BOLOGNA
Il cartello “listino prezzi per bar di IIIa o IVa categoria” non c’è Dovrebbe, l’aspetto è tale e quale al bar di fronte all’Istituto tecnico “Vittorio Fossombroni”, ingegnere della bonifica I prezzi, invece, sono da Paese dei Balocchi, Emilia Romagna opulenta Cinque sacchi di pane col salame Francesco ha preso il prosciutto -Sarebbe di più, ma dammene cinque -Sarebbe di più? Di più? Ma porca Eva! Le chiacchiere, quelle invece, sono in linea col tono del locale -Domenica, porcu Dio, tutti in via Costa, lo sapete che c’è in via Costa? C’è lo stadio! Domenica Bologna-Parma! -Anche oggi era lì ad urlare davanti al tribunale…ormai tutti i giorni… Ci mangiamo il panino più caro della storia, squassati da marea di onde sonore Ci salva il barista che urla di schianto, imbestialito: -Togli di lì quel motorino, te l’ho già detto, te lo butto nel rusco!
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CAMIGLIANO
Tra settembre ed ottobre, tempo di vendemmia lassù Amiata senese, che al piano s’è già fatta brume mattutine, scenari d’umido e languore che se c’è un bicchiere di vino lo si beve Ti trovi, poi, in un borgo che trenta abitanti e due botteghe attaccati, incarogniti che ti guardano te straniero come l’americano e la cioccolata e le Marlboro che dice non lo regge, figurati non è abituato Lei, la barista faccia tagliata di quercia, te ne dà un altro come dire sono costretta, e gli uomini che giocano a carte, tutti, si girano come dire non lo reggono, ‘sti americani del bassopiano, non lo reggono E sono sei, è il sesto poi si paga, che ti riguardano e saluti: see ya soon, au revoir e inciampi sullo scalino
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LECCE
Putea da Angiulino, presso l’ateneo, facoltà di lettere Facoltà di mangiare, bere vino, birra, acqua caffè no, niente caffè ché non sono un barista, il caffè andate a prenderlo al bar Però la serie si chiama “baristi”, Angiulino, come si fa? Snocciola a mente il menu in stretto salentino colgo al volo un “ciceri e tria”, che mi piace il suono e penso: -Quasi, quasi- Gli autoctoni mi dissuadono, -Lo sai cos’è?- È un a cosa che, semmai, si digerisce in una settimana allora no, è troppo caldo, allora gnocchi con la ricotta forte e il caffè no, tanto io caffè non ne voglio Però se capitavo qua cinque o seicento anni fa Che ero conte, davvero, conte di Miglionico o Grassano oppure Tricarico, verso ovest allora volevo vedere, conte do schiatta normanna, volevo vedere anche se venduto il DNA, volevo vedere -Signor conte, il caffè non esiste, che cazzo è? E poi questo non è un bar, io mica sono un barista…- -Angiulino, questa serie si chiama baristi, allora come si fa?
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LOANO
Mi parve buffo il cartello con su scritte le modalità d’abbonamento per caffè e cappuccini Che poi uno, si sa, con la testa gonfiata di luoghi comuni, che i liguri si sa… Ma io caffè non ne bevo e allora due pezzi e un bicchiere di succo di pompelmo giacché è mattina e a colazione alcolici ancora meglio di no In fretta che poi ci sono le prove, che c’ho addosso l’abito di scena per far prima, giacca e pantaloni neri di lana e la camicia Un po’ troppo per il caldo che fa d’Agosto L’imbarazzo lievita a dismisura quando chiamo “diti” quelli che là sono “cannoli”, o dico “schiaccia” per “focaccia” Quando poi c’è da pagare l’uomo che sta alla cassa non si fida della mia autodichiarazione e, come l’esattore, si riserva di verificare, chiede all’altro dietro al banco Beh, io un po’ penso che un fondo di verità c’è, anche nei luoghi comuni Ad ogni modo pago e vado, è tardi, devo andare, non discuto Mi rincorre come un’eco: -Che voleva? I diti? Ma poi com’era vestito? Con questo caldo…È proprio vero: sono tutti matti i toscani!
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MACCHIASCANDONA
Trading post sulla strada del mare, o della palude o verso la Maremma, o le colline che si fermano i camionisti in fuga dalla SS n.1 (Aurelia) e lei che già alle diciannove ha confezionato le decine di panini burro e acciughe, mortadella (che ne va via una da 80 Kg. ogni quindici giorni), capocollo e che li ha mesciuti a centinaia i bicchieri (più rossi che bianchi) si smarmella lunga sul bancone e ci spiaccica sopra le tette dopo aver buttato lì vodka e una sambuca (colla mosca) Questa è l’ora buona, c’è da pensare Fa caldo, dice e si sventola con entrambe le mani davanti al viso chiede com’era al mare non eravamo al mare, non andiamo al mare palude, siamo stati alla palude (davvero)
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MINORI
Teppaglia d’emuli garibaldini, diciassettenni in assetto di guerra, calati come orda “Minori e Maiori” gita d’istruzione (anche senza apostrofo) come dire “si fa l’Italia o si muore” “Ad Amalfi, ad Amalfi” è l’esortazione con cui ci imbarchiamo sul pullman di linea la strada di curve e strapiombi, ed urla e vomito che è servita più di fortificazioni e cannoni a respingere gli stranieri E noi saraceni di mezza tacca, dopo appena un’ora di tradotta da 300 metri orari già ci siamo arresi e ‘fanculo le velleità turistiche ‘fanculo la visita alla Repubblica Marinara, il gemellaggio gastronomico, ludico, culturale sentimentale, magari, lubrico, semmai ‘Fanculo e andiamocene a bere e schiamazzare nel più vicino bar la donna che sta dietro al banco di un posto che dignitosamente snob stona con l’aria di porto che lo circonda e stona, persino, con la sua stessa presenza mesce vino e birra e tonica con lo stesso atteggiamento furbescamente servile e chiede, probabilmente, di dove veniamo ridiamo dell’incomprensibile idioma, ridiamo, adolescenti toscani, incolpevoli sciovinisti che la scuola c’insegna detentori e diffusori della lingua la più pura Ride la signora, anche lei, e dice ad un’amica: “Nun capischcono, so’ francise”___________________________________________________________________________________________________
SANTANGELO IN COLLE
Era bello quando da bimbo mi portavano aldilà dei monti era sempre il viaggio, Amiata senese, geografia ignota in quei paesi c’era l’odore della Primavera e un po’ di muffa, di mattoni e salnitro terra di Brunello, dicevano, e il paesaggio era di vigne e poi di vigne mi piacevano i salami appesi alle travi nelle osterie ed il formaggio il capocollo foderato con la carta Gli adulti si gustano il vino, io non posso, non ancora mugolo una richiesta inusitata: un’aranciata amara la signora rinsecchita dietro al banco sorride benevola, borbotta spolverando una bottiglia verde opaco che conserva inutilizzata alle sue spalle la tiene che non si sa mai versa il caldo liquido nel bicchiere e me lo porge È pompelmo, non protesto, bevo e penso: è pompelmo
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