Intanto, Alain chiedeva informazioni
a Bernard. Qualunque fossero state le intenzioni del dottore, lui si era
preoccupato.
- Allora Bernard, come sta
il comandante?
- Bene, bene, Alain. Per una
persona che si è trovata sotto il tiro dei fucilieri della Bastiglia,
bene direi.
- Cosa stava dicendo il dottore?
- C’è qualcosa che non
lo convince, ma dice che non è nulla di cui preoccuparsi. Insomma,
con la vita che ha fatto, è normale che Oscar non sia in perfetta
forma. Lo sai meglio di me, la vita militare non è la più
adatta per rimanere sani. Ma è di costituzione robusta, quindi il
dottore crede che si riprenderà presto.
- Mm, sì capisco. Quindi
non è nulla di grave.
- No Alain, nulla di grave.
Ha solo bisogno di riposo.
- Dimmi, posso entrare a vederla?
Sai, devo portare notizie ai miei compagni…
- Ma sì, Alain, certamente.
Vieni, ti faccio strada.
Lo condusse all’interno della
casa. Questa non era molto grande, ammobiliata modestamente, ma tenuta
in ordine perfetto dalla diligente cura di Rosalie: non un granello di
polvere sul tavolo, non una carta fuori posto. Sarebbe sembrato che lo
scompiglio della rivoluzione si fosse fermato davanti all’ingresso di quella
casa, se non fosse stato per Rosalie stessa, sconvolta, che piangeva sulla
sedia.
Alain e Bernard preferirono
non disturbarla e passarono oltre, salendo le scale che portavano al piano
di sopra, dove si trovavano le camere da letto. Oscar occupava la camera
per gli ospiti, l’unica stanza che i due coniugi non utilizzavano.
Bernard si fermò fuori
dalla porta.
- Alain, senti, se non ti spiace…
io torno di sotto, da Rosalie.
Alain si limitò ad annuire,
senza dire niente. Bernard si voltò, scendendo nuovamente le scale.
Alain rimase un attimo a guardarlo, riflettendo su quella coppia che conosceva
da così poco tempo. Si chiedeva come avevano potuto instaurare con
Oscar e Andrè quel rapporto tanto stretto. Alain non sapeva nulla
del passato di Rosalie, Bernard lo conosceva perché talvolta lo
aveva sentito parlare agli incroci delle strade, dove talvolta si tenevano
comizi. Non riusciva dunque a immaginare come il suo comandante potesse
averli conosciuti. Ancora perplesso, aprì delicatamente la porta,
per non svegliarla nel caso stesse dormendo.
Oscar era appoggiata al cuscino,
lievemente rialzata dal letto, debole, spossata, ma sveglia. Sentendo la
porta aprirsi, si era voltata a guardare chi entrava. Alain ebbe un tuffo
al cuore, scorgendo per un attimo sul suo volto un’espressione delusa,
che Oscar si era affrettata a cancellare dal suo viso, quel viso così
bello e così triste, come se volesse nascondere quella speranza
inespressa, ricompose i lineamenti, come se quell’espressione, poco più
di una smorfia, non fosse mai esistita. Ma c’era stata, come se sesse aspettando
qualcun altro, come se avesse creduto che fosse… ma no, si disse, no, non
era possibile, non poteva averlo pensato.
Si avvicinò al letto,
in silenzio, temendo quasi di parlare. Oscar si sforzava di sorridere,
ma quel sorriso faceva ancora più male ad Alain, perché era
un sorriso senza allegria, un sorriso che nascondeva a malapena la sofferenza
che provava, che non riusciva a cancellare. Aveva gli occhi arrossati dalle
lacrime che ancora le rigavano le guance. Probabilmente lesse il suo sgomento
e la sua pietà nei suoi occhi, perché contrasse le labbra
in una smorfia di orgoglio ferito- non voleva pietà, non l’aveva
mai voluta- e girò il volto dall’altro lato, mentre le lacrime,
non più trattenute, riprendevano a sgorgare. Passarono alcuni minuti
così, col silenzio rotto solo dal respiro di Oscar. Alain, impacciato,
si era voltato, non sapendo se restare o uscire e lasciarla piangere, mentre
Oscar lottava per calmare i singhiozzi e rallentare il respiro. Riuscita
alfine nell’intento, si volse verso di lui, sforzandosi ancora una volta
di sorridere.
- Buongiorno Alain. –disse,
la voce ferma, ma triste, indescrivibilmente triste.
- Buongiorno comandate. – rispose
lui, con un sorriso forzato almeno quanto quello di lei, nella voce l’eco
alla tristezza di lei.
