b r a i n p o w e r

3.2 Tematiche sociali                       (Ret-to First page)


PARLANDO DI MARX ...
Alcune considerazioni sul pensiero marxista analizzato con l'esperienza degli anni '90.

By  romano_l@libero.it   ® © 2000


1. MARX ED I SUOI AMICI

Mi ricordo che intorno agli anni '50 correva voce che i comunisti sovietici mangiassero regolarmente i bambini piccoli.

Non sto scherzando, ho riportato, così come io l'ho sentita molto tempo fa un piccolo frammento di storia italiana.

Ho impiegato alcuni anni per tradurre questa voce in qualcosa che avesse senso: in realtà era la profonda distorsione di un fatto vero! Questa voce non era altro che la strumentalizzazione di ciò che accadde durante l'assedio di Stalingrado. Ovviamente fu amplificata e rimodellata per l'uso e consumo di taluni settori politici. Non credo che ci sia ancora bisogno di rinnovare i terribili ricordi di quei tempi, né di spiegare quei fatti.

E' importante notare invece come qualsiasi cosa riguardi il comunismo in generale sia frequentemente attaccata e trasformata in qualcosa di molto negativo. Si è detto che il comunismo è oppressione di libertà, che distrugge la personalità umana, ecc. Questo avviene da sempre.

Per capire come effettivamente stanno le cose, è necessario analizzare i fatti inquadrandoli però nel loro contesto storico, correlandoli al livello di istruzione che il popolo (si, proprio il popolo) aveva nelle varie epoche.

Per ragioni che in seguito vedremo meglio, dobbiamo per ora distinguere il "Comunismo" (quello suggellato nell'opera di Karl Marx) dal "Leninismo" e dallo "Stalinismo". Questi ultimi due fenomeni appartengono esclusivamente all'esperienza sovietica e non devono essere confusi col materialismo dialettico che invece è alla base del marxismo.

La parola "comunismo" probabilmente deriva dal latino "munis" e "cum" che significano semplicemente "lavorare insieme".

Torniamo indietro del tempo; siamo un po' prima del 1900, anche in quest'epoca esistevano come sempre i ricchi ed i poveri solo che i ricchi erano spesso troppo ricchi ed i poveri erano sempre troppo poveri. Questi ultimi, siccome non disponevano di alcun tipo di risorsa, per sostenersi dovevano ricorrere al lavoro dell'intera famiglia ed anche dei figli minori se ne avevano.

Il "Proletariato", era questo il ceto della povera gente che nulla possedeva al di fuori delle proprie braccia, si divideva in due grandi categorie: i "Braccianti" nell'agricoltura e gli "Operai" nell'industria. All'epoca emergevano i cosiddetti "piccoli borghesi", un ceto di professionisti, commercianti e piccoli industriali che in questo primo periodo erano abbastanza pochi e diffusi soltanto nelle grandi città. La loro influenza sociale era ancora minima anche se già se ne intravedevano le potenzialità (la borghesia francese del '700 aveva già da tempo fallito la sua missione rivoluzionaria proprio perché di collocazione politica e sociale troppo incerta!).

I ricchi industriali, ex feudatari o avventurieri arricchitisi in qualche modo, erano invece i "Padroni del Vapore" perché le loro fabbriche utilizzavano macchinari azionati da vapore acqueo surriscaldato anziché dall'energia elettrica che all'epoca ce n'era poca.

I grandi signori delle campagne, la vera "nobiltà", erano chiamati "Latifondisti" perché potevano disporre liberamente di sconfinati territori, degli animali e spesso anche degli abitanti che vivevano in questi territori. Sopra tutti questi personaggi regnavano ancora le "Dinastie Monarchiche" che per volere Divino in un modo o nell'altro erano i veri padroni di tutto.

Marx è tormentato da un pensiero fisso:
"... perché i proletari che eppure producono tutto, conducono una vita di così basso livello mentre i padroni che assolutamente non producono niente, vivono vite esageratamente dispendiose e gaudenti...?"

