Ignaz Denner
Moltissimo tempo fa viveva, in una selvaggia foresta solitaria
del distretto di Fulda, un bravo guardiacaccia di nome Andres. Era stato il
cacciatore personale del conte Aloys von Vach, che aveva accompagnato in lunghi viaggi attraverso le belle regioni del meridione d'Europa e la cui vita, con la sua astuzia e abilità, aveva salvato da un grave pericolo una volta che erano stati aggrediti da malviventi di strada lungo le insicure vie del Regno di Napoli. Nella locanda napoletana in cui avevano pernottato avevano trovato una fanciulla povera e bellissima che veniva trattata molto rudemente dall'oste che l'aveva allevata come orfana e che la utilizzava per i più umili lavori in cortile e in cucina. Andres, per quanto fu in grado di farsi capire, cercò di rincuorarla pronunciando parole di conforto, e la fanciulla se ne innamorò a tal punto da non volersene più separare e da desiderare di recarsi insieme a lui nella fredda Germania. Il conte von Vach, commosso dalle preghiere di Andres e dalle lacrime di Giorgina, concesse che la fanciulla sedesse a cassetta vicino all'innato e affrontasse in tal modo il faticoso viaggio. Già prima di varcare il confine italiano Andres sposò la sua Giorgina e quando, infine, furono tornati ai possedimenti del conte von Vach, questi ritenne di compensare adeguatamente il fedele servitore nominandolo suo guardiacaccia. Insieme alla sua Giorgina e a un vecchio servo Andres si trasferì nella solitaria e ingrata foresta che egli doveva difendere da bracconieri e ladri di legname. Al posto dell'auspicato benessere promessogli dal conte, tuttavia, egli condusse una vita difficile, faticosa e misera e finì presto povero e pieno di preoccupazioni. Il modesto compenso in contanti che riceveva dal conte bastava appena a vestire se stesso e la sua Giorgina; i magri proventi che gli venivano dalla vendita del legname erano rari e incerti, e l'orto, alla cui coltivazione e al cui sfruttamento era stato autorizzato, per quanto egli e il suo servitore stessero all'erta, era spesso devastato dai lupi e dai maiali selvatici, cosicché a volte svaniva in una notte l'ultima speranza di sostentamento. La sua vita, inoltre, era continuamente minacciata dai ladri di legname e dai bracconieri. Egli, da uomo solerte e devoto che avrebbe preferito languire piuttosto che appropriarsi di un bene illegittimo, resisteva quindi a ogni tentazione e assolveva i suoi compiti fedelmente e con coraggio, sicché i malviventi lo insidiavano pericolosamente e solo i suoi fedeli mastini lo proteggevano dai loro attacchi notturni. Giorgina, non abituata al clima alla vita della selvaggia foresta, sfiorì rapidamente. La carnagione bruna del suo viso si trasformò in un giallo pallido, i suoi occhi vivi e lampeggianti si fecero cupi, e la sua figura piena e fiorente smagrì ogni giorno di più. Spesso, nelle notti di luna piena, si svegliava. Di lontano, attraverso la foresta, risuonavano degli spari, i mastini latravano, suo marito si alzava piano dal giaciglio e, insieme al servitore, usciva sussurrando nella selva. Allora pregava appassionatamente Dio e i santi di salvare il suo fedele marito da quella spaventosa solitudine e dai continui pericoli di vita. La nascita di un bambino costrinse, infine, Giorgina a letto ed ella, divenendo sempre più debole, sentì avvicinarsi la fine. L'infelice Andres andava in girò rimuginando sommessamente tra sé e sé; ogni gioia era scomparsa in lui con la malattia di sua moglie. Gli animali selvatici spuntavano dai cespugli come esseri canzonatori e spettrali; non appena egli scaricava il suo fucile quelli si dissolvevano nel l'aria. Non riusciva più a colpire un animale e solo il suo servo, un abile tiratore, catturava la selvaggina che era tenuto a consegnare al conte von Vach. Un giorno sedeva accanto al letto di Giorgina e guardava fissamente la donna amata che, mortalmente pallida, quasi non respirava più.
Colto da un dolore sordo e silenzioso egli le aveva preso la mano e non sentiva i gemiti del bambino che, privo di nutrimento, andava spegnendosi. Già la mattina seguente, di buon'ora, il servitore si recò a Fulda per procurarsi, con gli ultimi risparmi, un qualche ristoro per l’ammalata. Tutt’intorno non c'era un solo, rassicurante essere umano, solo la tormenta ululava con acute grida di terribile disperazione attraverso i neri abeti, e i mastini ugolavano come se piangessero disperati per il loro sventurato padrone. A un tratto Andres sentì dei passi davanti alla casa, come di un essere umano. Credette, sebbene non lo aspettasse così presto, che fosse il servitore di ritorno, ma i cani saltarono fuori e presero ad abbaiare con foga. Doveva essere un estraneo. Andres si recò alla porta: gli venne incontro un uomo alto e magro con un mantello grigio e un cappello da viaggio calcato sul viso. "Ehì", disse lo straniero, "devo proprio essermi perso qui nella foresta! La tormenta viene giù dalle montagne, avremo un tempo terribile. Mi concedereste, signore, di entrare in casa vostra per riposarmi dal faticoso cammino e riprendermi dal lungo viaggio?" "Ah, signore", rispose l'avvilito Andres, "siete giunto in una casa in cui regnano il bisogno e la miseria, e a parte la sedia sulla quale potrete riposare, io non sarò in grado di offrirvi alcun ristoro; la mia stessa povera moglie ammalata ne è priva e il mio servo, che ho mandato a Fulda, porterà qualche ristoro solo a tarda sera." Così dicendo entrarono in casa Lo straniero posò il suo berretto da viaggio e il suo mantello, sotto a cui portava una borsa da viaggio e una cassetta. Tirò fuori anche uno stiletto e un paio di terzaroli che depose sul tavolo. Andres si era avvicinato al letto di Giorgina che giaceva in stato di incoscienza. Lo straniero si avvicinò anche lui, osservò la malata con lunghi e penetranti sguardi pensierosi e le prese la mano, auscultando premurosamente il polso.
Quando Andres completamente disperato esclamò: "Ah Dio, ora morirà!", lo
straniero disse: "Nient'affatto, amico caro, state tranquillo. Vostra moglie non ha bisogno d'altro che di cibo forte e buono e, al momento, le gioverà al meglio un farmaco stimolante e, al contempo, corroborante. Io, in verità, non sono un medico, bensì un commerciante, sebbene non del tutto ignaro di scienza medica, e posseggo da tempi remotissimi ceni rimedi segreti. che porto con me e vendo anche". Così dicendo lo straniero aprì la sua cassetta, ne trasse una fiala, versò. qualche goccia di un liquore rosso molto scuro su dello zucchero e lo diede all'ammalata Tirò poi fuori dalla borsa da viaggio una piccola bottiglia molata di squisito vino del Reno e ne fece bere all'inferma due cucchiai pieni. Dispose poi che il bambino fosse adagiato nel letto della madre e appoggiato al suo seno, e che i due fossero lasciati tranquilli. Ad Andres pareva che un santo fosse disceso in quella desolazione per recargli conforto e aiuto. All'inizio lo sguardo penetrante e insincero dello straniero l'aveva spaventato, ma ora venne attirato da lui a cagione dell'evidente aiuto che egli aveva recato alla povera Giorgina. Raccontò con franchezza allo straniero che la grazia che il suo signore, il conte von Vach, aveva inteso concedergli l'aveva gettato nella miseria e nel bisogno e che per tutta la sua vita non avrebbe più potuto sottrarsi a quella povertà opprimente e ai disagi. Lo straniero lo consolò sostenendo che spesso un'opportunità inattesa reca ai più disperati tutti i beni della vita e che bisogna osare qualcosa al fine di mettere la fortuna ai propri servigi. "Ah, caro signore!", rispose Andres, "Io confido in Dio e nell'intercessione di quei santi che noi, io stesso e la mia fedele moglie, preghiamo con fervore. Che cosa potrei fare per procurarmi denari e proprietà? Se questi non mi sono stati destinati dalla saggezza di Dio, sarebbe peccato cercare di ottenerli; qualora però io entri in possesso ancora su questa terra di un qualche bene - cosa che vorrei per mia moglie che lasciò la sua bella patria per seguirmi in questa selvaggia desolazione - ebbene, se non rischierò la mia vita, spero si tratti di un vile bene mondano." Lo straniero sorrise in modo molto strano a questi discorsi del pio Andres, ed era sul punto di replicare qualcosa quando Giorgina, con un profondo sospiro, si risvegliò dal sonno in cui era caduta. Si sentiva meravigliosamente rinvigorita; e anche il bimbo al suo seno sorrideva in modo amabile e grazioso. Andres era fuori di sé dalla gioia, piangeva, pregava e gridava di felicità per tutta casa. Nel frattempo il servitore era tornato e con i cibi che aveva portato aveva preparato, nel modo migliore che gli' era stato possibile, la cena cui lo straniero prese parte. Egli stesso preparò una minestra' corroborante per Giorgina, e lo si vide mettervi dentro ogni sorta di spezie e altri ingredienti che aveva con sé. Era sera e si era fatto tardi, lo straniero dovette pernottare in casa e chiese che gli fosse preparato un giaciglio di paglia nella stessa stanza in cui dormivano Andres e Giorgina. Così avvenne. Andres, che preoccupato per Giorgina non riusciva a dormire, notò come lo straniero saltasse su quasi a ogni respiro più forte di sua moglie, come egli si alzasse ogni ora e pian piano si avvicinasse al suo letto, le auscultasse il polso e le desse qualche goccia di medicinale.
Quando venne il mattino Giorgina stava di nuovo notevolmente
meglio. Andres ringraziò dal profondo del suo cuore lo straniero, che chiamò "il
suo angelo custode". Anche Giorgina, come lui, disse che, a seguito delle sue
ferventi preghiere, egli era stato mandato da Dio a salvarli. Allo straniero
parvero dar fastidio questi vivi accessi di gratitudine; era visibilmente
imbarazzato e ripeté in continuazione che avrebbe dovuto essere un mostro per
non assistere la malata con le sue conoscenze e i medicamenti che aveva con sé.
Inoltre non Andres, egli stesso aveva il dovere di ringraziare, perché
nonostante il bisogno regnante nella casa era stato ricevuto in modo molto
ospitale e non voleva in nessun caso mancare a quest'obbligo. Tirò fuori una
borsa di denaro ben fornita e ne trasse alcuni pezzi d'oro che 'diede ad Andres.
"Eh signore", disse Andres, "come e perché dovrei accettare da voi tanto denaro?
Darvi ospitalità nella mia casa, dato che vi eravate perso in questa grande e
selvaggia foresta, era mio dovere di cristiano', e se un qualcosa dovesse
parervi degno di ringraziamento, voi mi avreste già ricompensato riccamente, e
più di quanto possa dire a parole, salvando, da uomo saggio e abile, la mia cara moglie da morte certa. Ah, signore! Quel che mi avete fatto io non lo
dimenticherò mai e possa Dio concedermi di ripagare la vostra nobile azione con la mia vita e col mio sangue." A queste parole del bravo Andres un rapido lampo saettò dagli occhi dello straniero. "Brav'uomo", disse, "dovreste accettare senz'altro i soldi. Lo dovete a vostra moglie, che così potrebbe procurarsi cibo e cure migliori; di esse ella abbisogna ora per non ricadere nello stato di prima e poter nutrire il piccolo." "Ah, signore", replicò Andres, "perdonatemi, ma una voce interiore mi dice che non posso prendere il vostro denaro perché non l'ho guadagnato. Questa voce interiore, cui mi sono sempre affidato come alla superiore ispirazione del mio santo protettore mi ha finora condotto con sicurezza attraverso la vita e mi ha protetto da tutti i pericoli del corpo e dell'anima. Se vorrete essere generoso e fare ancora qualcosa per me, poverello, allora lasciatemi una bottiglietta della vostra meravigliosa medicina per guarire con la sua forza mia moglie." Giorgina si drizzò nel letto e il dolente sguardo malinconico che ella gettò a Andres parve pregare quest'ultimo di non dare così rigidamente ascolto, per una volta, alla sua intima ritrosia e di accettare il dono di quell'uomo compassionevole. Lo straniero lo notò e disse: "Bene, se proprio non volete accettare il mio denaro lo regalerò alla vostra cara moglie, che non disdegnerà la mia buona volontà nel salvarvi da questa triste miseria". Così dicendo egli frugò ancora nella borsa e, avvicinandosi a Giorgina, le diede li doppio del denaro che aveva offerto in precedenza ad Andres. Giorgina guardò quel bell'oro risplendente con gli occhi che le brillavano dalla gioia, non riuscì a profferire alcuna parola di ringraziamento e chiare lacrime le scesero lungo le gote. Lo straniero si allontanò in fretta da lei e disse a Andres: "Vedete brav'uomo! Potete accettare a cuor leggero il mio dono perche' vi ho dato un qualcosa di cui ho grande abbondanza. Voglio
confessarvi che io non sono quel che sembro. Dal mio vestito semplice e dal
fatto che viaggio a piedi come un umile merciaio ambulante, avrete certo creduto che io sia povero e viva a stento dei miseri guadagni di fiere e mercati annuali: devo dirvi invece che io, grazie a un fortunato commercio di magnifici gioielli che pratico da molti anni, sono diventato un uomo molto ricco e ho conservato modi di vita semplici per vecchia abitudine. In questa piccola borsa e in quella cassetta conservo gioielli e pietre preziose, in parte tagliate ancora nella remota antichità, del valore di molte e molte migliaia di pezzi.
