Camminavano veloci, i soldati della
guardia, camminavano preceduti da Oscar.
La loro meta era la Pastiglia:
fortezza, simbolo dell’assolutismo francese, del potere del re e di tutti
i torti fatti al popolo.
Camminavano veloci, i soldati
della guardia, diretti dove sapevano che c’era bisogno di loro.
Erano ancora lontani dalla
loro destinazione, e già potevano sentire il rombo dei cannoni.
Aumentarono il passo, mettendosi
quasi a correre.
Perché la strada sembrava
allungarsi sotto i loro piedi? Perché tutti quei vicoli? Oscar non
li ricordava.
Le sembrava che si fossero
creati dal nulla in quel momento, con l’unico scopo di ritardare il loro
cammino, il suo cammino.
Aveva fretta, Oscar, di arrivare
alla Bastiglia.
Aveva fretta di morire.
La sua mente aveva, razionalmente,
già distrutto l’illusione di aver ricevuto un messaggio da Andrè.
Ora, le rimaneva solo la speranza
di venire colpita.
Nulla, nel suo comportamento,
faceva supporre una tale speranza: era calma, distaccata, quasi… sì,
quasi assente.
C’era in lei la calma che deriva,
in certi caratteri, dalle grandi emozioni, o dalla rassegnazione.
Oscar desiderava morire, ma
sapeva che, prima, aveva un compito da svolgere, e quel compito si trovava
davanti a lei: la Bastiglia doveva cadere.
Erano finalmente arrivati alla
piazza, la battaglia si svolgeva davanti a loro.
Più che una battaglia,
in realtà, sembrava un massacro: il popolo tentava di dare la scalata
al ponte, di colpire i fucilieri nascosti dietro le merlature, ma veniva
sempre respinto indietro a colpi di cannone, lasciando ogni volta molti
morti dietro di sé.
Con l’occhio attento ed esercitato
del soldato, Oscar individuò subito cosa non andava in quell’assalto:
gli attaccanti erano in netto svantaggio, per un unico motivo.
I cannoni! Perché
i nostri non sparano con i cannoni!! I suoi soldati la seguivano
mentre era diretta dove aveva intravisto i pezzi d’artiglieria. Arrivarono
giusto in tempo per sentire la domanda di Bernard, e la risposta datagli.
“ Ma perché non sparate
coi cannoni? Anche noi li abbiamo!”
“ Ma noi…non sappiamo usarli,
Bernard! Non possiamo sparare perché non sappiamo come si fa!”
Ma come è mai
possibile?? Il giornalista era strabiliato
.
In quel momento, Oscar intervenne:
“ Bernard! Non preoccuparti,
siamo qui noi, ora”
“Oscar!”
Lei si voltò, dando
un segnale ai suoi uomini. Scavalcò un affusto, portandosi davanti
alla batteria.
“Caricate i cannoni!”.
I soldati si lanciarono ai
loro posti, gridando la loro risposta, felici di avere nuovamente il comandante
che conoscevano, forte e determinato, quel comandante a cui, dopotutto,
erano affezionati.
“Puntate verso la parte alta
della fortezza!”
I suoi ordini scandivano i
loro movimenti.
Oscar sguainò la spada,
lentamente, con decisione.
La sollevò sopra la
sua testa, nella classica posizione insegnatale dal padre.
La abbassò di scatto,
urlando il suo comando:
“Fuoco!!”
Lo spostamento d’aria
causato dal passaggio dei proiettili le scompigliò i capelli, proiettandoli
in avanti e facendoli svolazzare.
Oscar sorrise, mentre l’eccitazione
della battaglia cresceva in lei.
Era nata per combattere, non
vi era solo stata educata.
Vedendola così, la spada
levata, i capelli in disordine che le svolazzavano attorno, illuminata
dalle esplosioni dei cannoni, a ben ragione la si sarebbe potuta considerare
come il dio della guerra.
I difensori della Bastiglia
ne furono quasi intimoriti, i suoi soldati rinvigoriti, mentre la
stessa eccitazione cresceva in loro.
Oh sì, il loro comandante
era senza dubbio il migliore, uomo o donna che fosse non aveva importanza.
Se lei l’ avesse ordinato,
sarebbero stati capaci di scalare le mura della fortezza e vincere a mani
nude i suoi difensori, tanta era la forza e la determinazione che Oscar
infondeva loro.
