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“Dal 25 ottobre, comunque vada, sarà vietato lamentarsi.” Così avevo concluso il mio editoriale dello scorso ottobre, alla vigilia del referendum sull’istituzione del comune autonomo di Roma Marittima.
Le conseguenze di una scelta tanto nefasta non stanno tardando a manifestarsi.
Come per il caso della pineta. Quale pineta, dite voi?
Se fossimo diventati Roma Marittima non ci sarebbe stata possibilità di equivoci, una sola ne avremmo avuta, senza il rischio di confonderla con le altre e lasciarla bruciare così, come se la cosa non ci interessasse.
Come se la possibilità che qualche piromane la mandasse in fumo, fosse paragonabile al rischio di una valanga sul raccordo Anulare o alla possibilità che qualche pazzo seghi la Colonna Traiana e se la porti a casa.
Roma Marittima avrebbe avuto più rispetto della pineta di Castelfusano, perché sarebbe stata “la” pineta e non una dei tanti spazi verdi di cui gli amministratori di un Comune di tre milioni di abitanti devono occuparsi.
E se l’imbecille di turno non l’avesse vigilata a dovere sarebbe stato preso a calci in culo dalla sua abitazione fino al parlamentino lidense, nel quale avrebbe trascorso il suo ultimo giorno da amministratore della cosa pubblica!
Con i maggiori fondi a disposizione del nuovo Comune, si sarebbero costruite le torri di avvistamento antincendio, dato vita a un servizio di vigilanza degno di tal nome, istituito uno o più presidi permanenti all’interno della ex pineta più grande d’Europa.
E invece la pineta è per metà distrutta, però possiamo continuare a chiamarci “Roma”, vuoi mettere la differenza?
Se è vero che la fortuna bisogna sapersela meritare, cosa dire poi del nostro mare, del mare di Roma?
Non sarà mai il “mare nostro” e non perché il latino è ormai lingua morta.
Fra un po’ verrà privatizzato, un po’ come sta succedendo per lo stadio Olimpico, con la differenza che al mare non ci vanno solo romanisti e laziali.
Un pezzo a te, uno a me, sembra di sentirli... Lo hanno già recintato da anni, cosa mai potrà succedergli di peggio, ci metteranno mica il filo spinato?
In effetti l’acqua è sempre più pulita, qualche decina di miliardi è stata spesa per regalare ai bagnanti un poco di spiaggia in più e sembra quasi di cattivo gusto stare a sottilizzare sul fatto che la metà è sparita dopo la prima mareggiata.
Ora che il mare di Ostia “vale” di più, il lungomuro diverrà un muro lungo, impenetrabile agli amanti del mare come è in qualsiasi altra parte del mondo, diverrà un muro lungo e con tanto di quel cemento intorno che neanche al serpentone del Corviale...
Le cartoline del mare di Ostia le dovremo scattare dagli elicotteri o da qualche ristorante esclusivo. Esclusivo nel senso che esclude.
“Continuiamo così, facciamoci del male” si lamentava anni fa Nanni Moretti.
Che sia rimasto schifato anche lui dal lungomuro di Ostia?!?
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