Questa volta, a Francoforte, ho fatto degli eccellenti affari, sicché quel che
io ho regalato alla vostra cara moglie non si avvicina neppure lontanamente alla centesima parte del mio profitto. In più io non vi regalo affatto questo denaro, vi chiedo invece in cambio ogni sorta di favori. Come sempre volevo recarmi da Francoforte a Kassel e, venendo da Schlùchtern,, ho perso la strada. Ho però scoperto che la via attraverso questa foresta, per solito evitata dai Viaggiatori, è invece amena per chi vada a piedi, ragion per cui, in futuro, compiendo il medesimo viaggio, farò sempre questa strada e vi farò visita. Mi vedrete perciò arrivare da voi due volte l'anno, vale a dire a Pasqua, quando mi recherò da Francoforte a Kassel, e nel tardo autunno quando dalla fiera di San Michele a Lipsia ritornerò a Francoforte e di li me ne andrò in Svizzera e anche in Italia. In questi casi, in cambio di un buon compenso, dovrete ospitarmi per – uno - due e anche tre giorni, e questo è il primo favore che vi chiedo. Oltre a ciò vi prego di conservare questa cassettina, nella quale vi sono merci di cui non ho bisogno a Kassel e che mi è d'impedimento nel camminare, fin quando non verrò da voi il prossimo autunno. Non voglio nascondervi che dentro vi sono merci del valore di molte migliaia di pezzi, ma non intendo raccomandarvi particolare attenzione poiché, della fedeltà e dalla devozione che dimostrate, confido che conservereste premurosamente anche la più piccola cosa che io vi lasciassi; tanto più certamente farete ciò con cose di grande valore come quelle rinchiuse in questa cassetta. Come vedete è questo il secondo favore che vi chiedo. La terza cosa di cui vi prego sarà per voi la più difficile sebbene sia ora, per me, la più necessaria. Dovrete lasciare la vostra cara moglie per questo giorno soltanto e accompagnarmi fuori della foresta fino alla strada per Hirschfeld dove soggiornerò da conoscenti e proseguirò poi per Kassel. In
effetti, a parte il fatto che non conosco bene la strada della foresta e potrei perciò perdermi per la seconda volta senza essere accolto da un brav'uomo come voi, questo luogo è decisamente sinistro. Nessuno vorrà attaccar briga con voi che siete un guardiacaccia di qui, ma io, che sono un viandante isolato, potrei correre dei pericoli. Si dice a Francoforte che una banda di malviventi, che rendeva insicuri i dintorni dì Sciaffusa e che si era spinta su fino a Strasburgo, si sia insediata ora nella zona di Fulda perché i commercianti che viaggiano da Lipsia a Francoforte promettono ai suoi membri guadagni maggiori di quelli che potevano ottenere laggiù. Sarebbe possibilissimo che costoro mi conoscessero da Francoforte come ricco commerciante di gioielli. Se merito un ringraziamento per aver salvato vostra moglie, potrete dunque ricompensarmi riccamente portandomi detto fatto fuori da questa foresta". Andres si disse subito pronto ad esaudire con gioia tutto ciò che gli era stato richiesto e - come lo straniero desiderava - si preparò immediatamente alla traversata a piedi vestendo la sua uniforme di guardiacaccia, mettendo a tracolla la sua doppietta e il suo bravo coltello, e ordinando al servo di legare al guinzaglio due dei suoi mastini. Nel frattempo lo straniero aveva aperto la cassetta e ne aveva tratto splendidi monili, collane orecchini - bracciali che aveva sparso sul letto di Giorgina, sicché quest'ultima non aveva potuto nascondere in alcun modo la sua meraviglia e la sua delizia. Quando peiùlo straniero la incitò a provare una delle collane più belle e a farsi carezzare le braccia meravigliosamente modellate dai ricchi bracciali, tenendole dinanzi uno specchietto da tasca nel quale ella poteva guardarsi a suo piacere, e Giorgina, nel suo infantile piacere, lanciò grida di gioia, Andres disse allo straniero: "Ah, caro signore! Come potete eccitare la mia povera moglie con simili oggetti voluttuosi, ornandola di cose che ella non possederà mai e che neanche le si addicono. Non abbiatevene a male, signore, ma la semplice collana di corallo rosso che la mia Giorgina portava al collo la prima volta che la vidi a Napoli mi è mille volte più cara di un gioiello lustro e scintillante che mi appare vano e ingannevole".
"Siete troppo severo", rispose lo straniero ridendo di scherno, "se non volete
lasciare a vostra moglie malata l'innocente piacere di i miei bei gioielli, i
quali non sono affatto ingannevoli, ma veri e autentici. Non sapete che proprio questo genere di cose procura vera gioia alle donne? E quanto a ciò che avete detto - che cioè questi gioielli non si adattano a Giorgina - devo affermare il contrario Vostra moglie è graziosa abbastanza da potersi ornare in questo modo e voi non sapete neppure se ella un giorno non sarà ricca abbastanza da poter possedere e portare gioie come queste." Andres parlò allora con tono molto grave e fermo: "Ve ne prego, signore! Non fate discorsi misteriosi e imbarazzanti come questi! Volete confondere la mia povera moglie così che ella, presa da vani desideri e dinanzi a simili sfarzo e magnificenza, senta ancor più opprimente la sua povertà e venga privata di ogni tranquillità e serenità? Riponete pure le vostre belle cose, caro signore! Ne avrò cura fedelmente fin quando sarete tornato. Ditemi però solo a chi dovrò consegnare la cassetta nel caso in cui- il cielo ne scampi! - vi dovesse capitare una disgrazia e voi non tornaste più alla mia casa, e quanto tempo dovrò aspettarvi prima di consegnare i gioielli alla persona di cui mi farete il nome. Vi prego inoltre di dirmi il vostro nome". "Mi chiamo", rispose lo straniero, "Ignaz Denner e sono, come già sapete, commerciante e venditore. Non ho moglie né figli, e i miei parenti vivono nel Vallese. Per costoro non posso nutrire però né amore né considerazione, poiché quando ero ancora povero e bisognoso, non si curarono affatto di me. Se
dunque fra tre anni non mi fossi fatto ancora vedere potrete tranquillamente
tenere la cassetta per voi, e giacché so bene che entrambi, voi e Giorgina, vi
rifiutereste di accettare da me questa ricca eredità, farò comunque dono dello
scrignetto e dei gioielli al vostro bambino, al quale vi prego di imporre il
nome di Ignatius quando lo cresimerete." Andres non seppe proprio come reagire
alla strana generosità e malvagità dello straniero. Rimase del tutto ammutolito dinnanzi a lui mentre Giorgina lo ringraziava della sua bontà assicurando che avrebbe pregato Dio e i santi di proteggerlo durante il suo lungo e faticoso viaggio, e di ricondurlo sempre felicemente alla loro casa. Lo straniero sorrise in modo strano, come era solito fare, e disse che forse la preghiera di una bella donna avrebbe avuto più effetto della sua. Avrebbe quindi lasciato a lei il compito di pregare, affidandosi per il resto al suo fisico robusto e temprato e alle sue buone armi.
Al pio Andres questa dichiarazione dello straniero dispiacque sommamente; tuttavia tacque ciò che era già sul punto di replicare e sollecitò invece lo straniero a iniziare l'attraversamento della foresta poiché altrimenti egli sarebbe tornato a casa sua solo a notte fonda e avrebbe lasciato Giorgina nel terrore e ell'angoscia.
Lo straniero, al momento del congedo, disse ancora a Giorgina che le permetteva espressamente, in qualsiasi momento le avesse fatto piacere, di adornarsi dei suoi gioielli, poiché cernente in quella foresta selvaggia e solitaria ella era priva di qualsiasi divertimento. Giorgina arrossì di intimo piacere non potendo, naturalmente, reprimere il desiderio, caratteristico della sua nazione, di sfarzo brillante e, in particolare, di pietre preziose. Quindi Denner e Andres si addentrarono a passo svelto nella foresta oscura e desolata.
Nel più fitto del bosco i mastini si misero ad annusare e abbaiare fissando il
padrone con occhi intelligenti ed espressivi. "Qui non è sicuro", disse ndres,
alzò il cane del suo fucile e procedette circospetto coi suoi cani davanti al
commerciante straniero. Spesso gli sembrava di udire un fruscio tra gli alberi
e, a tratti, gli pareva di scorgere in lontananza delle figure oscure che subito sparivano tra i cespugli. Decise di slegare i suoi mastini. "Non lo fate, mio caro!", esclamò Denner, "posso assicurarvi che non abbiamo nulla da temere." Aveva appena pronunciato queste parole quando, a pochi passi da loro, uscì fuori da un cespuglio un figuro alto e nero con i capelli ispidi, un lungo pizzetto e un fucile in mano. Andres puntò la sua arma, ma Denner gridò: "Non sparate, non sparate!"; l'uomo nero lo salutò amichevolmente e si perse tra gli alberi.
Finalmente uscirono dalla foresta sull'animata strada maestra. "Vi ringrazio di cuore per avermi fatto scorta", disse Denner; "tornate ora alla vostra casa; se doveste imbattervi nuovamente in figure come quelle che abbiamo visto, seguitate tranquillo per la vostra strada senza darvene pensiero. Fate come se non aveste visto nulla, tenete i vostri mastini al guinzaglio e raggiungerete senza correre "pericoli la vostra abitazione." Andres non sapeva cosa pensare di tutto questo e dello strano commerciante che, come un evocatore di spiriti, sembrava saper scacciare il nemico e tenerlo lontano da sé. Non riusciva a capire perché egli avesse voluto farsi accompagnare attraverso la foresta. Fiducioso egli attraversò nuovamente la foresta, non s'imbatté in nulla di sospetto e giunse sano e salvo a casa sua, dove Giorgina, che si era alzata dal letto allegra e rinfrancata, gli si gettò tutta felice tra le braccia.
Grazie alla generosità del commerciante straniero, la modesta dimora di Andres assunse tutt'altro aspetto. Non appena Giorgina fu guarita del tutto, egli si recò insieme a lei a Fulda e comprò, oltre allo stretto indispensabile, anche qualche pezzo necessario all'arredamento domestico, in virtù del quale esso parve acquisire un certo decoro. Oltre a ciò, dopo la visita dello straniero, i bracconieri e i ladri di legname parvero esser scomparsi dai dintorni e Andres poté sorvegliare tranquillamente la sua zona.
Tornò anche ad avere fortuna nella caccia, tanto che, come prima, non sbagliava quasi mai un colpo. Lo straniero ricomparve il giorno di San Michele e rimase tre giorni. Nonostante gli ostinati dinieghi degli ospiti egli fu di nuovo generoso come la prima volta. Assicurò che era sua intenzione promuovere il lroro interesse, rendendo così più comodo e accogliente a se stesso il suo posto di riposo nella foresta.
La bella Giorgina poté ora vestirsi meglio e che lo straniero le aveva regalato uno spillone d'oro graziosamente lavorato, come quello che le ragazze e le donne di alcune regioni italiane usano infilare tra i capelli raccolti e avvolti in una treccia. Andres assunse un'espressione cupa, ma in quel momento Giorgina uscì con un balzo fuori della porta e dopo non molto ritornò vestita e adornata così come il marito l'aveva vista a Napoli. Il grazioso spillone d'oro risaltava sui capelli neri e Andres dovette ammettere con se stesso che lo straniero aveva scelto con molto giudizio il regalo con cui rallegrare davvero la sua Giorgina.
Andres disse tutto questo apertamente e Giorgina opinò che forse lo straniero era il loro angelo custode che li aveva sollevati dalla più profonda miseria al benessere, e che non capiva assoluta-mente come Antires potesse restare così silenzioso, così riservato nei suoi confronti e, in generale, così malinconico e chiuso in se stesso. "Ah, cara moglie!", disse Andres, "la voce interiore che quella volta mi disse di non accettate nulla dallo straniero non vuole ancora tacere. Dentro di me sono spesso tormentato dai rimproveri; è come se col denaro dello straniero fosse entrato in casa mia un bene illegittimo e perciò non riesco a rallegrarmi di ciò che ho acquistato per mezzo di esso. Certo, ora posso ristorarmi più spesso con una pietanza corroborante o con un bicchiere divino; ma credimi, cara Giorgina, se fosse capitata una buona vendita di legna-me e se il buon Dio mi avesse concesso qualche centesimo più del solito, un bicchiere di vino economico mi darebbe più piacere del buon vino che lo straniero ci porta ora. Non riesco assolutamente a familiarizzare con questo strano commerciante e spesso mi coglie, in sua presenza, una forte inquietudine. Hai notato, cara Giorgina, che egli non sa guardare nessuno dritto in volto? E a volte nei suoi occhi piccoli e infossati ci sono dei lampi così strani, e può ridere in modo così... canagliesco, oserei dire, ai nostri semplici discorsi, che il gelo mi assale. Ah, possano i miei intimi pensieri non divenire realtà, e tuttavia spesso mi pare che sullo sfondo
stiano ogni sorta di nere sciagure che lo straniero scatenerà tutte assieme dopo averci stretto tra i suoi lacci artificiosi."
Giorgina cercò di distogliere il marito dai suoi neri pensieri assicurandogli che spesso nella sua madre patria, e in particolare nella locanda dei suoi genitori adottivi, aveva conosciuto persone di aspetto esteriore ancor più spiacevole sebbene buonissime. Andres parve confortato, dentro di sé decise, però, di stare all'erta. Lo straniero riapparve in casa di Andres all'epoca in cui il figlio di quest'ultimo, un bimbo meraviglioso, perfetto ritratto della madre, aveva nove mesi. Era l'onomastico di Giorgina; ella aveva agghindato il
piccolo in modo curioso, singolare, si era vestita ella stessa dei suoi cari
abiti napoletani e aveva preparato un pranzo migliore del solito per il quale lo straniero le diede una bottiglia di ottimo vino che trasse dalla bisaccia.
Mentre tutti sedevano allegramente a tavola e il piccolo si guardava intorno con i suoi occhi straordinariamente intelligenti, Io straniero prese a dire: "Vostro figlio, con la sua natura particolare, promette molto fin da ora, ed è un peccato che voi non potrete essere in grado di dargli un'adeguata educazione. Ho una proposta da farvi, ma voi la rifiuterete pur considerando che essa ha di mira soltanto la vostra felicità e il vostro benessere. Voi sapete che io sono ricco e non ho figli, ma provo un affetto e un amore particolarissimi per il vostro bambino - Datemelo! - Lo porterò a Strasburgo dove potrà essere allevato al meglio da una mia amica, una vecchia e onorata signora, per la vostra e la mia gioia. Voi, con il Vostro bambino, vi libererete di un grave onere; tuttavia dovrete decidere in fretta perché io sono costretto a ripartire questa sera stessa Porterò in braccio il bambino fino al più vicino villaggio; lì prenderò poi una vettura". A queste parole Giorgina tolse via bruscamente il bambino dalle ginocchia dello straniero, che lo stava dondolando, e se lo Strinse al peno mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. "Vedete, si-gnore, come mia moglie risponde alla vostra proposta"., disse Andres, "e anch'io la penso allo stesso modo. Le vostre intenzioni saranno anche buone; ma come potete rubarci la cosa più cara che possediamo su questa terra? Come potete chiamare un onere ciò che potrebbe rallegrare la nostra vita anche qualora ci trovassimo ancora in quella profondissima miseria alla quale la vostra bontà ci ha sottratto? Vedete,
signore! Voi stesso dite di non aver moglie nè figli; vi è dunque ignota la
felicità che, per così dire, discende dalla gloria del regno dei cieli sull'uomo e la donna alla nascita di un bambino. L'amore più puro e la delizia celeste stessa riempiono i genitori alla vista del loro figliolo adagiato, muto e silenzioso, sul seno della madre, e che pure parla con lingua faconda del loro amore e della loro suprema felicità. No, caro signore! Per quanto grande sia la benevolenza che ci avete dimostrato, pure non avete ben ponderato il valore che nostro figlio ha per noi; dove sono i tesori del mondo capaci di eguagliare questo possesso? Non ci considerate ingrati, caro signore, se respingiamo completamente la vostra pretesa. Se foste padre voi stesso noi non avremmo "bisogno di altre scuse." "Bene, bene", replicò lo straniero guardando cupamente di traverso, "credevo di agire per il vostro meglio rendendo vostro figlio ricco e felice. Ma se non ne siete contenti non ne parliamo più." Giorgina baciò e abbracciò il bimbo come se le fosse stato restituito dopo esser stato salvato da un grande pericolo. Lo straniero si sforzò manifestamente di apparire di nuovo sereno e spensierato; tuttavia fu fin troppo chiaro quanto il rifiuto dei suoi ospiti di dargli il bambino lo avesse seccato. Anziché ripartire la sera stessa, come aveva detto, egli restò di nuovo tre giorni durante i quali, però, non rimase come suo
solito insieme a Giorgina, ma si recò a caccia con Andres facendosi raccontare, nella circostanza, molte cose a proposito del conte von Vach. Quando in seguito Ignaz Denner tornò a farsi vedere in casa del suo amico Andres, non pensava più al suo progetto di prendere con sé il bambino. Fu cortese come prima, al suo modo usuale, continuò a fare ricchi regali a Giorgina e la incoraggiò ripetutamente ad adornarsi, ogni volta che ne avesse avuta voglia, dei gioielli contenuti nella cassettina che aveva dato in consegna ad Andres, la qual cosa Giorgina fece di tanto in tanto e in segreto. Spesso, come sempre, Denner desiderava giocare col bambino; quest'ultimo però recalcitrava e piangeva, come se sapesse qualcosa dell'ostile progetto di sottrarlo ai suoi genitori. Per due anni lo straniero aveva fatto visita al guardiacaccia nel corso dei suoi viaggi a piedi, e il tempo e l'abitudine avevano infine vinto la ritrosia e la sfiducia nei suoi confronti, cosicché Andres godeva ora sereno e tranqaillo del suo benessere. In una notte tempestosa dell'autunno del terzo anno, quando era ormai già passata l'epoca in cui Denner.era solito apparire, sì udì bussare con forza alla porta e diverse voci roche gridarono il nome di Andres. Spaventato, questi saltò giù dal letto; quando però chiese dalla finestra chi lo disturbasse a quel
modo nel cuore della notte, minacciando di lasciar liberi i suoi mastini per
disfarsi di quegli ospiti indesiderati, qualcuno disse che poteva aprire perché era arrivato un amico e Andres riconobbe la voce di Denner. Quando egli ebbe aperto la porta con una lanterna in mano, Denner gli venne incontro da solo.
