Cheope... Chefren... Micerino... Secondo
tutti gli egittologi ortodossi,le piramidi erano state costruite come tombe
- e soltanto come tombe - per questi tre faraoni. Tuttavia, tali asserzioni
presentavano alcune ovvie difficoltà. Per esempio, la vasta camera
sepolcrale della Piramide di Cheope era vuota quando fu aperta nel 1818
dall' esploratore italiano Giovanni Belzoni. Invero, più che vuota,
la camera era desolatamente ed austeramente spoglia. Anche il sarcofago
di lucido granito incastonato nel pavimento era stato trovato vuoto, con
il coperchio spacato in due. Come si spiegava questo fatto?
Per gli egittologi la risposta appariva
ovvia. In qualche epoca lontana, probabilmente non molti secoli dopo la
morte di Chefren, dovevano essere entrati nella camera dei predatori di
tombe, i quali avevano portato via tutto il suo contenuto compreso il corpo
mummificato del faraone.
E più o meno la stessa sorte
doveva essere toccata alla più piccola Terza Piramide, quella attribuita
a Micerino. Il primo europeo a esplorare questo monumento era stato un
colonnello britannico, Howard Vyse, che entrò nella camera sepolcrale
nel 1837. Trovò un sarcofago vuoto di basalto, un coperchio di catafalco
antropomorfo di legno, ed alcune ossa. La deduzione ovvia era che queste
appartenessero a Micerino. In seguito, però, la scienza moderna
ha dimostrato che le ossa ed il coperchio risalivano alla prima era cristiana,
ossia a duemilacinquecento anni dopo l' Epoca delle Piramidi, e perciò
costituivano la "sepoltura intrusiva" di un individuo vissuto in epoca
molto più recente (una pratica comunissima in tutta
la storia dell' antico Egitto). Quanto al sarcofago di
basalto, ebbene, forse apparteneva davvero a Micerino. Purtroppo,
però, nessuno ebbe l' opportunità di esaminarlo perchè
andò perduto in mare quando la nave su cui Vyse lo aveva caricato,
affondò al largo delle coste spagnole. Poichè era un fatto
documentato che il sarcofago era stato trovato vuoto da Vyse, si suppose
ancora una volta che predatori di tombe avessero trafugato il corpo
del faraone.
Una congettura analoga era stata fatta
per la salma di Cheope, anch' essa mancante. A questo riguardo, l' opinione
generale degli studiosi, espressa benissimo da George Hart del British
Museum, era che "appena cinquecento anni dopo il funerale di Cheope" alcuni
ladri si erano introdotti nella Grande Piramide "per rubare il tesoro sepolcrale"
Ciò presuppone che l' incursione abbia avuto luogo entro e non oltre
il 2000 a.C., poichè si ritiene che Cheope sia morto nel 2528 a.C.
Inoltre, il professor I.E.S. Edwards, un' eminente autorità in materia,
supponeva che il tesoro sepolcrale fosse stato rimosso dal famoso santuario
interno ora noto come la Camera del Re, e che il "sarcofago di granito"
vuoto collocato all' estremità occidentale di quel santuario "un
tempo conteneva il corpo del re, probabilmente racchiuso in un catafalco
di legno".
Tutto questo è un' erudizione
ortodossa, dominante e moderna, ciecamente accettata come fatto storico
ed insegnata come tale in tutte le Università.
E se invece non fosse vero?...
Il mistero della mummia mancante di Cheope comincia dai
verbali del Califfo Al-Ma'mun, governatore musulmano del Cairo nel nono
secolo d.C. Questi aveva assunto una squadra di cavapietre incaricando
gli operai di praticare una galleria nella facciata settentrionale della
piramide, spronandoli con la promessa che avrebbero trovato un tesoro.
Grazie ad una serie di circostanze fortunate il "buco Ma'mun", come lo
chiamano oggi gli archeologi, era confluito in uno dei numerosi passaggi
interni del monumento, il "corridoio discendente", che scendeva dall' ingresso
originario nascosto nella facciata settentrionale (la cui posizione, benchè
nota in epoca classica, ai tempi di Ma'mun era stata dimenticata). Grazie
ad un' altra circostanza fortunata le vibrazioni che gli arabi avevano
provocato con gli arieti ed i trapani staccarono un blocco di pietra calcarea
dal soffitto del corridoio discendente. Quando la cavità da cui
era caduto il blocco fu esaminata si scoprì che nascondeva l' accesso
ad un altro corridoio, il quale invece saliva inoltrandosi nel cuore
della Piramide.
