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Studentessa insegue pirata della strada
Si è lanciata all'inseguimento del pirata della strada dopo averlo visto provocare un incidente che per fortuna non ha causato vittime.
Tre chilometri percorsi a tutta velocità per le vie della pineta di Castelfusano e infine lungo la Cristoforo Colombo, poi Casalpalocco e Axa. Alla fine la grintosa studentessa ventiquattrenne è riuscita ad annotare il numero di targa del furgone che poco prima, non fermandosi a un incrocio, aveva fatto sbandare una Ford Focus finita contro un albero.
Grazie all'inseguimento condotto dalla ragazza, lo sconosciuto che non si è fermato a prestare soccorso sarebbe già stato identificato dagli agenti del XIII gruppo, diretto da Rolando Marinelli.
È accaduto tutto una sera all'incrocio tra via di Castelfusano e via Fosso del Dragoncello.
A bordo della Ford Focus c'era G.S., 60 anni, di Ostia. Stava rincasando, quando s'è visto tagliare la strada dal furgone color bianco.
Per evitare lo scontro, al quale hanno assistito numerosi testimoni, l'uomo ha sterzato bruscamente verso destra, schiantandosi contro uno dei pini marittimi che costeggiano la strada.
Nell'impatto si è procurato fratture a entrambe le gambe, battendo inoltre violentemente la testa sul cruscotto: è stato intubato ma non è in pericolo di vita.
A salvarlo sono stati gli air-bag, gonfiatisi all'istante.
Dopo averla vista uscire fuori strada, senza esitare un attimo la studentessa in marcia dietro la Ford si è lanciata all'inseguimento del pirata.
In un paio di minuti lo ha raggiunto, annotando il numero di targa poi consegnato alla polizia municipale.
Il proprietario del furgone, trovato parcheggiato in un garage nei pressi di piazza Gasparri, è un trentenne di Ostia Ponente.
L'uomo, ricercato, rischia la denuncia per omissione di soccorso.
"L'Esercito contro gli abusivi"
"Le ditte di demolizione potrebbero non essere all'altezza del compito.
Occorre dunque il Genio militare per abbattere le costruzioni abusive che ostacolano i canali di bonifica, quelli che straripando a novembre hanno provocato l'allagamento di Ostia Antica, Dragona e Acilia.
È la richiesta che il presidente del Consorzio di bonifica Tevere e agro romano Giuseppe Giordano ha rivolto al prefetto Emilio Del Mese.
Troppi sono i manufatti senza permesso individuati dai tecnici durante un monitoraggio ancora in corso.
"Ma esiste la possibilità che le imprese private rifiutino l'incarico di demolirli: potrebbero nascere situazioni di tensione ingovernabile. In passato è già accaduto. Per questo ci vuole l'Esercito", spiega Giordano.
I canali, tra Ostia e Maccarese un reticolo di circa 400 chilometri, strariparono la notte di Ognissanti dopo ore di incessante pioggia.
Danni pesanti, strade trasformate in torrenti, case allagate.
Sono ottocento le famiglie che hanno richiesto un risarcimento.
A causare l'allagamento fu il ritardato azionamento delle idrovore dell'Acea e dello stesso Consorzio (è ancora in corso un'inchiesta interna per accertare le responsabilità).
"Ma abbiamo anche scoperto sottopassi e ponticelli privati, che collegano le abitazioni alle strade, costruiti senza alcun permesso. In qualche caso - precisa Giordano - persino quelli innalzati dal Comune non sono a norma: troppo grossi. Poi recinzioni illegali: c'è chi si è appropriato delle sponde per allargare il giardino".
Per non parlare dei canali trasformati in discariche: dal fondale sono emersi frigoriferi e lavatrici scassate. Manufatti fuorilegge e rifiuti hanno contribuito a occludere le chiuse, con l'acqua che poi ha sommerso il litorale.
"I comitati di quartiere hanno assicurato la piena collaborazione nelle demolizioni, ma l'imprevisto può esserci sempre: per questo deve intervenire il Genio militare", spiega Giordano.
