Oscar si
agitava nel suo letto. La febbre le era salita molto durante la notte e
violenti attacchi di tosse le scuotevano il corpo. Anche se era notevolmente
dimagrita dopo aver scoperto la sua malattia, conservava ancora quell'aria
autorevole che l'aveva sempre contraddistinta. Era da molto ormai che conosceva
la gravità del suo male, tuttavia non si decideva ancora ad andare
dal dottore; sapeva perfettamente quale sarebbe stata la diagnosi. Non
era la vigliaccheria il motivo che la spingeva ad esitare, ma voleva rimandare
il più possibile il momento in cui sarebbe stata costretta ad abbandonare
il servizio militare.
Non aveva
mai condiviso la scelta che suo padre aveva fatto per lei anni addietro,
ma ne comprendeva i motivi: il fatto di non aver avuto eredi maschi e la
successiva scelta di educare la figlia più giovane come tale. In
una casa dal presente e dal passato glorioso di militari era impensabile
che non ci potesse essere un uomo capace di ereditare e tramandare il grado
e il casato. Ciò nonostante Oscar pensava di essere stata a suo
modo fortunata.
Aveva
avuto la possibilità di condurre una vita differente rispetto alle
dame di buona famiglia che frequentavano Versailles; aveva osservato, durante
tutti quegli anni di servizio a corte, quante erano le frivolezze che contraddistinguevano
quelle stupide fanciulle e quindi ora si trovava a dover ringraziare suo
padre per non averla fatta crescere così superficialmente. Chissà,
magari ora invece che comandare un plotone di soldati, poteva benissimo
essere sposata da parecchi anni e madre di famiglia...
Questo
pensiero la fece sorridere e con la mente corse alla vecchia governante
che non aveva mai perdonato al generale Jarjayes la sua scelta.
Un altro
colpo di tosse. Stava peggiorando.
Ormai
non passava notte che non le venisse una crisi. Un rivolo di sangue le
segnò l'angolo della bocca, non poteva più rimandare, sarebbe
andata dal dottore di famiglia l'indomani stesso.
Una folata
di vento spalancò la finestra; era estate, una calda ed afosa estate,
non riusciva a rammentarsi di un calore così opprimente ma forse
era anche dovuto alla sua debolezza ed alla febbre.
Si alzò
lentamente e si diresse verso la finestra per raccogliere le grandi tende
che svolazzavano e mentre si accingeva a legarle, vide una figura muoversi
nel cortile.
Non le
ci volle molto per comprendere che si trattava di Andrè.
Andrè,
il suo migliore amico, era sempre stato come un fratello per lei, avevano
vissuto praticamente fianco a fianco da quando, ancora bambini, sua nonna
l'aveva portato a vivere, su espressa volontà del generale, in casa
Jarjayes, proprio per dare alla figlia un compagno di giochi.
Poi ad
un certo punto tutto era cambiato tra loro, Andrè si era innamorato
di lei e Oscar si era ritrovata, suo malgrado, a doverlo considerare diversamente.
Ricordò cosa era successo tra di loro quella sera di qualche anno
prima; quella sua rivelazione così scioccante...sinceramente non
si sarebbe mai aspettata da parte di Andrè un comportamento simile:
era irriconoscibile. Rammentò anche che, per un attimo, aveva avuto
paura di lui: in quel momento non era più il suo migliore amico
ma era diventato un estraneo. Aveva sentito che la sua forza riusciva a
sovrastarla e a dominarla, ciononostante lei aveva sempre avuto la consapevolezza
che mai e poi mai l'avrebbe potuta nuocere.
Quel
ricordo svanì dalla sua mente nel momento stesso in cui quella figura
in cortile si girò verso di lei. I loro sguardi si incrociarono
e Andrè le fece cenno con la mano.
Non poteva
dormire nemmeno lui. I disordini a Parigi erano arrivati ad un punto tale
da richiedere l'intervento armato dell'esercito. Oscar e Andrè aspettavano
con sgomento l'ordine che di lì a poco sarebbe pervenuto dal ministero
della guerra. Avrebbe dovuto sicuramente aprire il fuoco sulla popolazione.
Oscar non sapeva che fare: era combattuta tra il desiderio di unirsi alla
gente e il suo dovere di militare. Sapeva che quell'ordine sarebbe stata
la classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso e che avrebbe dato
inizio alla rivoluzione...
Andrè
la stava osservando dal cortile. Lei lo guardò e notò che
addosso aveva soltanto i pantaloni e una camicia leggera aperta davanti,
probabilmente anche lui soffriva quel gran insolito caldo. Pensò
a cosa avrebbe deciso lui quando fosse arrivato quell'ordine: Andrè
non era nobile e Oscar dubitava che avrebbe accettato di buon grado quell'imposizione.
O forse avrebbe ubbidito per lei...e se non l'avesse fatto, cosa ne sarebbe
stato di lui? Sicuramente l'avrebbero arrestato e condannato per insubordinazione...e
lei cosa avrebbe fatto se così fosse accaduto? In quel momento si
accorse di avere paura, non per le conseguenze sulla popolazione, ma per
Andrè...
Ora lui
era seduto sul bordo della fontana e si stava bagnando il viso con l'acqua:
mille goccioline gli imperlavano i capelli nero corvino e Oscar trattenne
il respiro.
Si era
resa conto da tempo di provare per lui sentimenti diversi, molto differenti
da quelli provati anni prima per il Conte di Fersen e in quel momento ne
ebbe la conferma: non poteva assolutamente perderlo, doveva dirglielo a
costo di rischiare di sentirsi rispondere che era troppo tardi.
Scese
in giardino e lo raggiunse sul bordo della fontana. Lui la fissava ed i
suoi occhi riflettevano l'amore di sempre: nulla era cambiato per lui e
lei lo capì.
Quello
sguardo le dissipò tutti i dubbi.
Dopo
un momento, con gli occhi negli occhi, le parole furono superflue e senza
rendersene conto, si ritrovarono l'uno nelle braccia dell'altro. Oscar
singhiozzava disperatamente contro il petto di Andrè e lui le accarezzava
dolcemente i capelli, la rincuorava e lei, lentamente, smise di piangere;
aveva capito che non l'avrebbe mai potuta abbandonare e, come sempre nei
momenti più difficili, lui era sempre presente accanto a lei.
"Lo sai,
Andrè, ho scoperto di amarti infinitamente".
Lui non
le rispose ma piano piano si avvicinò alle sue labbra. Il bacio
che ne seguì suggellò quell'amore che andava oltre ogni limite
e ogni guerra. Nulla, neppure la rivoluzione incombente avrebbe potuto
ormai spegnere quel sentimento, quella passione a lungo sopita che li legava
l'uno all'altro. Con quella consapevolezza si incamminarono insieme verso
un destino sconosciuto, fatto chissà se d'amore o di morte.