“Fuoco!!”
Fu di nuovo il suo ordine,
e i cannoni tuonarono in risposta, infliggendo nuovi danni alle mura della
famosa prigione.
Alain era galvanizzato alla
vista di Oscar illuminata dal fuoco della battaglia..
Lui da solo sarebbe bastato
a far funzionare un cannone: inseriva la polvere, sollevava i proiettili
come fossero sassolini, accendeva la miccia e subito saltava a raffreddare
il fusto per poi di nuovo cominciare daccapo, senza un attimo di sosta.
I suoi compagni lo guardavano
ammirati, non ricordavano di averlo mai visto così .
Forse tutti pensavano che fosse
per Alain l’entusiasmo per la causa.
In realtà, ciò
che lo animava era l’entusiasmo per il comandante.
I suoi sogni, credeva, si stavano
realizzando.
Vedere Oscar viva, e combattiva,
l’aveva colmato di gioia.
Gli sembrava che quella battaglia
fosse il primo passo sulla strada che l’avrebbe portata a vincere il dolore
e il rimpianto, per tornare a vivere, con la consapevolezza di essere donna
e di essere soldato, senza dover sacrificare un lato della sua personalità
a vantaggio dell’altro.
Alain non sapeva che Oscar
era malata e aveva i giorni contati.
Non sapeva che la sua intima,
segreta, folle e unica speranza era di venir colpita in quella battaglia,
non sapeva che ciò che Oscar desiderava con tutta se stessa era
morire e, se anche l’avesse saputo, non vi avrebbe creduto.
Perché non era quello
che lui voleva.
Certe volte vediamo solo ciò
che vogliamo vedere, mentre ciò che mette in pericolo il mondo che
ci siamo costruiti lo ignoriamo, non lo accettiamo, ci rifiutiamo di vederlo.
Così Alain si rifiutava
di capire che il sorriso di Oscar era, sì, di sfida, ma una sfida
disperata, si rifiutava di vedere le lacrime che, ancora, brillavano nei
suoi occhi.
La guardava spesso, ogni volta
che poteva.
Dietro la sua figura si stagliava
la Bastiglia, cupa, minacciosa, ma ai suoi occhi già sottomessa
alla dea che aveva davanti agli occhi.
Fu un attimo, il tempo parve
fermarsi all’improvviso, per poi riprendere a scorrere più veloce
di prima, troppo veloce, non c’era tempo per pensare, si poteva solo seguire
il proprio istinto.
Alzando gli occhi verso la
fortezza, mentre già si prendeva gioco di lei, il suo occhio colse
qualcosa di strano.
Il luccichio dei fucili spianati,
pronti a sparare.
Con un lampo di precognizione
capì quale sarebbe stato il loro bersaglio.
Lasciò ricadere ciò
che aveva in mano, per correre verso di lei, per proteggerla dai colpi
che le avrebbero sparato tra breve, per portarla dietro le loro linee,
dove sarebbe stata al sicuro.
“Comandante!!!”
gridò, mentre si slanciava
verso di lei.
Non fu abbastanza veloce.
Lei pareva sorpresa dall’urlo
del suo soldato: si era girata verso di lui, guardandolo interrogativa,
per un secondo.
Alain la vide sbarrare gli
occhi e accasciarsi su se stessa, mentre lui la raggiungeva, afferrandola
prima che cadesse per terra.
“ Comandante, comandante!!”
la chiamò, ma lei non
rispose, la testa girata di lato, gli occhi chiusi, il volto pieno di sangue.
“Avanti, aiutatemi a portarla
via di qui, non statevene lì impalati!!”
si rivolse agli altri soldati,
fermi davanti a lui.
Spronati dalla voce di Alain,
si raggrupparono intorno ad Oscar, la sollevarono e la trasportarono più
lontano, si muovevano macchinalmente, troppo sconvolti per pensare a qualsisia
cosa.
Si lasciavano guidare da Bernard
che, pur scosso anch’egli, grazie alla sua mentalità da giornalista
era riuscito a recuperare velocemente un minimo di pensiero logico e a
guidarli lontano dalla piazza.
Si fermarono in un vicolo,
distante qualche centinaia di metri dal luogo dello scontro. Adagiarono
Oscar, sempre svenuta, sopra alcuni mantelli stesi a terra.