C' era però un problema: l'
apertura era bloccata da una serie di enormi tappi di granito massiccio,
chiaramente risalenti alla stessa epoca in cui era stato costruito il monumento
e tenuti in posizione dal restringimento dell' estremità inferiore
del corridoio. Poichè non riuscivano nè a rompere nè
ad aprirsi un varco in quei tappi, i cavapietre praticarono una galleria
nel calcare un pò più cedevole che li circondava e, dopo
svariate settimane di lavoro massacrante, raggiunsero il corridoio ascendente
più su, dopo aver aggirato un formidabile ostacolo mai superato
prima.
Da questo fatto si potevano
trarre alcune ovvie conclusioni: poichè prima di allora nessun cercatore
di tesori si era spinto fino a quel punto, l' interno della piramide doveva
essere ancora inviolato. In quella tomba, secondo tradizioni antichissime,
i costruttori delle piramidi avevano lasciato "strumenti di ferro ed armi
che non arrugginiscono, e vetro che si piegava senza rompersi, e strane
formule magiche..." (Osiris and the Egyptian Resurrection, vol III,
pag. 180).
Ma Ma'mun ed i suoi uomini non trovarono
nulla, neanche un comune tesoro, e di certo nessuna tecnologia avanzata,
nè anacronistica plastica, strumenti di ferro o armi inossidabili...
tantomeno strane formule magiche.
La camera erroneamente chiamata "della
regina" (situata alla fine di un lungo passaggio orizzontale che
si diramava nel corridoio ascendente) si rivelò completamente vuota:
nient' altro che un vano geometrico ed austero.
E, fatto ancora più deludente,
anche la Camera del Re (che gli arabi raggiunsero dopo essere saliti su
per l' imponente Grande Galleria) offrì ben poco di interessante.
Il suo unico mobilio era costituito da un enorme catafalco appena grande
a sufficienza per contenere il corpo di un uomo. In seguito identificata,
senza valide ragioni, come un "sarcofago", questa cassa di pietra senza
decorazioni fu avvicinata con trepidazione da Ma'mun e la sua squadra,
che la trovaarono scoperchiata evuota come tutte le altre cose che si trovavano
nella piramide.
Esattamente, perchè, come
e quando la Grande Piramide era stata vuotata del suo contenuto?
Era successo cinquecento anni dopo
la morte di Cheope, come suggerivano gli egittologi? O non era forse più
verosimile che, come le prove cominciavano a far pensare, le camere interne
erano vuote da sempre, ossia fin dall' inizio, dal giorno in cui
il monumento era stato sigillato? In fondo nessuno aveva raggiunto la parte
superiore del corridoio ascendente prima di Ma'mun e dei suoi uomini. Ed
era anche certo che nessuno aveva tagliato da parte a parte i tappi di
granito che bloccavano l' accesso a quel corridoio.
Il buon senso escludeva la possibilità
di qualsiasi incursione precedente, a meno che non ci fosse un' altra entrata.
C'era un' altra entrata.
Lungo il corridoio discendente, oltre
sessante metri più giù dal punto in cui era stata scoperta
l' estremità bloccata del corridorio ascendente, c'è l'entrata
nascosta di un altro passaggio segreto, nelle viscere della roccia fresca
dell' altopiano di Giza. Se Ma'mun avesse scoperto questo passaggio, si
sarebbe risparmiato un bel pò diu fatica, dal momento che offriva
un percorso bell' e pronto intorno ai tappi che chiudevano il corridoio
ascendente. Ma la sua attenzione era stata distolta dalla sfida di
superare quei tappi con una galleria, e non aveva fatto alcun tentativo
di esaminare il tratto inferiore del corridoio discendente (che finì
di utilizzare come discarica per le tonnellate di pietra che i suoi scavatori
rimossero dal cuore della piramide).
In epoca classica, però, il
corridoio discendente era noto ed esplorato in tutta la sua estensione.
