere sulla storia che avremmo
voluto mettere in scena con l'aiuto delle musiche di Curina, ci
siamo presto indirizzati al mondo di Don Chisciotte: quel mondo
illusorio e pittoresco in perenne bilico tra sogno eroico e
realtà è l'ambientazione ideale per un affresco
sonoro, oltrechè per un'azione drammatica forte e capace di
emozionare e divertire insieme.
Ci piaceva questo personaggio per il suo aspetto di simpatico
fallito: la celata di cartone, l'elmo una catinella di barbiere, un
ronzino smagrito per cavallo in contrapposizione alla sua altera
fierezza, quella degli uomini che pensano di avere in mano il
destino dei loro simili. Borges dice di lui: "Figliolo stento,
sperduto, strambo, sempre con dei pensieri che a nessuno sarebbero
venuti in mente".
Il folle, da sempre folle, Don Chisciotte suscita simpatia per la
sua fiera goffaggine; la sua follia lo spinge verso il compimento
del bene per l'umanità, tanto che quello che fa ridere
è vedere il salto profondo tra il bene desiderato e il
disastro che si realizza. Insieme al fido Sancho Panza lo vedremo
sfidare mulini a vento, scontrarsi con eserciti di pecore,
amoreggiare con l'amata principessa Dulcinea, nient'altro che una
contadina, e tanto altro ancora.
Colore sonoro a forti tinte, azione teatrale coinvolgente,
divertita, attuale e emozionante in tanti momenti: questo è
ciò cui il nostro spettacolo vuole puntare. Ma molto, come
sempre nei nostri teatroconcerti, sarà affidato alla
capacità degli spettatori di immaginare, perché, per
citare ancora Borges: "chiuso il libro (e per noi "finito lo
spettacolo") il testo continua a ramificarsi nella coscienza del
lettore (o dello spettatore). Quest'altra vita è la vera
vita del Don Chisciotte".
LA MUSICA
"Tempi
venturosissimi e felici furono quelli in cui venne al mondo
l'audacissimo cavaliere don Chisciotte della Mancia, poiché
per quella encomiabile decisione che egli prese, di risuscitare e
restituire al mondo il già perduto e semispento ordine della
cavalleria errante, godiamo ora nella nostra età, che ha
tanto bisogno di gai divertimenti, non solo del diletto della sua
autentica storia, ma anche dei suoi racconti ed episodi che, in
certo modo, non sono meno gradevoli e meno belli e veraci che la
storia stessa."
(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte, vol. I, cap. XXVIII)
Così lo stesso don Miguel avrebbe potuto idealmente
presentare questo nostro omaggio al mondo di Don Chisciotte.
O almeno così mi piace immaginare. Sancho preciserebbe che
di musica, o di teatro, lui non ne sa un granché, ma che
sarebbe assai meglio per noi spendere in modo migliore le energie,
poiché a raccontare storie non si accontenta lo stomaco e
così via.
È inevitabile, si resta tutti quanti intrappolati nel
labirinto incantato dell'hidalgo, dove realtà e finzione,
passato e presente, autori e personaggi, tutti possono incontrarsi
magicamente, creando di volta in volta situazioni
imprevedibili.
E nel comporne la musica ho cercato di rispettare queste
"non-regole", di seguire la narrazione come da una cinepresa,
"mettendo a fuoco" di volta in volta i capricciosi pensieri di Don
Chisciotte, i continui richiami alla realtà da parte del suo
fedele scudiero, l'interminabile viaggio attraverso i villaggi
della Mancia e quello ancora più affascinante attraverso i
sentieri e i grovigli del pensiero umano.
Ho preso in prestito ben poco al folklore e ad una certa Spagna da
cartolina.
Mi sono invece divertito a usare qua e là un romance di Juan
del Encina, musicato da Antonio de Ribera poco tempo prima che
Cervantes nascesse:
Por unos puertos arriba
De montaña muy escura,
Caminava el cavallero
Lastimado de tristura.
Il riferimento alla morte diventa quasi una caricatura
dell'Ingenioso Hidalgo, sembra ricalcare grottescamente la sua
sagoma di Cavaliere dalla Triste Figura, soprattutto quando
è ancora carica dei segni doloranti delle recenti avventure,
le quali solitamente non terminano tra trionfi di folle
osannanti.
E mi auguro che Cervantes dall'alto dei cieli vorrà
perdonarmi anche questi "eccessi di confidenza", perché,
è inutile dirlo, sono soltanto un'ulteriore prova
dell'immenso affetto che nutro per il suo personaggio e per la sua
straordinaria storia.