- Sapete che ci avete fatto
prendere un bello spavento? Temevamo aveste cambiato idea e deciso di non
comandarci più.
Negli occhi di Oscar passò
come un lampo, un desiderio nascosto, che solo Andrè, forse, avrebbe
potuto indovinare. Una speranza delusa, un’aspettativa disillusa.
Alain non lo notò, per
sua fortuna. Era già abbastanza scosso così. Dov’era finita,
si chiedeva, la donna che li aveva guidati all’assalto della Bastiglia?
Dov’era il suo comandante, intrepido e battagliero? Dov’era? Dov’era la
fermezza che tanto l’aveva affascinato? Stentava a riconoscere la donna
calma -ma ardente come una fiamma- e decisa di cui si era innamorato. Ora
vedeva solo una donna in lacrime, la cui tristezza era ancora più
evidente di quando, il giorno prima, l’aveva stretta tra le braccia, mentre
lei piangeva sulla sua spalla. Eppure, ci voleva non poco coraggio per
rispondere alla sua battuta, per non far trapelare dalle sue parole quella
speranza.
- Ma no, Alain! Come potrei
lasciarvi così, senza nemmeno un saluto? L’avete creduto veramente?
Ma insomma, che fiducia avete nel vostro comandante?
- Già, è vero,
non siete il tipo che farebbe una cosa simile. Avremmo dovuto pensarci,
ma, vedete comandante, in quel momento non eravamo veramente in grado di
ragionare.
Oscar aggrottò la fronte
in un’espressione irata.
- Soldato, stai dicendo che
durante il vostro servizio vi siete lasciati trascinare dai vostri sentimenti?
Rispondi, soldato!
Era troppo debole per urlare,
ma la sua voce aveva ritrovato parte della sua antica autorevolezza. E
Alain sorrise, dentro di sé, perché aveva intravisto ciò
che Oscar era stata e che, in fondo, era ancora. Era scattato sull’attenti
appena lei aveva iniziato la frase, per un riflesso condizionato.
- Affermativo, signore. La
preoccupazione per la vostra via è stata, in quel momento, superiore
al nostro senso del dovere.
La fronte di Oscar si spianò,
la sua espressione si raddolcì.
- Grazie- disse, guardandolo
negli occhi per un attimo, e distogliendo lo sguardo subito dopo.
- Grazie a voi, comandante
– scappò detto ad Alain.
- Perché mai Alain?
Perché mi son fatta colpire? In questo modo, non dovete seguire
il vostro pazzo comandante. Sì, effettivamente, forse ci avete guadagnato.
– ribatté Oscar ridendo, per la prima volta da quella sera in cui
aveva perso Andrè.
- No comandante. Grazie per
aver deciso di non lasciare il vostro posto. Noi vi seguiremo, lo sapete,
qualsiasi pazzia decidiate. - rispose lui, nuovamente serio.
Oscar si alzò a mezzo,
appoggiandosi sui gomiti, e lo fissò stupita.
Poi si riadagiò sul
cuscino, negli occhi di nuovo quel desiderio, quel rimpianto, troppo oscuro
per poterlo immaginare, troppo nascosto per poterlo capire.
Il silenzio calò tra
loro, silenzio grave, pesante, difficile da sopportare, difficile da spezzare.
Fu Oscar, all’improvviso, che
si decise a parlare.
- Ebbene, Alain, che succede
là fuori? Raccontami qualcosa. Come sta la Francia?
- Là fuori, comandante?
Beh, là fuori i lavori dell’Assemblea nazionale continuano, il re
ha fatto ritirare le truppe da Parigi, la folla grida “ Viva il re”. Dopo
che la Bastiglia è caduta, su Parigi è scesa una sorta di
calma.
- Calma, Alain? Parigi è
calma? Tu mi prendi in giro!
- Invece è esatto comandante.
Dopo che le truppe sono state ritirate da Parigi, non ci sono stati più
scontri.
- Certo Alain, questo mi sembra
ovvio. Con chi scontrarsi, se non c’è più nessuno a Parigi?-
rispose Oscar, un lampo ironico negli occhi. – Quindi, tu dici che su Parigi
è scesa la calma.
- Sì comandante. La
calma dopo la tempesta.
Tacquero entrambi per qualche
istante, poi Oscar riprese a parlare.
- No Alain. Io direi piuttosto
che siamo nell’occhio del ciclone. Ora tutto è relativamente calmo,
ma è una calma solo apparente. Tra poco succederà qualcos’altro
che farà scatenare nuovamente la rabbia del popolo. Non può
essere altrimenti. Quello che è stato iniziato deve essere finito.
