Erano passate alcune settimane.
Le ferite di Oscar, quelle del corpo, si erano quasi completamente rimarginate.
I suoi soldati erano rimasti scossi dalla sua decisione. all’inizio nessuno
voleva accettare che non volesse più comandarli. Ma, quando avevano
potuto vederla e parlarle, avevano cambiato idea. Dalla sua persona, senza
che lei se ne rendesse conto, scaturiva una tristezza enorme, una tristezza
che la schiacciava come un macigno, che le pesava addosso come una cappa
oscura. Nessuno era in grado di attenuarla, di sollevare per un momento
quella cappa, seppur momentaneamente.
Oscar aveva preso l’abitudine
di camminare da sola per le strade di Parigi. Camminava a lungo, sia per
recuperare le forze che per stare lontana dalla casa di Rosalie e Bernard.
Per quanto fosse loro affezionata e riconoscente, spesso non riusciva a
sopportare la loro vista. Loro rappresentavano per lei, infatti, quella
situazione di felicità e serenità che le era ormai preclusa.
Che pena era per lei scorgere
la figura di Bernard, magari di spalle, sentirsi il cuore accelerare scambiandolo
per Andrè, per poi ricadere in una disperazione ancora più
nera e profonda, accorgendosi che non era lui, non era Andrè, non
era tornato da lei, ma era solo Bernard. In quei momenti, pur con tutta
la sua volontà e la sua ragionevolezza, spesso in quei momenti,
irragionevolmente, trattava Bernard freddamente, quasi incolpandolo di
essere Bernard e di non essere Andrè. E quando vedeva Rosalie, serena
e indaffarata, non riusciva ad essere gentile come avrebbe voluto, perché
vedeva in lei ciò che non era e non sarebbe mai potuta essere.
Si ritrovava così a
fuggire da quella casa, sia perché si rendeva conto di non essere
una buona compagnia, sia per risparmiarsi sofferenze e rimpianti.
Stava fuori molto tempo, anche
se le sue forze limitate la costringevano a soste frequenti. Camminando
pensava, ripercorreva col pensiero tutta la sua vita, e soffriva, perché
in tutta la sua vita c’era sempre stato Andrè, mentre ora non era
più con lei, e la sua assenza rendeva tutto privo di senso.
Preoccupati per il suo umore
i soldati avevano stabilito dei turni di guardia, seguendola dovunque,
senza peraltro che lei se ne accorgesse. Le accadeva, talvolta, di notare
qualcuno dei suoi soldati per la strada che lei stava percorrendo, ma preferiva
ritenere che fossero solo coincidenze. D’altronde, stava sprofondando ogni
giorno di più in un baratro di disperazione, che offuscava i suoi
sensi e ottenebrava la sua mente. I piccoli particolari erano ciò
che la teneva ancora legata alla realtà, impedendole di ritirarsi
completamente nel mondo irreale dei suoi sogni, dei suoi desideri e dei
suoi ricordi, quel mondo in cui lei poteva finalmente stare con lui, con
il suo Andrè, quel mondo in cui il suo cuore trovava riposo dal
dolore straziante che lo attanagliava, e una serenità venata dall’amaro
dell’impossibile.
