Non servì respirare profondamente né
appoggiare le braccia sul tavolo per riacquistare il controllo perduto
così facilmente e impedire alle sue mani di tremare. Era uscito
di senno, completamente. Non sapeva più chi ringraziare per essersi
fermato in tempo. Si era lasciato sopraffare dall’istinto, si era comportato
da vero animale, accecato dalla gelosia. Peggio ancora, se avesse avuto
lì il conte di Fersen non avrebbe esitato ad ucciderlo. Che cosa
aveva detto ad Oscar? Era fuori di sé, confusa, desiderabile come
non lo era stata mai. E lui..Vederla, così indifesa e poi perderne
la visione, improvvisamente, mentre tutto diveniva scuro, nascosto al suo
sguardo e allora gli era cresciuta dentro una rabbia, alimentata dal sapere
che erano stati insieme, magari vicini, tentare di soffocare l’ira era
stato impossibile. Proprio ora..doveva tornare ora, quel maledetto conte!
Il bicchiere di vino venne scagliato con violenza contro il muro. Rigagnoli
rossastri scesero lungo la parete bianca, frammenti di vetro si sparsero
un poco ovunque. Non vi fece caso. Nulla aveva più senso se perdeva
Oscar.
“Mio Dio..Cos’è successo?”
La vocina della cameriera che lo chiamava
lo fece voltare di scatto. Era Rosane, la giovane figlia di una delle
anziane cameriere del castello. Non la conosceva molto bene ma il suo volto
era talmente fresco e soave da non poter essere dimenticato. Aveva splendidi
occhi neri e vivi, lunghi capelli corvini, una pelle bianca e sicuramente
vellutata, emanava un dolce profumo di violetta. Indossava una delicata
veste color celeste pastello e recava in mano un porta candele con una
candela la cui luce pareva irradiasse stelle su quel viso assonnato e impaurito.
“ Signor..André..”
“ Niente.” la fermò lui, distogliendo
lo sguardo e riportandolo contro il tavolo. “ Tranquilla, ho solo..rotto
un bicchiere.”
Silenzio. Poi udì lei che le diceva:
“ Le porto..Avete bisogno di qualcosa?”
“No..”
“ Vi siete fatto male?”
André si girò di scatto a guardarla.
“ Perché continui a darmi del voi? Io non sono un signore, sono
un semplice servo come te! E non ho bisogno di niente.”
Capì d’essere stato troppo duro quando
la vide arrossire sotto la luce fioca della candela e sentì che
mormorava un debole “Mi perdoni..” e si allontanava in fretta. Provò
rimorso, André, ma non seppe chiederle scusa. Sospirò quando
l’esile figura fu scomparsa ai suoi occhi, si passò una mano tra
i capelli, angosciato dalla prospettiva di una lunga notte in cui non avrebbe
dormito, come tante notti a quella parte. Il pensiero della pelle di Oscar
lo avrebbe tenuto sveglio e il desiderio vivo di lei lo avrebbe reso folle
e disperato. Un servo.. Era solo un servo…Un servo innamorato e quasi cieco,
ma pronto a morire per lei. E non era abbastanza.
Oscar si accorse di avere freddo. Tremava,
in tutto il corpo, forse la pioggia presa l’aveva fatta ammalare. Aveva
la febbre, n’era sicura. I brividi si alternavano a ondate di calore che
rendevano gelida e sudata la sua pelle. Eppure non era la febbre a preoccuparla.
André…Fersen…
Abbandonata sul cuscino, fuori dalle coperte,
la camicia ancora slacciata, segno di una dolce violenza di cui mai avrebbe
immaginato l’intensità, la disperata follia. Così tanto l’amava,
André? Quello era il desiderio? Lei, così inesperta in faccende
amorose, così convinta di non provare emozioni di sorta, o quegli
impulsi che coinvolgono solo gli amanti, le giovani dame, i focosi conquistatori…Non
avrebbe voluto che André smettesse. Cos’era diventata? E Fersen…Quando
li aveva sorpresi la pioggia si erano rifugiati in quella umida grotta.