Aridres gli disse che gli era parso di udir chiamare il suo nome da diverse
voci; Denner obiettò che doveva esser stato l'urlo del vento a confonderlo.
Quando però entrarono nella stanza e Andres osservò più da vicino Denner, rimase non poco sorpreso alla vista del suo abito completamente diverso. Al posto del semplice vestito grigio e del mantello egli indossava un farsetto rosso scuro e una larga cintura di pelle nella quale stavano infilati uno stiletto e quattro pistole; Denner era inoltre armato di una sciabola e persino il suo viso sembrava trasformato giacché sulla sua fronte, per solito glabra, stavano ora due folte sopracciglia e una fitta barba nera copriva labbra e gote. "Andres!", disse Denner fulminandolo con i suoi occhi lampeggianti, "Andrei! Quando circa tre anni fa salvai tua moglie dalla morte tu pregasti che Dio ti concedesse di poter compensare il bene che ti era stato reso con il tuo sangue e con la tua vita. Il tuo desiderio si è adempiuto; è infatti giunto il momento in cui tu potrai dimostrarmi la tua gratitudine e la tua fedeltà. Vestiti; prendi il tuo fucile e vieni con me, a pochi passi di distanza dalla tua casa apprenderai il resto." Andres non sapeva cosa pensare della pretesa di Denner; memore però della parola data, egli assicurò di esser pronto a fare tutto il possibile fintanto che non andasse contro l'onestà, la virtù e la religione "Di ciò puoi esser certo", esclamò Denner, battendogli sulle spalle con una risata, e avendo notato come Giorgina si fosse alzata e avesse abbracciato fremendo e tremando suo marito, la prese per un braccio e la allontanò dolcemente dicendo: "Lasciate che vostro marito venga con me, tra poche ore sarà di ritorno sano e salvo e vi porterà qualcosa di bello. Vi ho mai fatto qualcosa di male? Non vi ho sempre fatto del bene, anche quando voi lo disconoscevate? Siete davvero gente senza fiducia". Andres esitava ancora a vestirsi, allora Denner si rivolse a lui e gli disse, con sguardo infuriato: "Spero che manterrai la tua parola, è ora che mi dimostri coi fatti ciò che mi hai promesso!". Andrea si vesf in fretta e mentre usciva dalla porta insieme a Denner disse ancora una volta: "Mio signore, farò per voi qualsiasi cosa, ma non potrete chiedermi nulla di male, poiché non farò assolutamente nulla che vada contro la mia coscienza". Denner non rispose e procedette, invece, a passo svelto. Si erano inoltrati nel fino del bosco e avevano raggiunto una radura piuttosto ampia; Denner fischiò allora tre volte, il suono echeggiò dagli spaventosi crepacci fl intorno e in tutto il bosco si accesero lanterne a vento, negli oscuri passaggi si udirono fruscii e tintinnii e infine nere, terribili figure spettrali vennero fari mettendosi in cerchio intorno a Dennen. Uno del gruppo venne fuori e accennando ad Andres disse: "Questo è il nostro nuovo compare, non è vero comandante?". "Sì", rispose Denner, "l'ho tirato giù dal letto, deve fare la sua prova, possiamo procedere subito." A queste parole Andres si risvegliò come da un greve stordimento, la fronte gli si copri di sudore freddo; ma si riprese e gridò forte: "Cosa? Ignobile traditore, ti sei spacciato per commerciante e invece sei un vile bandito che compie azioni empie e diaboliche. Non sarò mai tuo compare e non parteciperò alle infami imprese cui, come Satana stesso, vorresti indurmi con arti infide. Lasciami andare subito, malefico bandito, e sgombra questa zona con la tua banda, altrimenti rivelerò alle autorità il tuo nascondiglio e sarai ricompensato per le tue infamie; ho capito ormai che tu sei il malvagio Ignaz
che con la sua banda ha infuriato alla frontiera rubando e uccidendo. Lasciami
andare subito, non voglio più vederti". Denner rise forte. "Cosa, vigliacco?",
disse: "Osi sfidarmi e vorresti sottrarti alla mia volontà, alla mia decisione
irrevocabile? Non sei già da un pezzo nostro compare? Non vivi già da tre anni
del nostro denaro? Tua moglie non si adorna col nostro bottino? Ora sei qui tra noi e non vuoi lavorare per quel che hai goduto? Se non ci seguirai, se non ti dimostrerai subito nostro valido soldato ti farò gettare legato nella nostra caverna e i miei compari si recheranno a casa tua, le daranno fuoco e
uccideranno tua moglie e tuo figlio. Ma di certo non dovrò prendere un simile
provvedimento, che sarebbe solo conseguenza della tua ostinazione. E dunque!
Scegli! E ora che andiamo!". Andres comprese che il minimo rifiuto sarebbe
costato la vita all'amata Giorgina e al bambino; maledicendo dentro di sé il
malvagio e traditore Ignaz egli decise perciò di sottomettersi apparentemente
alla sua volontà e di restare mondo da furti e omicidi, sfruttando l'inserimento nel nascondiglio della banda al solo fine di provocarne, alla prima occasione
favorevole, l'eliminazione e l'arresto. Una volta presa questa tacita decisione egli dichiarò a Denner che, nonostante l'intima avversione, pure la gratitudine per la guarigione di Giorgina lo obbligava a osare qualcosa e avrebbe perciò preso parte alla spedizione; altresì egli pregava, in quanto nuovo adepto, di essere risparmiato il più possibile dalla partecipazione attiva. Denner lodò la sua decisione, aggiungendo che egli non pretendeva la sua adesione formale alla banda; egli sarebbe rimasto invece guardiacaccia. In tal modo egli era già stato ora di grande aiuto alla banda e lo sarebbe stato anche in futuro. L'intenzione dei malviventi era nientemeno che quella dì assaltare e saccheggiare l'abitazione di un ricco fittavolo che si trovava fuori del paese e non distante dalla foresta. Si sapeva che il fittavolo, oltre al molto denaro e agli oggetti preziosi che possedeva, aveva guadagnato proprio allora, con la vendita dei raccolto, una fortissima somma che teneva in casa; tanto più, dunque, i banditi si ripromettevano un ricco bottino. Le lanterne a vento vennero spente e i malviventi percorsero in silenzio degli stretti sentieri fin quando non si ritrovarono vicinissimi all'edificio che venne circondato da alcuni membri della banda. Altri scavalcarono il muro di cinta e fecero saltare dall'interno la porta carraia; altri ancora vennero messi di guardia, e tra questi si trovava Andres. Presto egli udì come i banditi sfondassero le porte e penetrassero in casa, udì le loro imprecazioni, le loro grida e le urla di coloro che venivano aggrediti. Venne sparato un colpo; il fittavolo, un uomo coraggioso, aveva forse opposto resistenza - poi crebbe il silenzio - i chiavistelli forzati cigolarono, i banditi trascinarono delle casse fuori della porta carraia. Uno degli uomini del fittavolo doveva però essere fuggito nell'oscurità e doveva esser corso al villaggio, perché all'improvviso, nella notte, echeggiarono le campane a stormo, e subito dopo una folla di persone risalì la strada verso la casa del fittavolo portando delle lanterne sfavillanti. Gli spari si susseguirono uno all'altro, i
banditi si radunarono nel cortile e abbatterono chiunque si avvicinasse al muro di cinta. Ave-vano acceso le loro lanterne a vento. Andres, che si trovava sopra un'altura, poteva vedere tutto ciò che accadeva. Con orrore scorse, tra i contadini, dei cacciatori nella livrea del suo padrone, il conte von Vach! - Cosa poteva fare? Unirsi a loro era impossibile, solo una rapidissima fuga avrebbe potuto salvarlo; ma egli rimase come incantato a fissare il cortile del fittavolo nel quale la battaglia si faceva sempre più cruenta; i cacciatori erano infatti penetrati nel cortile attraverso una porticina sul lato opposto e avevano ingaggiato una lotta con i banditi. Questi ultimi erano dovuti retrocedere e, combattendo, avevano passato la porta nella direzione del luogo in cui si trovava Andres. Vide Denner che caricava e sparava senza posa e non sbagliava mai un colpo. Un giovane riccamente vestito, circondato dai cacciatori del conte, sembrava essere il comandante; Denner puntò l'arma su di lui, ma ancor prima di poter premere il grilletto cadde a terra, colpito da una pallottola, con un grido soffocato. I banditi fuggirono - i cacciatori del conte si erano già precipitati su di lui quando Andres, come spinto da una forza irresistibile, accorse e lo salvò, caricandoselo forte com'era sulle spalle e, correndo via, raggiunse
felicemente la foresta senza essere inseguito. Vennero sparati anca solo rari
colpi, poi tutto si fece silenzio; era segno che ai banditi che non erano
rimasti feriti sul posto era riuscito di fuggire nella foresta e che ai
cacciatori e ai contadini non era parso consigliabile addentrarsi nel folto del bosco. "Mettimi giù, Andres!", disse Denner, "sono ferito al piede ed è una maledizione che sia caduto, perché sebbene la ferita mi faccia molto male non credo sia grave.>> Andres fece quel che gli era stato detto, Denner tirò fuori dalla borsa una piccola fiala e, quando la aprì, ne scaturì un forte raggio di luce al chiarore del quale Andres poté esaminare a dovere la ferita: Demer aveva ragione; il piede, che sanguinava abbondantemente, era stato lambito solo da un forte colpo di striscio. Andres fasciò la ferita col suo fazzoletto, Denner fece echeggiare il suo fischio e di lontano gli fu risposto, pregò allora Andres di condurlo piano lungo lo stretto sentiero nel bosco perché presto sarebbero giunti a destinazione. In effetti, dopo non molto, videro filtrare attraverso la scura boscaglia il chiarore delle lanterne a vento e giunsero alla ardura dalla quale erano partiti e nella quale erano già radunati i banditi superstiti. Tutti esultarono quando Denner apparve tra loro ed elogiarono Andres che, profondamente assorto, non fu in grado di profferire parola. Si scoprì che più della meta dei membri della banda erano morti o erano rimasti, gravemente feriti, sul posto; tuttavia alcuni banditi che avevano avuto l'incarico di mettere al sicuro il bottino avevano effettivamente preso, nel bel inezzo della battaglia, diverse casse piene di oggetti preziosi ed erano riusciti a portar via una notevole somma di denaro sicché, sebbene l'impresa fosse finita male, il bottino era rimasto considerevole. Quando il necessario fu stato discusso, Denner, che nel frattempo era stato bendato a dovère e sembrava non sentir più alcun dolore, si rivolse ad Andres e gli disse: "Io ho salvato tua moglie dalla morte, tu questa notte, mi hai strappato alla prigione e, quindi, a morte certa, siamo pari! Puoi tornartene a casa tua. Nei prossimi giorni, forse domani stesso, lasceremo questa zòna; puoi stare tranquillo che non ti chiederemo più
cose simili a quelle di oggi. Sei uno stupido timorato di Dio e non puoi esserci utile Tuttavia è pacifico che tu abbia preso parte alla rapina di oggi e inoltre vai ricompensato per avermi tratto in salvo. Prendi dunque questa borsa d'oro e conserva un buon ricordo di me; entro un anno spero infatti di ritornare da te".
"Iddio mi guardi dal prendere anche solo un centesimo della vostra infame
rapina", rispose Andres. "Mi avete costretto a venire con voi solo con le più
indegne minacce, e io lo rimpiangerò in eterno. Forse, infame malvagio,ho
peccato sottraendoti alla giusta pena; ma Iddio in cielo potrà forse perdonarmi nella sua magnanimità. In quell'attimo mi parve che la mia Giorgina mi pregasse di salvarti la vita perché tu avevi salvato la sua, e io non potetti far altro che sottrarti al pericolo a rischio della mia vita e del mio onore e mettendo a repentaglio le sorti di mia moglie e di mio figlio. Dimmi infatti cosa sarebbe stato di mese fossi stato ferito, cosa della mia povera moglie e del mio bambino se fossi stato trovato morto tra i membri della tua infame banda di assassini. Ma sta' certo che se non lascerai i dintorni, e se avrò notizia anche solo di una rapina o di un omicidio avvenuto da queste parti, mi recherò immediatamente a Fulda e svelerò alle autorità il tuo nascondiglio." I banditi volevano aggredire Andres e punirlo per le sue parole; ma Denner lo impedì loro dicendo:
"Lasciate parlare quello stupido, che cosa può farci? Andres ", proseguì Denner, "sei in mio potere così come lo sono tua moglie e tuo figlio. Tu e loro continuerete però a non correre pericoli semi prometti di rimanere tranquillo a casa tua e di non rivelare nulla di ciò che sai sugli avvenimenti di questa notte. Soprattutto di questo mi raccomando, poiché altrimenti la mia vendetta si abbatterebbe su dite in modo terribile e le autorità non chiuderebbero un occhio sull'aiuto da te prestato all'impresa e sul fatto che già da tempo godi delle mie ricchezze. Altresì torn6 ad assicurarti che vogliamo sgombrare questa zona e che almeno io e la mia banda non compiremo altre imprese da queste parti". Dopo esser stato costretto ad accogliere queste condizioni del capo dei banditi e dopo aver solenne-mente promesso di tacere, egli fu accompagnato da due malviventi, attraverso sentieri coperti di piante selvatiche, alla larga strada forestale ed era ormai giorno fatto da un pezzo quando rientrò in casa sua e abbracciò Giorgina, pallida per la preoccupazione e la paura. Egli le disse solo, genericamente, che Denner gli si era rivelato per essere un indegno malvagio e che pertanto aveva cessato di avere con lui ogni rapporto; egli non avrebbe dovuto varcare mai più la soglia della loro casa. "Ma la cassetta di gioielli?", lo interruppe Giorgina. Andres sentì che un grave peso scendeva a opprimergli il cuore. Egli non aveva pensato ai gioielli che Denner aveva lasciato presso di lui, e gli parve inspiegabile che neppure lo stesso Denner ne avesse fatto menzione. Riflettè tra sé e sé su cosa avrebbe dovuto fare della cassetta. Pensava, in verità, di portarla a Fulda e di consegnarla alle autorità; ma come avrebbe potuto giustificare il suo possesso senza esporsi almeno al grave pericolo di infrangere la parola data a Denner? Decise infine di conservare fedelmente quel tesoro fin quando il caso non gli avesse fornito l'opportunità di restituirla a Denner o, meglio ancora, di consegnarla alle autorità senza rompere la promessa.
