home La grafia piemontese moderna
  Tratto dalla prefazione del libro "MOTTI E PROVERBI PIEMONTESI" , EDITRICE PIEMONTE IN BANCARELLA,
a cura di Camillo Brero.
 
   
e senza accento, si pronuncia di regola aperta in sillaba chiusa ( mercà) e chiusa in sillaba aperta ( pera ), ma vi sono alcune eccezioni;
é - simile alla e chiusa italiana, ma più aperta ( caté, lassé )
è - simile alla e aperta italiana, ma più aperta ( cafè, përchè )
ë detta e semimuta, simile a quella francese di le ( fërtè, viëtta )
eu simile al francese eu ( cheuse, reusa )
o simile alla u italiana ( conté, mon )
ò simile alla o aperta italiana, in piemontese è sempre tonica ( fòrt )
u simile al francese u o al tedesco ü ( bur, muraja )
ua dopo la q ( e in pochi altri casi isolati) vale la ua di "quando"  in italiano ( quand, qual )
ùa si pronuncia bisillabo üa ( crùa, lesùa)
j simile alla i iniziale di "ieri" e alla i di "mai" in italiano ( braje, cavèj )
nella grafia piemontese, tuttavia la j ha talora solo valore etimologico:
si trova di solito in corrispondenza di un gl italiano ( es, fija = figlia in it.)
n- n velare, senza un preciso corrispettivo in italiano, ma simile alla n di "fango" ( lun-a, sman-a )
s se iniziale di parola o post-consonante suona s sorda ( sapa, batsé )
se posta tra vocali e finali di parola è sempre s sonora ( lese, posé )
ss si usa tra vocali e finali di parola per indicare la s sorda ( lassé, possé )
s-c esprime il suono distinto di s e c ( s-cianché )
z si usa solo in posizione iniziale o post-consonante per indicare la s sonora ( zanzarin, monze )
v in posizione finale di parola si pronuncia simile alla u di "paura" ( ativ, luv <lupo> )
oppure si usa nel corpo di una parola quando non corrisponda alla v italiana ( gavte, luva <lupa> )
negli altri casi ha il suono della v italiana ( lavé. savej )
   
accentazione Si segna l'accento tonico sulle sdrucciole ( stiribàcola ), sulle tronche uscenti in vocale (parlé, pagà, cafè ) sulle piane uscenti in consonante ( quàder, nùmer ), sul dittongo ei se la e è aperta ( piemontèis, mèis ), sul gruppo ua quando la u vale ü ( batùa ) e su gruppi i più vocale alla fine di una parola ( finìa, podrìo, ferìe ).
L'accento si segna anche in pochi altri casi isolati dove non occorrerebbe per regola o per indicare eccezioni (tèra, amèra, dove la e di sillaba aperta dovrebbe essere chiusa mentre è aperta ) e può facoltativamente segnarsi sulla e delle finali -et, el, per indicare il grado di apertura ( bochèt, lét  ).
L'accento serve inoltre a distinguere alcune coppie di omografi ( = verbo, sa <questa> ; = avverbio, la = articolo )