Recandomi a Cape Girardeau, ero arrivato in una
zona che non conoscevo e mi resi conto che, mentre la luce dell'incipiente crepuscolo
acquistava un'iridescenza dorata ed eterea, se volevo raggiungere il paese prima di notte,
dovevo trovare delle indicazioni esatte.
Non avevo alcuna intenzione di ritrovarmi al calar
della sera in quelle desolate colline del Missouri meridionale, innanzitutto per le
pessime strade e, secondariamente, perché il freddo di novembre ti gela le ossa, se
viaggi in una decapottabile. Come se non bastasse, si stavano anche addensando
all'orizzonte grossi nuvoloni scuri.
Così detti un'occhiata al posto in cui mi trovavo,
immerso in lunghe ombre cineree e bluastre che chiazzavano i campi pianeggianti e bruni, e
mi augurai di trovare una casa cui rivolgermi per chiedere indicazioni.
La pianura era isolata e disabitata ma, alla fine,
tra gli alberi, sul lato del ruscello che scorreva alla mia destra, vidi un tetto: distava
circa ottocento metri dalla strada, e vi si arrivava passando probabilmente per una viuzza
o stradina che non doveva essere troppo lontana.
Non essendovi altre abitazioni nelle vicinanze, mi
diressi obbligatoriamente lì, e scoprii con sorpresa che i cespugli ai lati della strada
nascondevano una grossa arcata di pietra scolpita e diroccata, invasa da rampicanti ormai
secchi e completamente ricoperta di erbacce, le quali mi avevano impedito evidentemente di
scorgere da lontano il sentiero in mezzo ai campi. Rendendomi conto che era impossibile
attraversarlo con la macchina, parcheggiai la mia vettura presso l'arcata, al riparo di un
grosso albero sempreverde in caso di pioggia, e mi rassegnai a fare la bella camminata che
mi avrebbe condotto all'abitazione.
Mentre seguivo nell'imminente crepuscolo il viale
soffocato dalle erbacce, ebbi un chiaro presentimento, provocato forse dall'atmosfera
decadente che incombeva sull'arcata del sentiero semicancellato. Le sculture poste sulle
antiche colonnine di pietra scolpita indicavano che la proprietà doveva essere
appartenuta a gente facoltosa e benestante; un tempo il viale era stato ombreggiato da
filari di tigli, ma ormai diversi alberi erano morti, e altri si erano mischiati con gli
arbusti selvatici cresciuti nei pressi.
Addentrandomi progressivamente, mi lacerai gli abiti
impigliandomi in rovi e bardane, e iniziai a dubitare che in quel posto vivesse davvero
qualcuno. Avrei camminato tanto inutilmente? Ebbi un breve impulso di tornare indietro per
cercare qualche altra abitazione, ma poi vidi la casa, e la sua vista accese la mia
curiosità e risvegliò in me lo spirito d'avventura.
Quella costruzione di legno decaduta, circondata da
alberi, aveva un non so che di accattivante e intrigante, e ricordava la sontuosità e
l'imponenza di un'epoca passata dalla tipica atmosfera vecchio Sud. Era la classica villa
signorile, tutta in legno, dei primi dell'800, realizzata su due piani e mezzo e munita di
un importante portico con colonne ioniche alte fino al soffitto a sostegno di un frontone
triangolare. L'edificio era in pessime condizioni: uno dei pilastri era marcito ed era
crollato a terra, e il balcone pendeva pericolosamente. In origine dovevano sorgere altri
edifici, lì intorno.
Mentre salivo gli spaziosi gradini di marmo che
portavano al portico e alla porta scolpita, fiancheggiata da quattro lampade, mi assalì
un nervosismo improvviso, ed ebbi il desiderio di una sigaretta: ma, quando mi accorsi di
essere circondato da legno secco e infiammabile, rinunciai ad accenderla.
Pur essendo certo, ormai, che il luogo fosse
disabitato, mi feci scrupolo a violarne l'intimità senza bussare. Così tirai con tutta
la forza l'incollato battente di ferro arrugginito e quindi lo rilasciai cautamente,
producendo invece un suono che risuonò in tutto l'edificio. Non rispose nessuno, ma
battei lo stesso un altro colpo: più per esorcizzare quel senso di silenzio profano e di
solitudine che per destare gli improbabili abitanti di quelle rovine.
Dal fiume lontano arrivò il lamento di una colomba,
e un rumore incerto di acqua corrente. In una specie di trance, provai a forzare il
vecchio chiavistello, poi spinsi risolutamente la porta a sei pannelli.
Non era chiusa a chiave e, anche se mi oppose
resistenza cigolando sui cardini, l'aprii, e mi ritrovai in un ampio ingresso immerso nel
buio. Mi pentii, però, nel momento stesso in cui entrai. Non c'era un esercito di
fantasmi ad aspettarmi nel polveroso atrio arredato in austero stile Impero, ma capii
immediatamente che il posto non era deserto.
Sentii uno scricchiolio sull'imponente scalinata a
vite e un rumore di passi incerti di qualcuno che scendeva lentamente. Poi intravidi una
sagoma alta e ingobbita contro la grande finestra neoclassica dell'atrio.
Vincendo in fretta un primo momento di imbarazzo,
mentre il proprietario scendeva gli ultimi gradini, mi preparai a salutare l'anfitrione
nella cui casa mi ero introdotto senza invito. Nella penombra lo vidi trafficare con i
fiammiferi, quindi brillò la fiammata di una piccola lampada a cherosene che egli prese
da una consolle piuttosto mal ridotta sita ai piedi della scala. A quella debole luce mi
apparve la sagoma ingobbita di un vecchio di alta statura e con il volto esangue, gli
abiti sciatti e la barba incolta, ma con il portamento e l'aspetto di un gentiluomo.
