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"capocomico" Molière, il quale voleva che dietro la brillantezza della costruzione drammatica ci fosse sempre un'attenta indagine psicologica.
Così come ogni evento, ogni gesto è dettato da un sentimento, da un'emozione, allo stesso modo i personaggi, con tutto ciò che fanno o dicono, scelgono le azioni e il registro verbale che il proprio modo di essere suggerisce loro.
Gli attori, diretti con grande sapienza da Renato Capitani, hanno lavorato molto bene sullo scavo di personaggi secenteschi, portandoli ad uno stupefacente grado di naturalezza, e spesso hanno entusiasmato la platea per la medesima "naturale accuratezza" con cui parlavano e cantavano: nel corso della pièce si scoprono con piacere la deliziosa voce della servetta (Antonia Di Francesco) nelle sue esibizioni canore, le simpatiche smorfiette della figlia o l'assoluta (frutto di sublime ricercatezza) goffàggine del promesso sposo, interpretato da Fabio Avaro.
Il pubblico è entrato con facilità nel meccanismo dello spettacolo ed ha mostrato di divertirsi molto, soprattutto quando agivano in scena i "caratteri" (il dottor Purgone, suo figlio, Tonina): al termine applausi calorosi agli attori e al regista e, a sipario chiuso, commenti assai favorevoli tra il pubblico.
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