Nostra intervista a Franco Tassi, Direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo
Pineta di Castelfusano: quale futuro?
di Cristina Castagnaro

Sono ancora vive in noi, purtroppo, le immagini di quell'assurdo  4 luglio, giorno in cui gran parte della vegetazione (e non solo) della pineta di Castelfusano è stata incenerita e polverizzata dalla mano dell'uomo.
A distanza di quasi tre mesi dal terribile episodio, abbiamo voluto sapere qual è l'attuale situazione della pineta, quali i tempi per poterla vedere "rifiorire", e soprattutto quali le prossime misure preventive per debellare rischi simili.
A tal proposito abbiamo intervistato il direttore del Parco Nazionale D'Abruzzo, il Dr. Franco Tassi, profondo conoscitore di flora e fauna, nonché cittadino da diversi anni di Casalpalocco.
Sig. Tassi, ci può fornire una valutazione economica del danno procurato alla pineta di Castelfusano?

A parte il danno materiale degli alberi e delle altre piante perdute, vi è quello estetico e paesaggistico, vi sono tutte le conseguenze idrogeologiche e climatiche facilmente prevedibili, senza contare la perdita della ricca biodiversità della zona…. Dal punto di vista monetario penso si debba valutare la perdita a non meno di 10-15 miliardi di lire, trattandosi di un parco periurbano, vero "polmone verde" della Capitale, e perciò ancor più prezioso.
Ma in realtà si dovrebbe parlare di danno inestimabile, considerando ciò che la pineta rappresentava per i romani sul piano storico, culturale, affettivo…
Facendo una previsione, quanto tempo ci vorrà per ricostruire la pineta?
Per riavere una pineta secolare con sottobosco rigoglioso, occorrerà almeno un secolo! Ma nel giro d'un decennio la vegetazione spontanea a fatta di erbe, arbusti e piante pioniere sarà sicuramente in grado di riportare una certa vita sui territori devastati. A patto che tuttavia non vengano effettuati nel frattempo pesanti interventi capaci di sconvolgere ancor più il fragile sistema che faticosamente si ricostituisce.
A distanza di quasi due mesi, come è la situazione attuale della pineta?
Sono tornato più volte nella pineta, trovandomi di fronte uno spettacolo da catastrofe biblica: l'intera zona bruciata è totalmente abiotica, priva di qualsiasi vita animale. Ci vorrà tempo perché si affaccino le prime avanguardie di uccelli, insetti ed altre creature colonizzatrici…ma, prima o poi, è sicuro che arriveranno.
Quali sono le piante che più velocemente ricresceranno su quel tipo di terreno, e quali invece avranno addirittura bisogno di anni?
Molte sono le piante cosiddette pioniere, capaci di attecchire sui terreni più ingrati e difficili, preparando il terreno per l'arrivo delle specie più esigenti. Tra le tante, vorrei ricordare nella macchia mediterranea il bellissimo corbezzolo, capace di rinverdire vaste zone, riportando ombra e riparo per molte specie animali. E poi la maestosa sughera, che grazie alla spessa scorza di sughero si difende assai bene dal fuoco, riuscendo a sopravvivere anche dove molti altri alberi soccombono.
Quali danni ha riportato la fauna della pineta?
La fauna maggiore è certamente fuggita, gli uccelli sono volati via per primi e molti mammiferi li hanno seguiti. Non sempre però sono stati così veloci da scamparla; e non pochi giovani cinghiali, ad esempio, oltre ai vari animali domestici, sono rimasti purtroppo carbonizzati. Ben diversa, ovviamente, la sorte della microfauna, che non ha avuto alcuna possibilità di salvezza ed è stata sicuramente  distrutta: in  certi  casi  per  sempre, trattandosi di specie a carattere relitto, esclusive di quegli ambienti ormai rari sul litorale tirrenico. In qualche caso i micromammiferi, i relitti e gli invertebrati ritorneranno pian piano nelle zone limitrofe, in un futuro più o meno remoto. Ma ci vorrà molto tempo, e certamente non sarà più la stessa cosa!
Sarebbe possibile adeguare le misure preventive che avete adottato nel vostro parco anche alla pineta di Castelfusano?
La misura preventiva più valida è senza dubbio il controllo sociale, e cioè l'attenzione di tutti i cittadini, alla quale si lega ogni possibilità di intervento immediato: Quando, il 4 luglio,  l'incendio è scoppiato ed sono arrivati i soccorsi aerei e gli elicotteri, la lotta è stata durissima, ma il danno era comunque già stato fatto. Un altro mezzo molto efficace è far scattare un piano d'emergenza quando c'è troppa siccità e basta una scintilla a provocare il disastro. Allora la sorveglianza va aumentata, le strade forestali e montane vanno precluse al traffico motorizzato ed i volontari debbono avere mille occhi. In questo modo il, rischio di incendi colposi si riduce dell'80%, ed aumentano anche del 90% le probabilità di prevenire, reprimere o perseguire quelli dolosi.
Quali sono in Italia le regioni più colpite dagli incendi? In quali casi si può parlare di incendio doloso o colposo?
Senz'altro il Mezzogiorno d'Italia e le isole figurano in testa alla triste classifica degli incendi della scorsa estate. Nessuno dubita, inoltre, che in gran parte si sia trattato  di incendi voluti e provocati (anche da più focolai ripetutamente), ed in parte minore causati da negligenza e comportamenti assolutamente deplorevoli (come gettare cicche di sigaretta dal finestrino dell'auto o bruciare stoppie nei campi). Solo una percentuale del tutto trascurabile degli incendi (circa l'1%) può avere avuto origine da autocombustione (ad esempio un fulmine sulla vegetazione disseccata).
Secondo Lei, dovrebbe essere più insistente il lavoro della Forestale nella nostra pineta?
La pineta di Castelfusano è, almeno sulla carta, un parco regionale affidato al Comune di Roma, ma di fatto la sorveglianza è assolutamente insufficiente, e là dentro avviene quasi di tutto, di giorno e di notte, d'estate e d'inverno. Non solo Forestale, ma anche Vigili Municipali, Polizia, Carabinieri e Finanza dovrebbero svolgervi una sorveglianza più intensa. Ma in realtà basterebbe far decollare sul serio il piano per attirare un pubblico diverso, stimolare il volontariato e eliminare gratuitamente le "male consuetudini" radicate ormai nella pineta, diventata negli ultimi decenni "terra di nessuno".
Quindi, in teoria, sarebbe stato possibile prevenire un disastro del genere?

Certo, se il parco avesse funzionato davvero, se la vigilanza estiva fosse stata impiantata in maniera efficiente, se vi fossero state torri di controllo attive e le bocchette antincendio fossero state davvero funzionanti (erano state manomesse prima che l'incendio fosse appiccato, ndr), se… ma qui siamo nel Paese dei "se" e non della nostra bellissima, maltrattata e martoriata Italia. Almeno i disastri del 2000 avessero insegnato qualcosa per affrontare in modo adeguato il nuovo Millennio…

La pineta di Castelfusano

Sommario n° 44 - SETT. '00