Le onde del mare lambivano i
suoi piedi, giocavano con essi, ora li sfioravano appena, ora li ricoprivano
di schiuma. Lei lasciava fare, ferma ad osservare il mare, a sentirne la
voce. Le piaceva il suo suono, era calmo e rassicurante.
Succedeva spesso che si fermasse
per ore intere sulla spiaggia, a piedi nudi, lasciando che le onde li coprissero,
che facessero fuggire la sabbia da sotto i suoi talloni. Le piaceva osservare
l’orizzonte, sentire l’acqua che le accarezzava la pelle col suo tocco
leggero e vellutato, così come erano state le carezze di Andrè.
Non avrebbe più potuto
avere le carezze da quelle mani, lo sapeva, ma le piaceva farsi sfiorare
da acqua, vento e terra. Sentiva che, in esse, Andrè era presente,
sempre, ricordandole il suo amore. Come se ce ne fosse stato bisogno! Come
se lei avesse veramente potuto dimenticarlo, lui, l’unico uomo per cui
era stata veramente pronta a tutto. Lui aveva sconvolto il suo cuore e
i suoi sensi, lui aveva dato un riparo al suo spirito quando era confuso,
perso nella tempesta delle supposizioni, dei “se fosse” e dei “avrebbe
dovuto essere”. Lui era stato l’unico punto fermo in tutta la sua vita,
sempre piena di cambiamenti e insicurezze. E, ora che se n’era andato,
l’unico tocco che sopportava era quello dell’acqua, dell’aria e della terra.
Oscar si strinse nella giacca.
Spirava un leggero venticello che la faceva rabbrividire. Si volse, lentamente,
cominciando a camminare verso casa. Casa! Era veramente casa sua quella?
No, no, no, no! Nessuna casa poteva essere la sua casa. Non più,
ormai. Aveva perso ogni possibilità di avere una casa quel maledetto
13 luglio, quel giorno in cui una pallottola l’aveva uccisa. Alain e Rosalie,
sì, loro potevano anche considerarla casa loro. Anche Bernard, che
vi veniva un volta al mese, poteva considerarla casa sua, perché
lì aveva moglie e cuore, lì i suoi pensieri si rivolgevano
quando pensava alla sua famiglia. Ma lei, lei non aveva più famiglia.
No, non più. Non più. Lì lei aveva un tetto, un letto,
degli amici. Sì, loro erano suoi amici, nonostante tutto. Nonostante
sperassero di salvarla dalla sua malattia. Pazzi! Pazzi ed egoisti! Perché
insistevano nel cercare di curarla? Per salvarle la vita? Ma quale vita?
Quale vita? Una vita di disperazione e rimpianto, di dolore e nostalgia.
Ecco l’unica vita che potevano offrirle. Una vita senza Andrè. Una
vita passata a ricordare il proprio passato, a rivedere tutte le occasioni
mancate di afferrare quella felicità che aveva sempre avuto accanto.
A questo, loro non pensavano. Pensavano solo a tenerla stretta a loro,
la volevano tra loro a tutti i costi, perché le erano affezionati,
perché seguire i suoi ordini era diventata una dolce abitudine.
Ma lei non poteva più
dare amore, non voleva più dare ordini. Non aveva più alcun
motivo per farlo. La Rivoluzione sarebbe andata avanti anche senza di lei,
in Francia c’era tanta altra gente capace. Non avevano bisogno di lei.
Nessuno aveva bisogno di lei. Perché era ancora in vita? Perché?
Gli stivali in mano, Oscar
camminava sulla spiaggia, facendosi riprendere dai suoi pensieri, sprofondando
ad ogni passo nella sua malinconia. Succedeva sempre così, ogni
giorno, ogni volta, in ogni luogo, se qualcosa non veniva a interromperla.
E sempre più spesso quel qualcosa arrivava, sempre uguale e sempre
sgradito, nonostante i suoi maldestri sforzi di piacere.
Si intrometteva malamente nei
suoi pensieri, tentando di seguirli e prevederli, assolutamente convinto
di conoscerli. Ogni sua parola, ogni suo gesto la colpivano al cuore, come
segni del più profondo disprezzo. Una donna… la trattava come una
donna…ma nel senso più basso e avvilente della parola “donna”…come
una preda, un oggetto da conquistare, un qualcosa da aggiungere alla propria
collezione. E questo lei non poteva sopportarlo, no, assolutamente no.
