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Il Presidente del Consiglio assume l'impegno solenne di riparare, nel più breve tempo possibile, ai danni causati dal sisma.
I politici, come sempre, si rimpallano le responsabilità.
I volontari, da ogni parte d'Italia, accorrono per aiutare le popolazioni colpite.
I mezzi di comunicazione, si attivano per informare in modo, spesso troppo zelante ed insistito, i telespettatori.
Così da riproporre, per ore, volti inebetiti dal dolore, nei quali l'occhio delle telecamere scava senza pudore.
Oppure per mostrare immagini di bare rigorosamente allineate, dietro alle quali, genitori e figli affranti, danno libero sfogo alla loro disperazione.
Nel contempo vengono avviate, dalle associazioni più diverse, raccolte di fondi e di beni di prima necessità, facendo scattare l'immancabile gara di solidarietà, che tanto gratifica chi l'organizza e chi ad essa partecipa.
Un copione ripetuto decine di volte negli ultimi cinquant'anni.
Pregno sempre di buoni propositi e grondante di alti sentimenti.
Ogni volta che tutto ciò accade, gli esperti ci avvertono che fenomeni simili potranno ripetersi, esortando chi di dovere ad attivare interventi di prevenzione.
Ogni volta, puntualmente, le loro raccomandazioni, vengono disattese.
Come accadeva al famoso Grillo Parlante da parte di Pinocchio.
I tanti pinocchi che hanno amministrato ed amministrano questa nostra nazione, dopo due mesi dall'evento, tendono a dimenticare quanto accaduto e le popolazioni interessate, così accudite e blandite fino a che erano presenti le telecamere, vengono abbandonate al loro destino.
Le attendono anni di vita all'interno delle baraccopoli, tanto da ritrovarle inferocite in sporadici servizi televisivi, sotto la neve o la calura.
Non è cinismo il mio, è una valutazione realistica di quanto è già accaduto e purtroppo ancora accadrà.
La partecipazione al dolore è un giusto sentimento, la solidarietà è un dovere nell'ambito di una comunità civile.
Tuttavia questi nobili sentimenti, così sbandierati ed apprezzati nei giorni del dramma, diventano bassa retorica, se non si traducono in elementi propulsivi per assumere impegni certi nei confronti delle popolazioni colpite e per attuare strumenti urbanistici moderni, sì da evitare se non i terremoti, almeno le centinaia di vittime che da essi ne derivano.
In altre parti del mondo ciò è stato possibile, perché in Italia tutto questo non avviene?
Consentire, per incuria o interessi elettorali, la continua violazione del territorio. Assecondare, con cervellotici condoni, l'abusivismo edilizio.
Dimenticare la normale manutenzione del sistema di smaltimento delle acque.
Non vigilare sul disboscamento dissennato in atto.
Insistere con pervicacia criminale su nuovi insediamenti urbani, in territori già pesantemente compromessi, non costituisce un buon viatico, per avviare una giusta politica di risanamento del territorio.
Le strade dell'Inferno, sosteneva un vecchio saggio, sono lastricate di buoni propositi. Vorrei tanto sbagliarmi, ma temo, che anche questa volta, essi rimarranno tali e che fra qualche anno ci ritroveremo a dire le stesse cose.
Così come accade per l'Entroterra del XIII municipio, il quale ogni qual volta si verifica una pioggia più abbondante, viene sommerso dal fango e dai liquami.
Forse anche in questo caso si attendono i morti.
Questa, però, è un'altra storia, che mi riprometto di affrontare più compiutamente nel prossimo numero di Zeus.
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