Seduta davanti al fuoco scoppiettante, Oscar ripensava alla sua vita: chi l’avrebbe mai detto che sarebbe finita a quel modo… Una dolorosa lacrima solcò il suo volto, seguita da un’altra, e da un’altra ancora… E pensare che tutto era cominciato per colpa sua, quella sera a quel maledetto ballo al quale si era recata vestita da donna e decisa a ballare col conte di Fersen, a rivelargli i suoi sentimenti… Se non vi si fosse presentata, lui non sarebbe mai tornato a cercarla per avere spiegazioni a riguardo, ma soprattutto lui non le avrebbe proposto di sposarlo e lei… lei non avrebbe accettato…
“Se avessi saputo prima, che
donna eravate, forse… - le aveva detto, dopo averla inseguita fino alle
scuderie dove lei aveva cercato rifugio - Ma noi… noi abbiamo davanti ancora
un’intera vita e… abbiamo diritto ad essere felici… “
Oscar l’aveva pregato di non
dire altro, di non peggiorare la situazione, cercando di salvare la loro
amicizia, ma Fersen aveva continuato dicendo:
“Ci ho riflettuto a lungo,
madamigella Oscar, e se sono venuto qua stasera c’è una precisa
ragione… Voi mi amate e, anche se io non posso dire di provare per voi
lo stesso sentimento che nutrite per me, vorrei chiedervi di diventare
mia moglie. Non credo esista altra donna con la quale potrei e vorrei unirmi
in matrimonio e, benché siate stata la mia migliore amica, forse
il tempo e l’amore che nutrite per me potrà cambiare i miei sentimenti
e renderci felici”.
Lei si era stupita delle sue
parole, non aveva mai creduto che Fersen avesse potuto dire quelle cose,
ed era rimasta a guardarlo attonita, basita, senza parole.
Subito dopo, però, aveva
sentito uno zampillio di gioia sgorgarle dentro, infinita gioia: era quello
che aveva sempre desiderato che lui le dicesse! Lì per lì,
non fece neanche caso alla mancanza di tatto che Fersen aveva mostrato
con le sue parole, non le importava affatto se lui la considerava soltanto
il suo migliore amico o se non l’amava. Era più che certa che il
suo amore sarebbe bastato ad entrambi e, come aveva detto egli stesso,
col tempo lui avrebbe imparato ad amarla e avrebbe dimenticato Maria Antonietta.
Già: Maria Antonietta…
Neanche l’idea della sofferenza
che la sua regina avrebbe provato a quella notizia servì a scoraggiarla…
Nulla, proprio nulla poté distruggere la felicità di quel
momento.
Così, gli era corsa
in contro e, asciugando e dimenticando tutte le lacrime versate per lui,
aveva accettato la proposta.
Il generale Jarjayes aveva
approvato di buon grado la notizia. D’altronde, era già da qualche
tempo che iniziava a sentire dei rimorsi per aver allevato quella figlia
come un uomo e poi, il conte di Fersen era senz’altro un ottimo partito,
uno di quegli uomini che tutti i padri vorrebbero dare in marito alle proprie
figlie.
Maria Antonietta, invece, ne
fu molto angustiata. Lei stessa non sapeva spiegarsi se la ferisse di più
che Fersen si sposasse o che Fersen sposasse Oscar.
Nei giorni successivi, Oscar
si angosciò per tutto ciò, per essere la causa della sofferenza
della sua regina, per dover lasciare la Francia alla volta della Svezia,
ma la speranza di un futuro roseo accanto all’uomo che amava la rinfrancava.
Una sera, qualche giorno prima
delle nozze, Oscar aveva chiesto ad André se la volesse seguirla
in Svezia. Aveva bisogno di lui, gli disse, in un paese straniero, fra
gente che non conosceva, solo la sua presenza avrebbe potuto farla sentire
a casa. Ma André, quasi accecato dal dolore (oltre che dalla ferita
all’occhio sinistro!) l’aveva stretta a sé fino a farle male e l’aveva
baciata violentemente. E, quando finalmente le era riuscito di divincolarsi
da quella morsa, André si era scusato per quello che le aveva fatto
e le aveva rivelato il suo infelice amore, aggiungendo:
“Non posso seguirti in Svezia,
perché non sopporterei di vederti con lui. Quando te ne sarai andata,
mi toglierò la vita… non potrei continuare a vivere senza di te”.
E Oscar, in preda alla collera
più disperata per quello che era successo, per non essersi mai accorta
di quello che André provava nei suoi confronti, per averlo fatto
soffrire tanto, gli aveva gridato:
“Ucciditi! Fa’ quello che vuoi,
ma non farti più rivedere da me!”
L’aveva odiato con tutte le
sue forze, in quel momento, e aveva odiato anche se stessa….
Da quella sera, aveva atteso
il giorno del matrimonio come una medicina a tutte le sue sofferenze. Allontanarsi
dalla Francia, da André, da Maria Antonietta, da tutti quelli che
aveva fatto soffrire le sembrava l’unica soluzione possibile per mettere
fine a quel circolo d’angoscia. E così, dopo aver lasciato il comando
delle Guardie Reali, in una tetra giornata di fine anno (1786), erano state
celebrate le nozze tra lei e il conte di Fersen.
