Ali di farfalla
4° parte - finale
 
 
 
Per alcuni minuti si aggrapparono ancora a quello sguardo che le aveva, finalmente, avvicinate: non più rango, non più posizione, non più doveri ma solo un’infinita nostalgia, la sensazione sfumata di una vicinanza che le avrebbe, in qualche modo, rese complici di lì in futuro.
Fu un colpo di vento più forte di altri…dalla cascata un getto ribelle le colse di sorpresa nel loro silenzio. Oscar e Antonietta furono investite da uno spruzzo che ghiacciò loro non solo i capelli ma che imprigionò, in quell’istante, la rivelazione che poteva essere una amicizia vera, indiscutibile, purtroppo, taciuta per troppo tempo.
Scoppiarono a ridere entrambe come liberate dall’angoscia che le aveva condotte in quel luogo. 
Sui loro volti si dipinse una gioia infantile…
“E’ così è questa Oscar François?!”.
“Mhm?”
Le parole della regina erano come le gocce che si inseguivano sul vetro della grande finestra della camera del giovane soldato…erano come tutte le lacrime che si inseguivano nel suo cuore e che mai sarebbero esplose sul suo viso…Oscar tornò cupa nel suo silenzio.
Questa donna è terribile…fa paura la facilità con cui sa cogliere la mia più segreta verità…è vero, ridendo con lei, mi sono sentita libera dopo tanto tempo…era come se ridessi con Andrè, quando eravamo piccoli…
Ridere, piangere sono sentimenti che escono dal cuore, che hanno la forza di abbattere le barriere della coscienza, che diventano gesto…la regina era sempre questi gesti, lei stessa era un mosaico impulsivamente sfaccettato di questi sentimenti che si fanno parola, gesto, lacrima, mano che cerca altra mano…questa donna è il mio opposto…lei sa desiderare…
“Oscar siete scappata di nuovo?”
Quella voce dolce e crudele nella sua limpida verità la colpì ancora.
Fu allora che la regina vide la rabbia e la tristezza negli occhi azzurri di Oscar, la cui voce tornò freddamente esecutrice.
“Maestà…è tardi!”
 “Lo è da molto tempo…Oscar…è tardi”
Una seconda ruina di gocce su quella finestra davanti alla quale scrutava il buio, immersa nel silenzio della sua anima…
Oscar colse il tragico doppio senso della sua affermazione.
Sì…era tardi per tornare indietro…per riprendersi la sua vita, anzi per cominciare a vivere.
In trappola.
Era oramai imprigionata nel labirinto che le era stato costruito attorno dal padre, da se stessa, forse dalla stessa presenza di quella giovane regina.
Oscar inquieta nei suoi pensieri non riusciva più a stare lì immobile, seduta accanto a quella donna, esposta ai suoi sguardi e alle sue parole. 
Si alzò di scatto e volse lo sguardo verso quelle statue altrettanto spettatrici della sua angoscia.
Antonietta abbassò lo sguardo e il suo viso sparì fra i boccoli biondi dei suoi capelli. 
Sentì di nuovo innalzato il muro fra lei e Oscar, era di nuovo sola. 
E’ tutto così lontano ora…questo luogo, Vienna, mia madre, la corte…l’inganno dell’amore…Fersen
Antonietta rabbrividì e non seppe trattenere un singhiozzo, seppure soffocato. 
Oscar si scosse e si volse verso la regina e quella sensazione che la travolse appena l’aveva vista, entrando nel cuore del labirinto…quella sensazione di tenerezza le riempì ancora l’anima. 
Sbottonò la giubba della divisa e lentamente inginocchiandosi l’appoggiò sulle spalle scoperte e fredde della regina.
“Vi prego…non piangete”
Ma quella richiesta sussurrata alle sue spalle non fece altro che scatenare ancora più impetuosa la tempesta che le lacerava la mente ed il cuore.
Si piegò su stessa e lasciò che le lacrime scendessero. 