Era già troppo che qualcuno si intromettesse a forza nei suoi pensieri,
sostituendo la dolce immagine del suo amore con quella del suo viso, il
ricordo della sua voce col suono delle proprie parole. E quello che le
diceva, poi… banalità imparate da un nobile libertino, cerimoniale
di corteggiamento trito e ritrito, che aveva osservato tante volte nei
corridoi di Versailles, accettato solo dalle dame più frivole e
sciocche. Quelle con un minimo di personalità no, rifuggivano da
quelle cerimonie. Anche Girodel, quando l’aveva corteggiata, era inevitabilmente
caduto in quelle banalità, ma lui almeno aveva tentato di trovare
il suo punto debole. Non si era affidato solamente a quelle futili frasi.
Perché lui sapeva, capiva che lei non era una donna comune, che
non la si poteva conquistare con le comuni tattiche. Ma questo, Marc Bois
non lo capiva.
Non lo capiva, e arrogantemente
pretendeva di trattare tutte le donne allo stesso modo. Credeva che tutte
desiderassero gioielli e fiori e altri doni, e pensava di accontentarle
tutte inviando loro dei regali. Oh, tutto ciò aveva un prezzo, lo
sapeva, ma lui poteva contare sul patrimonio del barone Montreil, e non
badava a spese. Si sa, non può occuparsi d’amore chi ha preoccupazioni
materiali, questa era una massima antica e fidata.
E con lei aveva già
speso molto, in fiori, vestiti e regali, che vedeva costantemente sdegnati.
Neanche rifiutati. Semplicemente, non presi in considerazione, come fossero
paccottiglia senza valore. Esattamente ciò che erano, per lei, ma
questo lui non riusciva a capirlo, no, non lo capiva. Come non capiva niente
di lei, assolutamente niente.
E nonostante questo, perseverava,
troppo orgoglioso per ritirarsi, troppo cocciuto per ammettere di non avere
possibilità. E continuava a portarle dei regali, che ritrovava gettati
per terra, ancora incartati, a pronunciare frasi leziose e sciocche, che
non venivano ascoltate. Eppure continuava a pronunciarle, sempre le stesse
e sempre uguali.
Come avrebbe fatto sicuramente
anche ora. Oscar lo vide che si avvicinava a grandi passi. Cercò
di fingere di non averlo visto e proseguire per la sua strada, ma sapeva
bene di non avere possibilità. La sua arroganza e la sua insensibilità
gli negavano di avere il minimo tatto, di capire quando poteva parlare
e quando doveva tacere e scomparire. In quei momenti, l’unica cosa che
la consolava era il pensiero che la sua condanna sarebbe finita presto.
Il giorno della sua liberazione era vicino, e lei non faceva nulla per
allontanarlo. Le sue forze diminuivano ogni giorno di più, e ogni
giorno più rapidamente, e lei non le ripristinava né col
cibo né col sonno, anzi, cercava in ogni modo di sfinirsi. Il suo
corpo era sempre più magro, i suoi occhi segnati da occhiaie sempre
più profonde. Eppure… eppure non aveva minimamente perso la sua
bellezza, e la sua malinconia l’ammantava di un velo romantico per chiunque
l’incontrasse.
Ma pochi, pochissimi sapevano
quanto profonda fosse quella tristezza, e quanto grave la sua malattia.
Lei, solo lei sapeva quanto fosse vicina la sua morte. Ogni volta che pensava
a ciò, le veniva da ridere. Anche ora, pensando che non avrebbe
dovuto sopportare ancora per molto la compagnia delle persone, scoppiò
in una risata feroce e soddisfatta, che sconvolse il giovane Marc, che
le si era avvicinato, lasciandolo ammutolito per qualche istante.
- Buongiorno madamigella, buongiorno.
Come state oggi? – le disse infine, ritrovando la sua spavalderia. Oscar
si azzittì, si voltò verso di lui, guardandolo con occhi
vacui. Sbatté le palpebre, lo mise a fuoco, lo squadrò per
qualche secondo. Senza una parola, si volse e riprese a camminare.