L'assalto all'abitazione del fittavolo aveva suscitato non poco spavento in tutta la zona; era stata infatti l'azione più rischiosa che i banditi avessero osato da anni e una prova certa del fatto che la banda, la quale in precedenza si era fatta viva soltanto con delle comuni rapine e, poi, con furti a danno di viaggiatori isolati, doveva essersi notevolmente rafforzata. Il fittavolo doveva la salvezza della sua vita e della maggior parte del suo denaro solo al caso fortuito che il nipote del conte, in compagnia di diversi uomini di suo zio, trascorresse la notte proprio nel villaggio poco distante dalla sua casa e, ai primi rumori, accorresse m aiuto dei contadini scesi a combattere i banditi. Tre dei malviventi rimasti sul campo erano ancora vivi il giorno dopo e lasciavano sperare in una guarigione delle loro ferite.
Furono accuratamente legati e richiusi nelle prigioni del villaggio; ma quando
la mattina del terzo giorno li si volle portar via, vennero trovati uccisi da
molte pugnalate e nessuno poté capire come ciò fosse avvenuto. Ogni speranza dei tribunali di poter ottenere dai prigionieri notizie più precise sulla banda venne vanificata. Andres rabbrividì dentro di sé al sentirsi raccontare tutto questo e all'udire che diversi contadini e cacciatori del conte von Vach erano stati uccisi o gravemente feriti. Nutrite pattuglie di cavalieri di Fulda percorsero la foresta e si recarono spesso da lui; Andres temeva ad ogni momento che Denner in persona o un altro membro della banda venisse arrestato e lo riconoscesse e denunciasse come complice di quell'audace delitto. Per la prima volta nella sua vita provò il tormento persecutore della cattiva coscienza sebbene fosse stato solo l'amore per sua moglie, per il figlio, a costringerlo a cedere alle empie pretese di Denner. Tutte le ricerche risultarono infruttuose, rintracciare i banditi fu impossibile e Andres si convinse ben presto del fatto che Denner aveva mantenuto la parola e aveva lasciato i dintorni insieme alla sua banda. Ripose insieme ai gioielli, nella cassetta, quel che era rimasto del denaro regalatogli da Denner e lo spillone d'oro; egli non voleva infatti gravarsi di ulteriori peccati godendo di denaro rubato. Avvenne così che Andres tornasse ben presto alla precedente miseria e povertà; e tuttavia, dentro di sé, egli si rasserenava sempre più; passò infatti diverso tempo senza che nulla disturbasse la sua quieta esistenza. Dopo due anni sua m9glie mise al mondo un secondo figlio senza ammalarsi come la prima volta, ma rimpiangendo di cuore quel cibo e quelle cure migliori che così bene le avevano fatto allora. Una sera, al tramonto, Andres sedeva nell'intimità della sua famiglia vicino alla moglie che teneva al seno il neonato, mentre il figlio maggiore si azzuffava con un grande cane che, essendo il prediletto del suo padrone, aveva il diritto di accedere all'interno. Entrò il servitore e disse che un uomo dall'apparenza molto sospetta si aggirava intorno alla casa già da più di un 'ora. Andres era sul punto di uscire col fucile quando sentì chiamare il suo nome da fuori. Aprì
la finestra e al primo sguardo riconobbe l'odiato Ignaz Denner avvolto nuovamente nell'abito grigio da commerciante e con una borsa da viaggio sotto il braccio. "Andres", gridò Denner, "per questa notte dovrai darmi ospitalità in casa tua, domani ripartirò." "Cosa? Spudorato, infame malvagio", gridò Andres in preda alla collera, "osi ancora farti vedere qui? Non ho mantenuto fedelmente la promessa che ti avevo fatta solo affinché tu mantenessi la tua di lasciare per sempre questi paraggi? Non dovrai più varcare la mia soglia - vattene in fretta oti sparerò, immondo assassino! Anzi, aspetta, voglio buttarti giù l'oro e i gioielli con i quali tu, Satana, volevi abbagliare mia moglie; poi potrai andartene di gran carriera. Ti dò tre giorni di tempo, se trascorsi questi tre giorni mi accorgerò in qualche modo della presenza tua e della tua banda qui, correrò a Fulda e svelerò tutto quei che so alle autorità. Se cercherai di dar seguito alle minacce contro me e mia moglie, io mi affiderò all'assistenza di
Dio e saprò colpirti col mio buon fucile." Andres andò a prendere in fretta la
cassetta per tirarla di sotto; ma quando arrivò alla finestra Denner era
sparito, e sebbene i mastini fiutassero tutta la zona intorno alla casa risultò
impossibile rintracciarlo. Andres capì di trovarsi in grave pericolo, esposto
com'era alla malvagità di Denner; durante la notte restò quindi allerta, ma
tutto rimase tranquillo ed egli si convinse che il bandito aveva attraversato da
solo la foresta. Tuttavia, per mettere fine al suo stato di angoscia e per
placare la coscienza che lo tormentava coni suoi rimproveri, egli decise di non
tacere oltre e di riferire al consiglio di Fulda tutta la storia del suo
incolpevole rapporto con Denner,consegnando inoltre la cassetta con i gioielli.
Andres sapeva che non se la sarebbe cavata impunemente, tuttavia contava sulla
pentita ammissione di un errore cui l'infame Ignaz Denner l'aveva indotto e
costretto come Satana stesso e confidava anche nell'intercessione del suo
padrone, il conte von Vach, che non avrebbe potuto rifiutare al suo fedele
servitore un attestato favorevole. Insieme al suo servo egli aveva attraversato
più volte la foresta senza mai notare alcunchè di sospetto; sua moglie non
correva dunque rischi ed egli voleva recarsi a Fulda senza indugi per adempiere
al suo intendimento. Al mattino, mentre si preparava al viaggio, giunse un
messaggero del conte von Vach, che lo esortava a recarsi immediatamente con lui
al castello del suo padrone. Anziché a Fulda egli si recò dunque, insieme al
messaggero, a palazzo, non senza provare angoscia al pensiero di ciò che questa
insolita chiamata del suo padrone potesse significare. Giunto a destinazione,
egli fu fatto subito entrare nelle stanze del conte. "Rallegrati, Andres", gli
disse questi, "ti è capitata una fortuna del tutto inattesa. Ricordi il nostro
vecchio e scontroso oste di Napoli, il padre adottivo della tua Giorgina? E
morto; ma sul letto di morte la coscienza dovette rimordergli per via
dell'orribile trattamento riservato alla povera fanciulla orfana e così ti ha
reso erede di duemila ducati che sono arrivati a Francoforte in forma di lettere
di cambio e che potrai ritirare presso il mio banchiere. Se vorrai recarti
subito a Francoforte, ti farò rilasciare all'istante il certificato necessario
affinché il denaro ti sia consegnato senza difficoltà." La gioia tolse la parola
ad Andres e il conte von Vach fu non poco divertito dall'emozione del suo fedele
servitore. Quando si fu ripreso, Andres decise di dare una gioia insperata a sua
moglie; accolse dunque la gentile offerta del suo padrone e, dopo aver ricevuto
l'attestato di legittimazione, si mise in viaggio per Francoforte.
A sua moglie fece dire che il conte l'aveva fatto partire per
adempiere a importanti incarichi e che, pertanto, sarebbe rimasto un giorno
fuori di casa. Giunto a Francoforte, egli fu indirizzato dal banchiere del
conte, al quale si presentò, a un altro commerciante, incaricato della
liquidazione del legato. Finalmente Andres lo trovò e ottenne il pagamento della
considerevole somma. Pensando sempre e soltanto a Giorgina e cercando
continuamente il modo di rendere la sua gioia veramente completa, egli comprò
per lei ogni sorta di belle cose, compreso uno spillone d'oro in tutto simile a
quello che Denner le aveva regalato, e poiché la borsa da viaggio non poteva
essere portata da una persona che viaggiasse a piedi, si procurò un cavallo.
Così, dopo un'assenza di sei giorni, egli in-traprese tutto allegro il viaggio
di ritorno. Presto raggiunse la foresta e la sua abitazione. Trovò la casa
sbarrata. Gridò all'indirizzo del servo, chiamò la sua Giorgina, ma nessuno
rispose: i cani, chiusi in casa, mugolavano. Andres temette allora che fosse
accaduta una grande disgrazia, battè forte alla porta e gridò: "Giorgina!
Giorgina!". Si udì un fruscio provenire dall'abbaino, Giorgina guardò fuori e
gridò: "Ah Dio! - Ah Dio! Andres, sei tu? Sia ringraziato il cielo, sei di nuovo
qui". Quando Andres ebbe varcato la porta aperta, sua moglie gli cadde, pallida
come morta e gridando forte, tra le braccia. Andres rimase immobile; infine
afferrò sua moglie che era sul punto di cadere a terra con le membra inerti e la
portò nella stanza. Ma l'orrore lo afferrò coni suoi artigli gelidi alla
spaventosa vista. L'intera stanza - il pavimento, le pareti - era coperta di
macchie di sangue e il figlio più piccolo giaceva morto sul suo lettino col
petto squarciato! "Dov'è George, dov 'è George", gridò infine Andres in preda a
una folle disperazione, ma in quel momento sentì il bambino trotterellare giù
per le scale e chiamare il padre. Tutt'intorno giacevano vetri rotti, bottiglie,
piatti. Il grande tavolo pesante, solitamente poggiato alla parete, era stato
spinto al centro della stanza e su di esso si trova-vano diverse fiale e una
scodella con del sangue rappreso. Andres tolse dal letto il suo povero bambino.
Giorgina lo capì e portò dei panni nei quali avvolsero il cadavere che
seppellirono nell'orto. Andres intagliò una piccola croce in legno di quercia e
la posò sul tumulo. Non una parola, non un suono sfuggì alle labbra degli
infelici genitori. Essi avevano compiuto il loro lavoro in un cupo e stordito
silenzio e ora sedevano dinanzi alla casa, net crepuscolo, con lo sguardo fisso
all'orizz9nte. Solo il giorno seguente Giorgina riuscì a raccontare ciò che era
avvenuto in assenza di Andres. Quattro giorni dopo che egli aveva lasciato la
casa, verso mezzogiorno, il servo aveva visto vagare per la foresta ogni sorta
di figure sospette e Giorgina si era augurata di tutto cuore che suo marito
tornasse. Nel cuore della notte ella era stata svegliata da un gran rumore e da
grida lanciate vicinissimo alla casa, il servo si era precipitato fuori e aveva
annunciato in preda al terrore che l'abitazione era circondata dai banditi e che
una difesa era impossibile. I mastini erano furiosi, presto parve però che essi
si placassero e qualcuno gridò forte: "Andres! - Andres! ". Il servo si fece
coraggio, aprì una finestra e gridò che il guardiacaccia Andres non era in casa.
"Bene, non fa niente", rispose una voce dal basso, "apri la porta che dobbiamo
fermarci da voi, Andres arriverà presto." Al servo non restò altro che aprire la
porta; allora la torma dei bandi ti si precipitò dentro e salutò in Giorgina la
moglie del loro compare cui il comandante doveva la libertà e la vita. chiesero
che Giorgina preparasse loro una buona cena perché quella notte avevano fatto un
duro lavoro, riuscito, però, benissimo. Tremando e rabbrividendo Giorgina aveva
acceso un gran fuoco in cucina e aveva preparato la cena, per la quale uno dei
banditi, che sembrava il cuoco e il cantiniere della banda, le aveva fornito
selvaggina, vino e ogni sorta d'altri ingredienti. Il servo aveva dovuto
apparecchiare la tavola portando il vasellame. Aveva così colto l'occasione per
sgattaiolare in cucina da Giorgina. "Ah", cominciò pieno di terrore, "sapete che
impresa hanno compiuto questa notte quei banditi? Dopo lunga assenza e lunga
preparazione hanno assaltato, qualche ora fa, il castello del signor conte von
Vach e dopo aver vinto una coraggiosa resistenza hanno ucciso molti dei suoi
uomini e lui stesso, dando fuoco al palazzo." Giorgina grida-va senza posa: "Ah,
marito mio, se solo fosse stato al castello... Ah, il povero signore!".
Frattanto i banditi, nella sala, facevano chiasso e cantavano, e bevvero vino
fino a che la cena non fu servita. Quando già cominciava a sorgere il giorno
apparve l'odiato Denner; vennero allora aperte le casse e le bisacce caricate
sui cavalli da soma. Giorgina sentì contare molto denaro e tintinnare il
vasellame d'argento; pareva che tutto venisse registrato. Infine, quando fu
giorno fatto, i banditi se ne andarono, solo Denner rimase indietro. Assunse
un'espressione affabile e cordiale e disse a Giorgina: "Di certo vi sarete
spaventata, cara signora; pare infatti che vostro marito non vi abbia detto di
esser diventato, già da diverso tempo, nostro compare. In realtà mi spiace che
egli non sia arrivato; deve aver preso un'altra strada e averci perso. Era con
noi al castello di quel mostro, il conte von Vach, che due anni fa ci perseguitò
in ogni modo possibile e del quale questa notte ci siamo vendicati. E caduto
combattendo, per mano di vostro marito. Calmatevi, cara signora e dite a Andres
che non mi rivedrà tanto presto perché per qualche tempo la banda si scioglierà.
Questa sera vi lascerò. Avete proprio dei bei bambini, cara signora! Anche
questo è un bimbo splendido". Con queste parole prese il piccolo dalle braccia
di Giorgina e si mise a giocare con lui tanto amabilmente che il bambino rise e
gridò di gioia restando volentieri insieme al bandito; infine lo restituì alla
madre. Era già sera quando Denner disse a Giorgina: "Vedete che sebbene non
abbia moglie né figli - la qual cosa talvolta mi addolora molto - gioco e
scherzo molto volentieri coi bambini. Datemi il vostro piccino per i pochi
momenti che ancora trascorrerò con voi. Il bimbo ha giusto nove settimane, non è
vero?". Giorgina rispose affermativamente e, pur provando intima riluttanza,
diede il piccolo a Denner che si sedette insieme a lui davanti alla porta di
casa; poi pregò Giorgina di preparargli la cena, perché entro un'ora se ne
sarebbe andato. Giorgina era appena entrata m cucina quando vide che Denner, col
bimbo in braccio, entrava nella sala. Poco dopo si diffuse in casa un fumo dallo
strano odore che pareva provenire proprio dalla sala. Giorgina fu presa da
un'angoscia indescrivibile; corse veloce verso la sala ma trovò la porta
sprangata. Le parve di udire il piccolo piangere debolmente. Immaginando che
stesse per compiersi un azione orrenda gridò al servo che era appena entrato in
casa: "Salvatelo, salvate il mio bambino dagli artigli. di quel mostro!". Il
servo afferrò l'ascia e fece saltare la porta. Un fumo.denso e soffocante li
avvolse. Con un salto Giorgina fu nella stanza; il bimbo giaceva nudo sopra una
scodella nella quale gocciava il suo Sangue. Vide ancora solamente il servo che
si alzava per colpire Denner con l'ascia, vide Denner schivare il colpo,
contrattaccare e lottare col servo. Le parve allora di udire molte voci vicino
alla finestra, poi cadde a terra priva di sensi. Quando rinvenne era notte
fonda, ma stordita com'era non fu in. grado di muovere gli arti irrigiditi.