Quel giorno le era sembrato
il più felice della sua vita: aveva indossato un magnifico abito
rosso e aveva sposato l’uomo che credeva di amare.
Lei, sempre così riflessiva
e raziocinante, in quella occasione, non si era neanche preoccupata delle
conseguenze che il suo non essere una donna “normale” le avrebbe potuto
procurare. Era sicura che ad Hans sarebbe andata bene così.
E all’inizio le cose sembravano
andare bene. Le novità della vita coniugale, del nuovo Paese, le
nuove conoscenze, tutto di quella sua nuova vita non le dispiaceva. Certo,
ogni tanto rimpiangeva la sua uniforme o la sua movimentata esistenza,
ma infondo iniziava ad apprezzare il tempo libero che aveva per rendere
la casa accogliente per il suo amato o per coltivare quelle passioni, come
la musica e le lettere, a cui un ufficiale non poteva certo dedicarsi.
Quando poi, qualche mese dopo,
era nato il loro primo figlio, la sua gioia sembrava aver toccato l’apice.
L’avevano chiamato Frederik François, ed era un bellissimo bambino
biondo cogli occhi azzurri.
Presto, però, Oscar
si era resa conto che qualcosa non andava. Non era per come la guardavano
i nobili svedesi, sapeva di essere considerata quasi come un’attrazione
da circo, una donna che per anni aveva rivestito un impiego da uomo; non
era neanche per le difficoltà che ogni tanto incontrava nel condurre
la casa o nel svolgere il suo ruolo di madre: quei piccoli ostacoli fungevano
da stimolo per lei; e non era neanche per i frequenti viaggi che tenevano
lontano di casa suo marito… ma, più passava il tempo e più
lo sentiva lontano, infinitamente lontano.
Se all’inizio aveva sperato
che Hans potesse imparare ad amarla, nulla più la sosteneva in questa
convinzione.
Presto si accorse di non essere
più felice lì, anzi, di non esserlo mai stata. Neanche il
suo bambino riusciva più a farla sorridere. Si sentiva in trappola.
Aveva rinunciato a tutto per lui e Hans non era in grado di ricompensarla
per quella sua perdita, neanche col suo affetto. A tutto: al suo lavoro,
al suo Paese, all’amicizia della sua regina, ad André… André…
come avrebbe voluto averlo ancora vicino per sentire il suo tacito conforto,
essendo sicura che egli l’avrebbe capita come mai nessun’altro.
Alla fine del 1788, Oscar era
tornata in Francia. Suo marito le aveva promesso di farle trascorrere il
Natale con la sua famiglia e così fece, anche perché aveva
capito egli stesso che le cose tra loro non andavano bene. Ma la situazione
era molto diversa da quando, due anni prima, era andata via sognando un
avvenire felice.
Il popolo reclamava gli Stati
Generali, la salute del delfino Joseph era peggiorata, Maria Antonietta
era disperata, il re indeciso sul da farsi e André aveva lasciato
Palazzo Jarjayes.
Era andato via subito dopo
di lei. Aveva saputo che si era trasferito a Parigi e, infatti, passando
per le vie della città, un giorno, l’aveva visto in una veste inaspettata:
un André oratore che parlava alla folla in nome di un’era migliore
di libertà, uguaglianza e fraternità.
Vedendolo, aveva sentito la
sua anima trascinata in un’inondazione di sentimenti, lacerata da uno straripamento
di rimorsi e soffocata da un’alluvione di speranze deluse…
Quella sera, era andata a casa
sua: un grosso errore forse, ma non era riuscita a farne a meno. Doveva
vederlo, parlagli, stargli accanto. E, per la prima volta in vita sua,
aveva capito realmente cosa volesse dire amare ed essere riamata. E non
sarebbe stata più capace di abbandonare quel travolgente vortice
amoroso, non avrebbe mai voluto abbandonare quell’uomo che, troppo tardi,
si era accorta di amare più di ogni altra cosa al mondo, se non
fosse stato per il suo senso del dovere che, nonostante tutto, la richiamava
accanto al suo bambino e a suo marito.
Non aveva neanche dovuto spiegare
ad Hans dove fosse stata quella notte, poiché neanche lui si era
trattenuto nella loro residenza; più difficile fu spiegargli, qualche
mese dopo, come potesse essere nuovamente incinta, visto che da molto tempo
egli non l’aveva più neanche sfiorata con un dito. Ma Fersen non
se ne fece un problema.
Poteva ripudiarla, ma non lo
fece, decidendo di considerare quel bambino che Oscar aspettava come suo.
Infondo, era consapevole di essere l’unico colpevole in quella storia,
e se ne doleva infinitamente.
Lasciarono nuovamente la Francia.