Lui stette qualche secondo
immobile, cercando di contenersi. Poi la seguì, riprendendo a parlarle,
continuando ancora e ancora, omaggiando la sua bellezza, lodando i suoi
capelli e i suoi occhi e le sue mani, credendo di poter far breccia nel
suo cuore, credendo di averla già conquistata, mentre vedeva il
suo sguardo farsi più sognante. Come poteva immaginare che lei non
lo sentiva più? Che non ricordava più neanche che lui le
camminava accanto? Come? Lui era tanto convinto di non poter fallire da
non immaginare neanche quanto impossibile fosse la sua vittoria.
Marc era un uomo cui piacevano
le sfide. Non sapeva resistervi. Fossero carte, duelli o altro. E soprattutto
gli piaceva vincere. Per questo, aveva fatto di tutto per entrare nelle
grazie del barone di Montreil, per imparare a vincere. E già essere
riuscito in quello era stata una vittoria, per lui. Accanto al barone aveva
imparato come duellare, come giocare, come sedurre le donne. E molte ne
aveva sedotte, nobili e contadine, paesane e cittadine, figlie di mercanti
e di pastori, attirate dalla sua audacia o dai suoi modi affettati, conquistate
dai suoi regali o ingelosite dalla sua indifferenza. Aveva sempre vinto
le partite che voleva vincere. Ma, tutto sommato, le partite che aveva
giocato erano sempre uguali, sempre riconducibili a un identico schema.
Fino ad ora. Finché non aveva incontrato Oscar, la prima donna che
non gli fosse caduta tra le braccia dopo il duo corteggiamento. Ma anche
la prima donna a cercare qualcosa in più di bei regali o maniere
che sapevano di nobiltà. La prima ad aver bisogno di qualcosa di
speciale, perché speciale era lei stessa. la prima che Marc avesse
incontrato ad aver avuto vicino qualcuno speciale. Ma lui non lo capiva,
e continuava a sbagliare.
Aveva provato ogni tattica
con lei, tutte quelle che conosceva, tutte, ma non avevano mai dato alcun
risultato. Ma stavolta…stavolta era sicuro di riuscire. Quale donna non
ne sarebbe stata felice? Una di quell’età poi! Certo era così
triste perché ancora non aveva trovato marito. In più, non
aveva più quell’espressione ostile negli occhi. Certo, Marc non
poteva sapere che, in realtà, Oscar pensava ad Andrè, non
a lui, con quella dolce luce nei suoi occhi. No, non poteva essere per
nessun altro quello sguardo, ma lui non lo sapeva, e se lo avesse saputo
non vi avrebbe creduto, ora che era così vicino alla vittoria.
- Mademoiselle, ho un pensiero
per voi. Mi concedete di mostrarvelo.
Riscossa bruscamente dai suoi
pensieri da quella frase, Oscar non lo guardò neanche, ma rispose
nel tono più acido che potè trovare:
- Non sapevo sapeste pensare.
Lui decise di fingere di non
capire. Trasse di tasca un piccolo astuccio, si piazzò davanti a
lei col suo sorriso più smagliante.
- Guardate, mademoiselle, l’ho
preso pensando a voi. Non avevo mai fatto una cosa del genere. – lo aprì,
lentamente, lasciando scorgere un piccolo bagliore…una pietra, che catturava
la luce dell’ultimo sole e la restituiva amplificata, montata su un piccolo
cerchietto di metallo… un anello…quanto avrebbe voluto ricevere un anello,
anche molto più semplice! Ma da ben altra persona, e in ben altro
contesto…in lei crebbe l’ira…come osava?Come osava? Credeva forse di poter
prendere il posto di Andrè? Credeva di potersi sostituire a lui?
Di potersi anche solo paragonare a lui?
Marc non vide la furia crescente
nei suoi occhi, sentì solo la sua risposta sferzante.
- Avevo ragione, dunque. Voi
non sapete pensare. L’unica cosa che sapete fare è infastidire le
persone, disturbare i loro pensieri e credere di fare delle brillanti osservazioni.
Andatevene!
- Ma, mademoiselle… io… voi…-
non sapeva come reagire. Il suo regalo non poteva non esserle piaciuto!
Non poteva non essere gradito!