Ancora incendi dolosi negli stabilimenti balneari
Ancora fiamme negli stabilimenti balneari del litorale laziale.
Stavolta è toccato a Corsetti mare, l'impianto a Torvaianica di proprietà della famiglia che possiede ristoranti e alberghi all'Eur.
È andato a fuoco un deposito contenente sdraio e ombrelloni.
A dare l'allarme, all'alba, sono stati alcuni automobilisti di passaggio sulla strada litoranea.
L'incendio è stato spento dopo una mezzora: secondo i carabinieri della compagnia di Pomezia, diretta dal capitano Luca Steffensen, a causare il rogo potrebbero essere stati alcuni extracomunitari che hanno utilizzato il magazzino per dormire.
Forse per ripararsi dal freddo, hanno acceso delle fiamme che poi si sono estese a sdraio e ombrelloni.
Ma non viene esclusa l'origine dolosa. L'imprenditore che ha in gestione lo stabilimento, Romeo C., titolare anche di un'impresa che si occupa della pulizia delle spiagge municipali ad Ardea, ha raccontato ai carabinieri di non avere mai ricevuto minacce.
Nel 2001 l'uomo è stato arrestato nell'ambito della tangentopoli che ha azzerato il comune di Pomezia: aveva cercato di procurarsi un appalto per lo smaltimento rifiuti pagando mazzette.
Lo scorso anno sono stati diversi gli impianti balneari bersaglio di incendi dolosi: a maggio e a ottobre ad Anzio sono andati a fuoco la Lega Navale e il Bungalow.
A Ostia sono stati colpiti i chioschi dei "Cancelli" comunali e carbonizzate sedici cabine del Marechiaro.
Vandalismi anche al Tibidabo, Plinius e Rotonda.
Ostia, piromani continuano a bruciare le macchine
Altre due automobili, poi anche un motorino.
Così sono arrivate a 28 le vetture bruciate da gennaio a Ostia. Tutti incendi dolosi, con un'escalation impressionante.
Quattro le macchine distrutte in via Mare di Bering, poi le tre in via Isole di Capoverde e le altre due, appunto, in corso Duca di Genova.
Le indagini del XIII commissariato, diretto da Rosario Vitarelli, procedono spedite: tanti sospetti, ma anche una pista che appare più probabile delle altre.
Forse i piromani potrebbero essere minorenni di Ostia Nuova, magari gli stessi noti in passato per aver lanciato sassi contro i bus che partono da Lido Centro diretti a piazza Gasparri.
Non proprio bravate, ma "attentati" in qualche modo legati al controllo del territorio, dimostrazioni di potenza nei confronti di "minigang" rivali.
Stessa in genere la tecnica utilizzata per appiccare le fiamme: con un sasso oppure a mazzate si frantuma un finestrino, poi l'abitacolo viene cosparso di liquido infiammabile.
Nonostante negli ultimi mesi i commercianti di Ostia siano stati bersaglio di intimidazioni (molotov e colpi di pistola contro le saracinesche), viene esclusa la pista del racket, anche se una delle vetture incendiate in via Mare di Bering, zona Stella Polare, appartiene a un negoziante, titolare di un negozio di scarpe.
Una Ford Ka è di proprietà di un salumiere. Circostanze, soprattutto l'ultima, che non indicano nulla secondo la polizia: il fuoco è stato inizialmente appiccato dai teppisti all'automobile parcheggiata accanto alla Ka, una Fiesta intestata a una pensionata.
Poi le fiamme si sono estese all'altra macchina e a uno scooter Hexagon legato con una catena a un palo della luce.
Le indagini hanno anche accertato che nessun legame esiste tra i bersagliati, quasi tutti incensurati: professori, casalinghe, impiegati.
Da giorni comunque sono in corso pattugliamenti mirati: collaborano anche i vigili urbani del XIII Municipio.
"Salvi" a Fiumicino beagle destinati alla sperimentazioni
Sfuggiti, ma solo per qualche giorno, agli effetti della sperimentazione farmacologica grazie a un timbro sbagliato apposto su un certificato sanitario.
