All’inizio fui un po’ restia, ma
siccome tenere quell’arma in mano mi era sembrata la cosa più naturale
del mondo, accettai.
E feci bene.
Vinsi moltissime medaglie e
coppe: non c’era avversario che riuscisse a battermi!
All’inizio dell’ultimo anno,
però, successe qualcosa che turbò le nostre esistenze.
Arrivò nella nostra
scuola un ragazzo di nome Alex, alto, bello, biondo, molto affascinante…
avrebbe frequentato l’ultimo anno insieme a noi poiché si era da
poco trasferito nel nostro quartiere.
Ecco: fu Alex a turbare le
nostre vite!
Che Mary rimanesse affascinata
da lui era quasi scontato, ma che lo fossi anch’io proprio no!!!
Prima di allora, non avevo
mai badato ai ragazzi: loro si erano sempre limitati a sfidarmi ed io ad
accettare le loro sfide.
Conoscendo Alex, però,
iniziai a sentirmi come tutte quelle ragazzine innamorate che mi circondavano
e che prima non riuscivo affatto a comprendere.
Per me divenne un chiodo fisso.
Pensavo solo a lui, in ogni
istante della mia giornata, qualsiasi cosa facessi, ovunque andassi….
Era tragico, oserei dire.
Non mi ero mai sentita a quel
modo prima di allora.
Spesso, durante le lezioni,
mi perdevo nella contemplazione del suo ricordo e, quando lo intravedevo
per i corridoi della scuola, il mio cuore iniziava a scalpitare come un
cavallo imbizzarrito e le mie gambe a tremare come delle esili foglie scosse
da un uragano.
Per non parlare di quando egli
si avvicinò a me e Mary perché interessato a lei: che disdetta!
Alex e Mary: il ragazzo che
mi piaceva e la mia migliore amica!
A me non rimase altro che cercare
di far finta di niente, sperando che mai nessuno si accorgesse dei miei
sentimenti per lui.
Ricordo ancora la straziante
angoscia che mi opprimeva.
In ogni istante mi chiedevo
spaventata se qualcuno potesse sospettare qualcosa, se i miei occhi potessero
far trasparire quello che il mio cuore provava o che la mia mente pensava,
se la mia maschera di imperturbabile distacco si fosse crepata agli occhi
degli altri….
La cosa più straziante,
però, era dover stare ad ascoltarli e consigliarli quando Alex mi
chiedeva cosa regalare o dove portare Mary e quando ella mi raccontava
dei loro piccoli litigi o delle inaspettate sorprese che lui le preparava.
In quei momenti, avrei voluto
davvero sparire dalla faccia della terra!
Nonostante qualche piccolo
attacco di gelosia, però, ero felice per loro due.
Nel profondo del mio cuore
qualcosa mi diceva che Mary e Alex avevano diritto a quella felicità,
a una seconda possibilità….
Non toccava a me ostacolarli.
D’altra parte, mi ripetevo
sempre che quella era una situazione assolutamente normale: come avrebbe
potuto Alex preferire una ragazza apparentemente disinteressata come me
a una solare e come Mary?!?
Oltretutto, io non avevo mai
indossato una gonna o un abitino femminile nella mia vita, mai qualcosa
che mettesse in risalto le mie qualità fisiche, come, invece, facevano
tutte le altre ragazze della scuola, Mary compresa.
Oltretutto… si sa, gli uomini
preferiscono le bionde e io, al contrario di Mary, avevo i capelli neri
e coi riflessi blu!
I capelli scuri facevano risaltare
i miei occhi azzurrissimi, diceva sempre mia madre, ma che farmene?!
Anche quelli ricordavano la
freddezza del ghiaccio e non servivano certo a conquistare Alex!
Per sottrarmi a quei tormenti,
cercai di programmare le mie giornate in modo da non avere neanche un attimo
libero, sperando che un’intensa giornata di attività mi avrebbe
impedito di pensare ad Alex e che a sera fossi stata troppo stanca per
sognare di lui.
Scuola, studio, lezioni di
piano per perfezionare le mie doti, allenamenti con la squadra di scherma,
biblioteca e moltissimi libri: neanche un attimo di riposo!
Sublimazione l’avrebbe chiamata
Freud.
Fatto sta che non servì
a niente: lui rimaneva sempre lì, nella mia mente, come un tatuaggio
indelebile.
Come se tutto ciò non
bastasse, si aggiunse il problema della scelta universitaria.
Che college scegliere, cosa
decidere di fare della mia vita, colloqui e prove per le ammissioni….
I miei genitori facevano a
gara per convincermi a seguire i loro consigli: mamma voleva che diventassi
biologa, o per lo meno dottore, mentre papà esigeva che gli promettessi
che, qualsiasi cosa avessi fatto, mi sarei arruolata nell’esercito americano,
dopo la laurea.
Dal canto mio, se avessi dovuto
per forza scegliere, credo avrei preferito psichiatria. Mi affascinava
la psicologia, l’inconscio umano e avevo letto varie opere di Freud, di
Jung, di Adler, di Erickson e dei più famosi psicologi; mi piaceva
conoscere come funzionasse il cervello umano, cosa portasse le persone
ad agire in un certo modo piuttosto che in un altro, ma non ero convinta
di seguire quella strada.
I miei genitori, comunque,
non disperavano, sicuri che avrei realizzato i loro desideri e, sapendo
che, tra l’altro, amavo la velocità e le moto, me ne regalarono
una meravigliosa per cercare di trattenermi e farmi sentire in qualche
modo debitrice nei loro confronti.
Io, però, sapevo soltanto
che non avrei seguito le loro imposizioni mascherate da consigli, non avrei
permesso loro di decidere della mia vita, non di nuovo….
La scuola era agli sgoccioli.
La maggior parte degli studenti
dell’ultimo anno aveva fatto la propria scelta. Sembravo essere solo io
la perenne indecisa.
Mary si sarebbe trasferita
a Los Angeles, voleva tentare la scalata al successo come attrice o cantante,
e Alex, dopo essere stato notato dal manager di un’agenzia di moda, sarebbe
partito per l’Europa, la patria della moda, con la speranza di intraprendere
una promettente carriera da modello per le più importanti firme
dell’alta moda.
Quelle decisioni fecero litigare
Mary e Alex.
Si lasciarono e, naturalmente,
entrambi vennero a piangere da me.
Che dire loro?!
Uno dei due avrebbe dovuto
rinunciare ai suoi propositi per seguire l’altro, se davvero si amavano,
ma né l’uno né l’altra voleva cedere: erano entrambi ricolmi
di un antico orgoglio dalle tinte incomprensibili.
Chiesi ad Alex cosa lo avesse
spinto a prendere quella decisione.
Infondo, era stato accettato
nei migliori college del Paese e aveva ottenuto diverse borse di studio,
era brillante e poteva ambire a qualsiasi cosa volesse.
Andare in paesi sconosciuti
a posare per stilisti magari altrettanto sconosciuti non mi sembrava affatto
degno di lui.
Oltretutto, se la nostra amicizia
mi aveva concesso la speranza di continuare a vederlo anche dopo le superiori,
sapere che sarebbe partito per l’Europa, fece precipitare tutte le mie
illusioni.
Mi rispose dicendo: “Ho sempre
sognato di poter andare in giro per il mondo, viaggiare e conoscere posti
e persone differenti… se poi mi pagano anche per farlo, perché no?!”.
E io mi rassegnai con la sensazione
che i suoi viaggi fossero la cosa più naturale del mondo.