Aveva avuto freddo e Hans..l’aveva dolcemente attirata sul suo petto caldo,
l’aveva baciata, con un’intensità che l’aveva annientata. Nulla
a che vedere col bacio che le aveva rubato sulla spiaggia e che aveva subito
paragonato a quello di André..Diceva di amarla, Fersen, ma era vero?
E soprattutto, alla luce dei nuovi avvenimenti che le avevano sconvolto
la vita, lei lo amava ancora? Quello che aveva dovuto essere un periodo
di riflessione perché ritrovasse sé stessa, si stava trasformando
in un tragico susseguirsi d’eventi che, se non prendeva riparo, le avrebbero
stravolto l’esistenza e ogni suo piano. A quel punto, però, non
sapeva più cosa fare.
“ Rosane..Rosane, sono io, Gilbert..! Apri
la finestra, Rosane..!” La finestra si aprì, ma occorsero parecchi
richiami. La ragazza dai capelli scuri e gli occhi grandi e vivi si affacciò
ancora assonnata alle prime luci dell’alba.
“Gilbert! Ma che vuoi a quest’ora?”
Gilbert sorrise e si sfregò il naso,
decisamente compiaciuto mentre lo sguardo scendeva sulla veste aperta di
lei e sui seni non proprio nascosti. Lei intuì dove quegli occhi
maliziosi stessero esitando e strinse la veste, assumendo un’aria indispettita.
“ Gilbert!”
“ Eh, ma se tu ti presenti così..”
“ E abbassa la voce, che ti sentono!”
“ E che vuoi che m’importi?” la prese in
giro lui alzando le spalle “ Tanto se la prenderanno con te, mica con me!”
“ Che razza di amico!” protestò la
ragazza mente si guardava furtivamente indietro. Poi, rivolta al giovane:
“ Aspettami, mi vesto e scendo.” Sparì e chiuse la finestra. Lui
sorrise e appoggiò la schiena al muro, perso nei suoi pensieri,
in quelle fantasticherie che suo padre sovente gli rimproverava. Ma cavolo,
era giovane, no? E i tempi, beh, quelli stavano cambiando, decisamente.
Lui era un contadino, verissimo, ma presto ogni barriera sarebbe stata
abbattuta e nobili e servi e contadini e popolani sarebbero stati riuniti
sotto un unico nome: repubblica. Ah, se erano vicini, quei tempi! Li si
poteva respirare, alberi, fiori, vento, ogni essere vivente pareva gridare
una sola parola, libertà. Liberi, uguali, fratelli di Francia. E
quel giorno sarebbe potuto arrivare dove ora non avrebbe saputo osare.
Lei, che era tutto, da sempre…
“ Eccomi, brutto scocciatore..” Borbottò
la ragazza alle sue spalle, facendolo sobbalzare.“ Ti ho spaventato? Ti
sta bene..”
“ Ehi, vedi un po’ di calmarti..Sto per metterti
tra le braccia del tuo attendente preferito, ti pare poco?”
“Tu?” lo apostrofò lei, scoppiando
in una fresca, genuina risata. “ Senti, sarà mio il merito, se riusciremo
nel nostro piano!Sono una donna, ci so fare!”
“Una donna? Una mocciosa, vorrai dire! Sono
sicuro che André neanche ti vede quando passi!”
Lei sorrise, chinò la testa da un
lato e incrociò sul petto le braccia. “ Ah, certo..guarda che a
te le cose non vanno tanto meglio, pensi che non lo sappia che pendi dalle
labbra di madamigella Oscar?” Lo scimmiottò con voce falsamente
dolce. “Guarda, che più miri in alto più ti farai male quando
cadi, bello! E comunque la vedo dura, da realizzare, ora che è tornato
quel nobile svedese..!”