Musetto allegro, pelo bianco a chiazze nere, sedici cagnolini di razza beagle, identici al popolarissimo "peanuts" Snoopy, sono fermi al magazzino merci dell'aeroporto di Fiumicino.
Erano arrivati da New York, la loro destinazione è quella del Research Tecnology Center, istituto di ricerca farmacologico con sede a Pomezia.
Il ministro della Salute Sirchia è intervenuto per "congelare" la spedizione, ora potrebbero venire adottati.
Una banale "svista" amministrativa li ha bloccati allo scalo: le norme comunitarie che regolano l'ingresso di animali prevedono che nella bolla di accompagno ci sia la data precedente al giorno del loro arrivo in Europa.
Ma in questo caso il timbro dice che i beagle hanno lasciato New York il 19 febbraio.
Inflessibili i veterinari dell'ufficio Sanità aerea che hanno fermato la spedizione in attesa di chiarimenti sulla certificazione.
Uno stop che ha consentito ai bracchetti (la cui vendita finalizzata alla ricerca in Italia è legale) di dribblare il destino di cavie.
Ma solo qualche giorno prima altri 26 cagnolini erano transitati senza difficoltà per lo scalo, analoghe "consegne" si sono poi registrate a gennaio.
Stavolta coi permessi in regola, le bestiole hanno raggiunto a Pomezia la sede dell'istituto di ricerca appartenente alla Menarini Group, società che produce farmaci contro tumori e malattie cardiovascolari.
Il Research Tecnology Center già nella scorsa estate era stato coinvolto nella polemica sull'utilizzo dei beagle nella ricerca.
Botte a un cieco, casa di cura chiusa dalla polizia
Botte da orbi a chi si lamentava, poi nelle camerette incuria e sporcizia.
La casa di riposo si chiamava "Felicità", una villa a Ostia Antica, nella campagna vicino al Tevere.
In realtà per i quattro ospiti dell'ospizio privato c'erano solo maltrattamenti e umiliazioni.
E oltretutto per esercitare l'assistenza, le due titolari nemmeno avevano il permesso.
Percosse e violazioni amministrative sono state scoperte dagli agenti del commissariato di Ostia, diretto da Rosario Vitarelli, dopo che una notte uno degli anziani è stato portato all'ospedale Grassi in gravi condizioni.
I medici hanno trovato l'uomo, 70 anni, non vedente dalla nascita, con lividi su tutto il corpo, poi un taglio alla tempia che gli aveva procurato una commozione cerebrale.
Agli infermieri che lo hanno soccorso nell'abitazione in via del Castello 42, le due proprietarie, madre e figlia rispettivamente di 76 e 50 anni, avevano spiegato che il cieco era caduto dalle scale.
Ma poi, rassicurato dagli agenti perché sulle prime sembrava non volesse parlare, l'anziano ha raccontato quello che davvero era accaduto.
"Mi hanno picchiato perché mi sono sentito male - ha detto - chiedevo aiuto. Quando sono caduto a terra mi hanno riempito di calci e pugni. Hanno chiamato l'ambulanza solo perché pensavano che stessi per morire".
Ore dopo la polizia ha perquisito la casa di riposo, per la quale è stata disposta la chiusura: bagno e cucina sporchi, nelle camerette degli anziani c'era spazzatura mai rimossa da settimane.
Si è scoperto che le due donne non avevano alcun permesso per svolgere l'attività.
In passato inoltre la figlia è stata arrestata per spaccio di droga.
Per entrambe è scattata la denuncia per maltrattamenti ed esercizio abusivo della professione.
La "retta" per l'ospizio si aggirava sui 900 euro mensili: praticamente l'intera pensione di invalidità dell'anziano ricoverato al Grassi (la prognosi è di 45 giorni) che mai ha potuto ritirare la somma all'ufficio postale, non sapeva nemmeno con esattezza a quanto ammontasse: al posto suo si presentavano le due donne, trattenendosi tutto.
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