Finalmente si fece giorno ed ella vide con orrore che il sangue aveva inondato
la stanza. Tutt'intorno giacevano brandelli dei vestiti di Denner - una ciocca
strappata dei capelli del servitore - lì accanto stava l'ascia insanguinata - il
piccolo era stato scagliato giù dal tavolo col petto squarciato. Giorgina svenne
di nuovo, credette fosse giunta la sua ora ma rinvenne, come dal sonno della
morte, quando era già mezzogiorno. Raccolse a fatica le forze e chiamò a gran
voce Georg, quando nessuno rispose credette che anche lui fosse stato ucciso. La
disperazione le diede forza, corse fuori della sala in cortile e gridò: "Georg!
- Georg!".Il piccolo rispose allora con voce debole e lamentosa dall'abbaino:
"Mamma, ah mamma cara, sei tu? Vieni su, ho tanta fame!". Giorgina corse di
sopra e trovò il piccolo, che per la paura provocata dal gran rumore si era
rintanato in soffitta e non aveva avuto il coraggio di uscire. Giorgina si
strinse spasmodicamente il piccolo al seno. Barricò la casa e aspettò di ora in
ora Andres, che credeva morto anche lui. Dall'alto il bambino aveva visto
infatti entrare diversi uomini e portar fuori, insieme a Denner, un uomo morto.
Da ultimo Giorgina vide anche il denaro e le belle cose che Andres aveva
portato. "Ah, dunque è vero?", gridò inorridita, "anche tu dunque" - Andres non
la fece finire e gli raccontò quale fortuna fosse loro capitata, le disse che
era stato a Francoforte e che li si era fatto consegnare il denaro della sua
eredità. Il nipote del conte von Vach, ucciso dai banditi, era diventato ora
proprietario dei suoi beni; Andres voleva recarsi da lui e raccontargli
fedelmente tutto l'accaduto, svelargli il nascondiglio di Denner e pregarlo di
licenziarlo dal suo incarico che tanfi rischi e tanta miseria gli procurava.
Giorgina non doveva però restare in casa col bambino. Andres decise perciò di
caricare le sue cose migliori e più semplici da portar via su un piccolo carro,
di attaccarvi il cavallo e di lasciare così per sempre, insieme a sua moglie e a
suo figlio, un luogo che suscitava in lui solo ricordi orribili e che, per di
più, non avrebbe più potuto offrir loro pace e sicurezza. Il giorno della
partenza, il terzo, proprio mentre stavano caricando una cassa, udirono sempre
più vicino uno scalpiccio di cavalli. Andres riconobbe il guardaboschi del conte
von Vach che viveva al castello; dietro di lui veniva un drappello di dragoni di
Fulda. "Ecco il malfattore, è giusto intento a mettere al sicuro il suo
bottino", esclamò il commissario del tribunale venuto con gli altri. Andres
rimase paralizzato dallo stupore e dallo spavento. Giorgina era semisvenuta. I
soldati si avventarono su Andres, legarono lui e sua moglie con delle corde e li
gettarono sul carro che si trovava già davanti alla casa. Giorgina pianse a gran
voce per il bimbo e pregò che per l'amor di Dio glielo dessero. "Perché tu possa
condurre anche la tua progenie alla dannazione dell'inferno?", disse il
commissario strappando a forza il bambino dalle braccia di Giorgina. Erano già
sul punto di partire quando il vecchio guardaboschi, un uomo rude ma probo, si
avvicinò ancora una Volta al carro e disse: <Andres, Andres, come hai potuto
farti indurre da Satana a commettere simili empietà? Sei sempre stato così pio e
onesto!". " Ah, signore mio!", gridò Andres al colmo della disperazione, "com'è
vero Dio, com'è vero che spero un giorno di morire nella sua pace, sono
innocente. Voi mi conoscete da quando ero un bambino; come potrei io, che non ho
mai fatto nulla di male, essere diventato un mostro simile? So bene che voi mi
considerate un infame bandito che ha partecipato ai delitti del castello del mio
amato e sventurato padrone. Ma io, lo giuro sulla mia vita e sulla mia
beatitudine, sono innocente!" "Bene", disse il vecchio guardaboschi, "se sei
innocente, per quante circostanze parlino contro di te, lo scopriremo. Mi
prenderò io cura fedelmente del tuo bambino e delle proprietà che lascerai qui,
cosicché se sarà provata l'innocenza tua e di tua moglie ritroverai il ragazzo
sano e in buona salute e le tue cose intatte." il denaro fu confiscato dal
commissario del tribunale. Per via Andres chiese a Giorgina dove conservasse la
cassetta; ella disse che l'aveva consegnata a Denner e che ciò le dispiaceva
perché ora essa avrebbe potuto essere restituita alle autorità. A Fulda Andres
fu separato da sua moglie e gettato in un'oscura prigione. Dopo qualche giorno
fu interrogato. Venne accusato di aver preso parte al delitti del castello del
conte von Vach e fu ammonito a confessare tutta la verità, giacché tutto ciò di
cui lo si accusava era già stato praticamente provato. Andres raccontò
esattamente tutto quel che gli era capitato, dal primo arrivo dell'orribile
Denner in casa sua fino al momento del suo arresto. Si disse pieno di rimorsi
per l'unica mancanza da lui commessa al fine di salvare sua moglie e suo figlio,
quella cioè di aver partecipato al saccheggio del fittavolo e di aver evitato a
Denner la cattura, ma affermò di essere completamente innocente per ciò che
riguardava gli ultimi delitti compiuti dalla banda di Denner poiché all'epoca
dei fatti egli si trovava a Francoforte. A questo punto si aprirono le porte
della sala del tribunale e l'orribile Denner fu fatto entrare. Quando vide
Andres ebbe una risata di diabolico scherno e disse: "Compare, anche tu ti sei
fatto prendere? Le preghiere di tua moglie non ti hanno aiutato a cavartela?". I
giudici invitarono Denner a ripetere quanto aveva confessato a proposito di
Andres, ed egli disse che proprio il guardiacaccia del conte von Vach che si
trovava da-vanti a lui, Andres, era legato alla sua banda da cinque anni e che
la sua casa nella foresta era stata il suo rifugio migliore e più sicuro. Andres
aveva sempre ricevuto la sua parte di bottino sebbene avesse partecipato solo
due volte a delle scorrerie. La prima volta in casa del fittavolo, dove lo aveva
salvato da un grave pericolo, la seconda volta in occasione dell'assalto al
castello del conte Aloys von Vach, il quale era stato ucciso proprio da un
felice colpo di Andres. All'udire quest'ignobile menzogna Andres montò su tutte
le furie. "Cosa?", gridò. "Tu infame, diabolico mostro, tu osi accusarmi dell
'assassinio del mio povero, caro padrone, da te stesso ucciso? Sì! Lo so, solo
tu sei capace di un'azione simile; la tua vendetta mi perseguita perché ho
rifiutato di avere qualsiasi rapporto con te, perché ho minacciato di ammazzarti
come un ignobile ladro e assassino non appena avessi varcato la mia soglia. Per
questo hai dato l'assalto alla mia casa in mia assenza; per questo hai
assassinato il mio povero, innocente bambino e il mio bravo servo! Ma anche se
dovessi soccombere alla tua malvagità tu non sfuggirai alla terribile punizione
del giusto Dio." A questo punto Andres ripeté la sua precedente confessione
giurando su tutti i santi che era la verità; Denner però rise di scherno, chiese
perché mai l'eccessiva paura della morte lo spingesse ora a mentire al
tribunale, disse che mal si confaceva la devozione di cui faceva gran parlare al
fatto di invocare Dio e i santi a conferma delle sue menzogne. I giudici non
seppero cosa pensare della fredda risolutezza di Denner e di Andres, la cui
espressione e le cui parole parevano confermare la verità delle sue
dichiarazioni. Venne dunque condotta davanti al tribunale Giorgina che,
indicibilmente disperata e piangendo forte, si gettò tra le braccia del marito.
Seppe racconta-re soltanto fatti isolati e accusò Denner dell'orribile
assassinio del suo bambino, ma questi parve non perdere affatto la calma,
affermando soltanto, come aveva già fatto in precedenza, che Giorgina non aveva
mai saputo alcunché delle imprese di suo marito e che era del tutto innocente.
Andres fu ricondotto alla sua cella. Qualche giorno dopo il buon carceriere gli
disse che sua moglie era stata liberata poiché sia Denner che gli altri banditi
avevano continuato a ribadire la sua innocenza e nulla si era potuto accertare a
suo carico. Il giovane conte von Vach, un signore dal nobile animo che sembrava
persino dubitare della colpevolezza di Andres, aveva pagato la cauzione e il
vecchio guardaboschi aveva prelevato Giorgina con una bella carrozza. Invano la
stessa Giorgina aveva pregato di poter vedere suo marito; il tribunale le aveva
opposto un totale rifiuto. Il povero Andres fu non poco confortato da questa
notizia, poiché più della sua sventura gli pesava sul cuore la miserevole
condizione di sua moglie in prigione. Il suo processo però prendeva di giorno in
giorno una piega peggiore. Fu dimostrato infatti che, come Denner aveva detto,
Andres aveva cominciato a godere da cinque anni di un certo benessere la cui
fonte poteva esser stata soltanto la partecipazione alle imprese dei banditi.
Andres aveva inoltre ammesso egli stesso la sua assenza da casa all'epoca dei
fatti avvenuti al castello del conte von Vach, e le sue dichiarazioni in merito
all'eredità e al suo soggiorno à Francoforte erano rimaste sospette poiché egli
non aveva saputo fornire in alcun modo il nome del commerciante dal quale aveva
ottenuto il pagamento del denaro. Il banchiere del conte von Vach e il
proprietario della locanda di Francoforte presso la quale Andres aveva
soggiornato assicurarono concordemente di non riuscire a ricordarsi del
guardiacaccia che gli era stato descritto; l'addetto tribunalizio del conte von
Vach che aveva redatto il certificato per Andres era morto e nessuno dei
servitori del conte sapeva nulla dell'eredità poiché il conte stesso non ne
aveva parlato e anche Andres aveva taciuto in proposito perché, aI ritorno da
Francoforte, avrebbe voluto che il denaro fosse una sorpresa per la moglie.
Tutto ciò che Andres addusse a riprova della sua presenza a Francoforte
all'epoca della rapina e dell'onesta provenienza dei denaro rimase
inaccertabile. Denner si attenne invece alle sue affermazioni precedenti e tutti
i banditi che erano stati catturati confermarono ogni cosa. Tutto questo non
avrebbe tuttavia ancora convinto i giudici della colpevolezza dello sventurato
Andres quanto le dichiarazioni di due cacciatori del conte i quali pretesero di
aver riconosciuto perfettamente Andres al chiarore delle fiamme e di aver visto
come il conte venisse ucciso da lui. Agli occhi del tribunale Andres apparve ora
come un malfattore ipocrita e incallito, e sulla base dei risultati forniti da
tutte le prove e le dichiarazioni, fu decisa per lui la tortura la qua-le
avrebbe dovuto piegare la sua ostinazione e costringerlo alla confessione.
Andres languiva in carcere già da più di un anno, l'afflizione aveva logorato le
sue forze e il suo corpo muscoloso e robusto si era fatto debole e fiacco. Venne
così il giorno terribile in cui la sofferenza avrebbe dovuto strappargli la
confessione di un'azione mai compiuta. Fu condotto nella stanza della tortura
nella quale giacevano gli orrendi strumenti escogitati da una sapiente crudeltà
e nella quale gli aiutanti del boia si apprestavano a sottoporre lo sventurato
al martirio. Andres fu ammonito ancora una volta ad ammettere l'azione di cui
era così fortemente sospettato e della cui colpevolezza erano prova le
testimonianze dei cacciatori. Egli ribadì nuovamente la sua innocenza e confermò
tutte le circostanze cui doveva la conoscenza di Denner, così come aveva fatto
durante l'interrogatorio. Allora gli aiutanti del boia lo afferrarono, lo
legarono e lo torturarono slogandogli gli arti e infilzandogli degli aculei
nelle carni tese. Andres non riuscì a sopportare il tormento: orribilmente
dilaniato dal dolore e desiderando di morire confessò tutto quel che si voleva
da lui e tu riportato in carcere svenuto. Fu rifocillato con del vino - come si
usava dopo la tortura -e cadde in uno stato a mezzo tra la veglia e il sonno.
Gli parve allora che le pietre si staccassero dal muro e cadessero con fragore
sul pavimento della cella. Un bagliore rosso sangue penetrò all'interno e verso
di lui venne una figura che sebbene avesse i tratti di Denner, pure non gli
parve essere Denner. I suoi occhi erano più ardenti, i capelli ispidi si
ergevano più neri sopra la fronte e le tenebrose sopracciglia scendevano più
profondamente sullo spesso muscolo posto al di sopra del naso ricurvo. Il viso
era contratto e deformato in modo singolare, i vestiti erano strani e bizzarri
come mai ne aveva visti a Denner. Un largo mantello rosso fuoco abbondante-mente
guarnito d'oro scendeva dalle spalle a coprire la figura con delle pieghe
rigonfie, un ampio cappello spagnolo con le falde ripiegate all'ingiù e rosse
penne ricadenti gli stava di sbieco sulla testa, al fianco portava una lunga
spada e sotto il braccio sinistro teneva una cassettina. I-o spettrale mostro si
avvicinò ad Andres parlando in tono cupo e sommesso: "Be', compare, ti è
piaciuta la tortura? Devi tutto questo solo ed esclusivamente alla tua
ostinazione; se avessi ammesso di far parte della banda, saresti già salvo.
Tuttavia, se prometterai di affidarti completamente alla mia guida e ti
risolverai a bere queste gocce che sono sangue bollito del cuore di tuo figlio
sarai subito libero di ogni tormento. Ti sentirai sano e in forze e io
provvederò alla tua salvezza". Andres non riusciva a parlare per lo spavento,
l'angoscia e la debolezza; vide come il sangue di suo figlio guizzasse in rosse
fiammelle. nella fiala che la figura gli teneva davanti; pregò con fervore Dio e
i santi di salvarlo dagli artigli di Satana che lo perseguitavano e di dargli
quell'eterna beatitudine che egli sperava di ottenere anche morendo di una morte
infamante. Allora la figura rise in modo tale che la cella ne echeggiò, poi
scomparve in una fitta nebbia. Andres si risvegliò da un profondo stordimento e
riuscì ad alzarsi dal giaciglio; ma inorridì al vedere che la paglia posta sotto
la sua testa prende-va a muoversi sempre più per essere, infine, spinta da
parte. Si accorse che una pietra veniva tolta dal pavimento e udì chiamare
piano, più volte, il suo nome. Riconobbe la voce di Denner e disse: "Che cosa
vuoi da me? Lasciami riposare, non ho nulla a che fare con te!". "Andres", disse
Denner, "ho attraversato diverse cripte per salvarti; se giungerai al luogo
dell'esecuzione dal quale sono stato salvato io, sarai perduto. Ti aiuto solo
per il.bene di tua moglie, alla quale tengo più di quanto tu possa immaginare.