“Un nobile..?” La interruppe lui, di colpo
serio, poi, illuminatosi di colpo: “ Il conte di Fersen? E tu che ne sai?
L’ hai visto?”
“ E’ stato qui ieri, cercava madamigella
Oscar. Avessi visto che portamento, che occhi..”
“Sì, sì..” tagliò corto
Gilbert, seccato. “ Vedo che sei abbastanza volubile, cara la mia piccola
Rosane.. già ti sei stancata di André?”
“ Neanche ti ascolto..” ribatté la
ragazza. “ Piuttosto, dimmi..come pensi di avvicinarli?”
“Chi?”
“Ma come chi?” saltò su Rosane. “
Madamigella Oscar e André, no? Sveglia, Gilbert!”
“ Tranquilla. A questo ho pensato io,è
qui che entri in gioco tu.” Sì, ci avrebbe pensato lui, sarebbe
bastato far trovare Oscar al posto giusto nel momento giusto perché
capisse quanto André fosse importante e lo era, bastava vederli
insieme. Certo, il ritorno del conte complicava un po’
le cose..ma solo un po’. L’ottimismo della gioventù era dalla sua
parte.
Fu presto mattina e Oscar si svegliò
consapevole di non essere al meglio. Le poche ore di sonno non erano servite
se non ad accentuare il suo mal di testa e anche se era quasi certa di
non avere più la febbre, si sentiva indolenzita e stanca. Fuori
splendeva il sole e nei suoi ricordi la notte trascorsa a pensare ai baci
di André.
Sciocca…Forse era quel posto, sì..Quella
spiaggia, l’aria, quei luoghi a renderla debole come mai lo era stata.
Fatti forza, si disse rialzandosi, presto tutto questo passerà e
tornerai la Oscar di sempre. Servì.
Improvvisamente un senso di benessere la
invase e tutto non le parve più così scuro. Iniziò
a riflettere. Piegata su sé stessa, il volto appoggiato sulle braccia,
le braccia sulle ginocchia, i raggi del sole che ora le irradiavano i capelli.
Certo! Ma cose le era capitato? Lei era un soldato! Voleva gettare tutto
dalla finestra per un attimo di follia?
Non avrebbe accettato un minuto di più
di tutta quella storia! André non l’avrebbe trascinata verso qualcosa
che oltre a non avere un senso non aveva neanche un futuro! E..cosa? Il
conte di Fersen scopriva di colpo di amarla? Sciocchezze..! Amava sua maestà,
di questo era sicura, e non l’avrebbe di certo dimenticata sposando la
prima che le capitava! E poi sposarsi..lei!
Si alzò sospirando, sorridendo all’idea.
Era stata già un’impresa farla vestire da donna una volta, figurarsi
l’abito da sposa…agghindata da gran dama, coi fiori, le damigelle e tutto
il resto! Da far ridere l’intera Francia! Uscì dalla stanza con
una carica nuova, il pensiero di ciò che doveva fare e che ora le
era chiaro in mente parve rinnovarla. E aveva anche fame! Scartò
completamente l’idea che forse solo un problema si frapponeva tra lei e
i suoi progetti di libertà: e trovò quel problema in cucina,
ad aspettarla. La porta era aperta e lei lo vide immediatamente, di spalle,
quelle spalle a cui, in un angolo del suo cuore, desiderava disperatamente
aggrapparsi. Di colpo ebbe l’impulso di voltarsi piano ed andarsene senza
che la vedesse, allo stesso tempo decise che l’orgoglio le ordinava di
affrontarlo come nulla fosse, per convincersi che in fondo non era successo
niente. Fu sul punto di parlare ma si arrestò di colpo quando lo
sentì mormorare: “ Signore, aiutami…”
Aveva i gomiti appoggiati sul tavolo e la
disperazione nella voce. Altri due secondi e si accorse che quelle spalle
tremavano e che sul tavolo c’erano un bicchiere vuoto e una bottiglia di