Così, i pochi oggetti
che aveva erano tenuti in un ordine quasi maniacale, la sua uniforme, ormai
l’unico vestito che possedesse, per quanto rovinata dai combattimenti,
era sempre in ordine. Mentre lei era stata costretta a letto, Rosalie l’aveva
lavata, togliendo le macchie di sangue e fango che aveva raccolto in quella
tragica giornata, e aveva ricucito dei colpi che aveva ricevuto. Una sola
macchia era rimasta, in corrispondenza del suo cuore, ma lei non se ne
lamentava, perché quell’unica macchia era ciò che di più
caro aveva al mondo…l’unica cosa che ormai le rimaneva di lui…di Andrè:
una macchia di sangue… dopo che l’avevano trasportato nella chiesetta,
lei era rimasta con lui, l’aveva abbracciato…aveva abbracciato il suo corpo…conservava
ancora un po’ di calore… quel calore che l’aveva avvolta quella notte…
quel calore che aveva sognato di poter assaporare ogni notte… ogni notte…
da quella notte……ogni giorno… dopo quella notte…in ogni momento…dopo quella
notte…dopo quella notte…aveva tanti sogni…cosa fare, come comportarsi…
dopo quella notte…cosa avrebbe dato ad Andrè…dopo quella notte…cosa
le avrebbe dato Andrè…dopo quella notte… il suo amore, il suo calore,
i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze… e invece…dopo quella notte…tutto
ciò che aveva potuto darle era un po’ del suo sangue, non tanto,
ma abbastanza da macchiarle la divisa e offuscare le sue medaglie. Era
giusto. Per lui, aveva rinnegato quella divisa e la mano che aveva appuntato
quella medaglie. Era giusto che il suo sangue la macchiasse, era giusto
che nascondesse le medaglie. Era giusto che sul suo cuore ci fosse una
macchia di sangue, per indicare la ferita mortale che l’aveva segnato e
che continuava a farlo sanguinare. Era giusto che fosse il sangue di Andrè,
perché lui aveva incatenato il suo cuore e per lui il suo cuore
soffriva. E quella macchia di sangue, ormai, era l’unica cosa di lui che
le restasse. Non aveva neanche una tomba su cui piangere. Il suo corpo
era stato trasportato al cimitero dei Santi Innocenti e sepolto con gli
altri, in fretta, senza nessun segno che indicasse dove riposava in morte
il corpo di quell’uomo che era stato tanto straordinario in vita, senza
nessun segno che guidasse il suo cuore afflitto verso la terra che le nascondeva
il corpo del suo uomo.
Non aveva più pronunciato
il suo nome, dopo la discussione con Alain. Era raro che parlasse anche
di qualsiasi altra cosa. Si era come chiusa in se stessa, rifiutando ogni
cosa dagli altri. era come se il suo orgoglio, infrantosi davanti ad Andrè,
si ergesse ora più forte di prima, creando una barrire più
robusta di prima, e le impedisse di accettare qualsiasi cosa somigliasse
vagamente alla pietà.
Le affettuose cure di Rosalie,
le attenzioni di Bernard, la sollecitudine dei suoi soldati… sfuggiva tutto
questo come la peste, moralmente e fisicamente. E si ritrovava per strada,
sola con se stessa, sola con i suoi rimorsi che, stesse dentro o fuori,
non l’abbandonavano mai. Si ritrovava a percorrere le strade di quella
città che amava e odiava, che le aveva dato e poi tolto tutto. Era
pericoloso, lo sapeva: la città era nuovamente controllata e pattugliata
dai reggimenti della guardia francese e lei… beh, lei era una traditrice.
Se l’avessero individuata, le avrebbero sparato a vista, o avrebbero almeno
cercato di catturarla, per condurla a un destino molto peggiore della semplice
morte. Lo sapeva, ma non le importava. Desiderava la morte come prima aveva
desiderato la vita, perché tutto ciò che desiderava era Andrè,
e ora l’unico modo per raggiungerlo era la morte, come prima lo era stato
la vita. Voleva che le guardie la trovassero, ma non andava a cercarle,
né usciva per facilitare loro il compito. Semplicemente, se le avesse
incontrate non si sarebbe difesa. Avrebbe sfoderato la spada, ma solo perché
detestava l’idea di morire senza combattere, e perché così
avrebbe ottenuto, forse, una morte più veloce e pietosa..
Ovviamente, Oscar non faceva
coscientemente questi ragionamenti. Sorgevano in lei spontanei, sotto forma
di decisioni che aveva in sé ma cui non pensava. Se l’avessero interrogata
in proposito, forse non avrebbe saputo rispondere, non subito almeno. Ma
se si fosse trovata dei soldati davanti, il suo cuore già sapeva
come avrebbe reagito, già sapeva cosa avrebbe fatto il suo corpo.
Lo sapeva il suo cuore, e presto
l’avrebbe saputo anche lei, avrebbe ricordato come si era comportata quando
aveva incontrato i soldati guidati da suo padre.