Era stato in una giornata di
sole. Oscar e Fabrice stavano passeggiando, senza una meta precisa, in
silenzio. Contrariamente al solito, era stata Oscar a spezzarlo.
- Fabrice? - lo aveva chiamato.
- Senti, c’è una cosa di te che non mi hai mai detto, e sono curiosa
di saperlo.
- Cosa, madama Oscar?
- Ecco, tu mi dicesti che la
tua famiglia è morta, e che non avevi altri parenti. Con chi vivi
ora? Possibile che, chiunque sia, ti lascino libero di girovagare tutto
il giorno, tutti i giorni, per di più con una persona sconosciuta?
Fabrice, una volta tanto, non
aveva risposto. Aveva abbassato il capo, pensieroso. Era come se stesse
valutando i pro e i contro del rispondere alla domanda.
- Io sono un apprendista -
le aveva risposto, rialzando la testa di scatto - ma mi hanno detto che
sono troppo debole per iniziare veramente l’apprendistato, così
sono libero di andare e venire come voglio. La mia signora dice che così
mi rafforzerò. Se volete, posso farvela conoscere. È qui
vicino.
Stavolta toccò ad Oscar
abbassare il capo e pensare, indecisa. D’altronde…perché no?
- Va bene Fabrice. Portami
a conoscere la tua signora..
Un sorriso, come se stesse
aspettando solo quello.
- Venite madame.
Per un momento, sembrò
che volesse prenderla per mano, ma lei la ritrasse, istintivamente. Non
voleva assolutamente essere toccata, da nessuno. Lui allora aveva sorriso,
si era voltato, conducendola attraverso la spiaggia, sopra la scogliera…
la casa era lì, raccolta, quasi nascosta. Un poco discosta dalla
spiaggia, si ergeva silenziosa e solitaria, quasi addormentata. Attorno
ad essa gravitava un senso di calma e tranquillità che niente sembrava
in grado di spezzare, alcuna forza né umana né naturale.
Mentre si avvicinavano, Fabrice
rallentò il passo, che fino allora avevano mantenuto sostenuto,
fin quasi a fermarsi. Restarono davanti alla porta per un tempo che, più
tardi, Oscar non avrebbe saputo dire a quanto ammontasse. Rimasero fermi
davanti alla porta finché questa non si aprì, lasciando uscire
la misteriosa proprietaria dell’edificio.
Aveva gli occhi e i capelli
castani. Era alta, e magra. Non poteva avere più di vent’anni, eppure…nei
suoi occhi…c’era un qualcosa di antico.
Si guardarono. Per un istante,
il tempo parve cristallizzarsi. Nei grandi occhi castani dell’altra, ad
Oscar sembrò di vedere un’altra verità. Vide…vide…vide…
…vide una vita senza tempo,
un’esperienza senza limiti, un’emozione senza età. Tutto questo
vide, finché lei non chiuse gli occhi, interrompendo quel momento.
- Buongiorno Fabrice. Vedo
che si hai portato un’ospite. - disse. E, rivolgendosi a lei - benvenuta
Oscar. Ti aspettavamo. Vieni, entra.
Si spostò di lato, invitandola
ad entrare. Senza neanche sapere cosa stava facendo, Oscar salì
i tre gradini dell’ingresso, oltrepassò la soglia, entrò
nella casa. La giovane la precedeva, elegante figura in rosso, quasi irreale.
Quella, fu la prima volta.
Ad essa ne seguirono altre, molte altre. In quella casa, Oscar passava
ore stranissime, discorrendo, chiedendo, rispondendo, discorrendo…
…- Qual è il tuo nome?
- Uno qualsiasi.
- Come, uno qualsiasi?
- Sì. Chiamami come
preferisci.
- Ma…io…non saprei…
era scoppiata a ridere.
- Se proprio tieni a che io
ti dia un nome con cui chiamarmi… beh, puoi chiamarmi Sabina, se vuoi.
- Sabina…è il tuo nome?
- No. Se non ti piace, puoi
chiamarmi in un altro modo.
- No, credo che ti chiamerò
così, per ora.
…- Dimmi di Alain.
- Alain?
- Sì. Lui ti ama, vero?
La tazza di tea in mano, Oscar
giocherellava col cucchiaino, fingendo di non aver sentito.
- Oscar?
- Sì…credo di sì.
- un sussurro, appena percettibile. Ma che arrivò comunque alle
orecchie della giovane.