vino. Pensò che forse neanche lui aveva dormito bene quella notte
e attese sperando che terminasse la sua preghiera, per capire cosa lo affliggesse
tanto. Non poteva essere solo lei a farlo stare così, non aveva
senso..Ma tacque, André, nessun’altra parola a chiarire ciò
che gli passava per la testa da un po’ di tempo. Schiarendosi la voce e
accentuando il passo - cosa che aveva appreso da suo padre, faceva sempre
così quando la sorprendeva assorta, a concedersi emozioni non proprio
consone a un soldato - entrò nella stanza. La divertì un
poco la reazione di André. Un salto ed era in piedi, pallido di
spavento. Nel movimento urtò il tavolo, la bottiglia vacillò
pericolosamente, cadde, scivolò sul ripiano e precipitò a
terra. Vino e frammenti di vetro si sparsero sul pavimento, ma nessuno
dei due se ne curò. Da parte sua, Oscar gli gettò un’occhiata
noncurante e prese una tazza da una delle credenze, decisa a prepararsi
un the. André le era già vicino.
“ Lascia..faccio io..” Le disse. Lei lo respinse
con lo sguardo fiero che le riconosceva.
“ Guarda che so come si prepara un the!”
gli ricordò, aspra. “ Quello che non so..è come si faccia
a bere a quest’ora del mattino! Dovresti proprio vergognarti, André!”
Lui serrò le labbra, ritrasse il braccio
e stette a guardarla mentre afferrava la teiera appoggiata sul ripiano,
sopra al camino acceso. Un grido tagliò il silenzio della cucina
e con esso un rumore sordo, la teiera cadeva e i suoi cocci andavano a
far compagnia ai vetri. Oscar stringeva la mano nell’altra, un’espressione
di dolore dipinta sul volto. André era combattuto tra il tornarsene
a sedere e lo stringerla tra le braccia e baciarle ogni centimetro di quella
mano. Prevalse l’orgoglio, ce l’aveva anche lui. “ Così impari a
fare di testa tua.” Leggere lo stupore negli occhi di lei gli diede un’enorme
soddisfazione, ma non servì a mandar via la tristezza e il dolore
che teneva dentro. Tornò a sedersi, a guardarla senza parlare mentre
si chinava a raccogliere i pezzi della teiera.
…e i pezzi del mio cuore, le chiese mentalmente,
quando li raccoglierai, Oscar? E torneranno mai insieme? Guardami, Oscar..Guardami,
ti prego…
Lei alzò gli occhi e lo guardò.
“ Domani torno a casa, André.”
Lui deglutì. “ D’accordo. Darò
ordine che vengano preparati...”
“ Parto da sola. Volevo che lo sapessi.”
Come aver ricevuto un pugno in pieno stomaco.
Avrebbe potuto alzarsi, affrontarla di nuovo, tirarle in faccia la verità.
Ripeterle all’infinito che l’amava, l’amava e l’amava..
“ Come vuoi.” disse, la voce rassegnata.
Come a dire, ciò che tu vuoi non è ciò che voglio
io e quello che pensi di volere, non è ciò che vuoi realmente,
questo pareva dirle quello sguardo.
“ Bene.” rispose Oscar, alzandosi. Stava
per uscire, André la fermò sulla porta.
“ Sposerai il conte di Fersen?”
Una lacrima solcò il volto della giovane.
“ Questi non sono affari tuoi.” Sperò che lui non avesse avvertito
l’incrinatura della sua voce. Tirò via quella lacrima con dispetto
e fuggì via, lontano da lui. E lui rimase con gli occhi a fissare
il pavimento e il vino versato, i pezzi della bottiglia, finché
non vide più nulla perché le lacrime glielo impedirono. “
Ti sbagli…Non può esserci affare che m’interessi di più della
tua vita.” Nient’altro gl’importava, neanche sapere di stare diventando
cieco.