Lui cerca di darsi talune spiegazioni scrivendo vari libri cui la filosofia può racchiudersi in due parole:
giustizia sociale.

Marx afferma che "... chi produce deve essere proprietario anche dei mezzi di produzione...", ciò è importante perché se esistono i padroni dei mezzi di produzione - quindi persone che non partecipano col proprio lavoro direttamente alla produzione - si verifica in qualche modo il fenomeno dello sfruttamento umano.

Questo pensiero in realtà ha origini molto antiche e Marx l'ha semplicemente trasformato in qualcosa di consistente, materializzandolo. Egli l'ha dotato di una certa forza politica tant'è vero che si è quasi subito trasformato nel più potente movimento di uomini, di idee e di intenti. Questo movimento si rivelò subito ancora più grande della Rivoluzione francese che solo qualche decennio prima ne aveva gettato i semi ("Libertè, Egalitè, Fraternitè").

Marx stabilisce anche poche regole di convivenza dicendo che "... ad ognuno ciò che serve e da ognuno ciò che può ...".

Questi stessi pensieri, così come anche la parte più filosofica della Rivoluzione francese, si trovano già scritti nei Vangeli, ovviamente con altre parole, qui infatti si predicano l'uguaglianza, la fratellanza e - perché no? - la libertà.

Allora, perché Marx fu osteggiato così tanto da essere messo al bando da tutte le Nazioni "civili" dell'epoca?

Be', bisogna considerare che l'applicazione delle più semplici regole del comunismo (ed anche ciò che è predicato nei Vangeli) comporta comunque un "attacco" al patrimonio di coloro che ne possiedono molto. Per esempio, in Russia è stata necessaria una rivoluzione così com'è è accaduto in Cina più o meno nello stesso periodo, per giungere ad affermare queste elementari regole di uguaglianza e di giustizia sociale. Movimenti dello stesso tipo sono praticamente emersi in tutto il mondo e guarda caso si sono affermati in maniera piuttosto evidente laddove il livello di vita del proletariato era estremamente basso!

L'attuale Cuba, col suo "odiato Castrismo" - si fa per dire - oggi è indipendente e non più quella nazione-schiava degli anni '30. La Cuba pre-rivoluzionaria subiva infatti un particolare tipo di sfruttamento immorale da parte di taluni cittadini di una nazione limitrofa, socialmente pericolosi anche nel loro paese.

In molte altre nazioni le cose cambiarono soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale dove l'uscita di scena dell'Inghilterra (dissolvimento dell'Impero e di una società post-feudale oramai fuori moda), la trasformazione della Germania (eliminazione del nazismo, introduzione della socialdemocrazia) e l'immagine di un socialismo reale che andava crescendo all'Est, hanno contribuito in modo determinante a stabilire delle regole sufficienti a garantire più o meno a tutti un buon livello di vita.

Ma questa trasformazione non è stata semplice ed indolore. E' soprattutto merito dei Comunisti Rivoluzionari se ciò è avvenuto. E' merito del loro sacrificio e rinuncia se oggi praticamente non esistono quasi più (almeno in Europa) né i "Padroni del Vapore", né i "Latifondisti padroni delle bestie e degli uomini viventi sul loro territorio".



2. MARX DEVE INCONTRARSI COL PAPA.

Il marxismo non è facile da comprendere perché implica una conoscenza storica e filosofica notevole. Date queste complicazioni, il rischio che si corre è quello di interpretarlo semplicemente come un sistema totalitario, materialistico e collettivizzante cui, purtroppo, questa ne è la formulazione esteriore e speculativa più utilizzata.

