|
Dal Messaggero: “Consorzio di Bonifica, profondo rosso. Mancano 12 miliardi, bancarotta in vista. Il commissario: colpa dei morosi”.
Giorni dopo, sempre dal Messaggero: “Bonifica, in arrivo la stangata. Il passivo è giunto a 32 miliardi e la Regione non intende ripianarlo: quattro contribuenti su dieci sono morosi.”
Non c’è che dire. Già dai titoli, il passivo del Consorzio di Bonifica Tevere e Agro Romano (CBTAR) ha dell’incredibile, passando in pochi giorni da 12 a ben 32 miliardi!
E poi dicono che la matematica non è un’opinione. Stiamo parlando del “buco” che il malcapitato commissario prefettizio, Giuseppe Giordano, ha ereditato allorché è stato chiamato a cercare di evitare la bancarotta del CBTAR.
Confermando, una volta di più, il soprannome di “tassa dei misteri” dato al tributo che per anni i residenti di Axa e Casalpalocco e Acilia hanno dovuto pagare, pur essendo con Ostia, da decenni, fra le uniche zone urbanizzate e non abusive del litorale romano della XIII Circoscrizione.
Tornando al “buco”, forse, date le dimensioni del passivo, più che un commissario sarebbe stato il caso di mandare un ispettore. Ma di Polizia.
Che siano 12 o 32, i miliardi non spariscono senza che qualcuno non ne sia chiamato a rispondere.
Qualcuno forse ricorderà ancora gli ultimi anni di gestione precommissariale: cartelle emesse, poi annullate, poi riemesse e poi annullate di nuovo, nella confusione e nell’incapacità gestionale più assoluta.
Un Consorzio in cui gli agricoltori, maggiori beneficiari della bonifica, si trovavano a pagare cifre irrisorie, mentre erano i “soliti noti” a formare la base imponibile, nonostante il tributo, per loro, non avesse più causa giuridica di esistere.
Eppure, nonostante i miliardi indebitamente versati, il debito si è accumulato e, poichè la Regione Lazio si è dichiarata non disposta ad accollarselo, è scattata, pronta, la caccia al capro espiatorio.
Tutto secondo le migliori tradizioni. Come nei romanzi di Daniel Pennac, in cui a un simpatico personaggio, Benjamin Malaussène, che a tale ruolo è istituzionalmente deputato, vengono imputate tutte le nefandezze compiute dai suoi colleghi o datori di lavoro.
Un vero e proprio capro espiatorio di professione. Il quale, alla fine di ogni romanzo, salva capra e cavoli garantendo il lieto fine.
Ecco, nella vicenda infinita del Consorzio di Bonifica, il ruolo del capro espiatorio non è però interpretato dal Malaussène di turno, bensì dal “moroso”, figura leggendaria ma indefinita in cui confluiscono privati insolventi, abusivi non censiti al catasto e addirittura amministrazioni pubbliche debitrici per svariati miliardi.
Al che, nasce spontanea la domanda: ma a gestire il CBTAR, prima dell’avvento del commissario, erano forse i boy-scout?
Ma questo al commissario non è stato chiesto.
|
|