Sei un pavido vigliacco. Che cosa ti hanno fruttato le tue miserevoli bugie?
Solo il fatto che tu non sia tornato per tempo a casa dal castello del conte ha
permesso che io venissi preso. Tieni! Prendi la lima e la sega, liberati la
prossima notte delle catene e sega il chiavistello della porta della cella;
scivola via attraverso il corridoio! La porta esterna di sinistra sarà aperta,
fuori troverai uno di noi che ti guiderà. Stammi bene!" Andres prese la sega e
la lima che Denner gli porgeva e rimise la pietra nell'apertura. Era deciso a
fare quello che l'intima voce della coscienza gli diceva di fare. Quando si fece
giorno e il carceriere entrò egli disse che desiderava ardentemente di venir
condotto dal giudice perché aveva da rivelargli delle cose importanti. La sua
richiesta venne esaudita quella mattina stessa, poiché si credeva che Andres
avrebbe svelato altri misfatti della banda rimasti ancora sconosciuti. Andres
consegnò ai giudici gli strumenti ricevuti da Denner e raccontò gli accadimenti
di quella notte- "Anche se soffio pur essendo del tutto innocente, Dio mi guardi
dal cercar di ottenere la mia libertà in modo illecito, perché ciò mi metterebbe
nelle mani dell'infame Denner che mi ha precipitato nella morte e nell'onta e io
meriterei con le mie empie e criminose imprese la pena che ora subisco
incolpevolmente." Con queste Parole Andres terminò il suo discorso. I giudici
sembrarono sbalorditi e parvero provare compassione per l’infelice, ma erano
troppo ben convinti della sua colpevolezza dai molti fatti che parlavano contro
di lui per non diffidare anche del suo comportamento attuale L'onestà di Andres,
e principalmente il fatto che grazie alla denuncia della fuga progettata da
Denner venissero effettivamente sorpresi in ci e proprio nelle immediate
vicinanze della prigione alcuni membri della banda, ebbe per lui il benefico
effetto di venir tolto dal carcere sotterraneo nel quale era stato rinchiuso e
di essere assegnato a una cella pulita vicino all'appartamento del carceriere.
Qui egli passò il tempo pensando alla sua fedele meglie e al suo bambino e,
immerso in pie meditazioni, presto si senti cosi incoraggiato a rinunciare, sia
pur dolorosamente, alla vita come a un fardello. il carceriere era sempre più
stupefatto dal pio fuorilegge e si senti quasi costretto a credere alla sua
innocenza. Finalmente, dopo che fu passato ancora un anno, il difficile e
intricato processo contro Denner e i suoi complici sì concluse. Si scoprì che la
banda si era spinta fino al confine italiano e che già da diverso tempo rubava e
uccideva. Denner sarebbe stato impiccato e il suo corpo bruciato. Anche lo
sventurato Andres fu condannato alla forca; tuttavia in virtù del suo pentimento
e della confessione della fuga suggeritagli da Denner, che aveva permesso di
scoprirei il progetto di evasione della banda, il suo corpo sarebbe stato
staccato e seppellito sul luogo dell'esecuzione.
Spuntò il giorno in cui Denner e Andres avrebbero dovuto essere
giustiziati; la porta della prigione si aprì e il giovane conte von Vach si
avvicinò ad Andres che si era inginocchiato e pregava in silenzio. "Andres",
disse il conte, "devi morire. Allevia la tua coscienza con una piena
confessione! Dimmi, sei stato tu a uccidere il padrone? Sei veramente
l'assassino di mio zio?" Ad Andres si riempirono gli occhi di lacrime e ripeté
ancora una volta tutto ciò che aveva detto in tribunale prima che l'infinito
dolore della tortura gli strappasse una menzogna. Invocò Dio e i santi a
sostegno della verità delle sue parole e della sua completa innocenza nella
morte dell’amato padrone. "C'è", proseguì il conte, "un inspiegabile mistero. Io
stesso, Andres ero convinto della tua innocenza, sebbene molti indizi fossero di
te; sapevo infatti che tu fin da giovane eri stato il più fedele servitore di
mio zio e che una volta, a Napoli, l'avevi addirittura salvato dalle mani dei
banditi a rischio della tua vita. Ma ancora ieri i due vecchi cacciatori di mio
zio, Franz e Nikolaus, mi hanno giurato di averti visto chiaramente tra i
banditi e di aver ben osservato come tu uccidessi mio zio." Andres venne
attraversato da sentimenti terribili e penosissimi; credette che Satana in
persona avesse assunto le sue sembianze per distruggerlo; anche Denner aveva
detto, in carcere, di aver visto veramente Andres, e persino le false accuse in
tribunale erano sembrate poggiare su una vera e profonda convinzione. Egli disse
tutto questo apertamente aggiungendo che si rimetteva alla volontà del cielo, la
quale voleva che egli morisse la morte del malfattore, ma che certamente, forse
molto tempo dopo, la sua innocenza sarebbe venuta alla luce. Il conte von Vach
parve profondamente scosso e quasi non riuscì a dirgli che, secondo i suoi
desideri, il giorno dell'esecuzione era stato taciuto alla sua infelice moglie
la quale abitava, insieme a suo figlio, presso il vecchio guardaboschi. La
campana del municipio batté, sorda e terribile, rintocchi misurati. Andres venne
vestito e il corteo si avviò con l'usale solennità, accompagnato da un fiume di
folla, verso il luogo dell'esecuzione. Andres pregava ad alta voce, e con il suo
pio comportamento commuoveva tutti coloro che lo vedevano. Denner aveva
l'espressione del malfattore incallito e arrogante. Guardava intorno a sé con
espressione serena e vigorosa e derideva spesso perfidamente il povero Andres.
Questi avrebbe dovuto essere giustiziato per primo; salì con calma la scala
insieme al boia, una donna lanciò un grido stridulo e cadde svenuta tra le
braccia di un uomo anziano. Andres guardò. in quella direzione, era Giorgina; a
voce alta invocò dal cielo calma e forza. "Ti rivedrò lassù, lassù mia povera e
infelice moglie, io muoio innocente! ", esclamò levando al cielo uno sguardo
pieno di struggimento. Il giudice gridò al boia che doveva fare in fretta, la
folla cominciava infatti a mugugnare e scagliava pietre verso Denner, che aveva
anch'egli salito la scala e sbeffeggiava la compassione degli spettatori per il
pio guardiacaccia. Il boia mise il cappio intorno al collo di Andres, ma da
lontano echeggiò il grido: "Ferma - ferma - per l'amor di Dio, ferma! Quell'uomo
è innocente! State giustiziando un innocente!". "Ferma - ferma!", gridarono
mille voci e la guardia riuscì a stento ad arginare il popolo che premeva per
tirar giù Andres dalla scala. L'uomo a cavallo che per primo aveva gridato si
avvicinò al galoppo e Andres riconobbe al primo sguardo, nello straniero, il
commerciante che a Francoforte gli aveva liquidato l'eredità di Giorgina. Per la
gioia e la felicità il cuore voleva scoppiargli, e a stento egli riuscì a
tenersi eretto nel discendere la scala. Il commerciante disse al giudice che
all'epoca in cui il castello del conte von Vach era stato saccheggiato, Andres
si trovava a Francoforte, a molte miglia di distanza quindi, e che avrebbe
potuto provare tutto questo in modo incontrovertibile in tribunale con prove e
testimoni. Il giudice esclamò: "L'esecuzione di Andres sia annullata; questa
importantissima circostanza, qualora venisse accertata, dimostrerebbe la
completa innocenza dell'imputato. Sia riportato subito in prigione". Denner,
dall'alto della scala, aveva osservato tutto con calma; quando però il giudice
ebbe pronunciato queste parole egli fece roteare i suoi occhi fiammeggianti,
fece stridere i denti e lanciò un grido di selvaggia disperazione che echeggiò
nell'aria come l'indicibile strazio della pazzia furiosa "Satana, Satana! Mi hai
ingannato - Ahimè! Ahimè! Tutto è finito - finito - Tutto è perduto!". Fu fatto
scendere dalla scala, cadde a terra e rantolò sordamente "Voglio confessare
tutto! - Voglio confessare tutto!". Anche la sua esecuzione venne
rinviata ed egli fu ricondotto in prigione, qui gli venne resa impossibile ogni
fuga L odio dei suoi custodi risultò la miglior difesa dall'astuzia dei suoi
compari. Pochi istanti dopo l'arrivo di Andres in casa del guardiano del
carcere, Giorgina era tra le sue braccia. "Ah, Andres Andres", esclamò, "ora sei
di nuovo tutto mio perché so che sei innocente; persino io ho dubitato della tua
onestà e della tua devozione!" Sebbene fosse stato taciuto a Giorgina il giorno
dell’esecuzione ella, spinta da un'angoscia indescrivibile e da strane
premonizioni, era corsa a Fulda ed era giunta sul luogo dell'esecuzione proprio
nel momento in cui suo marito saliva la fatale scala che doveva condurlo a
morire. Per tutto il tempo delle indagini il commerciante aveva viaggiato in
Francia e in Italia ed era tornato soltanto allora, passando per Vienna e Praga.
il caso o piuttosto una speciale grazia del cielo avevano voluto che egli
giungesse sul luogo dell'esecuzione proprio nell'attimo decisivo, salvando il
povero Andres dall'infamante morte del malfattore. Nella locanda aveva appreso
tutta la storia ed era stato subito oppresso dalla sensazione che Andres potesse
essere quello stesso guardiacaccia che due anni prima aveva riscosso l'eredità
che sua moglie aveva ricevuto da Napoli. Corse subito via e, non appena vide
Andres, si convinse della verità della sua supposizione. Grazie agli sforzi
instancabili del bravo commerciante e del giovane conte von Vach il soggiorno di
Andres a Francoforte venne ricostruito ora per ora e, con ciò, venne dimostrata
la sua completa estraneità alla scorreria. Denner stesso ammise ora la verità
delle affermazioni di Andres in merito ai loro rapporti e disse solo che Satana
doveva averlo ingannato; poiché in effetti aveva creduto che Andres combattesse
al suo fianco nel castello del conte von Vach. Il giudice sentenziò che col duro
carcere, la tortura patita e la paura della morte Andres aveva già scontato una
pena sufficiente per la partecipazione coatta al saccheggio della fattoria del
fittavolo, nonché per l'illegale salvataggio di Denner; al guardiacaccia fu
perciò condonata ogni altra pena ed egli poté recarsi al castello dei von Vach
dove il nobile e benefico conte gli assegnò un appartamento nella dipendenza,
richiedendogli solo i modesti servigi di cacciatore resi necessari dalla
personale passione del conte. Anche i costi del giudizio furono sostenuti dal
conte, cosicché Andres e Giorgina poterono rientrare nel pieno possesso del loro
patrimonio.
Il processo contro l'infame Ignaz Denner prese ora tutt'altra
piega. I fatti avvenuti sul luogo dell'esecuzione parvero averlo trasformato
completamente. Il suo diabolico e sprezzante orgoglio era spezzato, e dal suo
animo contrito proruppero confessioni che fecero rizzare i capelli in testa ai
giudici. Denner accusò se stesso, con tutti i segni del profondo pentimento, di
essersi legato fin dalla prima giovinezza a Satana, e per tale ragione si
preferirono condurre le indagini successive con l'intervento delle autorità
ecclesiastiche a ciò preposte. Denner raccontò tali e tante cose singolari sulla
sua vita precedente, che si sarebbero potute ritenere la conseguenza di una
folle esaltazione se non fossero state tutte confermate dalle informazioni
assunte a Napoli, sua presunta città natale. Un estratto degli atti del
tribunale ecclesiastico di Napoli fornì i seguenti straordinari dettagli sulle
origini di Denner
Molti anni prima viveva a Napoli un vecchio e strano dottore di
nome Trabacchio, da tutti chiamato il dottore miracoloso per via delle
misteriose cure, sempre coronate da successo che somministrava. Pareva che l'età
non avesse su di lui alcun potere; egli camminava con passo spedito e giovanile,
sebbene diversi abitanti del luogo protessero calcolare che egli avesse circa
ottant'anni. Il suo viso era contratto e deformato in uno strano, orribile modo,
e il suo sguardo - nonostante egli facesse spesso del bene ai malati - non si
poteva sostenere senza provare un intimo brivido,e si diceva che egli guarisse a
volte gravi malattie croniche solo fissando il suo sguardo penetrante sul
malato. Sopra il suo abito nero egli portava abitualmente un ampio mantello
rosso con trecce e nappe d'oro, sotto alle cui pieghe rigonfie spuntava una
lunga spada. Egli si recava dai suoi malati aggirandosi per le vie di Napoli con
una cassa di medicine da lui stesso preparate e tutti io evitavano con timore.
Solo in caso di estremo bisogno ci si rivolgeva a lui, ma mai egli si rifiutava
di visitare un malato, anche quando non aveva da sperare in un particolare
guadagno. Ebbe diverse mogli che morirono in breve tempo; erano tutte di
straordinaria bellezza ed erano state tutte contadine. le rinchiudeva in casa e
permetteva loro soltanto di andare a sentir messa accompagnate da una vecchia di
ripugnante bruttezza. Questa vecchia era incorruttibile; ogni tentativo
intrapreso da giovani libertini di avvicinare le moglideI dottor Trabacchio
restava, per quanto astuto fosse, infruttuoso. Sebbene il dottor Trabacchio si
facesse ben pagare dai ricchi, i suoi guadagni non erano proporzionati alle
ricchezze in denaro e gioielli che accumulava in casa e che non celava a
nessuno. oltre a ciò egli era a volte generoso fino alla prodigalità e aveva
l'abitudine, ogni volta che gli moriva una moglie, di dare un banchetto che
richiedeva una spesa pari forse al doppio del più ricco guadagno che la sua
attività di medico potesse procurargli in un anno. Con la sua ultima moglie egli
generò un figlio e lo rinchiuse in casa così come le sue donne; nessuno riuscì a
vederlo. Solo in occasione del banchetto che egli diede alla morte di sua moglie
il piccolo di tre anni sedette al suo fianco, e tutti gli ospiti furono
sbalorditi dalla bellezza e dall'intelligenza del bambino il cui comportamento
avrebbe potuto esser preso per quello di un ragazzo di dodici anni se il suo
aspetto fisico non ne avesse rivelata l'età. Proprio in occasione di questo
banchetto il dottor Trabacchio dichiarò che avendo ormai raggiunto il suo scopo,
che era quello di avere un figlio,. non si sarebbe più sposato. La sua enorme
ricchezza e, ancor più, la sua natura misteriosa, le sue cure meravigliose - che
arrivavano a essere incredibili poiché bastavano l'instillazione di poche gocce
di sua preparazione o la semplice imposizione delle mani o il suo sguardo a
guarire le malattie più ostinate - furono di spunto a ogni sorta di strane
dicerie che si diffusero per Napoli. Il dottor Trabacchio fu creduto un
alchimista, un esorcista e lo si accusò di essere in combutta con Satana.