Ad esempio, una delle storie più belle del Cristianesimo è la vita di San Francesco. Questa storia è in aperto contrasto con il marxismo (San Francesco lavora per gli uomini nel nome di Dio, il marxismo rigetta qualunque concetto trascendentale ed opera nel solo nome dell'uomo) ma lo supera nella finalità (San Francesco non trattiene nulla per se ma lascia liberi gli altri di servirsi di lui e della sua opera, il marxismo pone dei limiti ed offre talune garanzie sociali).

Sicuramente l'ordine dei Francescani ha regole molto più rigide di quanto si può supporre: visto dall'esterno appare infatti come un vero sistema totalitario e collettivo, dove l'unica ricompensa - tra l'altro non facile da godere nell'immediato - è la gioia dell'ultraterreno (!).

Superando per un istante la faccenda dell'ultraterreno, sicuramente il marxismo ha obiettivi più "morbidi". Esso non impone sacrifici, povertà per scelta, castità, ecc., rispetto a quelli proposti da San Francesco qualche secolo prima anche se, in ultimo, ha le stesse finalità.

Ciò vuol dire che l'unica grande differenza tra queste due concezioni è la contraddizione sulla natura spirituale dell'uomo. Questa si scontra con i princìpi del materialismo ateo engeliano che sono i pilastri della filosofia comunista. "La religione è l'oppio dei popoli!" affermava Marx ed infatti il marxismo deve necessariamente mantenersi su una base reale per abolire definitivamente le caste e le classi sociali (quindi anche gli ordini religiosi!).

Ciò e' necessario per liberare l'uomo mettendolo di fronte alla realtà - la natura - forse troppo ostile, senza dover ricorrere a sotterfugi psicologici o promettendo "...domani migliori...". Del resto anche la dottrina cristiana può essere interpretata secondo principi materialistici ("...date a Cesare quel che è di Cesare...") senza peraltro contravvenire alle sue regole basilari definite nei Vangeli ove - si lascia intendere - il comportamento sociale è alla base della vita di un buon cristiano indipendentemente dal suo "credo" ("...ama il tuo prossimo...").



3. L'INVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ' COMUNISTA

Il marxismo come filosofia si può considerare alla stregua di una formula matematica tecnicamente perfetta ed elegante. Purtroppo nella sua applicazione sono stati fatti moltissimi errori proprio laddove Marx ne indicava il punto di forza, ad esempio: "...a seguito della trasformazione dei mezzi di produzione riemergono le contraddizioni, quindi la società deve rinnovarsi, deve essere reimpostata su nuove basi definite tramite un confronto dialettico tra le parti..." .

Invece, in realtà il comunismo non è stato mai applicato nella sua formulazione più completa. Ci si è limitati soltanto alla prima fase, cioè alla sua pura e semplice impostazione in un governo post-rivoluzionario.

Laddove si sono formati Stati di concezione socialista - i paesi dell'Est - oggi si osserva un apparente fallimento delle rispettive società: ma attenzione, è importante considerare che solo poco meno ottanta anni addietro la Russia era dominata dall'Impero dei Romanoff e circa sessanta anni fa la Germania nazista si preparava a quella Seconda Guerra Mondiale che dissanguerà (nel senso proprio della parola!) l'intera Europa.

Nel volgere di un secolo la Russia diventò l'URSS, cioè una delle più grandi nazioni del pianeta e gli altri paesi socialisti acquistarono una solida identità nazionale (Cecoslovacchia, Polonia, ecc.) scrollandosi di dosso le antiche micro-monarchie feudali che ne impedivano qualsiasi sviluppo.

Si può quindi affermare che la realtà socialista non ha portato a fallimenti ma semplicemente non è riuscita a maturare. La causa di ciò è probabilmente da ricercarsi nelle troppe interazioni politiche provenienti dall'esterno o meglio, dal sistema capitalista spaventato da questo nuovo modello di sviluppo senz'altro più giusto ed efficiente.