- SPARITE DALLA MIA VISTA,
MALEDETTO! SIETE SOLO UN IDIOTA! VOI NON SAPETE NIENTE! NIENTE! – urlò
lei. Ma Marc non era disposto a tollerare oltre.
- Come vi permettete? Sappiate
che io sono l’attendente personale del barone di montreil!
- Ciò non vi nobilita
affatto! Siete solo un verme che crede di poter passare per farfalla! Vi
ho detto di andarvene!
- Credete di poter offendermi
così impunemente? Che credete di essere? Dovreste farvi passare
la boria! Siete forse una nobile, per parlarmi così?- la prese per
un bracio, le sollevò il mento. – Potrebbe essere, i tratti li avete…
- lasciatemi stare! – urlò
lei, divincolandosi. Lui le strinse maggiormente il braccio. Lei urlò
di nuovo, ancora, cercando di liberarsi.
- Non mi toccate! Lasciatemi!
Lasciatemi!
Lo colpì, un pugno al
viso. Non aveva ancora perso tuta la sua forza, né la sua disperazione.
Al primo pugno ne seguì un secondo allo stomaco, e fu come se picchiasse
il soldato che aveva ucciso Andrè. Lui si piegò in due, mollando
la presa.
- Maledetta! Tu hai il diavolo
in corpo! – mormorò lui, dalla sua posizione. Oscar non rispose,
riprendeva il fiato. Riportò, lentamente, il braccio lungo la vita.
Lo contemplò per alcuni istanti, poi, d’improvviso, si voltò,
riprese a camminare.
- Eh no, bellezza, non te ne
vai così! – reagì lui, slanciandosele addosso. Oscar cadde
sulla sabbia con un grido. Non era morbida come sembrava, no, era dura,
e pungente.
Non attese di essere immobilizzata
dal peso di lui, ma reagì subito, addestrata da anni di zuffe e
combattimenti. Reagì, colpendolo in tuti i modi che le erano possibili,
e gridando, gridando, fino a diventare quasi isterica, gridando senza un
vero motivo, senza un’effettiva utilità, gridando solo per dare
finalmente un piccolo sfogo a ciò che si portava dentro da settimane.
Non poteva sapere che, lì intorno, qualcuno avrebbe sentito le sue
urla, una persona che ogni giorno la seguiva, preoccupata, e che sarebbe
stata richiamata all’istante dal sentire la sua voce.
Alain arrivò di corsa,
vide il suo comandante liberarsi del peso del ragazzo e continuare a colpirlo
e ad esserne colpita… ad esserne colpita…esserne colpita…colpita… Afferrò
Marc con un urlo rabbioso, lo strattonò via, buttandolo sulla sabbia.
Quello si rialzò, fissando l’uomo che giganteggiava su di li.
- Che le hai fatto, bastardo?
- Non sono affari tuoi.
- Sì che sono affari
miei. Avanti, parla! – lo afferrò per la camicia, lo trasse a sé.
– Cosa volevi farle?
- Io mi stavo solo difendendo.
L’ho appena sforata, e lei ha iniziato a urlarmi contro e colpirmi, sembrava
una gatta arrabbiata, che diavolo!
- E tu perché l’hai
toccata? – e vedendo che l’altro taceva – perché l’hai toccata?
- Ehi, che diamine…?Adesso
magari sarebbe anche colpa mia? Cos’è, la regina, che non può
essere toccata?
- Non preoccuparti di chi sia
lei, bada solo a non toccarla un’altra volta, se vuoi restare intero. Chiaro?
– Alain lo scosse ancora, tenendolo sempre per il colletto. – Chiaro?