Il geografo greco-romano Strabone lasciò una descrizione molto chiara
della grande camera sotterranea in cui sfociava (ad una profondità
di quasi 180 mt. rispetto all' apice della piramide) All' interno della
camera sotterranea furono trovati anche graffiti risalenti all'occupazione
romana dell' Egitto, a conferma che un tempo veniva visitata regolarmente.
Tuttavia poichè era stato nascosto con tanta astuzia all'inizio,
l'ingresso segreto che si apriva su un lato a circa due terzi della parete
occidentale del corridoio discendente, rimase sigillato e sconosciuto fino
al XIX secolo.
L' ingresso si apriva su uno stretto
pozzo, lungo circa cinquanta metri, che saliva quasi in verticale nella
roccia fresca e poi per + di venti corsi completi dei blocchi interni di
calcare della Grande Piramide, per unirsi al principale sistema interno
di corridoi ai piedi della Grande Piramide. Non esistono prove che indichino
quale potesse essere la destinazione d'uso di quasto strano elemento architettonico:
generalemente si ritiene possa essere servita come via di uscita per gli
operai rimasti rinchiusi nella Piramide. Invero, l' unica cosa non chiara
è che fu progettato all' epoca della costruzione della piramide
e non il risultato di intrusione di predatori di tombe impegnati a scavare
gallerie. Tuttavia, rimane da accertare se qualche predatore di tombe possa
aver scoperto l' accesso nescosto al pozzo, e lo abbia utilizzato
per trafugare i tesori delle Camere del Re e della Regina.
Non si può escludere una possibilità
del genere. Tuttavia., all' esame delle documentazioni storiche, emergono
ben pochi elementi che l' avallino.
Per esempio, l' estremitàà
superiore del pozzo fu penetrata nel 1638 dalla Grande Galleria dall' astronomo
di Oxford John Graeves, il quale riuscì a scendere ad una profondità
di circa 18 metri. Nel 1765, un altro cittadino Britannico, Nathaniel
Davison, si spinse fino ad una profondità di circa 45 metri ma trovò
la strada bloccata da una massa impenetrabile di sabbia e pietre. In seguito,
nel quarto decennio del diciannovesimo secolo, il capitano G.B. Caviglia,
un avventuriero italiano, raggiunse la stessa profondità e si imbattè
nello stesso ostacolo. Più intraprendente dei suoi predecessori,
ingaggiò un grupo di operai arabi per scavare le macerie nella speranza
di trovare qualcosa di interessante sotto. Solo diversi giorni di scavi
dopo in condizione claustrofobiche scoprirono il collegamento con
il corridoio discendente.
E' verosimile che un pozzo stretto
ed intasato come quello sia servito da passaggio praticabile per il trafugamento
dei tesori di Cheope, ritenuto il più grande faraone della IV dinastia?
Anche se non fosse stato soffocato
e ostruito dai detriti, e sigillato all' estremità inferiore, non
poteva essere utilizzata per portare fuori più di una minima parte
dei tesori di una tipica tomba reale. Il pozzo, infatti, ha un diametro
di appena novanta centimetri e presenta diversi tratti verticali
malagevoli.
Perciò, quando Ma'mun ed i
suoi operai penetrarono a fatica nella Camera del Re intorno all' anno
820 d.C., come minimo ci si sarebbe aspettati che alcuni pezzi più
grandi e pesanti del sepolcro originale fossero ancora al loro posto, come
le statue e gli scrigni che tanto ingombravano la tomba, molto più
recente e con tutta probabilità meno ricca di Tutankhamon. Ma all'
interno della Piramide di Cheope non fu trovato nulla! Quindi, questo
saccheggio e quello presunto del monumento di Chefren diventano gli unici
furti di tombe della storia dell' Egitto assolutamente puliti, in cui i
ladri non avevano lasciato dietro di sè la minima traccia: non un
brandello di stoffa strappato, non un frammento di vasellame rotto, non
una statuina scartata, non un gioiello passato inosservato, solo i pavimenti
ed i muri nudi, ed i sarlcofagi spalcancati vuoti.
Tutti questi fatti sembrano testimoniare
in maniera convincente contro l' idea del saccheggio. Non c'era solo
la questione della strettezza e dell' impraticabilità del pozzo
per trafugare i tesori voluminosi. L' altra caratteristica notevole della
Piramide di Cheope era l' assenza assoluta di iscrizioni e decorazioni
all' interno dell' immensa rete di gallerie, corridoi, passaggi e camere,
caratteristica, questa, che valeva anche per le Piramidi di Chefren e Micerino.