…- Mi dirai mai il tuo vero
nome?
- Perché? Non ti piace
Sabina? Nel caso, puoi chiamarmi Tiziana.
- È il tuo nome?
- No. -divertita, lo disse.
…- Ne sei sicura?
- Di che cosa?
- Che morendo lo ritroverai.
- Gli sarò comunque
più vicina di ora.
- Lo credi?
- Perché non dovrebbe
essere così?
- Il vostro, è un Dio
terribile, punitivo, quasi vendicativo. Sei sicura che non ti attenda di
peggio? Si può essere vicinissimi eppure lontanissimi, ed è
una delle torture più grandi.
- Mi aspetta una sorte peggiore
dopo la morte?
Non rispose, ma rimase a fissarla,
sorridendo.
- Credi che sia in grado di
dirtelo?
Silenzio. Poi…
- Sì. Da te, mi aspetto
di tutto.
Rise, Sabina/Tiziana. Ma non
rispose. Disse solo…
- Non morirai Oscar, non è
ancora il momento.
…- Non ti confondi mai?
- Mm? Riguardo a cosa?
- Il nome. Se tutti ti chiamano
con un nome diverso, ne nasce una babele, no?
- No. Sabina, Valentina, Simona,
Tiziana, Tania, Marina, Denise…sono solo nomi, parole, aria. Ciò
che veramente conta, è il pensiero, la volontà di chiamare
me e nessun altro. È quella che io percepisco.
Per qualche secondo nessuna
delle due parlò, limitandosi a bere la propria cioccolata. Poi…
- Perché vuoi morire
Oscar?- Oscar ne fu stupita, non si aspettava un quesito del genere. Neanche,
o forse soprattutto, dopo quello che aveva vissuto in quella casa. Le stranezze,
la consapevolezza, la comprensione quasi totale, a momenti la preveggenza.
- Perché dovrei vivere?
- ribaltò allora la domanda.
L’altra scosse le spalle.
- Per te, per i tuoi amici,
per la Francia, per lo spettacolo della natura… C’è sempre un motivo
per vivere.
- Avevo…un solo motivo per
vivere. Quel motivo era Andrè. senza di lui…non vale la pena di
vivere.
- Solo un motivo. - ripeté
Sabina, pensierosa, lo sguardo fisso. - Solo un motivo.
- Sì, solo uno.
… - Vesti sempre di rosso?
- Sì, quasi sempre.
- Come mai?
- Mi piace. Inoltre, in alcuni
paesi, quelle come me vestono sempre di rosso, per indicare cosa sono.
- Cioè?
- Pericolose. Pericolose da
toccare, come la fiamma. Ma in grado, a volte, di fare cose che possono
sembrare miracoli. - E chinandosi fin quasi a sfiorarla, le disse - non
perdere mai la speranza, Oscar, anche quando sembra che tutto vada storto.
Non perderla mai, perché hai avuto la tua dose di dolore, e ora
è giusto che possa trovare la felicità.
- Come posso trovare la felicità
senza Andrè?
E lei, raddrizzandosi:
- Chi ti ha detto che devi
essere felice senza Andrè?
- Ma Andrè è
morto
- Ma allora non mi ascolti!
- fu l’unica, sibillina, sorridente risposta…
In tutti quei giorni, in cui andò in quella casa, in cui discusse con quella ragazza, Oscar non si accorse mai della presenza di un’altra persona. Dietro una porta socchiusa, quasi di fronte a lei, assisteva a tutti quegli incontri, dapprima limitandosi ad ascoltare, causa le bende che fasciavano i suoi occhi, poi beandosi della vista di lei, trattenuto entro il limitare della porta solo da una promessa, e dalla presenza (perché nessuna promessa, nessun impegno poteva avere valore se impedivano che potesse starle accanto) dalla presenza di un’altra donna, che lo tratteneva dal precipitarsi dentro e abbracciarla, abbracciarla per non lasciarla mai più.
Di tutto questo, Alain e Rosalie
non sapevano niente. Avevano solo notato che, da qualche tempo, Oscar sembrava
stare meglio, essere più forte, meno sofferente e febbricitante.
Non avevano sospetto di nulla. Gli sarebbe stato rivelato tutto insieme.
Questo e anche altre cose ignote anche ad Oscar. Sarebbero state svelate
nel giorno che pareva dovesse essere il peggiore di tutta la loro vita,
e che invece avrebbe segnato l’inizio di una nuova vita.
Fine 7° parte
Illy