Stalin aveva ragione a diffidare del mondo esterno all'URSS! C'è, quindi, da ritenere che mentre la Rivoluzione francese si esaurì nella povertà di idee e di persone (forse perché i "grandi" di quel periodo prima o poi finirono nelle mani del dottor Guillotin), la Rivoluzione Socialista del '19 venne "schiacciata in un angolo" accerchiata dallo strapotere delle occulte forze non democratiche già consolidate nell'esperienza di centinaia d'anni di ruberie.

Personalmente ritengo che un'altra causa di questa situazione derivi dalla scarsa flessibilità dei dirigenti marxisti: il marxismo non può e non deve essere interpretato alla lettera (estremismo) ma deve essere il frutto di una più o meno lenta evoluzione della coscienza umana. Ritengo che questa ipotesi sia importantissima dal momento che questa grande filosofia non tiene conto del concetto spirituale dell'uomo esaltato invece nel pensiero di San Francesco!

Purtroppo Karl Marx non ha potuto confrontarsi nemmeno con Sigsmund Freud e non seppe introdurre i dovuti correttivi nella sua opera: il marxismo classico, mancando della componente umana, è troppo legato ad un materialismo fin troppo "meccanicistico" che tende ad impoverirne lo spirito al punto tale da essere rifiutato. E' notevole constatare come nei Paesi post-comunisti la prima cosa voluta è stata il ripristino delle religioni!

Da un certo punto di vista questo non è un vero problema: l'obiettivo primario che si propone questa filosofia è semplicemente quello di lavorare per l'uomo per costruire una società che si ispiri a principi di uguaglianza, per una società che non ponga limiti alla libertà di pensiero o di azione.

Oggi, pensare ad una società di questo tipo non è più un'utopia: ci sono già le basi! Il cosiddetto "livellamento sociale" in atto dal dopoguerra ha già portato all'eliminazione di talune classi sociali: almeno in Europa il proletariato non esiste quasi più ed il livello medio della vita di un cittadino è piuttosto soddisfacente.

Sicuramente esistono ancora delle forme di "Padroni del Vapore" rappresentati dal residuo ereditario delle grandi dinastie industriali ma le industrie pian piano si trasformano sciogliendosi nel contesto sociale e ciò si nota con la partecipazione azionaria delle maestranze al capitale aziendale. In pratica il "capitale" non è quasi più concentrato in "mani oligarchiche" ma è soggetto al controllo ad alla gestione da parte di gruppi di azionariato dimostrandosi così distribuito tra più persone. Le famiglie di ceto sociale intermedio e detentrici di risparmi convertiti in titoli industriali o finanziari, quindi partecipanti all'azionariato, sono oramai piuttosto numerose.

Si prospetta così una nuova forma di sub-capitalismo collettivo cui i mezzi di produzione non sono più concentrati in oligarchie chiuse ma sono distribuiti tra i cittadini in quote variabili, ove nessuna entità avrà più da sola la possibilità di impadronirsi nuovamente dei mezzi di produzione. Poiché ora lo Stato si trova a mediare tra i vari ceti (proletariato residuo, operai, impiegati, professionisti, commercianti, ecc.) si ha la possibilità di impostare un rinnovato socialismo "morbido" e progressivo.

Un'altra indicazione di questa tendenza è data dalla sostituzione delle azioni private con le azioni dello Stato (rappresentate ad esempio in Italia dai vari BPT, BOT, CCT, eccetera) cui l'interesse dell'individuo a rifugiarsi nello Stato, riponendo in lui i suoi risparmi e le sue aspettative, è notevole.

Questo è esattamente ciò che Karl Marx voleva.

Per concludere si può evidenziare come la concezione marxista dei dirigenti del PCI, dagli anni '50 ad oggi (da Togliatti a Berlinguer e fino ai successori di quest'ultimo), ha saputo integrare la realtà italiana in una formula più convincente di quella proposta dai dirigenti dell'Est europeo e, soprattutto, essi riuscirono ad ottenere risultati duraturi anche nei periodi di forte pressione sociale ed oggi ne cogliamo i risultati.