In nessuno di questi straordinari monumenti era stata scritta una sola
parola d'elogio per quei faraoni di cui, al quel che si credeva, contenevano
le salme.
Si trattava di un fatto assolutamente
eccezionale. Nessun altro sepolcro era mai stato trovato privo di decorazioni.
In tutta la storia Egiziana le tombe dei faraoni erano sempre riccamente
decorate, tappezzate da magnifiche pitture (come nella Valle dei Re di
Luxor, per esempio) e piene di iscrizioni contenenti le formule rituali
e le invocazioni necessarie per assistere il defunto nel suo viaggio
nella vita eterna.
Perchè Cheope, Chefren e Micerino
avevano fatto le cose in modo tanto diverso? Avevano forse eretto i loro
momumenti non per destinarli a tombe, bensì per uno scopo ben diverso,
più sottile? Oppure, era possibile, come sostenevano certe tradizioni
arabe ed esoteriche, che le Piramidi di Giza fossero state costruite molto
tempo prima della IV dinastia, dagli architetti di una civiltà precedente
e più pregredita?
Per motivi che sono facilmente comprensibili,
nessuna di queste ipotesi godeva del favore degli egittologi. Inoltre,
pur riconoscendo che la Terza e Seconda Piramide erano completamente prive
di iscrizioni interne, sprovviste addirittura dei nomi di Chefren e Micerino,
gli studiosi citavano certi "marchi di cava" in geroglifici trovati all'
interno della Grande Piramide, che sembravano riportare il nome di Cheope:
unica iscrizione, in tutta la Piramide, contenente il nome del Faraone.
Peraltro rinvenuto in un angolo oscuro e del tutto fuori mano. Inoltre
i marchi di cava erano capovolti , alcuni irriconoscibili, altri scritti
in modo scorretto dal punto di vista grammaticale.
Inoltre, esistevano prove geroglifiche
alternative, probabilmente di provenienza più pura, le quali sembravano
indicare che Cheope NON poteva aver costruito la Grande Piramide. Fatto
strano che gli archeologi attribuiscono grande importanza ai suddetti marchi
di cava e minimizzano l' importanza di altri geroglifici contraddittori,
incisi su una pietra calcarea rettangolare, ora custodita nel Museo del
Cairo (James H. Breasted, Ancient Records of Egypt: Historical Documents
from the Earliest Times to the Persian Conquest, ristampato da Histories
and Mysteries of Man Ltd., London, 1988)
La Stele dell' Inventario, com' era
chiamata, era stata scoperta a Giza nel XIX secolo dall' archeologo francese
Auguste Mariette. Fu una vera e propria bomba perchè il suo testo
indicava chiaramente che la Sfinge che la Grande
Piramide (ed anche gli altri edifici dell' altopiano), esistevano già
molto
tempo prima dell' ascesa al trono di Cheope. L' iscrizione faceva anche
riferimento ad Iside, come alla "Signora della Piramide", sottintendendo
che il monumento era stato dedicato alla dea della magia e non a Cheope.
Infine, lasciava fortemente intendere che la piramide di Cheope poteva
essere una delle tre costruzioni secondarie situate lungo la fiancata orientale
della Grande Piramide.
Tutti questi fatti sembravano costituire
una prova che comprometteva la cronologia ortodossa dell' antico Egitto.
Inoltre, sfidava l' opinione invlasa secondo cui le piramidi di Giza erano
state edificate come tombe e soltanto come tombe. Tuttavia, anzichè
approfondire le affermazioni anacronistiche della Stele dell' Inventario,
gli egittologi scelseso di screditarle. James H. Breasted, influente studioso
americano, sostenne che il sistema di scrittura geroglifica impiegato nell'
iscrizione non era compatibile con quello utilizzato durante la quarta
dinastia, bensì apparteneva ad un' epoca più recente. Tutti
gli egittologi, concordano con questa analisi ed il giudizio finale, tenuto
per buono ancora oggi, fu che la stele era stata scolpita sotto la XXI
dinastia, circa 1500 anni dopo il regno di Cheope e perciò doveva
essere considerata un' opera di narrativa storica.
Graham Hancock, Impronte degli dei - Corbaccio
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