L'ultima leggenda nacque a seguito di un accadimento singolare capitato a Napoli
ad alcuni nobili. Questi ultimi tornavano una sera da un banchetto, e avendo
perso la strada per via dell'ebbrezza del vino, si ritrovarono in un luogo
solitario e insicuro. A un tratto udirono davanti a loro un fruscio e un
mormorio e videro con orrore un grosso gallo di un rosso luminescente con delle
corna di cervo ramificate sulla testa che veniva verso di loro con le ali aperte
e li guardava con lampeggianti occhi umani. I nobili si strinsero in un angolo e
il gallo passò loro davanti inseguito da un'alta figura avvolta in un lucente
mantello guarnito d'oro. Quando quelle figure furono passate uno dei nobili
disse: "Quello era il dottore miracoloso, Trabacchio". Tutti, resi sobri dalla
spaventosa apparizione, si fecero coraggio e inseguirono il presunto dottore e
il gallo i cui riflessi indicavano la strada che avevano presa. Videro come le
due figure si avvicinassero realmente alla casa del dottore, che si trovava in
un luogo lontano e deserto. Giunti davanti all'edificio il gallo si librò in
aria e batté con le ali alla grande finestra posta sopra il balcone che si aprì
cigolando; la voce di una vecchia belò: "Venite - venite a casa -venite a casa-
il letto è caldo e l'amorino aspetta già da tanto - già da tanto!". Parve allora
che il dottore salisse per una scala invisibile e passasse frusciando, dietro al
gallo, oltre la finestra, che venne sbattuta facendo rimbombare e tintinnare
tutta la strada solitaria. Tutto era svanito nella tenebrosa oscurità della
notte e i nobili erano rimasti muti, paralizzati dall'orrore e dallo spavento.
Questa apparizione, nonché la persuasione dei nobili che la figura dinanzi alla
quale era balenato il gallo altri non fosse che il famigerato dottor Trabacchio,
fu sufficiente al tribunale ecclesiastico -che era venuto a conoscenza di tutto
- per far pedinare scrupolosamente e silenziosamente il diabolico taumaturgo. Si
scoprì così che effettivamente nella stanza del dottore c'era spesso un gallo
rosso, col quale il dottore stesso sembrava spesso parlare e disputare
stranamente, come se due studiosi dibattessero di questioni irrisolte della loro
scienza. Il tribunale ecclesiastico fu sul punto di far arrestare il dottor
Trabacchio in quanto famigerato stregone; ma il tribunale civile precedette
quello ecclesiastico e fece prelevare e tradurre in prigione dagli sbirri il
dottore mentre tornava da una visita a un malato. La vecchia era già stata
portata via in precedenza, mentre il bambino.non era stato trovato. Le porte
delle stanze erano state chiuse e sigillate e delle guardie erano state disposte
tutt'intorno alla casa. Le ragioni del procedimento a suo carico erano state le
seguenti. Da qualche tempo, a Napoli e nei dintorni, erano morte diverse persone
in vista, che i medici, unanimemente,sostenevano fossero state avvelenate.
Furono condotte molte indagini infruttuose, fino a che un giovane napoletano,
noto libertino e scialacquatore, il cui zio era stato avvelenato, confessò
l'orribile delitto aggiungendo di aver comprato il veleno dalla vecchia
governante di Trabacchio. La vecchia fu pedinata e la si sorprese mentre era
intenta a portar via una cassettina ben chiusa nella quale vennero trovate delle
fialette contrassegnate dal nome di svariati medicinali, sebbene contenessero
veleno liquido. La vecchia non volle confessare nulla; ma quando la si minacciò
di tortura ammise che il dottor Trabacchio preparava già da parecchi anni quel
veleno artificiale noto col nome di acqua tofana e che il commercio clandestino
di quel veleno da lei avviato era stato sempre la sua maggior fonte di guadagno.
Oltre a ciò era certo che il dottore fosse in combutta con Satana, il quale si
recava da lui sotto diverse forme. Ciascuna delle sue mogli gli aveva dato un
figlio senza che nessuno, fuori della casa, lo sospettasse. Tuttavia dopo nove
settimane o dopo nove mesi, fra speciali riti e preparativi, il bambino era
sempre stato ucciso in modo disumano e gli era stato squarciato il petto e
strappato il cuore. Ogni volta Satana era stato presente a questa operazione in
questa o quella forma, per lo più, però, era apparso sono le sembianze di un
pipistrello dal volto umano e con le sue larghe ali aveva attizzato il fuoco al
calore del quale Trabacchio preparava delle eccellenti gocce di sangue prese dal
cuore del bambino che potevano contrastare ogni malattia. Subito dopo Trabacchio
uccideva le sue mogli in una qualche maniera misteriosa, cosicché anche il più
acuto occhio medico non riusciva a trovare la minima traccia di omicidio. Solo
l'ultima moglie di Trabacchio, che aveva dato alla luce un bambino, ancora in
vita, era morta di morte naturale.
Il dottor Trabacchio confessò tutto apertamente e parve provar
piacere a confondere il tribunale con gli orribili racconti dei suoi misfatti e,
soprattutto, con la narrazione dei dettagli relativi ai suoi orribili legami con
Satana. I religiosi che assistettero al processo si diedero ogni pena
immaginabile per indurre il dottore al pentimento e all'ammissione dei suoi
peccati; fu però tutto inutile, perché Trabacchio si limitò a deriderli e a
sbeffeggiarli. I due, la vecchia e Trabacchio, furono condannati al rogo.
Frattanto la casa del dottore era stata perquisita e vuotata di tutte le sue
ricchezze che, dopo la copertura delle spese processuali, vennero ripartite tra
gli ospedali. Nella biblioteca di Trabacchio non venne trovato un solo libro
sospetto, né furono rinvenuti apparecchi riferibili alle arti sataniche che il
dottore sembrava aver praticato. Solo una cripta chiusa a chiave e dotata di
molti tubi che attraversavano le mura tradendo la presenza del laboratorio
resistette - quando la si volle aprire a ogni astuzia e a ogni violenza. Quando,
infine, sotto la sorveglianza del tribunale, fabbri e muratori si misero
alacremente al lavoro per poter entrare, talché il fine sarebbe stato certamente
raggiunto, risuonarono dall'interno della cripta delle voci terribili, un
fruscio di ali gelide passò e ripassò sul viso dei lavoranti e un vento
tagliente spirò con suono stridulo e orribile per il corridoio, sicché presi da
orrore e raccapriccio, tutti si diedero alla fuga e, alla fine, nessuno più osò
avvicinarsi alla porta della cripta temendo di impazzire per la paura e lo
spavento. Ai sacerdoti che si avvicinarono alla porta non andò meglio e perciò
non restò altro da fare che attendere l'arrivo di un vecchio domenicano da
Palermo, alla cui costanza e devozione tutte le astuzie del diavolo avevano
dovuto, fino ad allora, cedere. Quando il frate giunse a Napoli si disse pronto
a combattere le diaboliche manifestazioni. della cripta di Trabacchio, e ad essa
si recò armato di crocifisso e acqua santa, in compagnia di diversi religiosi e
membri del tribunale che rimasero, tuttavia, ben distanti dalla porta. Il
vecchio domenicano si avvicinò all'entrata pregando; ma subito si udirono
mormorii e rumori sinistri, mentre terribili voci di spiriti dannati lanciarono
risa stridule. Il sacerdote non si lasciò tuttavia confondere; pregò a voce più
alta sollevando il crocifisso e aspergendo la porta con l'acqua santa. "Mi sia
data una leva!", gridò forte; un.apprendista muratore gliela diede tremando, ma
non appena il frate l'ebbe appoggiata alla porta questa si spalancò di colpo con
un'esplosione terribile e spaventosa. Delle fiamme azzurre lambivano
tutt'intorno le pareti della cripta e dall'interno veniva un calore soffocante,
opprimente. Ciononostante il domenicano volle entrare; ma il pavimento della
cripta precipitò facendo rimbombare tutta la casa e dall'abisso salirono
crepitando delle fiamme che si pro-pagarono avvolgendo ogni cosa all'intorno. il
domenicano e i suoi accompagnatori dovettero fuggire in fretta per non venir
bruciati o rimanere sepolti. E non appena furono in strada la casa del dottor
Trabacchio prese fuoco. La gente si radunò esultando e gridando di gioia alla
vista dell'abitazione del famigerato stregone che bruciava e non fece nulla per
portare soccorso. il tetto era già crollato, l'armatura di legno interna
bruciava attraverso le pareti e solo le forti travi del piano superiore
resistevano ancora alle fiamme. Tutti però gridarono per l'orrore quando videro
il figlio dodicenne di Trabacchio passeggiare su una di quelle travi ardenti con
una cassetta sotto il braccio. L'apparizione durò solo un attimo e svanì subito
tra le alte fiamme. Quando apprese ciò che era avvenuto il dottor Trabacchio
parve rallegrarsi di cuore e andò a morire con temeraria impudenza. Quando fu
legato alla colonna rise forte e disse al boia che lo legava saldamente
desideroso di uccidere: "Bada bene, fratello, che questi lacci non ti brucino le
mani". Al frate che, da ultimo, volle avvicinarglisi gridò con voce terribile:
"Vattene! Sta' lontano da me! Credi che io sia diventato così stupido da patire
una morte penosa per farvi contenti? La mia ora non e' ancora giunta". il legno
cominciò a crepitare; appena le fiamme raggiunsero Trabacchio esse si
ravvivarono come in un fuoco di paglia e da una lontana altura si udì risuonare
un'acuta risata di scherno. Tutti guardarono in quella direzione e inorridirono
quando videro il dottor Trabacchio in carne e ossa nel vestito nero col mantello
ornato d'oro, la spada al fianco, il cappello spagnolo rimboccato con la penna
rossa sulla testa e la cassetta sotto il braccio, che era solito indossare
aggirandosi per le strade di Napoli. Cavalieri, sbirri e cento altre persone del
popolo si precipitarono verso la collina, ma Trabacchio era scomparso e non fu
ritrovato. La vecchia spirò fra atroci tormenti, maledicendo in modo orribile il
padrone con cui aveva condiviso innumerevoli delitti.
Il cosiddetto Ignaz Denner altri non era che il figlio del
dottore, il quale si era salvato allora dalle fiamme grazie alle diaboliche arti
del padre insieme a una cassetta piena di preziosi oggetti rari e misteriosi.
Fin dalla più tenera infanzia il padre l'aveva avviato alle scienze occulte e la
sua anima era stata venduta al diavolo ancor prima che egli raggiungesse la
piena consapevolezza. Quando il dottor Trabacchio era stato gettato in prigione
il bambino era rimasto nella misteriosa cripta serrata tra gli spiriti abietti
che le diaboliche magie di suo padre avevano evocato; poiché però alla fine
quegli incantesimi avevano dovuto cedere alla potenza del domenicano, il
fanciullo aveva lasciato agire delle misteriose forze meccaniche e si erano
sviluppate delle fiamme che in pochi minuti avevano incendiato la casa, mentre
egli stesso aveva attraversato incolume il fuoco, raggiungendo la foresta fuori
della porta della città così come gli aveva detto suo padre. Non molto tempo
dopo apparve anche il dottor Trabacchio che fuggì col figlio fin quando non
raggiunse le rovine di un antico edificio romano, a tre giorni di viaggio da
Napoli, nel quale stava nascosto l'accesso a un'ampia e spaziosa caverna. Qui il
dottor Trabacchio venne accolto con alte grida di giubilo da una banda di
malfattori con la quale aveva intrattenuto lungamente rapporti e cui aveva reso
servigi essenziali grazie alla sua scienza occulta. I banditi vollero
ricompensarlo nientemeno che incoronandolo re dei masnadieri, la qual cosa
l'avrebbe elevato a capo supremo di tutte le bande dislocate in Italia e nella
Germania meridionale. Il dottor Trabacchio dichiarò di non poter accettare
questo onore poiché egli,a causa della particolare costellazione che lo
dominava, era ormai costretto a condurre una vita instabile e libera da ogni
legame; tuttavia avrebbe sempre aiutato i banditi con le sue arti e la sua
scienza e si sarebbe fatto vedere di quando in quando. I banditi decisero allora
di eleggere re dei masnadieri il dodicenne Trabacchio e il dottore ne fu
felicissimo; perciò, a partire da quel momento, il ragazzo rimase tra i banditi
e, dall'età di quindici anni in poi, cominciò ad agire con loro come un vero
capo. Tutta la sua vita fu, a partire da quel momento,un groviglio di atrocità e
arti diaboliche alle quali il padre, che si faceva vedere spesso e a volte
rimaneva per settimane solo con suo figlio nella caverna, lo introduceva sempre
più. Le energiche misure prese dal re dì Napoli contro le bande di masnadieri
fattesi sempre più ardite e temerarie, e ancor più i dissidi sorti tra i
banditi, misero fine alla pericolosa alleanza sotto un solo comandante in capo,
e lo stesso Trabacchio, che con la sua presunzione e la sua crudeltà, si era
reso odioso, non poté difendersi con le arti diaboliche apprese dal padre dai
pugnali dei suoi sottoposti. Fuggì dunque in Svizzera, si attribuì il nome di
Ignaz Denner, e visitò come venditore ambulante le fiere e i mercati annuali
della Germania finché dai membri sparsi della sua grande banda non gli riuscì di
formarne una più piccola che elesse suo comandante l'ex re dei masnadieri.
Trabacchio assicurò che suo padre viveva ancora, gli aveva fatto visita in
carcere e gli aveva promesso di trarlo in salvo dal luogo dell'esecuzione. Solo
la volontà divina che, come egli capiva, aveva salvato la vita di Andres, aveva
reso inefficaci i poteri di suo padre e, dunque, egli voleva ora rinnegare tutte
le arti diaboliche e sopportare pazientemente la giusta condanna a morte.
Andres, che apprese tutto questo dalla bocca del conte von Vach, non dubitò un
istante che fosse stata proprio la banda di Trabacchio ad aggredire a suo tempo
il suo signore nel napoletano, e si convinse anche del fatto che fosse stato il
vecchio Trabacchio stesso ad apparirgli in carcere come Satana in persona e a
tentar di sedurlo a commettere il male. Solo ora capì davvero quale grande
pericolo egli avesse corso a partire dal momento in cui Trabacchio aveva messo
piede in casa sua; tuttavia non riusciva ancora a comprendere perché mai il
malvagio si fosse accanito proprio contro lui e sua moglie, dal momento che il
vantaggio derivantegli dal soggiorno nella sua casa non poteva esser poi così
grande.
Dopo la terribile bufera Andres si ritrovò ora in una
situazione calma e pacifica, e tuttavia le tempeste avevano infuriato in modo
troppo sconvolgente per non riecheggiare in tutta la sua vita. Ma oltre ad
Andres, che era sempre stato un uomo forte e robusto e ora - fisicamente
distrutto dall 'afflizione, dalla lunga detenzione e anche dall'indicibile
dolore della tortura - si trascinava debole e malato, e quasi non era più in
grado di recarsi a caccia, anche Giorgina, la cui natura meridionale era stata
consumata come da brace ardente dalla pena, dall'angoscia e dall'orrore, sfiorì
visibilmente. Non potendo essere più aiutata, morì pochi mesi dopo il ritorno
del marito. Andres voleva abbandonarsi alla disperazione, e solo il suo bambino,
intelligente e bellissimo, autentico ritratto della madre, riuscì a consolarlo.
Per amor suo egli fece di tutto per sopravvivere e riprendere, per quanto
possibile, le forze, e così dopo circa due anni la sua salute migliorò e poté
intraprendere qualche battuta di caccia nella foresta. Il processo contro
Trabacchio giunse al termine e, come suo padre tanto tempo prima, egli fu
condannato al rogo; la pena sarebbe stata eseguita entro breve tempo.