Oscar lo guadava, sedua sulla
spiaggia, seguendo il corso dei suoi pensieri. Da un lato, ringraziava
Alain per essere intervenuto, ma dall’altro…dall’altro…Dio, che ipocrita
era! Lui, proprio lui, rimproverava un alro per averla toccata? Ma se era
lo stesso desiderio che lei gli vedeva riflesso negli occhi, ogni giorno,
ogni momento, e non solo il desiderio di un tocco amichevole, no!, lui
aveva quasi lo stesso desiderio di Marc… certo, lo desiderava in modo diverso,
ma la sostanza non cambiava. Lui voleva prendere il posto di Andrè
nel suo cuore, nella sua vita, e nel suo letto…ma non ci sarebbe riuscito,
lei non gliel’avrebbe permesso! Mai!…e, lo sapeva, a volte, la notte, si
lasciava andare a quel desiderio…quante volte, mentre fingeva di dormire,
l’aveva sentito entrare e sedersi sul suo letto, scostare lentamente il
lenzuolo…sentiva il suo alito sul viso, sul corpo, sentiva il suo sguardo
ardente, che la bruciava, la scottava, curioso, oltrepassando la camicia
sottile, tanto sottile, troppo sottile, che rivelava più che celare…
e sentiva le sue lacrime, dopo, i suoi singhiozzi disperati, le sue bestemmie
contro il cielo, le sue preghiere a lei, che non si arrendesse, che continuasse
a vivere, per lui, per loro, per la Francia, per qualsiasi cosa, ma che
vivesse, vivesse, vivesse… E ora eccolo lì, pronto a pestare un
uomo che l’aveva toccata…già, l’aveva colpita, l’aveva picchiata…aveva
cancellato con i suoi pugni le carezze del suo uomo…le vecchie, che le
aveva fatto con le sue mani, e le nuove, che aveva affidato al vento e
all’acqua….e aveva cercato di prendere il suo posto…sì, sì,
sì Alain, picchialo, pestalo, fa che non possa più muoversi,
mai più, mai più, mai più… Ma Alain l’aveva lasciato
andare, avvisandolo semplicemente di star lontano da lei, di non azzardarsi
mai più a toccarla. Un avvertimento…un avvertimento…era più
di quanto avesse avuto Andrè con lei…con quella pallottola maledetta.
Perché lui doveva avere qualcosa in più di Andrè?
Non gliel’avrebbe mai perdonato…Alain infliggeva un’altra ferita al suo
cuore, con la lama dell’ingiustizia, ed era una ferita che lei non aveva
mai saputo curare.
Ed ora si voltava verso di
lei, si chinava davanti a lei, e lei gli vedeva in fondo agli occhi, riposto,
quasi nascosto, il desiderio di toccarla, di prenderle la mano e aiutarla
a tirarsi su…si ritrasse, come se lui la disgustasse, e vide la sofferenza,
sul volto di lui, lampante per un istante, e poi subito repressa, nascosta,
soffocata dal ragionamento.
- Va tutto bene, comandante
Oscar? – si limitò a dire. E quando lei non rispose lasciò
perdere, come sempre. – Venite comandante. È quasi ora di cena.
Lei rimase un momento a guardarlo,
come indecisa, sempre con quello sguardo disgustato negli occhi, poi si
rialzò, da sola, recuperò le sue scarpe, cadute poco lontano,
si sistemò la giacca e cominciò a camminare. Non gli rivolse
sguardo o parola, si limitò ad avviarsi, senza badare neanche a
Marc, che osservava, beffardo, a qualche passo di distanza.
Ma vi badò Alain, a
quel sorriso beffardo, e gli si avvicinò, col desiderio insopprimibile
di cancellarlo, con i pugni se necessario, per sfogare il suo dolore per
la reazione di Oscar.
- Quella donna è pazza,
e tu lo sei peggio di lei, se continui a reggerle il gioco. Il suo posto
è in un ospizio, con i pazzi come lei. – lo apostrofò Marc.
Alain sorrise, amaramente.
- Una cosa l’hai azzeccata:
lei è pazza. – gli rispose, e lo prese, nuovamente, per il bavero.
– Ma non azzardarti a giudicare, bellimbusto, perché tu non sai
com’era prima, non sai perché è impazzita, non sai niente
di lei, niente. Quindi cerca di ricordarlo, e stai zitto, perché
la prossima volta che ti becco a ronzarle intorno non te la cavi così.
- Ma che minacce, grand’uomo!
Non mi fai paura! Non sei neanche in grado di farti rispettare da una donna.
- E io ti ripeto soltanto di
non giudicare gli altri, piccolo insetto che crede di essere importante.
Tu non sai niente. Accetterò il tuo giudizio solo quando avrai imparato
cosa significa soffrire per gli altri. – lo spinse via, si volse e seguì
il suo comandante, nella luce dorata del tramonto, come aveva già
fatto prima e avrebbe continuato a fare.
[continua]
Illy