Stefano Curina
con | ||
Aldo Ottobrino Andrea Nicolini Rosario Lisma Patrizia Ercole |
- - - - |
Pinocchio Geppetto Lucignolo Fata Turchina |
IL PROGETTO
Quattro attori e sei musicisti si accingono a raccontare sulla
scena la storia di Pinocchio.
Sul palcoscenico tutti insieme contornano l'azione, danno forza e
ritmo, entrano ed escono dal centro della pedana a seconda delle
scene e dei ruoli. E’ quasi una festa popolare dove tutti i
protagonisti con comune energia danno vita e canto e suono ai
personaggi e alle situazioni.
Geppetto porta e suona una fisarmonica, come fosse un cantastorie
che possiede il segreto del racconto. E tutti gli attori ritmano
con piccole percussioni sostenendo la partitura armonica dei
musicisti, così accompagnando le canzoni che via via si
incontrano.
I colori dei costumi saranno vivi e materici, per delineare le
atmosfere e le trame.
La musica è colta ma orecchiabile, la cifra popolare la
sostiene così come questa bellissima favola proprio dalla
matrice popolare è sostenuta. E non è escluso che
qualcuno dei pezzi che compongono la partitura resti nelle orecchie
degli ascoltatori.
I Lududs in Fabula da sempre amano fare musica e teatro in questo
modo, entrando dalla porta principale di un Teatro per Attori per
far sistemare gli spettatori ad ascoltare uno spettacolo, o se
preferite a vedere un concerto. E amano fare musica con ironia, che
è senz’altro la cifra più riconoscibile della
musica di Andrea Basevi, che, assieme ad Andrea Nicolini, firma le
musiche di questa Operina gioiosa.
con | ||
Andrea Nicolini Federica Granata Rosario Lisma Eugenia Amisano |
- - - - |
Peter Pan Wendy Uncino Trilly |
IL PROGETTO
Era da un po' di tempo che ci frullava in testa di occuparci, dopo Pinocchio, di un altro bambino terribile: Peter Pan.
Non c'è dubbio: sono questi ragazzini ribelli, curiosi del mondo che li circonda, spiritosi e magnetici, i nostri compagni di viaggio più affezionati.
Allora, ecco Peter Pan. L'eterno bambino, che vive costantemente di emozioni vere, schietto e libero, ci porterà nel suo favoloso mondo dell'Isola che Non C'è.
Questa meravigliosa storia riesce, da quando è nata, a coinvolgerci perché giunge diritta al nostro cuore di uomini: non pensiamo tutti quanti, forse, che l'età più bella è quella della fanciullezza, quando si è così capaci di immaginare? E perché da grandi non riusciamo più a farlo? Forse perché, come dice Hermann Hesse, cominciamo a prenderci tremendamente sul serio, un po' come fa il padre della piccola Wendy, la compagna di giochi di Peter Pan?
Imparando dai bambini e aiutati dal piccolo pubblico entreremo in questa meravigliosa storia, a volte con il semplice aiuto di un lenzuolo che diventa una vela, o di un armadio che diventa un'isola. I bambini entrando in teatro si troveranno già a seguire uno o l'altro eroe dello spettacolo: Peter Pan o Capitan Uncino. E così divisi diventeranno seguaci di Peter o pirati della ciurma di Uncino.
Sarà una avventura emozionante e coinvolgente anche per noi attori: insieme a ciascun bambino combatteremo con Uncino, voleremo, proveremo le amarezze e le gioie di una storia che diverte, ma che possiede una sapienza antica e profonda.
Per la prima volta nei nostri spettacoli abbiamo dato spazio alla danza contemporanea: la parte di Trilly è affidata infatti a una ballerina-cantante. E poi, come sempre, tutti attori-cantanti.
Ad affiancare il cast degli attori, quattro strumenti a fiato, pianoforte e percussioni. Perché il nostro scopo è quello di avvicinare i bimbi al mondo dell'opera. La musica è l'elemento essenziale di questa produzione: Andrea Basevi ha composto una partitura elegante, ironica e sospesa che alterna canzoni, a intermezzi e a interventi sonori sotto le scene.
Una piccola opera in cui abbiamo voluto coinvolgere uno scenografo già affermato e bravo come Guido Fiorato.
Non ci resta che metterci tutti insieme a volare verso l'Isolachenonc'è.