Non si può tornare indietro. Nessuno di noi, ormai, può farlo.
Alain la osservò, interdetto,
per alcuni istanti, poi le rispose:
- No, comandante, avete ragione,
ormai non possiamo più tornare indietro la Bastiglia è là
ad impedircelo. Ma voi, comandante, lo fareste? Se poteste, rinneghereste
tutto ciò che avete fatto?
Oscar non rispose, guardando
dall’altra parte, fuori dalla finestra, il paesaggio illuminato dai raggi
del sole al tramonto. Rimase in silenzio tanto a lungo che Alai, credendo
che si fosse ormai dimenticata della sua domanda, stava per salutarla e
andarsene, quando lei parlò improvvisamente.
- No, - disse- no Alain, non
lo farei.
Poi tacque nuovamente per alcuni
lunghissimi istanti.
- Ti dirò di più
– riprese, - se mi fosse concesso tornare indietro, cambiare alcune scelte
che ho fatto nella vita…io, Alain…credo che non lo farei. C’è una
sola cosa che vorrei cambiare nella mia vita, e se Andrè fosse ancora
qui…beh, forse non cambierei neanche quella.
Di nuovo, il silenzio. Poi…
- Ma ormai è troppo
tardi. – terminò, lo sconforto nella voce. Non aveva mai distolto
lo sguardo dal paesaggio fuori dalla finestra, non aveva mai voltato il
capo: Alain non poteva vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Non rispose, perché
non c’era nessuna risposta a quelle parole. Ma coprì la mano di
lei con la propria, e rispose al dolore che traspariva dalla sua voce.
- Comandante! – la chiamò,
mentre le lacrime cominciavano a rigarle il volto.
- Comandante, so che soffrite
immensamente, ma dovete farvi forza. Non potete, non dovete abbandonarvi
così al vostro dolore, vi fate solo del male. Dovete reagire, perché
noi abbiamo bisogno di voi.
Sperava… qualcosa, neanche
lui sapeva bene cosa. Sapeva solo che doveva tentare qualcosa, qualsiasi
cosa, pur di riscuoterla da quello stato. Ma le lacrime continuavano a
scendere dai suoi occhi, ancora più copiose, senza che lei riuscisse
a trattenerle.
- No –rispose – no Alain, non
posso. Non posso andare avanti, non posso sconfiggere questo dolore. Non…non
ne ho la forza. Capisci? Non posso reagire, non c’è niente per cui
farlo.
- Comandante… - cominciò
a dire Alain, ma lei l’interruppe.
- No, Alain, non parlare. Non
dire niente.
Si prese la testa fra le mani
e, per la prima volta, si girò e lo guardò negli occhi.
- Ascoltami Alain. Per tutta
la vita, da quando sono nata, son dovuta essere forte, coraggiosa, determinata.
Sempre, in ogni occasione, anche la più dolorosa, mi son dovuta
far forza e reagire, comportarmi da uomo, perché in caso contrario
avrei deluso qualcuno. Per tutta la mia vita le mie azioni sono state dettate
dalle esigenze degli altri. Ma ora… ora basta! Quando ho detto addio al
mio titolo, ho detto addio anche a questo, alle costrizioni di una vita
intera. Ora Alain, io non posso, non posso più… Mi spiace, ma non
ci riesco. Dovrete cercarvi… un altro comandante – terminò, la voce
rotta dal pianto.
- Ma noi vogliamo essere comandati
da voi! – esclamò lui. Lei lo guardò, ma non rispose. Passarono
alcuni minuti prima che lei parlasse. E quando lo fece, lo lasciò
esterrefatto, perché Alain non riusciva a capire quale fosse il
collegamento con il discorso.
- L’altra notte, Alain, Andrè
mi ha chiesto una promessa. Una sola. Né di sposarlo, né
che non l’avrei mai lasciato. Sai cosa ha voluto che gli promettessi? Sai
cosa gli ho giurato? – chiese, mentre un sorriso sfiorava le sue labbra.
- No…non saprei.
- Gli ho promesso, Alain, che
d’ora in poi avrei fatto solo ciò che avrei voluto io, senza che
fosse la volontà di altri a guidarmi. Mi ha chiesto di pensare solo
a me stessa, di non sacrificarmi per gli altri.
Alain non rispose subito, perché
era rimasto senza parole, mentre cominciava a capire.
- Quindi…voi…voi non volete
essere ancora il nostro comandante.