Per due ore, interminabili e colme di pensieri,
Oscar aveva cavalcato, percorrendo la spiaggia, senza spiegarsi il perché.
Solo un giorno prima era lì con André. Sarebbe riuscita a
sfuggirgli? Perché era tanto disperato? Possibile che quell’amore
immenso e totale fosse proprio per lei, solo per lei? E una volta che se
ne fosse andata..cos’avrebbe fatto? Tentò di scaricare la coscienza
riparandosi dietro al fatto che era per lui che lo faceva, forse era veramente
così. Aveva sacrificato un occhio, una volta, non aveva dubbi che
se ci fosse stato bisogno le avrebbe consegnato la stessa vita. Non poteva
permetterlo. Tirò le redini di César e si fermò a
guardare il mare. Fersen era di certo tornato a palazzo, o almeno così
si augurava.
“ Non preoccuparti, André. Non ho
intenzione di sposare nessuno.” Ma il cuore le batteva forte, come le onde
contro gli scogli.
“Quello che voglio dimostrare..” com’era bello
Gilbert in quel momento.
Rosane, sfuggita ai doveri del castello,
sarebbe rimasta a guardarlo per ore. Quando aveva accettato di aiutarlo
a provare non ricordava quale ideale, lo aveva fatto solo perché
era stato lui a chiederglielo. Certo, anche per André, ma sinceramente
il suo era stato un modo come un altro per ingelosirlo. Solo che non era
andata proprio così, Gilbert si era infervorato con quella storia,
da due giorni non parlava d’altro!
“..E’ che..” fissò gli occhi in quelli
di lei. “..siamo tutti uguali. Vedi, se madamigella Oscar scoprisse di
amare André, che è un semplice servo..ti immagini, Rosane,
lo scandalo?”
Lei sorrise, scosse il capo mentre sistemava
un ciuffo ribelle sotto la cuffia da cameriera.
“No?” Le catturò le mani. “ Sai che
succederà quando il generale Jarjayes saprà una cosa del
genere? Andrà su tutte le furie. Naturalmente i due amanti scapperanno
insieme..il re e la regina si opporranno ma noi..noi porteremo la storia
a Robespierre. Ne nascerà un caso di portata colossale..ricordi
la collana? Beh, qualcosa di più grande..”
“Ehi, mi spaventi!” gli fece eco lei, fissandolo
sconcertata. “ Non ti agitare così..”
“ E’ finita l’epoca dei nobili, Rosane…e
l’unica speranza che ha Oscar di salvarsi..è passare dalla parte
del popolo e so che lo farà..se André sarà al suo
fianco.” Spostò lo sguardo avanti a sé. Si era alzato il
vento, lei rabbrividì, ma non per il freddo. Gilbert pareva così
convinto, così maturo per la sua età! Sapeva metterla in
confusione.
“ Io VOGLIO che madamigella Oscar si salvi.
Lei è l’unica nobile che io conosca capace di dare la vita per un
essere umano..senza che si interessi della sua classe sociale. Mi ha salvato
la vita.”
Rosane annuì. “ Sì..è
speciale, ma…pensi davvero che…il popolo..”
“ Non ci pensare adesso.” le disse. “ Ora
pensiamo…alle rose.”
Lei lo fissò perplessa.
“ Alle rose?”
Ma lui s’era già alzato, scattando
come una lepre, correndo e gridandole di seguirlo. Rosane non seppe se
convincersi che quelle del suo ragazzo fossero solo fantasie o aver paura
che potessero essere certezze. E le rose? Cosa c’entravano col futuro?
“ Aspettami, Gilbert!” Ma non aspettò.
Neanche il vento aspettava, o quel futuro d’incertezza. Nemmeno le rose,
che erano già fiorite lì ad Arras!
Fine 8° parte
Laura