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Fu subito chiaro quale avrebbe dovuto essere lo stile dei nuovi edifici: non eclettico o storicistico, come nel Roma, bensì razionale e novecentista, secondo quanto s'addiceva a una nuova realtà come il turismo di massa.
E, trovandosi di fronte al mare, venne spontaneo far ricorso alle forme dei grandi transatlantici dell'epoca, prodigio della tecnica e del progresso.
Ecco quindi balconi in tubolari metallici "alla marinara", fianchi d'edifici come plance di navi, finestre tonde a guisa d'oblò, ecc.
E proprio come un celebre transatlantico del tempo si chiamava uno degli stabilimenti più grandi: il Rex (attuale Tibidabo).
Progettato dall'architetto Enrico del Debbio, noto professionista romano, esso presentava tutte le caratteristiche che abbiamo finora elencato: cabine smontabili in legno, balconi ricurvi, finestre - oblò, terrazze belvedere su più livelli… Un gigantesco complesso che, nell'insieme, riusciva ad accogliere fino a 4128 bagnanti al giorno. Quello che venne realizzato nel 1935, però, fu una variante del progetto originario.
I tedeschi in ritirata lo distrussero, forse per rivalsa; la ricostruzione del dopoguerra ne riprese in parte le volumetrie, ma le cabine vennero realizzate in muratura.
Lo stabilimento Pineta (oggi Vecchia Pineta) fu concepito sin dall'inizio - anno 1933 - come "assolutamente di lusso nell'aspetto, negli impianti e nei servizi".
Contraddicendo quest'intento, però, la Società proponente s'impegnava a costruirlo in soli 100 giorni. Il risultato fu uno stabilimento senz'altro signorile nei servizi (il ristorante era gestito da uno dei migliori alberghi di Roma), ma d'aspetto, invece, non eccezionale: un edificio basso, sobrio, senza nulla che attirasse particolarmente l'attenzione. Esso si è mantenuto praticamente inalterato sino ai nostri giorni (eccetto per l'erosione della spiaggia).
Il Plinius, inaugurato nel 1935, era ben più appariscente. Opera dell'arch. Leopoldo Botti, autore di palazzine "novecentiste" a Ostia, era costituito da due edifici: un fabbricato a terra e una grande rotonda a mare.
I due edifici erano collegati da un pontile, cui si aggiunse, all'ultimo momento, un'ulteriore passerella sull'acqua.
Anche qui si ebbe il trionfo dell'acciaio e del cemento armato, con richiami all'architettura navale. I tedeschi distrussero il fabbricato a terra, che venne ricostruito in modo simile, ma non identico, nel 1946.
Con la guerra e la distruzione del Roma finisce l'era d'oro degli stabilimenti ostiensi. Gli impianti che verranno dopo, a parte eccezioni come il Kursaal (di cui abbiamo trattato in un numero precedente), non saranno alla stessa altezza.
Ostia sarà più che altro il luogo delle occasioni mancate: come lo splendido progetto di Pier Luigi Nervi per un pontile turistico - anno 1963 - denominato Pier; oppure l'ipotesi di ricostruzione in forme moderne del Roma, a opera degli architetti G. Dell'Amore ed E. Lapadula. Meritano comunque d'essere ricordate le forme originali dello stabilimento Belsito, del 1949.
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