- Non voglio perché
non posso, Alain. Tutto ciò che potevo dare l’ho dato. Ora…voglio
solo stare sola… sola con il mio dolore.
Alain chinò il capo.
- Posso chiedervi di ripensarci?-
chiese con voce mesta.
- Sì Alain, ma dubito
che servirà a molto.
- Bene. Allora, arrivederci,
comandante Oscar.
- Arrivederci Alain. E scusami,
scusatemi tutti, ma è un’impresa troppo grande per me.
Alain se ne andò, lasciandola
sola, come lei aveva chiesto. Chiuse la porta dietro di sé, e ci
si appoggiò, perché con quelle parole Oscar aveva distrutto
le sue speranze.
Dall’altra parte della porta,
Oscar si era nuovamente stesa. Quella conversazione aveva esaurito le sue
energie. Malata e ferita, ciò che doveva fare era solamente riposare.
Appoggiata al cuscino, non
poteva fare a meno di pensare a lui, Andrè, a quando le aveva chiesto
quella promessa. Chiudendo gli occhi, poteva rivivere la scena.
Era stato poco prima che s’addormentasse.
Giaceva supina sull’erba, gli occhi che già cominciavano a chiuderlese.
Accanto a lei Andrè, sdraiato su un fianco, si sosteneva la testa
con una mano, e con l’altra l’accarezzava leggermente. Sorrideva. La guardava
e sorrideva, felice. Anche lei sorrideva, guardandolo tra le ciglia. Aveva
sonno, e voleva dormire tra le sue braccia. Ridendo, si era voltata, appoggiandosi
al suo petto. Andrè l’aveva abbracciata e, la guancia sulla sua
guancia, aveva cominciato a parlarle. Parole dolci, parole sussurrate,
parole sognate e trattenute per anni e che finalmente venivano pronunciate.
Lei sorrideva, ascoltandolo, e si appoggiava a lui, cercando il sonno contro
il suo petto. Poi lui aveva taciuto, continuando solo ad accarezzarle i
capelli, e lei già scivolava nel sonno, cullata dal movimento ritmico
della mano del suo uomo. Ma poi lui si era fermato e lei, disturbata da
quell’interruzione, era tornata alla realtà, riemergendo dall’abisso
del sonno in cui stava sprofondando. L’aveva guardato, un po’ interrogativa,
un po’ imbronciata. Lui l’aveva afferrata per il mento e le aveva dato
un piccolo bacio sulle labbra, leggero come il volo di una farfalla. E
le aveva detto:
- Amore, promettimi una cosa.
Lei aveva sorriso, rispondendogli:
- Tutto quello che vuoi.
- Promettimi, mio tesoro, che
d’ora in poi farai solo quello che vuoi tu. Promettimi che penserai solo
a te stessa, che non rinuncerai ai tuoi desideri per volontà di
altri.
Lei, sempre sorridendo, gli
s’era stretta contro. Come aveva fatto a non accorgersi molto tempo prima
di che uomo straordinario aveva accanto? Anche in quel momento, quando
aveva la possibilità di chiedere qualcosa per se stesso, pensava
solo a lei. Ma lui aveva già avuto tutto ciò che desiderava!
- Sì, Andrè,
sì. Seguirò solo la mia volontà, te lo giuro.
Lui le aveva accarezzato la
guancia con due dita, guardandola con uno sguardo che era, insieme, innamorato,
serio, felice.
Poi lei aveva alzato la testa,
guardandolo a sua volta, un grande sorriso sulle labbra. L’aveva baciato
sulle labbra, prima di continuare.
- E ciò che voglia,
Andrè, è seguirti, dovunque e qualunque cosa tu faccia. Voglio
stare sempre con te, non lasciarti mai, darti tutto l’amore che non ti
ho dato in tutti questi anni.
Gli luccicavano gli occhi,
lo ricordava bene. Non aveva risposto, ma l’aveva stretta a sé,
immergendo il viso nella massa dorata dei suoi capelli. Erano rimasti a
lungo così, e lei si era addormentata mentre ancora la stringeva.
Aveva un ricordo confuso di dolci baci e carezza leggere, percepite attraverso
la nebbia del sonno ma ricordava perfettamente la sensazione delle braccia
di Andrè attorno al suo corpo, il profumo della sua pelle, il calore
del suo respiro tra i capelli. Riusciva a percepirli anche adesso. Così,
avvolta strettamente nel lenzuolo, come lo era state nelle razzia di Andrè,
il viso sprofondato nel cuscino, sognando che lui fosse lì, accanto
a lei, Oscar si addormentò profondamente.
Fine 3° parte
Illy