Oscar sconvolta ed impotente non sapeva né che dire né tanto meno cosa fare in quella situazione. Sapeva solo che stava assistendo ad una scena a cui sapeva di non essere mai stata preparata: era la regina, la sua regina, non c’erano complotti, traditori, spade da cui difenderla…solo fantasmi.
Antonietta si strinse quella giubba addosso, desiderò che fosse il caldo abbraccio che era una volta della madre o la sensuale carezza del suo amante proibito…ne sussurrò il nome.
Oscar la sentì fra le lacrime ed il sangue le si ghiacciò nelle vene. 
Se ne allontanò come ci si allontana da un fuoco che brama bruciarti.
Lei sa desiderare…ecco cosa è una donna…
“Oscar…vi prego non abbiate paura di me…non andate via…almeno voi.”
“Sono qui maestà…calmatevi”
“Antonietta…Oscar…non maestà…Antonietta, vorrei essere solo questo, per un momento, per un battito del cuore”
Ma la giovane Jarjayes tacque.
Purtroppo Antonietta interpretò quel silenzio come mille parole di accusa, fraintese l’angoscia di Oscar che, quanto lei, desiderava essere solo Oscar, solo se stessa…
…ma chi è Oscar? Chi sono io? Una donna, un soldato. E lei chi è? Una regina o solo giovane donna catapultata nella follia di Versailles?
Antonietta si scostò improvvisamente e schiaffeggiò con i suoi capelli il volto atterrito e immobile di Oscar.
“Non dite nulla…comandante de Jarjayes! Vi si legge in faccia!”
“…”
“Oh non dite nulla? Avanti…è la vostra occasione per rimproverarmi una volta per tutte la mia follia, i miei capricci, il mio amante!!!!…Avanti! Non vi manderò davanti al plotone di esecuzione…ammette quanto profondamente voi non accettiate le mie scelte”
Parole, lacrime, singhiozzi trattenuti dalla rabbia…Oscar era una statua fra quelle statue, ammutolita, impotente, scoperta forse nel più profondo della sua anima…
…non la disprezzo, no! Ma non la capisco..io non capisco questa donna…non capisco di che cosa parla…lei desidera e prende…invece io…io cosa…
quei pensieri le morirono sulle labbra non appena alzò lo sguardo verso la regina di Francia e la vide avvolta dalla sua divisa…dal suo compito…
…difendere la regina…ecco cosa devo fare…io sono quella divisa!
“Non sta a me dare giudizi, non so di cosa stiate parlando…maestà!”
“Siete di ghiaccio Oscar François…ditemi cosa vi scorre nelle vene? Mentite, state mentendo a me e a voi stessa…lo sapete bene di che cosa parlo…ricordate…non dovrei essere qui con voi…ma con Fersen! Sì questo luogo doveva essere nostro, solo nostro…ed io ora lo farò distruggere! Sono la regina posso tutto!”
quanto dolore in quegli occhi, quanta crudele rassegnazione in quelle parole…la regina…può tutto.
Adesso basta…è solo un gioco al massacro…tutto questo non ha senso!
Oscar le si avvicinò, la regina cantilenava insofferente…
“Io sono la regina….la regina…posso tutto quello che voglio…”.
Quella risata ossessiva era la dissonanza di una verità, l’armonia di una menzogna, la rabbia e la frustrazione di mille desideri rimasti stelle lontane.
Si avvicinò e le sussurrò
“Sssshhhh…adesso basta…io non vi giudico…forse vi invidio…voi siete sentimenti, che io non capisco e che non conosco…siete dolore e felicità…voi siete libera nel vostro cuore…le vostre ali non sono spezzate…io non posso vedervi così…vi prego”
“Cosa avete detto?…mi invidiate? Io libera?…no voi lo siete, voi siete libera…”
“Sbagliate. La libertà è forse vestirsi da uomo, quando si è donna, impugnare una spada, cavalcare, dare ordini a dei soldati?…la libertà è scegliere…chissà forse avrei comunque scelto questa vita…ma voi…avete il coraggio che io non ho…sentite dentro la vita”
ecco…d’un fiato…la verità in un fiato. E poi il silenzio. Spada e ventaglio si erano trovati ancora.