C'è da augurarsi ancora una volta che l'apporto delle altre forze politiche, così com'è avvenuto in passato, continui ed in particolare che l'intervento di formazioni cattoliche di "sinistra" porti a recuperare quella componente "spirituale" di cui il marxismo è piuttosto carente.



4. LIBERTA' NEL MARXISMO

Può sembrare un paradosso ma il concetto di "libertà" della filosofia marxista per un non-marxista è assai difficile da comprendere. "... libertà che sì cara sa chi per lei vita ha perduta..." con queste semplici parole Dante descrive l'importanza di essere liberi.

Liberi... ma da chi? Liberi da cosa?

Secondo Marx esistono due tipi di forze che inibiscono la libertà di cui il primo è legato alla natura: "...l'uomo deve lottare contro l'ostilità della natura per sopravvivere...". L'uomo, quindi, è continuamente sopraffatto dalla natura. Egli si difende costruendo case per proteggersi dalle intemperie, brucia legname per riscaldare i suoi inverni, modifica il percorso dei fiumi per dissetarsi ed altro. Infine, è arrivato a modificare se stesso (biogenetica) nel tentativo di scrollarsi di dosso questa "naturale oppressione". L'uomo si considera superiore alla natura ma, osservandolo da vicino, sembra invece che egli sia alla disperata ricerca almeno di una tregua con questo suo "nemico" invincibile ed implacabile.

La seconda forza è legata all'egoismo dell'uomo: per resistere al suo nemico naturale egli deve combatterlo. Egli deve lavorare se vuole mangiare, se vuole dormire in un comodo letto e se vuole vivere in una bella casa.

Deve, insomma, vivere da "ricco" se vuole godersi la vita altrimenti deve subire questa sorta di schiavitù naturale.

Da che esiste il mondo è noto che l'uomo ha una fortissima tendenza a far sì che altri lavorino per lui giungendo finanche a rendere schiavi altri uomini. Solo 200 anni addietro gli Stati Uniti dichiararono illegale la schiavitù!

Questa seconda forza negativa è quindi determinata da uomini che sfruttano a loro vantaggio altri uomini. Ci sono vari modi per far questo, ad esempio attraverso leggi inique o, come avveniva un tempo attraverso le religioni, poi attraverso le guerre ed oggi, infine, attraverso il capitale (!).

Ad esempio un cittadino europeo trova difficoltà nel decidere se è libero o prigioniero di qualcuno. Infatti egli può gridare, può saziarsi, può muoversi ma può farlo entro limiti ben precisi e ciò quelli imposti dalle sue reali capacità economiche. Un passo oltre questo limite ed il "libero" cittadino europeo sicuramente infrangerà qualche legge.

Nel tempo si è formata una scala con cui è possibile misurare il livello di libertà di un uomo: dal barbone che non ha niente al grande capitalista che ha tutto; in ogni caso è la classe intermedia (cioè quella dei cosiddetti "lavoratori") che lavora per tutti, sia per il barbone, sia per il capitalista. Tutte le battaglie sociali sono sempre state combattute dai lavoratori contro il sistema ed i suoi sostenitori.

In realtà il mondo si sta lentamente muovendo come Marx aveva previsto: il socialismo avrebbe portato la fine della supremazia dell'uomo sull'uomo e ad una affrancatura dai problemi naturali di cui si è accennato sopra.

Com'è possibile che questo comporti un vero aumento di libertà?

Proviamo ad immaginare uno Stato "ricco", uno Stato che può dare belle case ai suoi cittadini, che può saziarli e, perché no, mandarli a spasso a bordo di belle e lussuose macchine. Che altro si vorrebbe?

L'uomo avrebbe molto più tempo da dedicare all'arte, alla cultura in generale ed anche al suo spirito ed è questa la vera libertà.