Un parigino, su ordine di Bernard,
era andato a cercare un dottore, che li raggiunse in breve tempo.
Alain si sentiva crollare tutto
il mondo attorno. Dopo sua sorella, sua madre, poi il suo migliore amico,
Andrè, ora Oscar: la donna che, nonostante tutto, amava.
Sentiva che la ragione lo stava
abbandonando, si aggrappava con tutte le sue forze alla flebile speranza
che non fosse in pericolo di vita, che non fosse ferita gravemente, che
non sarebbe morta.
Guardava disperato il medico
che le ascoltava il respiro, le misurava il battito del polso, le toglieva
la giacca per capire se avesse ferite.
In quel mentre Oscar riprese
i sensi.
Scosse la testa e aprì
gli occhi, mentre il dottore la adagiava sui mantelli.
“Dove…dove sono?” chiese con
voce soffocata.
“ Comandante! Comandante, come
vi sentite?” fu la risposta di Alain, che si sentì immediatamente
riportare alla vita.
“Alain? Cos’è successo?”
“Siete stata ferita, comandante.
Siete stata ferita e vi abbiamo trasportato lontano dalla Bastiglia. Qua
siete al sicuro”
Oscar non lo ascoltava, attenta
a qualcos’altro che avveniva in lontananza.
“Alain, perché non sento
più il rombo dei cannoni? Perché avete smesso di sparare?”
“Ve l’ho detto, comandante.
Non è rimasto nessuno alla Bastiglia, vi abbiamo portato tutti qua.
Eravamo preoccupati per voi.”
“Che idiozie dici, Alain?”
La sua voce si era fatta irata,
debole ma infinitamente arrabbiata.
Tentò di rialzarsi,
ma ricadde al suolo con un gemito.
“Avete lasciato il vostro posto
solo perché io ero ferita?! Tornate subito ai cannoni e aprite il
fuoco sulla fortezza. Noi dobbiamo prendere la Bastiglia!”
“Comandante, calmatevi, comandante!”
La preghiera di Alain, preoccupato
nel vederla così agitata.
Temeva che aggravasse le sue
condizioni.
“No, no, no! Riprendete il
fuoco! Sparate, sparate sempre! Alain, ti affido il comando. Io…io sono
troppo stanca…”
Oscar richiuse gli occhi, piegando
la testa di lato. Era molto pallida, il contrasto tra la sua pelle candida
e il sangue scuro che continuava a scorrere fece rabbrividire gli uomini,
come per un orribile presentimento.
Lui, Alain, non l’avrebbe voluta
lasciare. Tutt’altro, avrebbe voluto stringerla tra le braccia, difenderla
da tutto il mondo… ma lo sapeva, non l’avrebbe accettato, mai.
C’era una sola cosa che poteva
fare per lei.
Una sola.
E l’avrebbe fatta, anche se
gli si spaccava il cuore il solo pensarlo.
Si alzò in piedi e si
rivolse ai suoi compagni:
“Soldati della guardia! Tornate
tutti ai vostri posti!”
Furono scossi dal suono della
sua voce.
Si guardarono in faccia, sorpresi,
inebetiti, poi annuirono, mentre la ragione cominciava a tornar loro.
Si alzarono tutti quanti in
piedi, dirigendosi verso l’uscita del vicolo, tornando da dove erano venuti.
Alain fu l’ultimo a muoversi.
Gli riusciva difficile allontanarsi.
Fatti pochi passi, si voltò
nuovamente a guardarla.
Era bella, bellissima, così
com’era, con i capelli in disordine e il volto sporco di sangue, ancora
più bella, ai suoi occhi, che se avesse avuto i capelli acconciati
e il volto truccato alla perfezione.
Sentì che il cuore gli
si stringeva dolorosamente, come per un oscuro presentimento, mentre si
metteva sull’attenti e la salutava.
Lei non lo vedeva, aveva gli
occhi chiusi, ma lui non voleva andarsene senza quell’omaggio, l’unico
che potesse darle.
Non voleva andarsene ignorandola.
Era pur sempre il suo comandante…
Si voltò e si mise a
correre per raggiungere i suoi compagni, a correre come se da quella corsa
dipendesse tutta la sua vita.