Una sera, mentre il sole già tramontava, Andres tornava con suo
figlio dalla foresta; era già prossimo al castello quando udì un pianto
lamentoso che gli parve venire dai vicini fossati prosciugati. Si avvicinò di
corsa e vide un uomo, avvolto in poveri e sporchi stracci, che giaceva nel fosso
e pareva sul punto di spirare tra grandi dolori. Andres gettò via il fucile e il
sacco per la preda e tirò fuori, a fatica, lo sventurato; quando però vide
l'uomo in volto riconobbe, con orrore, Trabacchio. Rabbrividendo si allontanò da
lui; ma Trabacchio piagnucolò sordamente. "Andres, Andres, sei tu? Per carità di
quel Dio cui ho rimesso la mia anima, abbi pietà di me! Se mi salverai, salverai
un 'anima dalla dannazione eterna; presto infatti sopravverrà la morte e io non
ho ancora finito di espiare!" "Maledetto ipocrita", gridò Andres, "assassino di
mio figlio e di mia moglie, Satana non ti ha forse riportato qui per continuare,
magari, a rovinarmi? Non ho più nulla a che fare con te. Muori e imputridisci
come una carogna, infame ! " Andres voleva ributtarlo nel fosso; ma Trabacchio
gridò, pazzo di dolore: "Andres! Tu salverai il padre di tua moglie, della tua
Giorgina, che prega per me presso il trono dell'Altissimo!". Andres rabbrividì;
al nome di Giorgina si sentì assalire da una dolorosa malinconia. Fu preso dalla
compassione nei confronti dell'assassino della sua pace e della sua felicità,
afferrò Trabacchio, se lo mise a fatica sulle spalle e lo portò nel suo
appartamento, dove lo fece riprendere per mezzo di corroboranti. Ben presto
Trabacchio si riebbe dall'incoscienza in cui era caduto.
Nella notte precedente l'esecuzione Trabacchio era stato colto
da una terribile paura di morire; era convinto che non sarebbe mai più stato
salvato dall'indicibile martirio del fuoco. Pazzo di disperazione aveva
afferrato e scosso le sbarre di ferro della finestra che gli si erano
sbriciolate tra le mani. Un raggio di speranza era caduto nella sua anima. Era
stato rinchiuso in una torre vicina ai fossati prosciugati; aveva guardato in
basso e aveva preso immediatamente la decisione di buttarsi giù e di salvarsi o
morire in quel modo. Delle catene si era liberato subito e con poca fatica. Dopo
esser saltato, però, era svenuto e si era risvegliato quando il sole era già
alto. Si era accorto allora che era caduto nell'erba alta tra i cespugli, ma che
si era slogati e lussati tutti gli arti e non era in grado di muoversi. Mosconi
e altri insetti si erano posati sul suo corpo seminudo pungendolo e leccando il
suo sangue senza che egli potesse difendersi. Aveva passato così un giorno di
martirio. Solo a notte era riuscito a strisciare più in là ed era stato
sufficientemente fortunato da raggiungere un posto in cui si era raccolta un po'
d'acqua piovana che aveva bevuto avidamente. Si era sentito tornare le forze ed
era stato in grado di arrampicarsi a fatica e di strisciar via fino a
raggiungere la foresta che cominciava poco lontano da Fulda e si estendeva fin
quasi al castello dei von Vach. In tal modo era giunto al posto in cui Andres
l'aveva trovato in lotta con la morte. Il terribile sforzo imposto alle ultime
energie l'aveva esaurito completamente e pochi minuti dopo Andres l'avrebbe
trovato sicuramente morto. Senza pensare a cosa sarebbe accaduto in seguito di
Trabacchio, che doveva esser sfuggito alle autorità, Andres lo portò in una
stanza solitaria e lo curò in ogni modo possibile, fece tutto, però, con tale
circospezione, che nessuno sospettò della presenza estranea; anche il figlio,
infatti, abituato a obbedire ciecamente al padre, serbò fedelmente il segreto.
Andres domandò quindi a Trabacchio "se egli fosse veramente e certamente il
padre di Giorgina". "Lo sono", rispose Trabacchio. "Nei dintorni di Napoli rapii
un giorno una ragazza bellissima che mi diede una figlia. Tu sai già, Andres,
che una delle grandi abilità di mio padre consisteva nella preparazione di
quell'eccellente e miracoloso liquore il cui ingrediente principale era il
sangue del cuore di bambini di nove settimane, nove mesi o nove anni affidati
spontaneamente dai genitori al preparatore. Quanto più stretto era il legame tra
i bambini e il preparatore, tanto più efficaci sgorgavano dal sangue del loro
cuore energia vitale, eterna giovinezza e capacità di preparare l'oro
artificiale. Per questo mio padre uccideva i suoi figli e io mi rallegravo di
poter sacrificare in quel modo infame, a fini superiori, la figlioletta che mia
moglie nn aveva dato. Ancora non so spiegare come quest'ultima riuscisse a
intuire il mio malvagio proposito; ma allo scadere della nona settimana ella era
sparita e solo dopo diversi anni appresi che era morta a Napoli e che sua figlia
Giorgina veniva allevata da un locandiere burbero e avaro. Allo stesso modo
appresi del suo matrimonio con te e del luogo in cui risiedevi. Ora puoi
spiegarti perché io fossi così affezionato a tua moglie e perché, pieno delle
mie infami arti diaboliche, insidiassi in tal modo i tuoi figli. Ma a te Andres,
solo a te e al tuo meraviglioso salvataggio ad opera dell’onnipotenza divina
devo il mio profondo pentimento e la mia intima contrizione. Inoltre la cassetta
con i gioielli che diedi a tua moglie è la stessa che, per ordine di mio padre,
salvai dalle fiamme, puoi serbarla tranquillamente per tuo figlio." "Ma la
cassetta non vi fa restituita da Giorgina", lo interruppe Andres, "quel
terribile giorno in cui compiste il vostro orrendo assassinio?"
"Certo", rispose Trabacchio; "tuttavia, senza che Giorgina lo
sapesse, essa rientrò in vostro possesso. Guardate nella grande cassapanca nera
del vestibolo, sul fondo troverete la cassetta." Andres cercò nella cassapanca e
trovò effettivamente la cassetta nel medesimo stato in cui l'aveva ricevuta in
consegna la prima volta da Trabacchio.
Andres sentì dentro di sé un inquietante disagio e non riuscì a
trattenersi dal desiderare che Trabacchio fosse stato già morto quando l'aveva
trovato nel fosso. Certo, la calma e il pentimento di Trabacchio sembravano
sinceri; egli intatti, senza lasciare la sua stanzetta, passava il suo tempo
leggendo libri di preghiere e il suo unico divertimento era intrattenersi col
piccolo Georg che sembrava amare sopra ogni altra cosa. Andres decise tuttavia
di stare all'erta e, alla prima occasione, svelò tutto il segreto al conte von
Vach che fu non poco stupito degli strani scherzi del destino. Passarono così
alcuni mesi, giunse il tardo autunno e Andres si recò a caccia più spesso del
solito. Il piccolo restava, di solito, col nonno e con un vecchio cacciatore
informato del segreto. Una sera Andres era appena tornato dalla caccia quando il
vecchio cacciatore entrò e prese a dire con la sua abituale ingenuità: "Signore,
avete una perfida compagnia in casa. Viene da lui attraverso la finestra - che
Dio sia con noi! - e se ne va tra fumo e vapori". A queste parole Andres si
sentì come se un fulmine l'avesse colpito. Egli sapeva fin troppo bene che cosa
ciò volesse dire; il vecchio cacciatore gli raccontò ancora di aver udito per
diversi giorni di seguito, al tramonto, strane voci nella stanza di Trabacchio
che si confondevano come in un litigio e che quel giorno stesso, per la seconda
volta, aveva aperto all 'improvviso la porta di Trabacchio e gli era parso che
una figura avvolta in un mantello rosso con delle decorazioni d'oro fosse volata
via dalla finestra. In preda all'ira Andres corse su da Trabacchio, gli
rinfacciò quel che il cacciatore gli aveva detto e gli annunciò che avrebbe
dovuto accettare di farsi rinchiudere nella prigione del castello se non avesse
rinunciato a ogni intento malvagio. Trabacchio rimase calmo e rispose in tono
malinconico:"Ah, caro Andres! E’ verissimo che mio padre, la cui ora non è
ancora venuta mi tormenta e mi tortura in modo indicibile. Egli vuole che io mi
affidi nuovamente a lui, rinunciando alla pietà e alla salvezza della mia anima,
tuttavia sono stato risoluto e non credo che ritornerà, poiché ha visto che non
ha più potere su di me. Sta' pure tranquillo caro Andres, figlio mio, e fammi
morire qui da te, riconciliato con Dio come un buon cristiano!". In effetti
l'ostile figura parve non tornare più e tuttavia gli occhi di Trabacchio
sembravano tornati più ardenti, a volte egli ridacchiava, come prima, in modo
curiosamente sarcastico. Durante l'ora della preghiera che Andres era solito
trascorrere con lui, egli pareva rabbrividire con uno spasmo; a tratti una
strana corrente d'aria sibilante attraversava la stanza voltando con un fruscio
le pagine del libro di devozione e addirittura facendo cadere quest'ultimo dalle
mani di Andres. "Empio Trabacchio, demonio infame! Sei tu che ti manifesti in
questo modo diabolico qui dentro! Che cosa vuoi da me? Vattene, non hai potere
sudi me! Vattene!" Così gridava Andres a gran voce. Allora una risata di scherno
risuonava per la stanza e alla finestra battevano come delle ali nere. Ma, come
disse Trabacchio una volta che il mostro tornò a manifestarsi in modo davvero
maligno, era solo la pioggia che picchiava sui vetri e il vento d'autunno che
soffiava attraverso la stanza.
"No", gridò Andres: "il vostro empio padre non potrebbe
manifestarsi qui se voi aveste rinunciato a ogni rapporto con lui. Dovete
andarvene da casa mia. La vostra residenza è pronta già da tempo. Dovete
andarvene nella prigione del castello; lì potrete fare le vostre magie come vi
pare". Trabacchio pianse forte, pregò per tutti i santi di tollerarlo in casa e
Georg, senza capire cosa tutto questo significasse, si unì alla sua preghiera.
"Resterete qui ancora domani", disse Andres, "voglio vedere come andrà l'ora di
preghiera quando sarò tornato dalla caccia." il giorno successivo il tempo,
tardoautunnale, era splendido e Andres si riprometteva una ricca preda. Quando
tornò dalla sua postazione era buio pesto. Dentro di sé si sentiva
particolarmente commosso; il suo strano destino, l'immagine di Giorgina, il
figlio assassinato gli tornarono così vividi alla memoria che, profondamente
assorto, seguì i cacciatori sempre più piano fino a ritrovarsi improvvisamente
solo su un sentiero secondario della foresta. Era sul punto di ritornare sulla
larga via principale, quando vide una luce accecante baluginare attraverso il
più fitto del bosco. Fu colto allora dal meraviglioso e confuso presentimento
del compiersi di una grande atrocità; penetrò nel folto della foresta, giunse
vicino al fuoco, là in piedi c'era la figura del vecchio Trabacchio avvolta nel
mantello con le decorazioni d'oro, con la spada al fianco, il cappello
rimboccato con la penna rossa sulla testa e la cassetta dei medicinali sotto il
braccio. Con gli occhi fiammeggianti la figura guardava il fuoco che divampava
con lingue rosse e azzurre intorno a una storta. Dinanzi al fuoco stava, nudo,
Georg, disteso su una specie di graticola e l'infame figlio del diabolico
dottore aveva alzato il coltello scintillante per infliggere il colpo mortale.
Andres gridò per l'orrore; ma quando l'assassino si guardò intorno la pallottola
del fucile di Andres già sibilava e Trabacchio cadde nel fuoco, che subito si
spense, con la fronte fracassata. La figura del dottore era scomparsa. Andres
balzò in avanti, spinse da parte il cadavere, slegò le braccia di Georg e lo
portò via di corsa fino a casa. Il bambino era a posto; era solo svenuto per la
paura di morire. Andres intendeva recarsi nella foresta, voleva sincerarsi della
morte di Trabacchio e seppellirne subito il cadavere; svegliò perciò il vecchio
cacciatore che era caduto in un sonno profondo, probabilmente provocato da
Trabacchio, e si recò insieme a lui con lanterna, zappa e vanga sul posto, che
era poco lontano. Trabacchio, sanguinante, stava là, disteso; non appena Andres
si avvicinò egli si sollevò però a metà, lo guardò in modo terribile e rantolò
sordamente: "Assassino! Assassino del padre di tua moglie, i miei demoni ti
perseguiteranno!". "All'inferno, mostro diabolico", gridò Andres resistendo
all'orrore che voleva sopraffarlo; "all'inferno tu, tu che hai meritato cento
volte di morire e che ho ucciso perché hai cercato di assassinare in modo infame
mio figlio, il figlio di tua figlia! Hai solo finto penitenza e devozione per
compiere un ignobile tradimento, ma ora Satana preparerà un qualche tormento per
l'anima che gli hai venduto.>>; A questo punto Trabacchio ricadde
all'indietro con un grido e gemendo sempre più piano spirò. I due uomini
scavarono allora una fossa profonda nella quale gettarono il corpo di
Trabacchio. "Che il suo sangue non ricada sudi me!", disse Andres, "ma io non
potevo fare altrimenti, ero stato prescelto da Dio a salvare il mio Georg e a
vendicare centinaia di delitti. Tuttavia pregherò per la sua anima e metterò una
piccola croce sulla sua tomba." Quando il giorno seguente Andres volle mettere
in pratica questo proposito trovò la terra smossa e la salma scomparsa. Come ciò
accadesse, se per via degli animali selvatici o per altra causa, rimase dubbio.
Andres si recò col suo ragazzo e col vecchio cacciatore dal conte von Vach e gli
raccontò fedelmente tutto l'accaduto. il conte approvò l'azione di Andres che
aveva ucciso un bandito e assassino per salvare suo figlio, fece fare una
trascrizione di tutto lo svolgimento della vicenda e la fece conservare
nell'archivio del castello.
I terribili avvenimenti avevano scosso nel profondo Andres, ed
è forse per questa ragione che egli, al calar della notte, si rigirava, insonne,
nel letto. Ma quando rimuginava così, tra il sonno e la veglia, udiva
scricchiolare e frusciare nella stanza, e un bagliore rosso gli passava davanti
e tornava a sparire. Se si metteva a origliare e a guardare udiva un sordo
mormorio: "Ora sei il maestro - Tu hai il tesoro - Tu hai il tesoro - Ordina
alla forza, ella è tua!". Ad Andres pareva che volesse sorgere in lui un
sentimento sconosciuto di particolare benessere e gioia di vivere; ma non appena
l'alba irrompeva dalle finestre Andres si faceva coraggio e pregava con forza e
passione il Signore affinché illuminasse la sua anima così come era solito fare.
"Io so qual è ora il mio compito e la mia missione, scacciare dalla mia casa il
tentatore e allontanare il peccato!" Così disse Andres, prese la cassetta di
Trabacchio e la gettò, senza aprirla, in una profonda gola montana. Da allora
Andres godette di una quieta e serena vecchiaia che nessuna potenza ostile fu in
grado di distruggere.