5. FINALMENTE UNA VERA SOCIETÀ'!

Avete mai pensato che se i tutti lavoratori italiani lavorassero per un obiettivo sociale comune anziché ognuno per il suo spicciolo obiettivo (massimizzazione dei propri e singoli interessi), la produzione nazionale aumenterebbe di colpo, verrebbe eliminata la disoccupazione e ci sarebbe benessere per tutti e perché no, anche molto più tempo libero?

In Cina, intorno agli anni '60, un esperimento di questo tipo fallì per il semplice motivo che in quel paese non esisteva ancora una qualsivoglia forma di industrializzazione ed il livello di produzione agricola era da sempre estremamente basso.

L'Italia è un paese in grado di raggiungere elevati livelli di industrializzazione ma è anche in grado di produrre notevoli sperequazioni perché c'è sempre qualcuno che vuole di più di quanto possa spettargli.

Quindi, possiamo affermare che il capitalismo è moralmente condannabile perché impedisce l'uguaglianza ed il benessere di tutti ma soprattutto impone una forma di schiavitù latente e subdola a scapito delle classi socialmente più deboli, costringendole e relegandole nel ghetto della povertà.

Il capitalismo, tra l'altro, stuzzica e sollecita la delinquenza: spinto dal miraggio di uno speciale benessere individuale, c'è chi non rinuncia a rischiare la propria vita e quella degli altri per rubare chissà quali ricchezze!

Dietro al cosiddetto "dio danaro" si nascondono molti problemi umani; questi ultimi non sono eliminabili senza stravolgere sostanzialmente la psicologia dell'uomo: verrebbe meno lo spirito d'impresa, la tendenza al bello, il gusto ed il fascino dell'arte libera, ecc. Questo è stato dimostrato in quei paesi ove uguaglianza è imposta per legge e la libertà è stata compressa in una pentola pronta ad esplodere al minimo urto.

Sembra quindi che la conquista del potere e del successo si misurabile esclusivamente tramite il potere economico e che questo potere sia l'unico incentivo (diretto od indiretto) che può alimentare la creatività dell'uomo.

Ma non è così!

Sostanzialmente il danaro è necessario per la sua funzione di scambio, in alternativa si potrebbero utilizzare conchiglie o bollini ma con lo stesso risultato. Quindi anche in un sistema marxista questa funzione esiste. L'uso della moneta diviene sempre minore laddove lo Stato esubera nei servizi come, ad esempio, nell'uso gratuito degli ospedali, delle autostrade, ecc.

Allora la differenza d'impiego del denaro può essere così sintetizzata:

Nel mondo capitalista lo Stato condiziona l'uso del denaro per consentire a pochi di avere molto, nel sistema marxista l'uso del denaro ha lo scopo di consentire a tutti di avere almeno un po' di quei beni cui c'è scarsa disponibilità.

Insomma, l'esatto scopo contrario!

Purtroppo oggi non esistono più sistemi sociali cui il cittadino volenteroso ed onesto viene gratificato. Oggi vengono esaltati tutti quegli individui che producono esclusivamente danaro (cantanti, attori, politici, banchieri, ecc.), ovvero tutti coloro che forniscono il cosiddetto "business". Chi invece produce benessere sociale (medici, scienziati, docenti, teologi, ecc.) difficilmente viene agevolato.

E' ovvio che in un siffatto sistema esiste la corsa all'arricchimento, esattamente come spiegava Marx cento anni addietro.

Quindi, il marxismo, ora più che mai diviene indispensabile per recuperare questa società in via di estinzione ma non può essere applicato di colpo attraverso la rivoluzione (come voleva Lenin), ove possibile deve esserci una lenta trasformazione dello Stato che diviene pian piano il produttore di tutti i beni e l'erogatore di tutti i servizi necessari alla gente lasciando, però, chi vuole di essere il produttore e l'integratore di quanto lo Stato non può fare od anche, quando necessario, un suo libero concorrente ed in particolare nel campo delle arti.