Antonietta avvolta nella giubba rossa scrutava il viso di quella che giudicava la sola amica che avrebbe mai avuto nella sua vita. 
Guardò, forse, per la prima volta la tragedia di quella donna che le stava dinnanzi. 
Sentì che entrambe erano il riflesso di un gioco deformante, pedine in una scacchiera senza bianchi né neri. 
Vide i suoi pugni chiusi lungo i fianchi, gli occhi socchiusi, il respiro che a stento tratteneva un urlo. 
Oscar sentì poi il calore di una mano che prendeva la sua, che ne schiudeva le dita, una carezza che le avvolse il cuore.
“Oscar…ascoltatemi…il mio destino è segnato, l’ho accettato. Io sono Maria Antonietta regina di Francia…questa è la mia gabbia dorata. Ma…Oscar…- le strinse forte la mano-  tu Oscar hai ancora tutto il tempo! Non rinchiuderti dentro questa divisa! Lascia che il mondo entri nel tuo cuore”.
La regina sciolse le sue dita da quelle di Oscar che solo allora ebbe il coraggio di guardarla negli occhi. 
Sapeva che nessuna parola sarebbe stata capace di descrivere la gratitudine e l’affetto che provava in quell’istante ma sapeva che l’unica cosa che avrebbe potuto fare era…
“Dobbiamo andare…Antonietta” un sorriso, e la mano di Oscar cercò ancora quella della sua regina.

Oramai era mattina quando Oscar frastornata ed esausta rientrò a casa. 
Era riuscita a condurre la regina nelle sue stanze private evitando il terzo grado di una truppa di dame di compagnia. 
Oscar si stava già congedando quando sentì la voce della regina che la richiamò.

“Oscar…avvicinatevi”
“Dite maestà”
“Questa spilla…con il vostro casato…”
Oscar non fu stupita…e senza che ella aggiungesse nulla, la staccò dalla giubba e la porse ad Antonietta.
“Ora è vostra”
“E questo è vostro”

Oscar entrò nella cucina di palazzo Jarjayes tenendo stretto nella mano un ventaglio di pizzo…lo aprì e vide farfalle gialle, verdi, rosse, danzare su un prato fiorito.
“Allora come è andata??”
“Andrè”
Oscar si voltò e lo vide appoggiato alla credenza…il suo sguardo calmo la abbracciò come sempre.
“Fatto le ore piccole?”
“Già”
Notò una bella sciarpa di lana attorno al collo…”E la febbre?”
Andrè si avvicinò al tavolo della cucina e prese una mela dal cesto.
“Sto bene, Oscar..la nonna mi ha preparato un bel brodino” disse ridendo.
Oscar ricordò in quel momento di avere una fame tremenda, tanto che si sporse oltre il tavolo e tolse la mela dalle mani del suo compagno d’infanzia…la addentò di gusto.
Andrè interdetto appoggiò la testa fra le mani e si perse a contemplare il volto della sua bella Oscar…poi notò il ventaglio che lei aveva appoggiato lì accanto.
“E questo??? Non mi dire che c’è ancora qualche dama che ti fa la corte?”
Era già pronto a ricevere una bel colpo sulla testa.
Invece la vide sorridere, mentre lo prendeva in mano e lo infilava nella giubba appena sbottonata della divisa.
“ E’ un dono di un’amica…Andrè”
“…”
“Non fare quella faccia!” allora lei gli passò accanto ridendo ed una mano gli scompigliò i capelli.
“Vado a fare una dormita…a dopo Andrè”
“…”

La regina era affacciata alla finestra e attendeva da un minuto all’altro l’architetto dei giardini. 
Non c’era più bisogno di distruggere il labirinto.
Aveva seguito con lo sguardo il capitano delle guardie reali sfilare nel piazzale antistante i suoi appartamenti. 
Aveva visto Oscar lanciarsi al galoppo per tornare a casa…
…vai Oscar corri… lì c’è il tuo futuro che ti attende…Andrè ti aspetta.
Bussarono alla porta.
“Maestà”
“Eccomi”

Fine
 

 

                                                                                                                         Mik

 
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