E appena in tempo. Poche settimane dopo, si scatenò l’inferno: gli
Stati Generali fallirono, i sovrani fecero assediare Parigi da innumerevoli
truppe, il popolo prese la Bastiglia…
Poco dopo, Oscar venne a sapere
che la sua famiglia era caduta vittima della successiva rivolta contadina
e, da una lettera di Rosalie, che André era morto il 14 Luglio,
colpito dai proiettili durante la presa della Bastiglia.
Il suo André… lo stesso
che l’aveva protetta e amata segretamente per anni; che
le aveva rivelato di non poter
vivere senza di lei, ma che aveva creduto suo dovere aiutare il popolo
nella lotta, prima di morire definitivamente; che aveva chiamato il suo
nome prima di esalare l’ultimo respiro…
Oscar non riusciva a credere
che fosse successo tutto ciò, di aver perso per sempre André,
l’unico uomo che, solo allora se ne rendeva conto, avesse mai veramente
amato. Sembrò che il mondo le fosse crollato addosso e, molto probabilmente,
se non fosse stato per amore dei suoi bambini, di Frederick François
e dell’altro che le cresceva in grembo, si sarebbe tolta la vita… non credeva
di poter più continuare a vivere in quel tormento.
Sul finire di settembre di
quell’anno maledetto, nacque il bambino. Era un maschietto, coi capelli
scuri e gli occhi verdi, come il suo André. E fu proprio quello
il nome che volle dargli, André, come il padre che non avrebbe mai
conosciuto, perché quel bambino era la continuazione delle loro
vite e del loro amore.
Dalla Francia giungevano notizie
sempre più sconfortanti: la caduta della monarchia, la nascita della
repubblica, i sovrani confinati alle Tuirelies…
Come nei confronti di un padre
che si impone decidendo il futuro dei figli, Oscar provava sentimenti contrastanti
verso quella Rivoluzione: da un lato gioiva nel sapere che la causa per
cui il suo André aveva donato la vita raccoglieva i suoi frutti,
ma dall’altro odiava profondamente quella situazione che aveva versato
il sangue di tutte le persone che amava.
Fersen, dal canto suo, era
sempre più disperato. Voleva bene ai bambini, ma il terrore che
provava per la vita di Maria Antonietta non gli permetteva più di
trattenersi in loro compagnia o di dimostrargli il suo affetto. Così,
era partito alla volta della Francia per preparare quella che sarebbe stata
una fallimentare fuga per la famiglia reale.
Finita la Rivoluzione, Oscar
era tornata in Francia, a vivere nelle proprietà dei Jarjayes, che
Fersen aveva riscattato per lei.
Ormai, del loro matrimonio
rimanevano soltanto i documenti ufficiali, soprattutto da quando il piccolo
Friederick François era morto cadendo da cavallo all’età
di dieci anni. Niente più li legava e trascorrere ancora del tempo
insieme sarebbe servito soltanto a cancellare anche i pochi ricordi felici
della loro giovinezza.
E, nel 1810, morì anche
Hans, accusato di aver assassinato Christian August e lapidato dalla
folla intervenuta ai funerali di quest’ultimo.
Oscar ne soffrì: infondo,
era stato suo amico, in qualche modo l’aveva amato, e quegli anni di dolore
non le avevano certo fatto dimenticare i sentimenti di un tempo.
Erano rimasti soltanto lei
e il suo piccolo André.
Si sentiva così stanca…
Aveva cercato di vivere serenamente il resto dei suoi giorni, felice no…
nessuno poteva più esserlo, dopo quello che era accaduto, ma serena,
almeno questo credeva di meritarlo… E così era stato, tra il verde
di Arras, col piccolo André che cresceva ricordandole sempre il
suo amore impossibile… Aveva imparato a rassegnarsi, ormai, a rassegnarsi
al destino… Non aveva più la forza per lottare, per gridare, per
disperarsi, soltanto quella per vedere crescere serenamente il suo bambino…
E adesso, invece… buttò
nel fuoco il bigliettino maledetto che stringeva fra le mani. Da quel focolare
sembrava che si emanasse soltanto gelo, non riscaldava. Non riscaldava
il suo cuore, non più.
In quel biglietto c’era la
sua condanna: la nave sulla quale viaggiava André, formalmente conte
di Fersen, diretto in Svezia per l’adempimento dei suoi doveri nobiliari,
era naufragata non risparmiando nessuno dei passeggeri…
Un’altra catastrofe si era
abbattuta sulla sua vita e questa sembrava essere la più terribile:
non aveva più niente per cui vivere…
Gridò contro il cielo.
Cosa aveva fatto per meritare tutto quello?! Perché il Signore si
accaniva tanto contro di lei e le persone che amava?!
Si gettò sulla poltrona
esanime.
Iniziò a pensare a cosa
sarebbe potuto accadere se non fosse mai stata a quel ballo, se non avesse
mai sposato Fersen, se si fosse accorta prima dell’amore di André…
E se…?! E se…?!
Impossibile pensarci oltre!
Chiuse gli occhi, finì di piangere le sue ultime lacrime e attese
che l’oblio la raggiungesse…
Perla