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Axa, 13/5/2001 - Quando il nostro giornale sarà in distribuzione, i giochi saranno conclusi e i commenti sui risultati elettorali nazionali impazzeranno su tutti i media.
Si faranno (salvo possibili ballottaggi) i primi nomi per i probabili ministri del nuovo Governo, inizieranno i primi processi agli sconfitti che si difenderanno sottolineando che “rispetto alle provinciali di tre anni fa...”
Ma in questi giorni ci sono ancora delle persone sulle spine.
Molte le conosciamo e, magari, le abbiamo anche votate. Al di fuori del grande Barnum della politica nazionale, si sono impegnati per strappare agli elettori una preferenza in più, con tutte le loro energie perché il budget è quello che è e la concorrenza è tanta.
Sto parlando dei candidati circoscrizionali e comunali, in attesa della conta definitiva dei voti e delle preferenze espresse.
Il sentimento che provano è simile a quello che ha calciato con successo uno dei rigori della finale di un torneo estivo di calcio.
Della serie: “Il mio dovere l’ho fatto, ora vediamo come andrà a finire”.
Sono facilmente riconoscibili: ingrassati di qualche chilo per le cene elettorali che hanno fornito ai loro potenziali elettori, il volto segnato dallo stress (anche se tutti candidamente ammettono che ormai, a causa dello sfinimento provato, di essere eletti non gliene importa più niente...), la voce roca per le migliaia di parole spese nel tentativo di convincere gli astanti, il fermo proposito di non ricandidarsi mai più (che sarà smentito alla prossima tornata elettorale) e il bisogno vitale di una vacanza che quest’anno arriva con qualche mese di anticipo.
Il candidato circoscrizionale somma e divide voti, si pone obiettivi inverosimili e li compara con quelli dei propri concorrenti, tra una frase riportata e una battuta di scherno, tra uno scongiuro e un augurio di successo della propria coalizione.
È consolato dai propri amici più fidati (quelli che hanno improvvisamente contattato i parenti e i conoscenti più dimenticati) e rincuorato dai tanti che hanno promesso il loro voto ad almeno una ventina di altri candidati.
È combattuto se giudicare i voti ottenuti come un successo (“per essere la prima volta...”) o un fallimento che dovrebbe far riflettere.
È aiutato dalla comprensione del proprio partner, che riacquista la metà perduta in comizi, cene, incontri, telefonate e volantinaggi.
Passa i pomeriggi al telefonino: controllando i dati che arrivano dalle sezioni, rispondendo agli amici che lo reputano sicuramente eletto, aspettando con impazienza o con rassegnazione la comunicazione ufficiale dell’avvenuta elezione.
C’è gente che in questo mese di campagna elettorale ha perso anni di vita....
Da parte mia, come fu nel novembre 1997, permane la curiosità di sapere se conoscenti e amici che militano negli opposti schieramenti ce l’hanno fatta.
Rimangono ricordi simpatici che forniscono l’occasione per un sorriso, ripensando al candidato circoscrizionale che mi aveva contattato per e-mail assicurando “di essere a mia più completa disposizione per un’eventuale intervista” o a quello per il collegio della Camera dei Deputati che aveva confuso la par condicio con la pubblicità elettorale e mi chiedeva perché non lo avessi contattato, dopo aver letto le pagine sulla senatrice Mazzuca e pensando che le fossero state dedicate gratuitamente.
Rimane il fatto, leggendo i nomi dei molti carneadi candidati nelle liste più svariate, che una candidatura è come un bicchiere d’acqua: non si nega proprio a nessuno.
E che, più dell’impegno civico e della fiducia nelle proprie capacità, sia a volte la vanità e la voglia di protagonismo a far nascere appetiti politici.
Ai più, appuntamento fra cinque anni, nella speranza che il nuovo parlamentino lidense inizi presto a occuparsi dei molti e insoluti problemi che gravano sul nostro territorio.
Non è mai troppo tardi!
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