Prima ancora che aprisse bocca, volli giustificare la
mia intrusione. Mi scusi se sono entrato in questo modo ma, quando nessuno ha risposto ai
miei colpi, ho creduto che la casa fosse disabitata. Volevo informarmi sulla strada più
corta per Cape Girardeau. Era mia intenzione arrivarvi prima di sera, ma adesso,
ovviamente Mi interruppi, e l'altro replicò con il tono cortese del galantuomo che
mi era sembrato e un accento dolce, tipicamente del Sud, come la sua casa.
Mi scusi lei, invece, se non ho risposto
immediatamente. Conduco una vita molto solitaria, e di rado ricevo visite. All'inizio ho
creduto che fosse qualche curioso. Quando l'ho sentita bussare una seconda volta, mi sono
alzato per scendere giù ad aprirle ma, per colpa d'una nevrite spinale piuttosto
seccante, i miei movimenti sono molto lenti.
Non le sarà possibile raggiungere il paese prima di
notte. La strada che sta seguendo non è di certo la migliore, e neppure la più corta.
Quando sarà uscito dalla tenuta, prenda la prima a
destra. Troverà altre tre o quattro traverse, ma non potrà sbagliare in quanto, di
fronte a quella giusta, sulla destra, vedrà un grande salice. Una volta presa la
laterale, prosegua dritto. Incrocerà altre due strade. Lei prenda la terza a destra.
Poi... Disorientato da quella sfilza di indicazioni, che per un forestiero giunto per la
prima volta da quelle parti potevano risultare paradossalmente fuorvianti, mi vidi
costretto a interromperlo.
Mi deve scusare ma, essendo nuovo di questa zona, e
con l'unica guida della luce dei fari, non credo di riuscire a seguire le sue indicazioni
col buio della notte. Temo inoltre che stia per piovere, e io ho la macchina scoperta.
Direi proprio che per me sarebbe un azzardo cercare di raggiungere Cape Girardeau stasera,
e presumo che dovrei desistere dal proposito. Mi sento profondamente imbarazzato ma, date
le circostanze, potrei chiederle di ospitarmi in casa sua per questa notte? Non le
arrecherò alcun disturbo. Mi sarà sufficiente un posto qualunque dove dormire fino a
domani mattina. La macchina posso lasciarla là dov'è, lungo il viale: è riparata dalla
pioggia.
Mentre gli rivolgevo quella preghiera, mi accorsi che
la placida espressione della faccia dell'anziano gentiluomo si era mutata in curiosa
sorpresa.
Vorrebbe dormire qui?
Sembrava talmente incredulo che dovetti ripetere la
mia richiesta.
Si, certo. Prometto che non le darò alcun disturbo.
Ho forse un'altra alternativa? Non conosco la zona, col buio quelle stradine sono tutte
eguali, e scommetto che entro un'ora saranno inondate dal temporale
Adesso fu il turno del mio anfitrione interrompere, e
io percepii un'indefinibile sfumatura nella sua voce profonda e melodiosa. Lei è
forestiero. Certamente. Se non fosse così, non le verrebbe in mente di voler dormire qui;
anzi, neanche ci sarebbe venuto. Oramai non viene più nessuno, qui.
Si interruppe, ma il suo breve commento ebbe il
potere di evocare un mistero che accrebbe notevolmente il mio desiderio di pernottare lì.
Quel posto aveva qualcosa di inconsueto, e il
pungente odore di muffa pareva occultare mille segreti. Tornai a valutare il
deterioramento generale dell'insieme, palese perfino al fievole chiarore della piccola
lampada, unica sorgente di luce. Sentivo freddo: constatai purtroppo che non c'era
riscaldamento. Ma mi ero a tal punto incuriosito, da voler rimanere a tutti i costi, pur
di scoprire qualcosa sul conto di quel vecchio solitario e della sua fatiscente
abitazione.
Non mi interessa molto quel che fanno gli altri,
risposi, io ho bisogno di passare la notte al riparo. Se alla gente questa casa non piace,
forse soltanto perchè è in cattivo stato. Ci vorrebbe una fortuna per rimetterla
in sesto. Ma lei, perchè non si cerca un alloggio più piccolo?
Non comprendo perchè voglia rimanere qui, con
tutti i fastidi che deve costarle...
L'uomo non parve offeso dalla mia uscita, e mi
rispose in tono serio.
Resti pure, se vuole. Per quanto ne sappia, non può
succederle niente di brutto. Qualcuno sostiene che su questo posto si esercitino delle
influenze malefiche. Personalmente, ci vivo perchè devo viverci.
Considero mio dovere vigilare su qualcosa che si
trova qui, qualcosa che mi trattiene. Vorrei avere i mezzi, le forze e la decisione
necessari per prendermi cura della villa e della tenuta, come un tempo.
Oltremodo incuriosito, accettai immediatamente e,
quando mi fece cenno di salire, seguii lentamente il mio ospite su per le scale. Ormai era
notte e, dal picchiettio esterno, compresi che aveva cominciato a piovere. Mi sarebbe
andato bene qualsiasi rifugio, ma quella casa esercitava su di me uno strano fascino per
l'atmosfera misteriosa che avvolgeva il posto e il padrone. Un patito del fantastico come
me, non avrebbe potuto trovare un riparo più adatto.