Questa evoluzione dello Stato proprietario e concorrente del privato cittadino è in realtà già esistito in una forma molto latente, in Italia con l'IRI. Questo ente ha fornito all'inizio degli ottimi risultati soltanto che la sua finalità era solo quella di "ricostruire" (quindi implicitamente limitata nel tempo). Un grosso handicap dell'IRI (oltre alle varie gestioni di scarsa chiarezza) è stato il concetto che lo Stato non deve avere aziende produttive; cioè che queste al massimo devono pareggiare il proprio bilancio: ma chi ha detto questo?

E' stato sicuramente un capitalista per eliminare un poderoso concorrente!

Lo Stato deve avere un reddito con il quale deve alimentare le riserve (più che necessarie visto i sempre più frequenti disastri ecologici!) e contenere il prelievo fiscale. Soprattutto deve essere stimolato da una libera concorrenza di mercato così come tutte le altre aziende tradizionali in modo da fornire il meglio di ciò che può al prezzo più conveniente.

Lo Stato deve diventare "la grande azienda di papà" (per dirla in termini un po' familiari) che da un lato deve curare il benessere sociale dei cittadini e dall'altro deve favorire lo sviluppo delle libere iniziative private. Deve insomma comportarsi come il buon genitore che nutre e si fa carico del benessere dei propri figli, che li guida e li cura senza far pesare troppo la sua autorità.

Marx previde una forma ristretta di libera iniziativa privata ma anche una diversificazione in classi della società marxista. Purtroppo, quest'ultimo intento, si è rivelato uno dei non pochi errori d'interpretazione di questa filosofia che prima predica l'abolizione delle classi sociali, poi si ricostruisce in classi... Questo portò facilmente all'aberrazione in cui il partito comunista divenne, per forza di cose, classe dominante in tutti quei paesi a regime socialista.

La libera iniziativa venne repressa perché avrebbe ricostruito la proprietà privata. Questo fu un altro grave errore d'interpretazione del marxismo: fino a che punto si deve spingere la proprietà statale?

In una società marxista davvero l'uomo non deve avere alcunché?

Solo in un regime anarchico - peraltro utopico - il singolo uomo non possiede nulla perché è il padrone di tutto.

In un regime marxista, laddove lo sfruttamento umano è stato superato e lo Stato provvede senza discriminazioni al fabbisogno di tutti i cittadini, la libera impresa torna utile sia allo sviluppo sociale, sia allo sviluppo culturale di tutti.

Il confronto tra la cultura capitalista e quella comunista ha dimostrato che la libera concorrenza deve esistere ed è necessaria per un corretto ed equilibrato sviluppo sociale. Sarebbero altrimenti abbandonate tutte quelle attività considerate superflue che invece, poi si scopre, contribuiscono a formare le "mode" cioè i poli attrattivi dell'interesse di massa (vedi ad esempio la musica rock, il modo di vestire "heavy metal", ecc.). Queste mode non sono utili nel senso tradizionale, sono però certamente importanti nella vita di tutti i giorni così come lo è il Football od il Basket, altrimenti che senso ha vivere? Provate a parlare di questo con i vostri figli o con i vostri amici!

Bisogna evitare, quindi, che l'appropriazione da parte dello Stato di tutte le attività produttive non comporti parallelamente l'eliminazione delle attività dirette esclusivamente alla soddisfazione spirituale dell'uomo (quindi economicamente improduttive). In caso contrario si avrebbero due grossi problemi di ritorno: l'inaridimento dello spirito umano che favorirebbe la ricerca di soddisfazioni alternative (droga, alcool, ecc.) e la trasformazione dello Stato in un tremendo oppressore.

*** FINE ***



La libera ed ingenua interpretazione del marxismo, oltre alle volute erronee attribuzioni, è dovuta per chiarire meglio alcuni passi del presente scritto. L'autore si scusa nei confronti degli "ortodossi".


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